LE AUTO DA SOGNO DEGLI ANNI SETTANTA

LE AUTO DA SOGNO DEGLI ANNI SETTANTA

L’auto diventa poesia? “Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova, la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo, un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia”. Cosi scriveva nel 1909 il poetaFilippo Tommaso Marinettinel“Manifesto del Futurismo”. La velocità è stata uno dei temi principali del movimento futurista e l’appena inventata automobile uno dei simboli nel quale si incarnava questo concetto. L’elogio della velocità, del movimento e della rapidità è alla base della filosofia futurista fin dalla sua nascita nella Milano dei primi del Novecento. Il pittore futuristaGiacomo Balladipinse nel 1913 un quadro intitolato “Velocità d’automobile”: un olio su tela che appartiene a una serie di opere che ha come tema sempre la velocità dell’automobile. In questo dipinto il movimento è rappresentato attraverso una serie di linee curve che richiamano il movimento delle ruote dell’auto. Il dipinto è un’esaltazione del concetto di velocità attuata attraverso una scomposizione grafica del movimento in una serie di lunghi triangoli che si sovrappongono. La definitiva rappresentazione della bellezza dell’automobile avviene con l’affermarsi del design industriale come forma d’arte autonoma, dagli anni cinquanta in poi. La componente artistica del design automobilistico è meno evidente nelle automobili prodotte in grande serie perché la libertà del designer è spesso limitata da ineludibili vincoli costruttivi. Il campo dove i designer hanno potuto esprimere al meglio la propria creatività e la capacità di innovazione è senz’altro quello delle auto sportive. Alcune di queste auto, realizzazioni esclusive di produttori leggendari, possono essere considerate a tutti gli effetti come opere d’arte a sé stanti, come unità di forma, tecnologia, design ed emozioni.Passiamo quindi in rassegna alcune di quelle fantastiche realizzazioni degli anni settanta, il decennio dell’apice creativo, prima che la crisi petrolifera e le nuove norme antinquinamento mettessero le briglie ai designer. La De Tomaso era una società italiana per la produzione di automobili fondata a Modena nel 1959 dal pilota italo-argentino Alejandro de Tomaso. Un marchio con sede a pochi chilometri da Maranello, patria della Ferrari, e da Sant’Agata Bolognese, patria della Lamborghini, parve ai pezzi grossi della Ford perfetto come partner per costruire un’auto sportiva dalle elevate prestazioni. Dagli Stati Uniti arrivò il motore, un V8 di 5.800 cc da 330 CV montato centralmente in una scocca portante progettata dall’ingegnerGiampaolo Dallara, la linea armoniosa e filante era invece frutto della matita diTom Tjiarda, designer americano di origini olandesi. La vettura, che toccava i 250 km/h di velocità massima e scattava da 0 a 100 kmh in 5,6 secondi, soffrì di problemi di qualità costruttiva, come la formazione di ruggine sulla carrozzeria, finiture scarse e assemblaggi approssimativi. A causa della crisi petrolifera del 1973, l’anno dopo la Ford decise di abbandonare il progetto determinando un brusco calo nelle vendite.Valore odierno:125mila euro. Questa auto della francese Alpine-Renault, nata con l’ingrato compito di sostituire la mitica A110 della stessa casa di produzione, combatté fin da subito una battaglia persa: troppo vincente, troppo bella, troppo iconica la sorella maggiore per prenderne il posto senza colpo ferire. La A310 proponeva linee completamente nuove rispetto a quelle arrotondate della A110. Era stata disegnata daMichel Beligond, che la concepì ricca di forme spigolose secondo lo stile dell’epoca. Rimane indimenticabile l’originale anteriore caratterizzato dalla presenza di sei fari allineati. Il motore era un 4 cilindri da 1605 cm³, in grado di erogare una potenza di 125 CV, la velocità massima era di 215 km/h. Accelerava da 0 a 100 kmh in 8,1 secondi. A causa di queste prestazioni non del tutto esaltanti venne percepita come una vettura meno sportiva rispetto alla A110, rivelandosi poco attraente per gli appassionati del marchio che pure l’avevano attesa a lungo.Valore odierno:40mila euro. Se ci si vuole differenziare dagli amici che hanno tutti la Ferrari, la soluzione è sempre stata quella di acquistare una Maserati. Queste auto hanno uno stile, una presenza scenica e un prestigio che non hanno nulla da invidiare alle Ferrari, e in più una storia più antica, dato che i fratelli Maserati costruivano auto da corsa quando Enzo Ferrari era ancora alle dipendenze della Alfa Romeo. All’alba degli anni settanta il mercato delle auto sportive di lusso era dominato da Ferrari e Lamborghini. Nel 1972, però, la Maserati decise di giocarsi due jolly: prima la Bora e poi la Merak.Giorgetto Giugiarocon quest’ultima vettura realizzò uno dei suoi capolavori, riuscendo a ricavare le sedute posteriori semplicemente sfruttando il minore ingombro del motore V6 rispetto al V8. La Merak non solo non perdeva nulla della sportività delle linee della Bora, ma risultava anche più snella e attraente.