ALFREDO ALCALA INCHIOSTRA JOHN BUSCEMA

ALFREDO ALCALA INCHIOSTRA JOHN BUSCEMA

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Da quando nel 1970 le matite e le chine di Tony De Zuniga erano apparsi per la prima volta su House of Mistery, un albo horror della Dc Comics, il pubblico americano si era reso conto dell’esistenza di unascuola filippina del fumettoche comprendeva numerosi artisti di talento. Ben presto molti disegnatori filippini si trasferirono negli Stati Uniti per lavorare nei numerosi albi horror della Dc, dove lo stile ricco di ombre della maggior parte di loro ben si adattava alla resa delle atmosfere cupe e misteriose. Alfredo Alcala, nato nel 1925, dopo una lunga attività nel proprio paese, pubblica per la prima volta i suoi disegni in America suHouse of Misterynel 1972, facendosi subito notare all’interno della colonia di disegnatori filippini. È chiaro da subito che Alcala non solo sa disegnare, ma sa anche raccontare con le immagini: l’abilità nellostory tellingnon è per niente scontata.Inoltre, è dotato di un inconfondibile stile di inchiostrazione iperdettagliato. Alfredo Alcala non traccia semplicemente tante righe sulla carta: tutte quelle linee hanno un senso e aggiungono consistenza alla pagina di fumetti.Lo stile riflette il suo interesse per le xilografie e le incisioni dell’artista rinascimentale Albrecht Dürer, i disegni dell’illustratore australiano Walter Jardine, dello statunitense Franklin Booth e il lavoro dell’artista britannico Frank Brangwyn. Nel 1974Roy Thomasera il direttore diThe savage sword of Conan, una delle riviste (magazine) di grande formato e in bianco e nero della Marvel che pubblicavano fumetti più adulti di quelli degli albi (comic book). Thomas stava cercando un inchiostratore. Gli  serviva qualcuno in grado di raffigurareConan, il barbaro creato dallo scrittoreRobert E. Howard, in uno stile diverso, ma egualmente evocativo rispetto a quello ricco di influenze preraffaellite eart nouveaumesso in mostra daBarry Windsor-Smith.Il disegnatore ce l’aveva già. Il più bravo di tutti a rappresentare il corpo umano:John Buscema.Buscema però, a differenza di Windsor-Smith, preferiva non inchiostrare il proprio lavoro, faceva solo i disegni a matita. Come del resto è tipico per i disegnatori dei fumetti americani. C’era bisogno dunque di qualcuno che non solo potesse completare il disegno a matita di “big” John, ma che riuscisse anche a inchiostrare il tutto con uno stile altamente originale e suggestivo. Alfredo Alcala sembrava la persona giusta. Il lavoro che fece su “Black colossus”, un episodio di Conan, piacque a tutti alla Marvel… meno che a John Buscema!L’artista si lamentava di come il filippino avesse “ucciso” i suoi disegni. Ma cosa significa “uccidere” un disegno? Quando il lavoro di un inchiostratore diventa “prevaricante” su quello del matitista? È indubbio che il metodo americano di realizzare i fumetti presupponesse un lavoro d’equipe. E alla fine diventava difficile quantificare i vari contributi che andavano a costituire il prodotto finale. Gli sceneggiatori lavoravano tutti in modo diverso. C’era chi, prima di mettere i dialoghi sui disegni, non scriveva proprio nulla e dava scarne indicazioni al telefono o durante una chiacchierata. Chi scriveva poche note da sviluppare a cura del disegnatore, e chi, infine, scriveva pagine e pagine di sceneggiatura accurata descrivendo tutto minuziosamente vignetta dopo vignetta. Quest’ultimo sarebbe poi il metodo giusto, che in seguito finì per prendere piede anche alla Marvel. Così era per i disegnatori, c’era chi faceva disegni molto dettagliati che richiedevano soltanto un diligente ripasso a china, e c’era chi faceva disegni poco più che abbozzati lasciando maggiore libertà di intervento all’inchiostratore. In entrambi i casi la tavola finale era il risultato di un lavoro a due. L’essenza del lavoro dell’inchiostratore è stata espressa bene daBill Sienkiewiczin una intervista.“Alcuni mi chiedono come mai io mi occupi tanto di inchiostrazione. Il fatto è che si tratta di un’occasione per camminare nelle scarpe di qualcun altro e vedere il mondo con i suoi occhi, cosa che ritengo assolutamente affascinante, perché ti permette di sperimentare il modo in cui altri trovano soluzioni ai problemi. Non che non sia possibile anche soltanto leggendo i fumetti che disegnano, ma a livello delle matite, delle linee pure, si tratta di un’immersione molto più approfondita. Per me questo lavoro si traduce nel tentativo di esprimere al meglio l’idea generale che il disegnatore vuole comunicare, amplificarla. L’idea di rispettare e contemporaneamente aggiungere qualcosa all’ispirazione iniziale è, secondo me, l’essenza di questo mestiere”. Queste parole sembrano descrivere esattamente il lavoro di Alfredo Alcala. Il quale, per la verità, non ha mai ucciso nessuno, ma ha contribuito alla creazione di centinaia di pagine di fumetti oggi ritenuti leggendari.Analizziamo qui soltanto l’attività di inchiostratore che il grande artista filippino realizzò per la Marvel durante gli anni settanta. Nella storia diConan“Black colossus” le matite sono di “big” John Buscema. Nasce su questo numero un’accoppiata che farà felice una moltitudine di fan, i quali amarono da subito le chine pesanti di Alfredo Alcala che donavano alle tavole un tono  crepuscolare adatto ai toni quasi horror che la storia assume a un certo punto. Come abbiamo detto, piacquero meno a Buscema. L’edtior Len Wein, incontrandolo in redazione, gli disse con entusiasmo:“Oh, devi vedere le tavole, John: sono bellissime”. Una volta viste,  Buscema sentenziò:“Alcala è un bravo artista, ma ha distrutto il mio disegno”. Ancora su matite di John Buscema, ma stavolta si tratta di un episodio del tarzanideKa-Zarin un albo intitolato “Water of darkness, river of doom”.Qui il lavoro di Alcala è meno invasivo, come si conviene a una storia a colori dove non ci possono essere troppe linee che potrebbero creare problemi di leggibilità. Ancora Buscema non è contento e si lamenta che il filippino gli distorce i volti e le anatomie.A nostro giudizio si tratta di un lavoro senza infamia e senza lode, che soffre un po’ per la mancanza di neri pieni. Tales of the zombieera una rivista in bianco e nero figlia del revival dell’horror dei primi anni settanta incentrata sul personaggio diSimon Garth, che uscì dal 1973 al 1975.In Italia il personaggio fu pubblicato nello stesso periodo dall’Editoriale Corno sulCorriere della Paura, una rivista che riuniva i fumetti di tutte le riviste horror della Marvel. Nell’episodio “Simon Garth lives again”, disegnato dal suo connazionaleVirgilio Redondo, Alfredo Alcala utilizza una tecnica a mezza tinta che si distingue per una accentuata tridimensionalità. Vampire talesera un’altra rivista di fumetti horror in bianco e nero pubblicata da Magazine Management, questo il nome della sottoetichetta “per adulti” della Marvel.La serie, che durò 11 numeri, ospitava storie di vampiri sia come protagonisti sia come antagonisti. Stavolta l’episodio intitolato “The bleeding time”, realizzata a matita dal solito Virgilio Redondo, non è inchiostrato per niente bene. Le avventure in Savage Sword of Conan non sono sempre in ordine cronologico (come invece nell’albo a colori di Conan il barbaro): saltellano nelle diverse epoche della vita di Conan.La maggior parte degli episodi presentano un Conan più maturo, come “Ombre di ferro sulla Luna”, dove il cimmerio passa da capo degli zuagiri a capitano dei pirati della Confraternita rossa. In questo caso il duo Buscema-Alcala ha una resa inferiore rispetto a quella del “Colosso Nero”. Alcune tavole sono talmente tirate via da fare dubitare che siano state disegnate da Buscema, che forse le ha solo abbozzate. In questo numero Ka-Zar è il protagonista di una storia di ispirazione biblica all’interno del mondo della Terra Selvaggia. Ka-Zar arriva a Gondora, una combinazione di Sodoma e Gomorra, le due città nella Bibbia distrutte da Dio per punirle dei loro peccati. Di nuovo il filippino rende poco onore alle matite di Buscema, con un risultato privo di personalità. Nell’episodio “Blindspot”, disegnato da Virgilio Redondo, il vampiro Sweeney uccide un mendicante cieco e si impadronisce dei suoi occhiali.Alfredo Alcala utilizza uno stile diverso dai due precedenti, quasi non riuscisse a prendere le misure alle matite del connazionale.