L’OMBRELLO: FORTUNA E PERIPEZIE DI UN OGGETTO STRAORDINARIO

L’OMBRELLO: FORTUNA E PERIPEZIE DI UN OGGETTO STRAORDINARIO

“Sei un vero ombrello o fungi da ombrello?” chiese una lucciola infracidata a un fungo, felice di potersi mettere al riparo. Lui le rispose: “Fungo”. Arriva aprile e, insieme, la pioggia. Qualcuno la ama, qualcuno la odia, per ripararsi alcuni usano gli ombrelli, altri un cappuccio alla maniera antica.Ogni volta che imbracciamo un ombrello, stiamo prendendo un pezzo di storia dell’umanità che affonda radici in tempi antichissimi, in cui l’ombrello assolveva a funzioni che non sono quelle conosciute oggi. Quindi è plausibile che la lucciola si informi: sei o fungi?Forse oggi, dopo aver letto quello che segue, nelle giacenze di oggetti smarriti l’ombrello sarà un po’ meno protagonista delle dimenticanze quotidiane. È controverso se l’ombrello sia stato inventato in Cina, India o Egitto. Comunque, per quello che ne sappiamo, comparve all’incirca 5000 anni fa e la sua prima e originale funzione fu quella di essere usato come parasole (umbrain latino significa ombra) ed emblema regale o di potere, o religioso.Gli antichi cinesi e gli indiani nell’ombrello aperto vedevano simbolizzata la volta celeste. InCinariparava l’imperatore e apparteneva alle insegne regali: pare sia stato introdotto nel XII secolo a.C. e continuò ad avere questa funzione cerimoniale per trentadue secoli, cioè fino alla caduta dell’Impero Celeste poco più di cento anni fa. Antichi dipinti e sculture provenienti da India,Assiria(dove era esclusivo appannaggio dei re),Persiaed Egitto, lo vedono sempre raffigurato imbracciato da servitori intenti a riparare i governanti. InIndiavenne anche associato alle divinità preposte alla fertilità e al raccolto ma, nell’ambito di una simbologia allargata, anche alla morte e alla rinascita: infatti i testi sanscriti affermano che Vishnu, divinità vedico-induista, protettrice del mondo e del Dharma, nella sua quinta reincarnazione avesse riportato dagli Inferi un ombrello, benefico portatore di pioggia. Cambogia: Una statua del dio indù Vishnu nell’antica città di Angkor Wat (Siem Reap) Mentre per i buddisti, in particolaretibetani, l’ombrello, cioè lachhatra, rappresenta uno degli otto simboli di buon auspicio. Simboleggia ricchezza, perché aveva un costo proibitivo dal momento che dopo avere comprato un ombrello occorreva pagare qualcuno preposto a sorreggerlo, e laserenità regale, cioè lo stato che si sperimenta nel momento del distacco buddista. L’uso quotidiano rappresenta la protezione dal male e l’ombra che dà il godimento dei suoi risultati. Un Chhatra, proveniente da un mazzo di Carte dell’Iniziazione (Tsakali), XIV-XV secolo Anche inEgittol’ombrello fu simbolo di fertilità e serviva a riparare il sovrano, però il suo utilizzo come simbolo religioso e di potere non fu circoscritto al solo faraone, ma anche alla casta dei nobili.L’antica religione egizia racconta che un tempo Nut, il cielo, e il fratello Geb, la terra, erano uniti in un amplesso senza fine, e nel mondo regnava il caos. Il grande dio Ra (il sole) ne era contrariato e ordinò a Shut, padre della dea Nut, di dividere i due amanti. Shut allora li separò e nell’iconografia la dea Nut appare con le mani e i piedi a terra, spesso con la pelle ricoperta di stelle e i capelli che scendono a formare la pioggia, eternamente spinta in su a formare un arco da Shut che la separa da Geb. Fu così che nacque il cosmo: infatti, diversamente dalla maggior parte delle mitologie, nell’antico Egitto il cielo ha una valenza femminile. La storia ha un seguito, ma non è strettamente collegato al nostro argomento.Ecco una tavola che riproduce la dea Nut, tratta dal secondo volume dell’egittologo E.A. Wallis Budge:The Gods of the Egyptians. Illustrazione da The Gods of the Egyptians, Vol. II, di E. A. Wallis Budge (1857-1937) Fino agli anni Quaranta del XX secolo, inEritreae inEtiopia(un tempo chiamata Abissinia), l’ombrello restò appannaggio del clero e dei nobili. Fu solo con l’arrivo dei primi italiani che le genti locali conobbero l’ombrello occidentale, ma, pur gradendolo in dono, imperatore e nobili continuarono a usare il loro ombrello religioso tradizionale. Questa tradizione dura ancora oggi.La particolarità delle loro solennità religiose è, infatti, quella di avere miracolosamente conservato tutte le caratteristiche delle antichissime cerimonie, nonostante i vari avventi estranei del cristianesimo, dell’islam, del colonialismo e dei governi di ispirazione comunista.Ancora oggi, in Eritrea e in Etiopia, pochi lo usano come parapioggia o parasole: l’ombrello continua ad essere un prezioso simbolo religioso. Etiopia: processione in una cerimonia religiosa InGiappone, l’ombrello tradizionale, ilwagasa, inizialmente proteggeva la casta militare dei samurai. Durante il periodo Edo, dal 1600 in poi, cominciò a diffondersi nel resto della popolazione e venne utilizzato non solo per ripararsi dalla pioggia e dal sole, ma anche come elemento decorativo. Il ruolo delwagasadivenne così importante da assurgere a simbolo nazionale del paese.Nel Giappone di oggi ha anche una connotazione romantica. In questo caso parliamo diai ai gasa, condividere un ombrello, un simbolo in cui si vede un ombrello stilizzato, sotto al quale sono scritti i nomi dei due innamorati. L’usanza prende origini dall’antico e severo rituale di corteggiamento che non permetteva a una ragazza di farsi vedere in pubblico con un uomo che non fosse un parente stretto. Perciò gli innamorati nella stagione delle piogge ricorrevano a un sotterfugio che rendeva possibile l’incontro, nel rispetto dell’etichetta sociale: la ragazza fingeva di dimenticare il suo ombrello e il ragazzo si offriva di ripararla. Beato Felice: Fotografia di donne in abito tradizionale, seconda metà del XIX secolo InOccidentel’ombrello comparve dapprima inGrecialegato al culto di Dioniso, noto fin dall’epoca micenea, ma anche a quello di Pallade Athena e di Persefone.Dioniso inizialmente fu un dio della vegetazione e solo in un secondo tempo si trasformò nel dio dell’ebbrezza e della festa orgiastica, in cui gli elementi primordiali e selvaggi della natura umana vengono incanalati. Nelle processioni religiose dedicate a Dioniso (il Bacco dei romani) l’ombrello veniva utilizzato per riparare le sue immagini.Nella vita quotidiana dei greci, invece, l’ombrello(skiàdeion), di struttura simile a quello odierno, era sorretto da una schiava che, camminando dietro la padrona, la riparava  dal sole e dalla pioggia. Raramente veniva utilizzato dagli uomini, probabilmente perché considerato poco virile. Loutroforos a figure rosse, circa 320 a.C. (Matera, Museo Nazionale D. Ridola) IRomani, venendo a contatto con la Grecia, lo adottarono e all’incirca nel III secolo a.C. l’ombrello entrò nell’utilizzo quotidiano alla maniera dei Greci e, come conferma Ovidio, divenne anche strumento di seduzione femminile. Durante i giochi estivi, a Roma, veniva steso ilvelariumsopra gli spalti dell’arena: un’immensa tenda che serviva a proteggere gli spettatori dal sole. Questo non era possibile nei giorni di vento e allora le ricche signore usavano aprire il loro ombrello di seta, solitamente decorato con perline e conchiglie, per difendersi dai raggi del sole. Nel 37 a.C., quando Erode il Grande diventò re della Giudea, sotto il protettorato romano, fece coniare delle monete nelle quali non sono rappresentati l’ancora e la ruota solare, la doppia cornucopia o rami di palma e fiori, come sempre si era visto. Pur attenendosi al divieto biblico di raffigurare uomini e animali per non incorrere nell’idolatria, Erode fece raffigurare da un lato della moneta tre spighe d’orzo e, dall’altro… un ombrello. Segno evidente della sua affermazione regale. Coniazione di Erode il Grande Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e l’avvento del potere temporale delpapato, la chiesa cattolica si impadronì dell’ombrello e gli conferì un ruolo prima come insegna pontificale e poi negli arredi liturgici, mentre il precedente utilizzo come parapioggia e parasole pare venne completamente dimenticato per secoli. Il papa cominciò a comparire pubblicamente sotto a un ombrello di seta a strisce rosse e gialle (i cardinali viola o verde). Anche la Chiesa bizantina se ne serviva, posizionandolo sopra l’ostia.Nel 1176 il doge di Venezia, Sebastiano Ziani, ritenne doveroso chiedere il permesso al pontefice per apparire in pubblico protetto da un ombrello, ritenuto manifestazione di potenza e regalità.Per tutto il Medio Evo, infatti, restò esclusivo appannaggio del culto cattolico Qui sotto un bulino su disegno di Girolamo Gambarato e incisione di Domenico Rossetti, databile tra il 1650 e il 1699, conservato all’Accademia Carrara di Bergamo:Papa Alessandro III con l’imperatore Federico Barbarossa e il doge Sebastiano Ziani ad Ancona.L’incisione immortala lo storico incontro chiamato la Pace di Venezia, siglato nel 1177, in cui il papa revoca la scomunica a Barbarossa. In realtà, l’incontro avvenne a Venezia, con la mediazione del doge Ziani.Sono ben visibili gli ombrelli pontificali. Domenico Rossetti: Papa Alessandro III con l’imperatore Federico Barbarossa e il doge Sebastiano Ziani ad Ancona, circa 1650-1699 Fu durante ilRinascimentoche si ebbe una svolta. Sembra che a introdurre l’ombrello in Francia con funzione di parasole, nel Cinquecento, sia stata Caterina De Medici, andata in sposa a Enrico II e in seguito regina e poi reggente di Francia. Ma il suo utilizzo restò nell’ambito della corte: solo traSeicentoeSettecentosi allargò alle classi abbienti italiane e francesi, sempre sorretto da un servo e sempre con funzione di parasole. Mentre la gente comune continuava a ripararsi dalla pioggia con mantelli e cappucci. Nella Francia del Settecento comincia a diventare un accessorio d’obbligo nell’abbigliamento di corte, in special modo durante le passeggiate nei giardini della fastosa reggia di Versailles, non più sorretto dal servitore ma con un uso autonomo. È del 1709 un’invenzione, a opera di Monsieur Marius, forse un italiano, che introdurrà alla corte del Re Sole un modello pieghevole o, per dirla con il suo biglietto pubblicitario conservato al Museo di Nottingham, “tascabile”, destinato agli uomini a cavallo. Francisco Goya: Il parasole, 1777 (Madrid, Museo del Prado) Solo verso la fine del Settecento, forse dapprima in territorio inglese, e poi nell’Ottocentoacquistò la nuova funzione di parapioggia, dilagando in Italia e Francia. È certo che le donne britanniche del XVIII secolo lo usassero, mentre gli uomini lo disdegnavano ritenendolo un accessorio femminile. Si racconta che il viaggiatore e filantropo Jonas Hanway, abituato a vederlo addosso agli uomini nel corso dei suoi viaggi, fosse stato il primo a girare per Londra con un ombrello, sfidando lo scherno della gente che riteneva questo uso una dimostrazione di debolezza, e quello dei cocchieri che viravano inzaccherandolo perché temevano che il dilagare dell’ombrello avrebbe compromesso i loro affari lucrosi nei giorni di pioggia. Ma quando morì, nel 1786, l’esempio di Hanway prese piede e l’ombrello cominciò a diventare un oggetto di uso comune sia per le donne sia per gli uomini. Jonas Hanway, in una illustrazione di probabile inizio Ottocento Pur essendo grandi, pesanti, poco pratici e mal costruiti, i parapioggia diventarono popolari, proprio perché costava meno comprare un ombrello che noleggiare una carrozza nei giorni di pioggia. Nel tempo furono apportate migliorie tali che portarono a quello che oggi conosciamo come l’ombrello moderno o, nel settore dell’abbigliamento, a un raffinato accessorio di moda. Al punto che, fino agli inizi del Novecento, nessuna signora elegante sarebbe uscita senza parasole per mantenere intatta la bianca carnagione. James Tissot: La dama con l’ombrello (Mrs. Newton), 1878-1880 Giuseppe de Nittis, Tra le spighe del grano, olio su tavola (1873) Con glianni Ventiarrivò la moda della tintarella e i parasole declinarono. Mentre tra gli uomini di città britannici comparve l’uso di bombetta e ombrello, al posto del bastone. NelNovecentoormai il parapioggia era di utilizzo comune. Dopo la Seconda guerra mondiale, grazie alle nuove tecnologie comparvero gli ombrelli con coperture impermeabili fatte di nylon, poliestere o plastica. Marc Chagall, La mucca con l’ombrello, 1946 René Magritte Claudio Castellani , Vogue Italia, nov. 1965 A spiegare dettagliatamente gli sviluppi che l’ombrello ebbe nel costume, esiste unMuseo del Parasole e dell’Ombrello, l’unico al mondo, dove si possono ammirare le fogge, le caratteristiche estetiche, le rarità a cui pervenne l’ombrello nel corso del tempo, dall’Ottocento fino ai giorni nostri. E anche ombrelli appartenuti a personaggi storici.Si trova aGignese, in Piemonte, sulla costa settentrionale del lago Maggiore, una zona che ebbe un ruolo chiave nella sua produzione, al punto che gli ombrellai del luogo diedero origine a una corporazione, con un loro linguaggio incomprensibile ai non addetti, parlato in special modo dagli ombrellai ambulanti per non essere capiti dal pubblico. E la cui produzione si diffuse oltre i confini nazionali: a Parigi, nelle due Americhe e in Australia.Nel museo non mancano anche le altre produzioni italiane di ombrelli provenienti dalle manifatture di Como, Geno­va, Napoli e Lucca, oltre a un’esposizione di bastoni che copre un periodo di duecento anni, il Sette e l’Ottocento. Qui un vecchio filmato dei cinegiornali dell’Istituto Luce, l’istituzione pubblica fondata negli anni Venti, in cui si parla del museo di Gignese. E un video moderno dove si può vedere il museo come è oggi. Non mancano le curiosità legate all’ombrello o spunti per approfondire l’argomento. Chi non conosce la supertata Mary Poppins, protagonista dei romanzi scritti da Pamela Lyndon Travers, poi trasposta in cinema nel 1964 da Robert Stevenson in un film della Walt Disney?Nelle sue avventure non manca mai di avere appresso il fedele ombrello magico che la porta in volo (l’elemento di protezione e  unione tra cielo e terra come anticamente, abbiamo appena visto, simboleggiava). Mary Poppins La Smorfia Napoletana si spreca sugli oracoli e le interpretazioni circa l’ombrello. Moderna cartolina di Smorfia Napoletana raffigurane l’ombrello Ed esiste la superstizione che un ombrello aperto in casa porti sfortuna e perdita di soldi, a meno che non lo si apra con la punta rivolta verso il basso. Oltre a essere sconsigliato tenere in casa ombrelli rotti.Invece un ombrellino d’argento o d’oro come monile non solo ha una funzione apotropaica, cioè di allontanamento degli influssi maligni, ma porta anche fortuna. Spilla moderna in metallo smaltato raffigurante una rana con l’ombrello aperto