USIAMO LE PISTE CICLABILI PER VIVERE MEGLIO

USIAMO LE PISTE CICLABILI PER VIVERE MEGLIO

L’invenzione della bicicletta risale all’inizio dell’ottocento. Molti tecnici contribuirono alla scoperta, ognuno apportando modifiche e miglioramenti. Fino alla seconda metà dell’ottocento la bicicletta non diventò di uso comune. Serviva per spostarsi, per fare sport e mantenersi in forma. Oggi molti usano la bicicletta anche per non aumentare l’inquinamento, dato che è un mezzo di trasporto ecologico oltre che molto economico. Perché diventi un mezzo di locomozione di massa occorre garantire la sicurezza del ciclista. Questo è possibile costruendo le piste ciclabili e le ciclovie separate dal traffico dei veicoli a motore. Il ciclista non deve solo essere sicuro, ma anche sentirsi sicuro. Perché questo avvenga è necessario che le piste siano riservate, tutte in rete e senza nessun attraversamento. Un biciclo della seconda metà dell’ottocento Le ruote delle prime biciclette erano di misura diversa e coperte di gomma piena. Era necessaria una strada non dissestata su cui i ciclisti potessero pedalare agevolmente. La bicicletta di sicurezza Verso la fine dell’ottocento venne inventata la bicicletta di sicurezza. Aveva le ruote quasi della stessa dimensione, i pedali e la trasmissione a catena. John Boyd Dunlop mise a punto i pneumatici che ammortizzavano l’impatto con il terreno. La bicicletta riscosse un enorme successo come mezzo di trasporto e per praticare sport. Lo stadio di cricket di Melbourne costruitoa metà ottocento Proprio nell’ottocento nei paesi britannici si affermò l’importanza dello sport così come lo concepiamo oggi. Il servizio prestato nelle colonie dell’Impero britannico garantiva alla classe dirigente inglese la possibilità di evitare il lavoro fisico. Questo le consentiva di avere molto tempo libero e notevoli risorse. I figli di coloro che prestavano servizio militare o civile nelle colonie venivano educati nella madrepatria in scuole con convitto. Si insegnavano ai ragazzi la disciplina e lo spirito di appartenenza. Si voleva che i  giovani imparassero il rispetto delle regole e la resistenza ai sacrifici e alle avversità. La lealtà verso i compagni e i superiori era un’altra dote che si sarebbe rivelata utile per governare uno dei più vasti imperi apparsi sulla terra. Praticare uno sport in cui si dovevano rispettare regole molto precise poteva essere una palestra per prepararsi alla vita. Gli sport di gruppo erano praticati anche nelle colonie. La foto sopra ritrae lo stadio di cricket di Merlbourne, in Australia, costruito a metà ottocento per praticare il cricket e il football, gli sport più amati dagli inglesi. Nel 1863 fu fondata in Inghilterra la Football Association: è la data di nascita del calcio moderno. Praticare un esercizio fisico per puro divertimento, cioè per sport, è un concetto già presente nelle civiltà antiche. Presso i greci, con le Olimpiadi, assunse anche un aspetto religioso. Era un’occasione per celebrare il culto del corpo. Le Olimpiadi. Scena di combattimento riprodotta su un’anfora a figure nere del VI secolo a.C. Ogni quattro anni, le città greche mandavano i loro atleti a partecipare alle gare nella città di Olimpia, in onore di Zeus olimpico. Durante le gare le guerre venivano interrotte con una tregua, dato che i giochi olimpici godevano di altissimo prestigio. Mirone, Discobolo, ca 460 a.C.: copia antica in marmo di originale in bronzo. Roma, Museo nazionale romano Alle olimpiadi partecipavano giovani aristocratici. Gli allenamenti erano così intensi e le competizioni così dure che richiedevano un esercizio continuo. Come oggi, del resto. Solo chi era di famiglia benestante poteva permettersi di gareggiare. I giochi furono aboliti quando il cristianesimo trionfò. Pierre de Coubertin in un francobollo commemorativo Verso la fine dell’ottocento il barone francese Pierre de Coubertin propose la rinascita dei giochi olimpici. Pensava che i francesi fossero stati sconfitti dai prussiani del 1870-1871 proprio per la mancanza di doti coltivate nei giochi olimpici. Un sano esercizio era necessario ai giovani per crescere forti e sani, così i giochi olimpici ripresero. Da allora si svolgono ogni quattro anni in una città del mondo diversa, in modo da trasformare i giochi greci in un patrimonio globale. Tutti gli atleti del mondo possono partecipare. La prima Parigi-Rouen, 1869 Nella seconda metà dell’ottocento la bicicletta subì diverse trasformazioni. Incominciarono a svolgersi le prime gare ciclistiche, che avevano soprattutto lo scopo di diffondere l’uso della bicicletta. Nel 1869 si svolse la prima gara ciclistica su strada. Era la Parigi-Rouen, sulla distanza di 126 chilometri percorsi a 15 chilometri l’ora. Parteciparono trecento concorrenti. La prima gara ciclistica italiana su strada: la Firenze-Pistoia del 1870. In Italia la prima gara ciclistica su strada risale al 1870. Fu la Firenze-Pistoia, con un percorso di 33 chilometri. Ciclisti che parteciparono ai primi giochi olimpiaci dell’era moderna Fin dalla prima olimpiade del 1896, il ciclismo fu considerato una specialità olimpica. Sopra vediamo due atleti: il ciclista a destra è il francese Léon Flameng, famoso corridore su pista. Nella prima olimpiade si svolsero sei eventi ciclistici, uno su strada e cinque su pista. Le piste erano riservate ai ciclisti mentre le strade potevano essere usate anche dagli altri veicoli. Però durante le gare si cercava di fermare il traffico e di far procedere solo i ciclisti. L’arrivo ad Albi nel primo Tour de France nel 1903 La prima gara a tappe fu il Tour de France, che si svolse nel 1903. Sopra vediamo l’arrivo della tappa di Albi. Luigi Ganna vincitore del primo Giro d’Italia nel 1909 Nel 1909, il giornale “La Gazzetta dello sport” organizzò il primo Giro d’Italia. Coloro che praticavano il ciclismo come sport erano considerati una élite. Il ciclismo sportivo era anche un mezzo per elevarsi socialmente. L’atleta Jenny Fletcher Intanto le donne avevano incominciato a praticare il ciclismo sportivo. Il comitato olimpico introdusse il ciclismo femminile nei giochi di Los Angeles del 1984. Francia, la strada delle grandi Alpi Strada delle grandi Alpi Il Touring club francese è nato verso la fine dell’ottocento ad opera di cicloamatori. Aveva lo scopo di favorire lo sviluppo del turismo. All’inizio del novecento decise di realizzare una strada riservata alle biciclette. Verso la fine degli anni trenta la strada si estendeva dal lago di Ginevra alla costa Azzurra, a Mentone, per quasi settecento chilometri. Fu chiamata Strada delle Grandi Alpi. Paesaggio lunare al colle dell’Isoard sulla grande strada delle Alpi Ancora prima della sua inaugurazione, auto, moto e biciclette avevano incominciato a percorrerla. I paesaggi erano mozzafiato, i percorsi agevoli. La strada era ben tenuta e abbastanza larga. Diventò un percorso fisso incluso nel tour de France. Bicicletta marca Doniselli costruita per trasporto del pane La bicicletta era usata anche come mezzo di trasporto di persone e cose. Andare in bici era abbastanza sicuro perché sulle strade c’erano ancora poche auto. Tuttavia le biciclette da trasporto e da lavoro si differenziavano molto da quelle per uso sportivo. La gente comune in una bicicletta cercava la comodità e la durata. Venivano usate per anni e vi si trasportava di tutto, passavano da un componente della famiglia a un altro. Bicicletta Graziella di Carnielli anni settanta Dopo gli anni cinquanta del novecento la produzione di auto crebbe. L’uso della bicicletta per trasporto quasi scomparve, soprattutto in città. Vi faceva ricorso solo chi non poteva permettersi un’auto. Poi c’erano gli appassionati irriducibili che continuavano ad usarla. La bicicletta perse parte del suo fascino. Dove lo sport non era considerato un valore distintivo, imparare ad andare in bicicletta cessò di essere una tappa obbligata nel percorso di crescita dei bambini. Amsterdam: uomo incravattato in bicicletta Ma la progressiva saturazione del traffico ha determinato l’impossibilità di muoversi agevolmente, così è nato un nuovo interesse per la bicicletta. Trasporto di bambini ad Amsterdam Gli incidenti stradali portarono all’attenzione del pubblico il problema della pericolosità delle strade aperte al traffico veicolare per i ciclisti. Nacquero le autostrade che erano riservate ai veicoli a motore. Nelle strade dove circolavano le biciclette e i veicoli insieme ogni caduta poteva diventare pericolosa. Incominciò a diffondersi l’idea che sarebbe stato meglio avere delle strade riservate alle biciclette. Pista ciclabile in Danimarca La Danimarca è l’unica nazione che ha realizzato tutte le piste ciclabili secondo un programma complessivo. Esistono 980 biciclette ogni mille abitanti. Un incrocio in Danimarca con la pista ciclabile verniciata di azzurro I danesi hanno puntato molto sull’uso della bicicletta ed hanno cercato di trovare tutte le soluzioni possibili per evitare incidenti. La rete ciclabile a Copenaghen Bici trasportate dai mezzi pubblici in Danimarca Tutto il sistema delle piste ciclabili è connesso ed è possibile trasportare la bicicletta sui mezzi pubblici in apposite carrozze riservate. Parcheggio delle biciclette davanti alla biblioteca Diamante nero di Copenaghen Ci sono grandi parcheggi anche coperti per le biciclette.