MAURIZIO MINGHELLA, IL KILLER CHE VISSE DUE VOLTE

“È come un tamburo che suona dolorosamente dentro la mia testa dando segnali di morte”, ha cercato di spiegare ai suoi psichiatri Maurizio Minghella, uno dei più pericolosi killer italiani. A una delle poche prostitute che aveva lasciato in vita, aveva detto: “Sei fortunata, da quando mia moglie ha perso il nostro bambino sono diventato matto e ammazzo le puttane”.
Secondo alcuni psicologi dell’Unità crimini violenti la spiegazione dei suoi omicidi sarebbe niente di meno nei fumetti pornografici che leggeva da piccolo. Per altri esperti, i traumi familiari subiti nell’infanzia lo avrebbero portato a “possedere le donne fino a umiliarle per dimostrare la sua virilità“.
Quando non riusciva a possederle, forse perché in realtà non era così virile come avrebbe voluto, cominciava a sentire quel tamburo nel cervello che lo induceva a compiere un omicidio.
Un’altra prostituta ha raccontato che era riuscita a salvare la pelle solo perché aveva capito che doveva gratificarlo dal punto di vista sessuale: “Tu sì che sei un vero uomo”, gli aveva detto con un gemito, “come mi piacerebbe essere la tua donna”.
Le vittime erano, secondo Minghella, “delle tossiche, delle drogate indegne di vivere”.
Maurizio Minghella nasce a Genova nel 1958. Quando ha sei anni la madre si separa dal marito per andare a convivere con un uomo violento, che la picchia in continuazione, insieme ai suoi cinque figli.
“Era un alcolizzato che ci picchiava di brutto”, ricorderà in seguito, “spesso fantasticavo di strangolarlo, stringendogli una corda alle sue spalle”.
A 12 anni Maurizio frequenta ancora la prima elementare, dato che a fine anno viene regolarmente bocciato. A questo punto, pensano in famiglia, tanto vale mandarlo a lavorare. Così, negli anni seguenti, Maurizio fa il piastrellista e altri mestieri. Ogni tanto ruba una motocicletta o un’utilitaria per scorazzare con le amichette.
Nel quartiere lo definiscono il “John Travolta dei poveri”, perché ride sempre e indossa ridicoli stivaletti a punta con il tacco alto. “Ho avuto cento donne”, si vanta, “e voglio arrivare a mille”.
Tenta la carriera pugilistica, ma viene espulso perché troppo violento fuori dal ring. Da quella esperienza rimedia solo un naso rotto.
La tragica fine di un fratello, in un incidente motociclistico, lo impressiona talmente che da quel momento tutto ciò che è legato alla morte diventa un’ossessione per lui. Più volte riesce a intrufolarsi negli obitori per osservare i cadaveri e la disperazione dei familiari. Sì, la morte lo eccita.
Nel 1977, a 19 anni, Maurizio sposa Rosa Manfredi, una quindicenne dipendente dagli psicofarmaci. Lui non trascorre le giornate con la giovanissima moglie, preferendo frequentare le prostitute. Rosa morirà da lì a poco per overdose di farmaci, dopo un aborto spontaneo.
La perdita del figlio mai nato porta l’ossessione di Maurizio alle estreme conseguenze, inducendolo a commettere un omicidio dopo l’altro nelle strade di Genova.
Prima di uccidere le donne gli piace torturarle, sentire il loro dolore e vedere il terrore nei loro occhi, farle dibattere inutilmente nel tentativo di liberarsi dalla sua stretta.
1) Il 18 aprile 1978, Maurizio Minghella conficca una biro rossa nel fondoschiena e fracassa la testa di Anna Pagano, una ventenne che si prostituiva per comprare l’eroina.
Cercando maldestramente di depistare le indagini scrive “Brigate Rose” sul corpo della vittima, sbagliando le doppie da pluriripetente quale è. Il cadavere, abbandonato in campagna, viene ritrovato dai pastori.
2) L’8 luglio massacra nello stesso modo Giuseppina Jerardi, 23 anni, e nasconde il suo corpo in un’auto rubata.
3) Il 18 luglio spoglia Maria Catena Alba, una studentessa di 14 anni, la lega a un albero e la strangola con una specie di garrotta. Accanto a lei, viene trovato il sacchetto con la merenda che avrebbe dovuto mangiare a scuola.
4) Il 22 agosto è la volta di Maria Strambelli, una commessa di 21 anni. Il suo corpo, trovato in un bosco diversi giorni dopo, mostra ancora i segni dello strangolamento.
5) La sua ultima vittima di questo giro è del 28 novembre. Wanda Scerra, 19 anni, viene violentata, strangolata e gettata nella scarpata accanto alla ferrovia Genova-Milano.
Arrestano Maurizio Minghella la notte del 5 dicembre. Gli ultimi due delitti li ammette con una motivazione stravagante: “Ho perso la testa quando ho scoperto che le ragazze erano mestruate”. Nega di aver compiuto gli altri omicidi, ma la perizia calligrafica della scritta lasciata sulla prima vittima dimostra che è stato lui l’autore e gli occhiali della terza vittima vengono trovati a casa sua.
Il 3 aprile 1981 il pluriomicida viene condannato all’ergastolo. A questo punto Maurizio Minghella si dichiara completamente innocente, affermando di essere stato costretto a confessare a causa dei maltrattamenti della polizia.
Diverse personalità, tra le quali don Andrea Gallo (“Conosco bene Maurizio e so che non è colpevole”), chiedono inutilmente la revisione del processo.
In carcere il detenuto si distingue per la buona condotta, per questo, malgrado l’ergastolo, nel 1995 ottiene la semilibertà. Esce di giorno e la notte torna nel carcere delle Vallette di Torino.
Ha trovato un posto di falegname in una comunità del Gruppo Abele di don Ciotti, dove si lega a Mariastella Ferri, una ragazza di 29 anni.
Inoltre, dato che è praticamente libero, può tornare alla sua professione preferita, quella del serial killer. Cambia solo l’ambientazione, ora lo sfondo delle sue gesta non sarà più la città della Lanterna, ma quella della Mole Antonelliana.
Preferisce violentare e uccidere le prostitute, la morte delle quali non appassiona l’opinione pubblica: nessuna trasmissione mostrerà mai un plastico per tentare di spiegare la loro fine tragica.
L’elenco delle vittime si allunga con un nuovo giro.
6) Nel marzo 1997 Maurizio Minghella uccide a domicilio Loredana Magario, 53 anni.
7) A maggio picchia e violenta Fatima H’Didou, marocchina di 27 anni. Poi le brucia le piante dei piedi e la strangola con la cintura di un accappatoio.
8) Il 30 gennaio 1999, con un foulard strangola Cosima Guido, 67 anni.
9) Il 16 febbraio 2001 conficca un ramo nel fondoschiena e colpisce ripetutamente al volto la moldava Florentina Motoc, 20 anni, madre di un bimbo di 2.
Il 7 marzo 2001 Maurizio Minghella viene arrestato per una rapina compiuta ai danni di una giovane prostituta, che era riuscita a prendere il numero di targa del suo motorino.
Gli fanno l’esame del Dna per vedere se risulta coinvolto in qualche altro caso rimasto insoluto, e si scopre che la traccia genetica corrisponde a quella lasciata sulla scena del delitto di alcune prostitute uccise di recente.
In casa sua vengono ritrovati i cellulari di alcune delle vittime che, infatti, derubava sempre.
Qualcuno nota che si sarebbe dovuto arrestarlo molto tempo prima, dato che i delitti torinesi sono la fotocopia di quelli per cui era stato già condannato a Genova. Marastella, la sua convivente cade dalle nuvole: “Con me si comportava benissimo ed era sempre affettuoso con il mio bambino di cinque anni. Lo trattava come fosse suo figlio”.
Pochi giorni dopo, Maurizio Minghella tenta di evadere dal carcere delle Vallette passando per la lavanderia, ma lo bloccano al muro di cinta.
Il 2 gennaio 2003, nel carcere di Biella, si fa ricoverare al pronto soccorso fingendo di sentire forti dolori. Il detenuto sa che in quel periodo l’organico penitenziario è ridotto all’osso e che i secondini con cui ha a che fare non conoscono la sua pericolosità. Così riesce a non farsi ammanettare e ad andare in bagno senza essere seguito. Da lì evade passando per la finestra.
Otto ore dopo, però, lo ritrovano nascosto dietro una siepe.
Al processo, che si svolge nell’aprile del 2003, il pubblico ministero lo accusa di una quindicina di rapine ai danni di prostitute e di numerosi omicidi avvenuti a Torino mentre era in semilibertà, anche se per molti casi non ci sono le prove.
Le altre sue probabili vittime sono sei donne uccise a Torino negli stessi anni.
10) Ebe Mussino, una ambulante di 35 anni massacrata a colpi di pietra.
11) L’albanese Heriona Sulejmani, 16 anni, alla quale è stato sfondato il cranio.
12) Una donna rimasta sconosciuta perché il suo cadavere è stato bruciato.
13) L’albanese Atli Isacu, 23 anni, strangolata.
14) L’albanese Nada Sheu, 22 anni, uccisa con un laccio in una fabbrica dismessa.
15) Giulina Vilali, macedone di 23 anni, strangolata con un foulard.
Perché Maurizio Manghella non è stato processato anche per questi omicidi? Il motivo è assurdamente semplice: i reperti raccolti sulla scena del crimine sono andati perduti.
Per esempio, tra i capelli della Vilali era stato trovato un preservativo usato. Se fosse stato conservato bene, si sarebbe potuto estrarre il Dna dallo sperma, invece è stato lasciato deteriorare in un cassetto.
Oggi Maurizio Minghella si trova a scontare la pena nel carcere di Pavia.
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