LE DARK LADY HORROR, BELLE E CATTIVE

LE DARK LADY HORROR, BELLE E CATTIVE

Il termine dark lady è stato coniato da William Shakespeare nei suoi ultimi sonetti, dove esplora il lato oscuro del femminile. “Gli occhi della mia donna sono neri come corvi”, dice nel sonetto 127; “In nulla tu sei nera, se non nelle tue azioni”, aggiunge nel sonetto 131.
Shakespeare definisce così per sempre l’aspetto fisico e caratteriale della bad girl.

Il tema del lato femminile oscuro e distruttore è in realtà antichissimo e universale. Nel vicino oriente è legato alle divinità lunari, come la dea Ishtar in Mesopotamia e la dea Iside in Egitto.

Sono divinità che, come la luna, vivono una dimensione ciclica: luna piena e luna nera, azione protettrice ed azione distruttiva. Aspetto materno e erotismo senza freni convivono in loro.

Da sempre il carattere ambivalente del principio femminile intimorisce e allo stesso tempo affascina gli uomini.
L’uomo è attratto dal lato oscuro del femminile, perché, a differenza dell’immagine materna delle convenzioni sociali, sente in esso la presenza di una forza sacra che proviene dalla divinità.

Questa potenza archetipica, ha assunto nel tempo forme e personificazioni diverse, dalla belle dame sans merci (“bella signora spietata”) del poeta John Keats a Dragon Lady del fumettista Milton Caniff.

Forse è il genere horror, nelle sue svariate sfaccettature, che ha dato forma ai più riusciti esempi di femme fatale dell’era moderna.
Il cinema horror è il luogo dove la suggestione degli antichi miti è riuscita a reincarnarsi nei corpi e nelle menti di un pugno di splendide attrici permettendo loro di dare vita a vere e proprie icone pop.

Ricordiamo le più belle e, più o meno, cattive.

 

Maila Nurmi – Vampira (1954)

Di origine finlandese, all’inizio lavorò come spogliarellista, danzatrice esotica e pin-up per l’illustratore Alberto Vargas. Nel 1953 vinse un premio sfilando vestita da vampira sexy.

In questo modo attirò l’attenzione di un produttore televisivo che pensò di affidarle il ruolo di presentatrice per una rassegna di film horror sulla rete televisiva Kabc di Los Angeles.

Nel 1954, a mezzanotte, sul canale 7 della Kabc, la Nurmi fece la sua prima comparsa nel The Vampira Show attraversando un fumoso corridoio ricoperto di ragnatele, appena illuminato dalla fioca luce dei candelabri.
Un urlo lacerante precedeva la frase:
Buonasera, io sono Vampira….

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Per il suo personaggio la Nurmi mescolò elementi della matrigna di Biancaneve, di Dragon Lady e dell’immaginario bondage. Le sue misure, ampiamente pubblicizzate, erano 96-43-91: vale a dire un seno esuberante su un vitino da vespa.

Il successo di Vampira fu immediato: articoli su di lei furono pubblicati dai settimanali Life e Newsweek. Divenne richiestissima nelle feste più in voga dell’epoca e strinse amicizia con i vip del momento, diventando intima di James Dean.

Il personaggio di Vampira divenne così popolare che la rete Kabc decise di impossessarne e chiese alla Nurmi di cedere i diritti. Lei non acconsenti è lo show fu bruscamente interrotto a otto mesi dall’inizio.
Il personaggio dei fumetti Vampirella deve molto a lei.

 

Barbara Steele – La maschera del demonio (1960)

Barbara Steele è la regina indiscussa delle dark lady. È un concentrato di tutte le caratteristiche che servono per essere bella e cattiva.
Innanzitutto è veramente bella. Di una bellezza oscura e misteriosa che la rende unica.

Il suo viso è addirittura angelico, tanto che anche quando il regista Mario Bava ce lo mostra deturpato dai segni della tortura, in La maschera del demonio (1960), rimane lo stesso attraente.
Il suo corpo è poi oggettivamente demoniaco, pieno di curve come una strada di montagna.

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Questo contrasto, che ne aumenta ulteriormente il fascino, si ripete anche a livello psichico. Ne La maschera del demonio interpreta la strega Asa, uccisa nel Settecento e ritornata in vita grazie a una goccia di sangue di sua pronipote Katja, identica nelle fattezze quanto distante nei modi, nei gesti e nei comportamenti (e infatti anche lei è interpretata da Barbara Steele).

Il regista Tim Burton l’ha definita come «una di quelle attrici che non si dimenticano, una dea dell’horror, un’icona senza tempo, che sembra possedere uno spirito antico reincarnatosi milioni di volte in sembianze sempre diverse».

 

Daliah Lavi – La frusta e il corpo (1963)

Non potendo avere Barbara Steele per La frusta e il corpo (1963), Mario Bava ripiega su Daliah Lavi, attrice di origine israeliana che sebbene non abbia il fascino morboso della Steele sprizza sesso malsano da tutti i pori.

Come si intuisce dal titolo, la frusta è un oggetto fondamentale all’interno delle dinamiche tra la coppia di protagonisti.
Daliah è Nevenka, una giovane slanciata ed elegante dalle inclinazioni masochiste che intrattiene con il suo compagno un rapporto malato di sesso e violenza, dato che lei riesce ad accendere i suoi sensi solo se viene colpita ripetutamente con una frusta.

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Anche il corpo della Lavi è un elemento fondamentale del film. Riesce a scaldare gli spettatori dimenando incessantemente la sua bella schiena mentre riceve le agognate frustate.

Il tema del sadomasochismo causò problemi con la censura italiana. La società produttrice dovette tagliare alcune scene del film per mantenere il divieto ai maggiori di 14 anni.
Il film fu comunque subito sequestrato con l’accusa di oscenità, perché “diverse sequenze … fanno riferimento a degenerazioni e anomalie della vita sessuale”.

 

Carolyn Jones – La famiglia Addams (1964)

Carolyn Jones è celebre per avere interpretato Morticia Addams nella sit-com La famiglia Addams a partire dal 1964. Morticia è un personaggio di fantasia creato dal disegnatore Charles Addams sulle pagine del settimanale New Yorker nel 1938.

Carolyn Jones era una donna dal fascino unico e sul piccolo schermo ci mostra una interpretazione strepitosa. La sua seducente figura snella, la profonda scollatura a “v”, la vita strettissima e le gambe lunghe e tornite, che riescono a malapena a muoversi completamente fasciate come sono dall’abito nero, si sono stampate nella mente dei giovani spettatori.

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Nella sigla di apertura del telefilm mentre schiocca le dita ha un sorriso sornione che la dice lunga.
La Morticia della Jones è una donna capace di far impazzire un uomo, e infatti suo marito Gomez impazzisce quando lei parla francese, cominciando a baciarla dappertutto.

L’atteggiamento di Morticia nei suoi confronti è invece distaccato, quasi annoiato, proprio di chi conduce il gioco. Una dominatrice. Una mistress.

 

Yvonne De Carlo – The Munsters (1964)

Yvonne De Carlo era già famosa come pin up e per la sua partecipazione al kolossal I Dieci comandamenti, ma lo status di leggenda dell’horror soft lo raggiunse con l’interpretazione di Lily Munster, la sexy-vampira della sit-com The Munsters prodotta dalla Universal nel 1964 in risposta alla Famiglia Addams.

Yvonne De Carlo aveva già 42 anni quando iniziò a girare i Munsters, ma il suo aspetto era ancora decisamente sexy, era la madre di tutte le odierne milf.
Le sue misure erano 91-63-88: si manteneva in forma facendo molta attività fisica.

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Quando la Universal la chiamò per offrirle una parte in una nuova commedia su una famiglia di mostri, Yvonne accettò solo per le insistenze dei suoi agenti e per le misere condizioni del proprio conto in banca.

Il successo che la serie ebbe fin dall’inizio la rassicurò sulla bontà della sua scelta, e in gran parte era merito suo dato che riusciva nello stesso tempo a essere materna e sensuale, rassicurante e pericolosa, Una vera dark lady.

La Universal sfruttò appieno il successo della sit-com. Le immagini dei Munsters erano su qualsiasi cosa: dai contenitori per il pranzo in ufficio agli asciugamani, a un albo di fumetti dedicato a loro.
La De Carlo stava vivendo una seconda giovinezza.

 

Ingrid Pitt – Vampiri amanti (1970)

All’inizio degli anni settanta, la casa di produzione inglese Hammer rinnova il mito del vampiro declinandolo al femminile. Il mostro orrendo assume le forme sinuose di un’attraente polacca di nome Ingrid Pitt.

Christopher Lee ha finalmente un equivalente femminile. Nasce un idolo che mostrerà sullo schermo le sue curve voluttuose in nome dell’horror. La scollatura vertiginosa di Ingrid Pitt è una novità assoluta per l’epoca.

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Il non morto diventa una tentatrice. Per la prima volta un vampiro è anche una bomba del sesso.

Con lei le donne non sono più delle scream queen disperate prive di personalità, ma diventano delle dominatrici assolute. Le scene saffiche presenti in Vampiri amanti (1970) si sposano perfettamente con la liberalizzazione dei costumi sessuali tipica dell’epoca.

La performance della Pitt, generosamente spogliata, ambigua e provocatoria, sconvolse un’intera generazione di cinefili erotomani.

 

Marylin Chambers – Rabid (1977)

Marylin Chambers è un mito. È la sensuale protagonista di Dietro la porta verde (1972), il primo “porno mainstream” della storia che nel 1972 portò la rivoluzione sessuale nelle case degli americani.

In seguito, nel 1977, l’idea di iniziare la Chambers al cinema horror venne al produttore di Rabid – Sere di sangue, Ivan Reitman, sapendo che l’attrice si era stufata del porno.

In questo film la Chambers porta con sé la sua carica selvaggia e ribelle dando vita a un personaggio inquietante e originale.
Si tratta di Rose, che a seguito di un incidente subisce un intervento di ricostruzione spontanea dei tessuti in una clinica d’avanguardia.

L’intervento provoca nel suo corpo la formazione di un pungiglione in grado di trasmettere, mediante penetrazione, una forma di rabbia incontrollata simile al desiderio carnale.

Il conflitto tra desiderio irrefrenabile e senso di colpa rende la protagonista di Rabid complessa e contraddittoria, sempre in bilico tra passività e compiacimento.

Il suo pungiglione, una sorta di fallo in un contenitore vaginale, è un’evidente simbolo di quella “pansessualità” riservata alle creature divine alla cui reincarnazione la Chambers offre il proprio corpo sinuoso.

 

Sybil Danning – L’ululato (1985)

Sybil Danning si è conficcata come una freccia infuocata nel cuore di milioni di adolescenti. Alta, due gambe chilometriche, un seno ipnotico, un corpo statuario, rimane una delle presenze femminili più sexy mai apparse sullo schermo.

È una regina assoluta dei B movie degli anni ottanta. Una dea bionda e abbronzata che camminava tra i mortali. La sua interpretazione di Stirba la regina dei licantropi, in Howling II – L’Ululato (1985), è rimasta nell’immaginario collettivo.

È famosa la scena in cui si strappa il corpetto e rimane a seno nudo, talmente iconica che venne ripetuta 17 volte nei titoli di coda.
Nel film è una regina malvagia, affascinante e pericolosa che indossa costumi memorabili, spara fulmini elettrici dalle mani e fa sesso con i lupi mannari.

Cosa chiedere di più? Sybil Danning fu la prima a sdoganare l’accoppiata bellezza – forza bruta. Il suo fisico fantastico e il carattere aggressivo che mostrava nei film le conferivano un fascino unico.

 

Cassandra Peterson – Una strega chiamata Elvira (1988)

Quando Cassandra Peterson nel 1988 gira il film Una strega chiamata Elvira, è già famosa. Il personaggio della horror-hostess Elvira da lei stessa creato per la stazione televisiva Khj di Los Angeles nel 1981 fa già parte dell’immaginario collettivo.

È un misto della Vampira di Maila Nurmi e della cantante punk Siouxie Sioux ad alto potenziale erotico.

Elvira è la regina di Halloween, ma prima ancora è la regina del décolleté, quindi molte delle domande che le fanno giornalisti e fan riguardano il suo magnifico seno.

“È tutto merito del mio reggiseno”, risponde lei, “l’ho comprato in un negozio di lingerie di Los Angeles che apparteneva alla regina del burlesque Lili St. Cyr. Stava cessando l’attività, quindi ho acquistato tutti i loro reggiseni a scollo profondo. Molte persone mi chiedono perché a volte sembro avere tanto seno e altre meno. Fondamentalmente dipende da quanta roba ci ho messo dentro. È una cosa che facevo da ragazzina, infilare i Kleenex nel reggiseno. E lo faccio ancora”.

 

Fairuza Balk – Giovani streghe (1996)

Giovani streghe, un film del 1996, fu un successo generazionale. Per la prima volta le protagoniste di un horror erano quattro adolescenti. La figura magnetica di Fairuza Balk nei panni di Nancy seppe veicolare messaggi forti ai giovani di allora.

Fairuza, il cui nome in persiano significa “turchese” come il colore dei suoi splendidi occhi, grazie al suo look post-punk, il collare con le punte e alle labbra bordeaux ha saputo incarnare il nichilismo dei teen-ager degli anni novanta.

Al di là della magia, Fairuza ci racconta come cresce oggi una giovane donna in mezzo a povertà, bullismo, atti di razzismo, e il senso di impotenza che può portare a preferire la morte piuttosto di affrontare le difficoltà e le contraddizioni della crescita per raggiungere una propria identità.

Bisogna dare atto a Fairuza Balk di avere saputo impersonare quello spirito animale, quella specie di forza della natura, che accompagna e sostiene le ragazze durante la crescita.

 

Jennifer Tilly – La sposa di Chucky (1998)

Chucky è un franchise iniziato nel 1988 con il film La bambola assassina. Quando Jennifer Tilly, che aveva già ottenuto una nomination all’Oscar nel 1994, si sentì proporre dal suo agente di interpretare il quarto sequel della bambola assassina intitolato La sposa di Chucky provò un senso di disgusto.

Lottò “con le unghie e i denti” per non accettare quello che sarebbe stato il ruolo della sua carriera. La convinsero offrendole un sacco di soldi.
Nel ruolo della bella e pericolosa serial killer Tiffany Valentine, l’attrice diventerà oggetto di culto per milioni di fan.

Si parte con un incipit folgorante, dove la prima cosa che ci seduce di lei è la voce miagolante di gatta al telefono. Quando si mostra, dopo aver orrendamente sgozzato il poliziotto, tutta fasciata di pelle nera, trasudante fascino fetish ed erotismo sfrenato, è davvero un apparizione mozzafiato.

Indimenticabile anche la danza-spogliarello che fa davanti al suo amante dark dopo averlo legato. Cattivissima!

 

Katharine Isabelle – Licantropia evolution (2000)

La donna fatale degli anni 2000 è un’adolescente. Si chiama Ginger ed è un tipo molto particolare.

In Licantropia evolution (2000), insieme a sua sorella Brigitte rifiuta di integrarsi con i coetanei, disprezza la società in generale e ha uno spiccato gusto per il macabro.
La notte in cui a Ginger vengono le mestruazioni per la prima volta è una notte di luna piena e un lupo mannaro l’aggredisce per morderla.

L’evento dà il via a una lenta ma inesorabile trasformazione, non solo del corpo, che si fa sempre più “animale”, ma anche della mente della ragazza che diviene più disinvolta e disinibita: di giorno va a caccia di maschi e di notte va in giro a uccidere i cani per procurarsi il cibo.

Gli elementi del mito sono tutti presenti: la luna, la trasformazione in qualcosa di bestiale, il lato oscuro della femminilità.
La tormentata figura di Ginger racchiude nella sua agonia, nell’estasi e nella rabbia sfrenata che derivano dall’essere una ragazza adolescente, l’oscuro mistero delle divinità lunari che ancora oggi affascina e intimorisce.

 

 

 

4 commenti

  1. Ho alcune fantasie con donne di questo tipo…qualche vignetta l’ho pure realizzata 🙂 certo il nutrito elenco qui riportato fa capire che non c’è un solo modo di essere una dark lady, per fortuna 🙂

  2. Io scrivo di una serial killer di nome Jen, sexy e dominatrice quanto letale e fragile. :d

  3. “Il personaggio dei fumetti Vampirella deve molto a lei.”
    Secondo me anche Carl Barks doveva averla in mente, quando ha ideato Amelia.

    • P.S. Nel commento precedente mi riferivo a Maila Nurmi.

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