L’ULTIMA STORIA DI LEE & KIRBY

Nel 1978, quando il contratto di Jack Kirby con la Marvel era prossimo a scadere, gli fu offerto un rinnovo, che conteneva una clausola che non gli permetteva di rivendicare alcun diritto sui personaggi che avrebbe inventato. Anche se era sempre stato così, Kirby decise che questo era inaccettabile e non firmò nessun rinnovo.
Dopo il suo ritorno alla Marvel, Jack Kirby aveva evitato di lavorare sui personaggi co-creati assieme a Stan Lee per evitare qualsiasi tipo di polemica. Aveva ripreso in mano Capitan America e Pantera Nera perché erano attribuibili a lui solo, rifiutandosi di intervenire su Thor e i Fantastici Quattro.

Stan Lee aveva, invece, il desiderio di rimettersi in coppia con Jack Kirby fin dal primo giorno che era ritornato alla Marvel. Lo aveva dichiarato ai quattro venti nel suo soap box, la rubrica in cui teneva il contatto con i lettori nelle pagine dei comic book, del dicembre 1975 “io e Jack stiamo pensando a una gigantesca edizione speciale di – hai indovinato – The Silver Surfer!”.
Silver Surfer è un personaggio inconsueto, creazione obliqua di un Jack Kirby particolarmente ispirato anche se all’inizio inconsapevole dall’importanza di ciò che aveva creato. Era un novello “messaggero degli dei” che aveva affascinato entrambi fin dall’inizio.
Seppure Lee, per sua stessa ammissione, non avesse fornito alcun contributo nella creazione iniziale del personaggio, lo trova da subito congeniale per esprimere alcuni concetti che aveva a cuore e lo trasforma con i suoi dialoghi.
La creazione di Kirby, che era sostanzialmente un alieno freddo ed enigmatico, una specie di incarnazione di pura energia cosmica, diventava nella visione di Lee una figura nobile e generosa capace di sfidare Galactus per amore degli umani.

Stan Lee racconta, nell’introduzione del libro Son of Origins: “Quando ho iniziato a scrivere i dialoghi del numero 48 dei Fantastici Quattro mi sono reso conto che Silver Surfer aveva il potenziale per essere molto più di un semplice e pittoresco personaggio di sostegno. Studiando i disegni, vedendo il modo in cui Jack lo aveva rappresentato, ho colto la nobiltà del suo portamento e le qualità quasi spirituali del suo essere”.
Con i suoi dialoghi, trasforma il personaggio creato da Jack Kirby in una figura dalle suggestioni messianiche, in grado di guardare all’umanità con animo compassionevole. Alla fine il surfista d’argento diventò l’incarnazione perfetta della potenza che sprigionava ogni volta dalla collaborazione di questi due geni del fumetto.

Stan Lee ricordò nuovamente il progetto da realizzare insieme a Jack Kirby in un’intervista con David Anthony Kraft pubblicata sulla “fanzine interna” della Marvel; Foom n. 17 del marzo 1977. E nel gennaio dello stesso anno il duo iniziò effettivamente a lavorare insieme, a casa di Jack Kirby a Los Angeles, su una nuova storia di Silver Surfer.
Furono pragmatici motivi economici che permisero al progetto di venire alla luce: Stan Lee aveva firmato un contratto con Simon & Schuster, una delle più grandi case editrici generaliste statunitensi, per pubblicare un libro su Silver Surfer. Jack Kirby accettò perché i diritti dell’opera, stranamente, non sarebbero stati di proprietà della Marvel ma unicamente di Stan Lee e suoi.

Non sarebbe stata una semplice storia di venti pagine e nemmeno una doppia di quaranta, sarebbe stata una sorta di graphic novel di oltre cento pagine intitolata The Silver Surfer: The Ultimate Cosmic Experience.
Nella prefazione, Stan Lee scrive: “Dopo tutti questi anni, Jolly Jack e io siamo riusciti a completare l’unico libro che abbiamo sempre minacciato di imporre a un pubblico sbalordito e sorpreso… Silver Surfer sembra avere un significato speciale per entrambi. Sempre desideroso di spostarmi verso l’Ovest, ho coraggiosamente viaggiato verso l’idilliaco rifugio di Jack sulle colline della California meridionale. Lì, durante una fatidica visita, abbiamo messo a punto gli elementi principali della parabola fantasmagorica che presto si dispiegherà davanti ai vostri occhi abbagliati”.

Quando il fumetto uscì nel 1978 il giudizio dei lettori fu controverso. Gli entusiasti lo elogiarono come l’opera più matura del duo, degno suggello di una parabola artistica ineguagliabile. I più critici, ed erano la grande maggioranza, lo videro come un tentativo non riuscito di rinverdire fasti inesorabilmente appartenenti al passato di due stanchi autori.
Jack Kirby non aveva fatto molti sforzi di fantasia a livello grafico e di idee, mentre Stan Lee con i suoi dialoghi non era riuscito a rendere la storia interessante.
E Joe Sinnott, l’inchiostratore storico di Jack Kirby sui Fantastici Quattro, volendo strafare riuscì solo ad appesantire i disegni.
Si tratta di una storia che si propone di riscrivere la famosa trilogia di Galactus degli anni sessanta apparsa sugli albi dei Fantastici Quattro, ma senza i Fantastici Quattro. Questo succede non perché i due pensassero che il surfista d’argento fosse in grado di sostenere da solo un racconto così lungo, ma più prosaicamente perché non avevano i diritti per includervi anche Reed Richards e soci.

L’episodio inizia con Silver Surfer che arriva sulla Terra venendo subito colpito dalla sua bellezza e dal potenziale dell’umanità di realizzare cose meravigliose. Si imbatte in una donna che assomiglia a Shalla Bal, la sua fidanzata, che gli riporta alla mente il ricordo del suo sacrificio per salvare il pianeta natio Zenn-La.
Si rivolge poi a Galactus implorandolo di risparmiare la Terra, ma il suo potente padrone rifiuta. Allora il surfista d’argento decide di rivoltarsi e sfidarlo in battaglia, ma viene facilmente sconfitto e imprigionato per sempre sul pianeta Terra.
Galactus, che non ha digerito l’affronto, crea Ardina, un essere femminile potentissimo per vendicarsi del suo araldo. Ma Ardina e Silver Surfer quando si incontrano si innamorano subito. Lei ammette di essere stata inviata da Galactus, ma giura che i suoi sentimenti sono sinceri.

I due iniziano a discutere riguardo i terrestri. Per Ardina l’umanità non vale il sacrificio di Surfer. Tenta di mostrargli tutto il negativo dell’umanità: il crimine, la violenza, il male dell’uomo. Silver Surfer non si lascia convincere e le parla delle piccole meraviglie degli umani, di ciò che potrebbero diventare, del loro spirito indomito e del loro coraggio senza uguali.
Ardina torna da Galactus e gli racconta che ha fallito e che si è innamorata di Silver Surfer. Il finale è straziante: Ardina sparisce nel nulla e Silver Surfer, per salvare la Terra, accetta di servire ancora Galactus.
Mark Evanier, ex collaboratore e biografo ufficiale di Kirby, racconta così la genesi di questa storia: “Il personaggio di Silver Surfer era stato opzionato per un film, ma l’opzione non includeva i Fantastici Quattro, quindi non era possibile fare un film sulla trilogia di Galactus. Quindi i produttori cercarono di inventare una trama per un film solo di Silver Surfer, ma non ci riuscirono. Allora uno dei produttori (Lee Kramer) andò da Stan Lee e gli propose: ‘Perché tu e Jack non pensate a una trama?’. Così Stan andò da Jack proponendogli di scrivere assieme una storia. Ma Jack pensò: ‘Ehi, gli sceneggiatori di Hollywood sono pagati bene. Perché non ci assumono per scrivere il film?’. Stan gli disse che questo non era previsto ma ribatté: ‘Perché non scriviamo una graphic novel di Silver Surfer che potrebbe essere la trama di un film? Di questa storia deteniamo il copyright, quindi veniamo pagati per scriverla come una graphic novel, e se poi vogliono farci un film dovranno comprarlo da noi ai prezzi dell’industria cinematografica’. A Jack suonava bene, così iniziò a scrivere una bozza che registrò presso la Writer’s Guild, il sindacato degli scrittori. Jack è quello che l’ha messa su carta, ha scritto uno schema della trama e poi ha scritto anche le note a margine. Ma nessuno ne volle fare un film”.

La corrispondenza conservata negli archivi della Università del Wyoming riguardante la graphic novel è probabilmente il resoconto più completo della lavorazione di questo fumetto. In una lettera a Jack Kirby poche settimane dopo il loro incontro di gennaio, Stan Lee scriveva: “Solo una riga per dirti quanto mi è piaciuto vederti a Los Angeles. Mi dispiace che non abbiamo avuto più tempo da trascorrere insieme, ma almeno abbiamo avuto la possibilità di parlare un po’. Spero che tutto ciò di cui abbiamo discusso sia chiaro e condivisibile con te e che tutto funzioni bene. Continuiamo a insistere su Surfer: sarà sicuramente il Tutti gli uomini del presidente del 1977!”.
La corrispondenza sembra dare un’idea di come è stata costruita la storia. Partendo dal loro incontro in California, Kirby ha proceduto a suddividere la storia in pagine e vignette, che ha inviato a Lee in momenti diversi, e ha accompagnato con note dattiloscritte, l’equivalente delle note a margine che era solito fornire durante le loro precedenti collaborazioni. Era come se Kirby volesse essere sicuro che i suoi pensieri su quelle pagine non potessero essere fraintesi.

Ma anche questa documentazione sembra suscettibile di diverse interpretazioni sul modo di lavorare insieme dei due. Per esempio, in una lettera datata 24 gennaio 1977, Kirby ha scritto quattro pagine dattiloscritte descrivendo a Lee la trama della graphic novel.
La lettera inizia così: “Stanley, nel caso fosse necessario un piccolo riepilogo della nostra discussione, credo che i punti fondamentali della storia risiedano nella relazione Galactus-Surfer e nella nostra posizione disordinata nell’universo. È la storia del surfista, ovviamente, e la sua esperienza dovrebbe essere dominante (la sua storia d’amore, la sua vita tra i terrestri, le sue decisioni). Tuttavia, credo che il lettore sarà chiaramente incuriosito dalla questione più ampia della sua vulnerabilità nello schema generale delle cose”.
Il resto della lettera oscilla tra la descrizione di immagini specifiche e l’analisi di temi più generali. Ma queste immagini e questi temi li ha pensati Kirby e li sta spiegando a Lee, o sono solo un riepilogo della loro discussione?

La lettera di accompagnamento di Kirby per alcune pagine, datata 14 marzo 1977, dice: “Stanley, questo è il secondo lotto per il libro di Surfer. Se riesci a trascurare gli occasionali errori di battitura, troverai le pagine spiegate in quella che ritengo sia la prospettiva corretta in considerazione della resa realistica e del suo valore drammatico. Naturalmente, è tutto fatto all’interno delle aree di cui abbiamo discusso e spero che ciò venga percepito. Ho anche cercato di spiegare le questioni in sospeso e preparare il terreno per la vita del surfista tra gli umani”.
Sulla base dei propri appunti, e dei ricordi di Mark Evanier, Kirby sembra aver curato i dettagli della trama per lo più da solo. Fornì descrizioni dettagliate di ciascuna vignetta, insieme ad alcuni suggerimenti per i dialoghi. Ma diversamente dalle loro collaborazioni degli anni sessanta, non c’erano le proposte dei dialoghi per ogni vignetta, e quelli che c’erano erano piuttosto approssimativi.

Per esempio, le note di Kirby per la pagina 6 costituita da tre vignette dicevano: “Pagina sei vignetta uno: il surfista scivola tra gli edifici torreggianti. Lo raggiungono i rumori delle strade sottostanti. Vignetta due: mentre scende in picchiata, il surfista intravede per la prima volta gli umani. Ci sono volti alle finestre, tutti mostrano una reazione a questo sconosciuto tra loro. Vignetta tre: Poi, sceso a livello della strada, il surfista si trova coinvolto nella vita e nel rumore della città”.
Per la stessa pagina, i dialoghi di Lee scritti sui disegni erano questi: “Vignetta uno: [Silver Surfer]: Ci sono strutture primitive, abitazioni semplici e macchinari basilari di ogni tipo! È una cultura primitiva, che procede tentoni e inciampando verso una maturità vagamente percepita! Vignetta due: [Silver Surfer]: Eppure, l’aria stessa sembra pulsare di vita! C’è energia qui, c’è spirito, c’è vitalità come non l’ho mai conosciuta! Vignetta tre: [Silver Surfer]: La mia vista improvvisa causa il panico per le strade! Devono ancora imparare, solo il selvaggio ha paura di ciò che non capisce!”.

È indubbio che i dialoghi di Lee cerchino di instillare un po’ di vita a un pagina piuttosto banale. In un’intervista del 1967 con la stazione radio della Rutgers University del New Jersey, Stan Lee sostenne che: “Abbiamo realizzato storie che hanno avuto un discreto successo tra i lettori. Ma quelle storie in sé non erano davvero niente. L’eroe incontra un cattivo e lo combatte… Sospetto che siano state le piccole sottotrame, le piccole digressioni e la caratterizzazione dei personaggi a rendere le nostre storie migliori di tutte le altre. Ho sempre pensato che la cosa più importante in un fumetto sia il dialogo. È la cosa che conferisce realismo ad una storia e fa parlare e reagire i personaggi come persone vere. È la cosa a cui dedico il 99% del mio tempo. Riscrivo una frase anche una dozzina di volte se non sento di averla azzeccata”.

Questa storia può essere vista come una metafora del rapporto tra i due autori. Silver Surfer, dotato del potere cosmico ma piuttosto ingenuo, potrebbe rappresentare Jack Kirby, e Galactus, insensibile divoratore di mondi ma allo stesso tempo affettivamente legato al proprio araldo, potrebbe essere Stan Lee.
Andando ancora più in profondità, l’episodio potrebbe invece rappresentare una metafora del rapporto di entrambi con la Marvel. In questo caso entrambi gli autori potrebbero riconoscersi in Silver Surfer, mentre la Marvel sarebbe rappresentata da Galactus.
Sappiamo per certo che nel 1975 Kirby tornò alla Marvel con grande riluttanza, così come fu il ritorno di Silver Surfer a Galactus. La storia sembrava dire, essenzialmente, che Galactus e il surfista erano destinati a stare insieme, come Kirby e Lee? Come Kirby, Lee e la Marvel?

Vista dalla parte di Stan Lee, la decisione del surfista di rimanere legato al suo padrone era un semplice atto di pragmatismo come la sua decisione di rimanere legato alla Marvel pur avendo cercato in quegli anni delle occupazioni alternative.
Jack Kirby, da parte sua, non poteva certo condividere questo punto di vista. È stato un pio desiderio da parte di Lee, manovrare Kirby verso la co-creazione di una storia sull’idealismo che scende a compromessi con un potere travolgente, un potere che è al di là del bene e del male? Era il modo di Lee di cercare di convincere Kirby a capire che restare con lui e la Marvel era per un bene superiore? “Hai provato con la Dc e non ha funzionato tanto bene, vero?”.

Aldilà dei significati che gli si possono attribuire, questa storia di Silver Surfer deve la sua importanza al fatto di essere l’ultima collaborazione tra due uomini che, al di là delle annose polemiche, sono stati legati a lungo.
Come leggiamo nella citazione dell’astronomo e poeta persiano Omar Khayyám posta da Stan Lee all’inizio dell’albo: “Ci fu una porta di cui non trovavo la chiave, Ci fu un velo sul passato che non riuscivo a vedere, Qualche piccola chiacchierata tra me e te durata un po’… e poi più niente”.
La storia di Silver surfer la so ma perchè Kirby considerava Black Panther attribuibile solo a lui?
Claudio, lo dico nel mio articolo: https://www.giornalepop.it/i-neri-nei-fumetti/