ANNALAURA PEDRON, “TWIN PEAKS” IN ITALIA

ANNALAURA PEDRON

Annalaura Pedron è una bellissima ragazza di 21 anni. Nata a Oderzo (Treviso), vive da tempo a Pordenone. Da quando ha finito il liceo classico sogna di diventare giornalista, ma per il momento deve accontentarsi di fare la babysitter.

Nella piovigginosa mattinata del 2 febbraio 1988, si prende cura di un bimbo di diciotto mesi in un elegante condominio del centro cittadino. La mamma del piccolo, l’architetto Marina Giorni, torna a casa appena finisce di lavorare, alle 12.45. La donna sente il pianto disperato del figlio attraverso la porta, cerca di aprire, ma la chiave infilata dall’interno non glielo consente.

Allora bussa e suona il campanello. Tutto inutile, nessuno apre la porta e il bambino urla sempre più forte. Non rimane che chiamare i pompieri, i quali con l’autoscala raggiungono il quarto piano, dove si trova l’appartamento, ed entrano forzando la finestra. Davanti a loro si presenta uno spettacolo orribile.

Nel salotto, vicino al bambino in lacrime, c’è il corpo seminudo e inanimato di Annalaura Pedron riverso su un tavolino. Le ecchimosi bluastre intorno al collo lasciano pensare che l’aggressore abbia cercato di strangolarla con il nastro adesivo posto lì vicino, arrotolato per formare un corda. Accanto si trova anche un cuscino azzurro, con il quale l’assassino deve essere riuscito, alla fine, a soffocarla.

La ragazza si è difesa fino all’ultimo, come dimostrano diversi oggetti rotti, tra i quali una lampada. C’è anche una piccola macchia di sangue che potrebbe appartenere all’aggressore, ma nel 1988 non esistono ancora le tecniche scientifiche per ricavarne il Dna.

La scena del delitto viene inquinata dal passaggio di molte persone, che spostano oggetti e lasciano impronte ovunque, rendendo impossibile agli investigatori trovare indizi utili. Attraverso l’autopsia, si riesce a sapere che la ragazza è morta tra le 9 e le 10, e che, malgrado le apparenze, non ha subito violenza sessuale.

All’inizio si indaga sul fidanzato della vittima, ma il giovane riesce a dimostrare la sua completa estraneità al delitto. I sospetti si concentrano allora su uno stravagante movimento spirituale chiamato “Telsen Sao”, che conta solo 12 membri, per lo più appartenenti alla ricca borghesia di Pordenone.

Da qualche tempo Annalaura Pedron vi aveva aderito in maniera entusiastica, contro il parere di mamma Paola, fervente cattolica. Da quando aveva iniziato a farne parte con il soprannome di Eviana, la solare Annalaura era completamente cambiata, trasformandosi in una persona introversa.

La setta, fondata dall’ex impiegato di banca cinquantenne Renato Minozzi, è un frullato di idee prese a prestito dal movimento “new age”: elementi del cristianesimo convivono con la scienza, il paranormale con la convinzione che gli alieni esistano. Tanto per dire, nelle riunioni gli adepti indossano divise che ricordano quelle dei personaggi di Star Trek.

Il guru Minozzi ha messo a punto un sofisticato “laboratorio” per effettuare dei cosiddetti “viaggi astrali”, che permetterebbero di sdoppiare il corpo ed entrare in altre “dimensioni spazio-temporali” per contattare gli esseri che le abitano. I membri della setta, oltre a compiere viaggi abbandonando il loro corpo terreno, “comunicano” con gli alieni attraverso bizzarre antenne impiantate sul tetto.

Naturalmente, sorge il legittimo sospetto che tutti quei macchinari siano solo un ammasso di ferraglia inutile. Inoltre, secondo alcuni giornali, le riunioni della setta sarebbero una scusa per fare sesso di gruppo, ma queste insinuazioni malevole non sono mai state provate.

A Minozzi l’idea di fondare il movimento era venuta negli anni settanta, quando aveva avuto la sua prima “esperienza extracorporea” durante il coma causatogli da un’emorragia cerebrale. Per la parrocchia di Pordenone, le componenti cristiane della setta appaiono sufficientemente eretiche da negare alla povera Annalaura il funerale cattolico, malgrado le preghiere della madre.

La Telsen Sao è aperta anche ai minori, tra i quali c’è l’adepto quattordicenne David Rosset. Malgrado la differenza d’età, tra David e la ventunenne Annalaura Pedron era nata una grande amicizia. I due giravano spesso insieme.

Se si trattasse di un omicidio passionale, David sarebbe tra i maggiori sospettati, ma gli inquirenti lo escludono dalla lista perché, piccolo com’è, non avrebbe avuto la forza fisica necessaria per riuscire a uccidere con le mani nude la più robusta Annalaura.

David è il figlio della “sacerdotessa” Rosalinda Bizzo, un elemento importante della setta. La donna, tra l’altro, ricostruisce l’omicidio durante un viaggio astrale ripreso da una trasmissione di Rai Tre, senza però riuscire a “vedere” l’assassino. Da parte sua, la polizia perquisisce minuziosamente la sede della Telsen Sao, senza trovare alcun indizio.

Questa storia ricorda Twin Peaks, la famosa serie televisiva del regista David Lynch. Anche lì, in una località di provincia viene trovato il corpo nudo e senza vita di una ragazza, Laura Palmer. Oltre a esserci situazioni paranormali, ci sono viaggi astrali e una specie di sacerdotessa. A Twin Peaks niente è come sembra, per esempio, la tranquilla Laura era in realtà affamata di sesso.

Come siano andate veramente le cose a Pordenone, invece, per il momento non è dato sapere: dopo due anni, le indagini vengono chiuse con un nulla di fatto. Il movimento spirituale Telsen Sao viene sciolto nel 1993, quando Renato Minozzi decide di dedicarsi interamente alla pittura, sia pure sempre “astrale”. L’ex guru si riconcilia con i cattolici, rientrando nei ranghi della Chiesa (riesce anche ad avere un breve incontro con papa Woytjla).

Vent’anni dopo la morte di Annalaura Pedron, nel 2008, il caso viene riaperto dalla squadra mobile della questura di Pordenone, che spera di arrivare all’assassino esaminando la goccia di sangue trovata nella scena del delitto con le nuove tecnologie messe a disposizione dalla scienza forense.

Si scopre così che il Dna appartiene a un commerciante di computer di 34 anni, conosciuto per essere un tipo tranquillo e taciturno. Chi è? David Rosset, il ragazzino che stava sempre insieme ad Annalaura. Gli inquirenti non possono arrestarlo, perché, prima della condanna definitiva, la legge consente di imprigionare l’indagato solo se è in grado di inquinare le prove o se è un soggetto pericoloso. Le prove, ormai, non si possono più manomettere e negli ultimi venti anni il commerciante non ha mai avuto problemi con la legge. Aspetterà il processo a piede libero.

Paola Zamuner, la mamma di Annalaura, commenta sconsolata: «E dire che in questi anni ho camminato tanto volte a fianco di David… lui che si muoveva tra di noi senza nascondere gli occhi». Viene indagata anche la madre di David, l’ormai ex sacerdotessa Rosalinda Bizzo, perché sospettata di essere accorsa nell’appartamento dove era stata uccisa la babysitter per aiutare il figlio a ripulire la scena del delitto. In seguito, le accuse su di lei verranno lasciate cadere.

Nel 2011, il processo si svolge nel tribunale dei minori di Trieste, anche se l’imputato ha ormai 37 anni. I pubblici ministeri Valentina Bossi e Chiara De Grassi ricostruiscono il delitto. David Rosset non si accontentava più della semplice amicizia, con Annalaura voleva fare sesso. Per questo era andato a trovarla nell’appartamento dove stava lavorando come babysitter.

Davanti al suo rifiuto, il ragazzino aveva cercato di costringerla con la forza. Capendo che non sarebbe riuscito a possederla e spaventato dalla prospettiva di essere denunciato per il tentato stupro, infine l’ha uccisa.

Inoltre, solo ora viene dato peso alla dichiarazione di una testimone, che aveva visto David con la sacca sportiva a tracolla aggirarsi nella strada sottostante la mattina del delitto. All’epoca non si era nemmeno dato retta a un membro della setta, che si era insospettito perché quella sera David era venuto alla riunione con le mani rigate da graffi vistosi. Infine, c’è la macchia di sangue con il suo Dna che lo inchioda senza possibilità di scampo.

I pubblici ministeri chiedono alla corte di condannare l’imputato a 30 anni di carcere, e solo perché non si può dare l’ergastolo per un delitto commesso da un minorenne. Intervengono gli psichiatri del tribunale, secondo i quali al momento del delitto David Rosset era «immaturo e inconsapevole di quello che stava facendo», condizione che per gli adolescenti corrisponde all’incapacità di intendere e di volere degli adulti. Per gli avvocati difensori, il loro assistito, che peraltro non partecipa alle udienze, è semplicemente innocente.

I giudici emettono la sentenza il 25 giugno 2011, 23 anni dopo il delitto: «Non doversi procedere per intervenuta prescrizione». Secondo la legge italiana, un omicidio non si prescrive mai solo se l’assassino è maggiorenne. Per un minorenne, invece, si prescrive dopo vent’anni, e David Rosset è stato iscritto nel registro degli indagati il 20 marzo 2008, un mese dopo la scadenza.

Per poterlo processare, i pubblici ministeri gli avevano dovuto imputare l’aggravante dei motivi abbietti. I giudici, però, l’hanno respinta decidendo di non condannarlo. Una sentenza che delude pure la difesa, perché l’imputato viene riconosciuto implicitamente colpevole.

«È una vergogna», esclama Giuseppe Pedron, padre di Annalaura, alzandosi in piedi. «Andiamo a casa», dice poi alla moglie, «qui non c’è più niente da fare». «Non tollero tutto questo», sussurra lei, «quell’uomo non si è mai presentato, non è mai venuto qui a dire “sono innocente”. Ma io non posso, non posso andare avanti così».
Mentre la sentenza veniva pronunciata, David Rosset stava facendo shopping in un centro commerciale insieme alla moglie.



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2 commenti

  1. Annalaura uccisa 2 volte da una giustizia ingiusta e ridicola..vergogna !!!

  2. Esattamente. Spero che intervenga la vendetta di una mano santa a ripristinare l’ordine delle cose e a fargliela pagare, a lui e a chi è “implicitamente” complice. E complimenti pure alla moglie di questo tizio. Fenomenale a stargli accanto ogni giorno. Complimenti. Una vera diavolessa.

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