Qualcuno lo avrà dimenticato, ma dopo 45 anni è sempre LUI il film italiano più autentico di sempre

Un film che ha fatto la storia - fonte_Web - Giornalepop.it

Un film che ha fatto la storia - fonte_Web - Giornalepop.it

Un film che in molti hanno dimenticato, ma che a distanza di 45 anni dagli esperti è considerata la pellicola che ha cambiato il cinema italiano. 

Alcuni film appartengono soltanto al loro tempo, quello in cui arrivano per la prima volta sul grande schermo, invece sono in grado di andare ad alimentare l’amore collettivo che il mondo intero nutre per il cinema. Opere che sono in grado di resistere al passare del tempo.

In particolare ci sono pellicole che mostrano un’Italia vera, che sa vivere di gesti molto semplici, nella fatica quotidiana e nella dignità di chi giorno dopo giorno insegna cos’è la resilienza.

A distanza quasi di mezzo secolo c’è un film che risulta essere un riferimento assoluto, in grado di emozionare e interrogare anche le nuove generazioni, un racconto che nasce dalla terra, parla con la voce dei contadini e osserva la vita con uno sguardo limpido e onesto.

Nessun effetto spettacolare, star di lustro internazionale, insomma, qualcuno potrebbe dire “niente di eccezionale“, infatti molti lo avranno anche dimenticato, altri ne conoscono solo il nome, ma i veri esperti del settore sanno bene il peso e il valore che questo film ricopre.

Un racconto di gesti, silenzi e dignità contadina

L’autore di quest’opera ha scelto la via dell’essenzialità: pochi mezzi, attori non professionisti, dialoghi ridotti al minimo, si lascia che a parlare siano i gesti, i suoni e la vita quotidiana. Nessun conflitto sociale che viene gridato, il filtro è la vita quotidiana, come un contadino che trova una moneta durante un comizio socialista, la vedova che mantiene i figli lavando i panni al fiume, l’anziano che insegna alla nipote come far maturare in fretta i pomodori per venderli al mercato. Ogni storia è un frammento di un mondo scomparso, ma raccontato con una delicatezza che evita la retorica.

A permeare la narrazione è l’elemento religioso che non diviene mai dogma, si tratta di una fede ruvida, quotidiana, che scandisce la vita delle famiglie e dei campi. Rosari, sermoni e feste di paese si intrecciano a una realtà dove la sopravvivenza è fatica, ma anche un atto d’amore; tutto viene osservato con il massimo rispetto, senza alcun sentimentalismo o sarcasmo.

L'albero degli zoccoli - fonte_web - Giornalepop.it
L’albero degli zoccoli – fonte_web – Giornalepop.it

Un capolavoro di Ermanno Olmi

Il film di cui parliamo è “L’albero degli zoccoli”, diretto da Ermanno Olmi e vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 1978. Un vero e proprio capolavoro girato interamente con contadini veri, parlato in dialetto bergamasco e prodotto con mezzi limitati, ma con una sincerità che ancora oggi commuove.

Un film antropologico che cerca le radici della civiltà contadina e ne racconta la purezza, la durezza, la solidarietà e la fragilità. L’albero che viene abbattuto per farne un paio di zoccoli diviene un gesto d’amore, ma anche di sconfita, una metafora del mondo semplice che viene inghiottito dal progresso. Quello che Olmi utilizza è uno stile sobrio e poetico, raccontando un’Italia che viveva di cicli naturali, dove il tempo era misurato dal lavoro nei campi e il valore delle cose era proporzionato alla fatica necessaria per ottenerle. Probabilmente sono proprio queste le caratteristiche che dopo 45 anni fa essere il film un vero capolavoro.