MARIA TERESA CRIVELLARI UCCIDE LA RIVALE

MARIA TERESA CRIVELLARI UCCIDE LA RIVALE

La mattina del 18 febbraio 2009 un tossicodipendente e un rapinatore fallito tengono d’occhio l’ingresso della scuola materna di Bruino, piccolo comune a sud di Torino. Dalla porta dell’asilo esce Marina Patriti, una casalinga mora di 44 anni, esile e dall’espressione timida, che ha appena lasciato la figlia minore alle cure delle maestre.
La donna cammina verso la propria auto parcheggiata in strada. Con un balzo, uno dei due loschi figuri l’afferra rudemente, mentre l’altro, fingendo di avere una pistola in tasca, le ordina di aprire la macchina. Tutti insieme fanno un breve viaggio che si conclude in un parcheggio poco oltre l’abitato.
Qui, i due trasbordano Marina sulla loro macchina, per condurla in una cascina del vicino comune di Sant’Ambrogio. Qui la donna viene rinchiusa nel garage vicino. Rimasta sola, Marina cade in preda del terrore. Cosa vogliono da lei? Che le accadrà, ora?

Per capire questi misteriosi avvenimenti dobbiamo fare un passo indietro, ripartire da Maria Teresa Crivellari, un’infermiera di 53 anni piuttosto corpulenta, bionda e dalle labbra sottili. Rimasta vedova dopo la morte per malattia del marito, si innamora di Giacomo Bellorio, un ambulante di 44 anni che lavora nei mercati.

L’uomo accetta con piacere la sua corte e la storia continua per quasi due anni, finché lei gli chiede di ufficializzare la relazione, di formare una coppia stabile alla luce del sole. Lui nicchia perché è sposato e ha tre figli, ma Maria Teresa è così convincente che, alla fine, Giacomo promette di abbandonare la famiglia per mettersi con lei. La moglie, Marina Patriti, è ormai a conoscenza della relazione del marito e, con la morte nel cuore, aspetta l’abbandono definitivo.

Senonché, il 9 settembre 2009, quando la separazione è praticamente definitiva, Giacomo ricorda con un tuffo al cuore che quel giorno è l’anniversario del suo matrimonio, il 24esimo per l’esattezza. Subito nella sua mente si affastellano i ricordi dei momenti piacevoli trascorsi insieme alla moglie. Sentendo una improvvisa nostalgia della famiglia, decide di tornare sui suoi passi. Fissa Marina negli occhi e, intuendo il suo perdono, l’abbraccia forte promettendole che non farà mai più una sciocchezza simile. Dopo pianti e baci, la coppia torna a essere unita come prima. A fare le feste ci sono anche i loro tre figli di 23, 13 e 5 anni.

Se una donna sembra rinascere, la rivale Maria Teresa non si dà pace. Come può Giacomo avere cambiato idea, dopo che si erano promessi amore eterno? «Vediamo se quella lì accetterà di stargli ancora accanto, dopo che le avrò mandato questa bella foto», pensa con aria perfida l’ex amante.

L’ultimo giorno dell’anno del 2009, il 31 dicembre, arriva un mazzo di fiori per Marina. La donna lo rigira cercando il biglietto di accompagnamento. Dentro la busta, trova una foto che ritrae il marito Giacomo e Maria Teresa in un atteggiamento fin troppo intimo. Appena rincasa, il marito viene investito dal pianto e dalle recriminazioni della moglie: «Ma come? Dopo tutte le assicurazioni che mi hai dato, stai ancora con lei? Sei un bugiardo!».

Lui le giura che con Maria Teresa è tutto finito, si tratta solo di una meschina vendetta: quella foto gliela aveva scattata con il cellulare durante un vecchio incontro. Alla fine Marina e Giacomo tornano a fare pace, anche se Capodanno è ormai rovinato. Lo stalking di Maria Teresa è solo all’inizio: attende la rivale quando esce di casa e la fotografa senza motivo, poi le manda Sms con scritto “prima o poi dovrai farti da parte”.

Il 18 febbraio 2010, Giacomo è come al solito affaccendato dietro il suo banco del mercato, quando riceve un Sms dal numero di cellulare della moglie: “Oggi vai tu a prendere il bambino all’asilo”. Strano messaggio e strano errore, dato che la più piccola è una femmina. In quel mentre lo chiama la collega del banco accanto, per dirgli che un istante prima una donna le ha messo in mano una borsetta, chiedendole di consegnarla a lui, ed è sparita subito dopo. L’uomo, riconoscendo la borsetta della moglie, con un oscuro presentimento la apre. Dentro ci sono le chiavi dell’auto di Marina e una lettera scritta a mano: “Me ne vado con il mio amore, i ragazzi capiranno”. Nel foglio viene anche spiegato dove si trova la macchina. Un testo assurdo, e la calligrafia non sembra neppure la sua.

Ma che fine ha fatto Marina? Dopo ore passate al buio nel garage, dove è stata rinchiusa dai rapitori, la donna vede aprirsi la porta. Si affaccia un nuovo tizio, un ragazzo che la conduce a forza nella cascina dove, dice, l’aspetta “mammà”. Marina ha un tuffo al cuore, quando riconosce Maria Teresa Crivellari.

Dopo averla guardata compiaciuta, l’ex amante del marito estrae da un cassetto le confezioni di Fenobarbital, un barbiturico, e di Zolpidem, un sedativo. Scioglie le pillole in un bicchiere di aranciata, che il figlio costringe la prigioniera a bere. Mentre si sente venire meno, Marina avverte un sacchetto di plastica che le avvolge la testa. Senza avere più la forza di reagire, la donna muore soffocata.

Giacomo Bellorio torna a casa sperando che il messaggio sia solo uno scherzo di cattivo gusto, ma l’appartamento è vuoto. Allora si reca nel punto indicato, fuori dal paese, dove, in effetti, trova parcheggiata l’auto della moglie. Dopo averci pensato su per un’intera notte passata in bianco, va dai carabinieri per sporgere denuncia: «Mia moglie non può essere scappata come dice il biglietto… per scoprire quello che le è successo veramente, dovete indagare su Maria Teresa Crivellari. Ho sospettato subito di lei, ieri le ho anche telefonato per farla confessare, ma mi ha risposto che non ne sapeva niente». Invece i genitori della scomparsa, convocati dai carabinieri, dicono di credere nella fuga d’amore, anche se non ne sapevano niente.

Per non lasciare nulla di intentato, i carabinieri mettono sotto controllo sia il telefono della Crivellari, sia quello di Bellorio. In questo modo, alcuni giorni dopo, apprendono un fatto sorprendente: il marito di Marina è tornato a frequentare l’amante che aveva appena accusato!

«Vedrai che non le è successo niente», lo conforta Maria Teresa con tono suadente. Vengono anche controllate le persone alle quali i due avevano telefonato nelle settimane precedenti. I più interessanti per le indagini risultano essere due uomini chiamati dalla donna: Andrea Chiappetta, un tossicomane nullatenente di 37 anni, e Calogero Pasqualino, un 27enne con precedenti per tentato furto.

Un altro personaggio che attira l’attenzione degli inquirenti è Alessandro Marella, il figlio 21enne della Crivellari. Non studia e non lavora, legatissimo alla madre, vive insieme a lei. I quattro continuano a telefonare tra loro commentando le notizie sulla donna scomparsa. Più passa il tempo e meno diventano prudenti, finché si lasciano scappare qualche allusione, di cui gli investigatori prendono subito nota.

Scoprono così che, per rapire la donna, Pasqualino e Marella sono stati pagati 2.500 euro. Arrestati, i due confessano. Come fanno pure la Crivellari e il figlio. Nove mesi dopo la scomparsa, gli investigatori possono finalmente individuare i poveri resti di Marina Patriti, con ancora il sacchetto infilato sulla testa, sepolti in una colata di cemento del marciapiede vicino alla cascina.

All’inizio, la Crivellari cerca di coinvolgere l’amante: «Io l’avrei dovuta avvelenare con i farmaci, mentre lui sarebbe venuto a portarla via con il furgone. Alla fine, però, ha avuto paura e ho dovuto seppellirla davanti a casa mia». Per queste dichiarazioni, rivelatisi infondate, la donna viene accusata di calunnia. Maria Teresa ammette di avere lanciato quelle accuse per ripicca: «Giacomo mi aveva illusa di essere la donna della sua vita».

Tutti gli imputati vengono condannati: ergastolo per Maria Teresa Crivellari, pene dai 12 ai 16 anni per i tre complici. I risarcimenti in denaro sono accordati ai figli e ai genitori della vittima, niente al marito.

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