LA BRITISH INVASION RIVOLUZIONA IL FUMETTO AMERICANO

Quando si sente l’espressione British Invasion, la prima cosa che viene in mente è l’esplosione delle rock band britanniche, a partire dai Beatles, all’interno del panorama musicale mondiale verso la metà degli anni sessanta. Ma tra gli appassionati di fumetti circola anche un altro significato: l’invasione britannica del mercato fumettistico statunitense durante gli anni ottanta.
In questo periodo sceneggiatori e disegnatori di fumetti britannici iniziano a lavorare per la Dc Comics. Un evento che avrà enormi ricadute sull’intero settore dei fumetti americani.

L’invasione inglese secondo una rivista specializzata americana degli anni ottanta (illustrazione di Brian Bolland)
Verso la fine degli anni settanta l’industria britannica dei fumetti si rivolge quasi interamente ai bambini. L’unico settimanale indirizzato a un pubblico più grande è 2000 AD.
Il primo numero della rivista di fumetti fantascientifici esce il 26 febbraio del 1977. Il settimanale è vagamente ispirato a Metal Hurlant, ma ai disegni quasi fini a se stessi della rivista francese si predilige ricorrere ai solidi testi di sceneggiatori giovani ma promettenti.

La pagina iniziale del primo episodio di Judge Dredd
2000 AD propone personaggi non in linea con i canoni fumetti precedenti, a partire dal secondo numero, da Judge Dredd, creato dallo sceneggiatore John Wagner e dal disegnatore spagnolo Carlos Ezquerra.
Judge Dredd è un ufficiale delle forze dell’ordine della città distopica di Mega City One. Un “giudice di strada” abilitato a cacciare, arrestare, condannare e sopprimere i criminali.
Tra i primo disegnatori chiamati ad alternarsi a Ezquerra si distingue il talentuoso Mike McMahon.

2000 AD, il settimanale britannico di fumetti distopici lanciato nel 1977: dal numero 2 presenta Judge Dredd (qui sopra, copertina di Mike McMahon)
Nel 1978 il disegnatore più interessante di Judge Dredd è Brian Bolland, dall’inconfondibile stile in bilico tra classico e moderno.
Dopo qualche mese anche il disegnatore Dave Gibbons entra a far parte dello staff. Attorno a questo giudice “sui generis” si coagula così un gruppo di disegnatori di sicuro avvenire.

Judge Dredd di Brian Bolland
Nel 1980 esordisce sul settimanale uno sceneggiatore destinato a rinnovare in modo profondo il mondo del fumetto: il bardo dalla lunga barba Alan Moore.
Il suo primo personaggio è Abelard Snazz, un uomo super-intelligente soprannominato “L’uomo con la mente a più piani”, disegnato da un altro nome promettente: Steve Dillon.

Un fumetto di Alan Moore e Steve Dillon per 2000 AD
Nel 1979 la Dc Comics, per riprendersi dalla crisi diffusionale finita nella cosiddetta “implosione” del 1978, che aveva visto la cancellazione di ben 33 titoli in un solo anno, sta cercando nuovi collaboratori in Gran Bretagna.
Durante la British Comic Art Convention (meglio conosciuta come Comicon) dell’agosto del 1979, il disegnatore americano Joe Staton, che all’epoca fa Lanterna Verde, è ospitato a Londra da Brian Bolland. Staton dice al suo editor Jack Harris che Bolland è un grande fan di Lanterna Verde e che gli piacerebbe disegnarne una copertina.
Detto fatto, la copertina disegnata da Bolland viene pubblicata nel numero 127 di Green Lantern dell’aprile 1980.
La data della nascita della British Invasion è però un’altra, coincide con l‘uscita del numero 20 di Swamp Thing, seconda serie, nel gennaio 1984.
Il primo numero scritto da Alan Moore che già dal numero successivo è il 21, nel seminale racconto “La lezione di anatomia”, inizia a mostrare di che pasta è fatto.
Per convenzione l’era della British Invasion si chiude nel 2013, con l‘uscita del numero 300 di Hellblazer, la testata che raccoglie le avventure di John Costantine, il mago triste creato da Alan Moore sulle pagine di Swamp Thing e portato al successo da un altro inglese, Jamie Delano, qualche anno dopo in una serie tutta sua.
Delimitato l’ambito temporale della British Invasion, possiamo descrivere ciò che accade nel corso di questi trent’anni.
Risulta subito chiaro che ci sono state tre successive ondate.
Una prima basata sul lavoro di Alan Moore nell’ambito del fumetto mainstream che va da Swamp Thing a Killing Joke, passando per Watchmen.

Alan Moore
Il successo dei lavori di Alan Moore spinge la Dc Comics nel 1988 a mettere sotto contratto nello stesso giorno due giovani sceneggiatori che hanno iniziato anch’essi la loro carriera sulle pagine di 2000 AD: Neil Gaiman e Grant Morrison.
Con la serie di Sandman di Gaiman e Arkham Asylum di Morrison si completa la prima, fondamentale, ondata.

Sandman di Neil Gaiman
La seconda ondata vede come protagonisti gli sceneggiatori Garth Ennis e Warren Ellis, anche loro provenienti da 2000 AD.
Garth Ennis è il creatore della serie The Preacher, un successo degli anni novanta. Warren Ellis è l’autore dell’indefinibile e innovativo Transmetropolitan. Entrambi pubblicati dall’etichetta Vertigo della Dc Comis, nata proprio per valorizzare i temi adulti della British Invasion.

The Preacher
Nella terza e ultima ondata della British Invasion troviamo gli sceneggiatori Mark Millar e Mike Carey.
Millar è l’ideatore della saga di Civil War, che ha mutato profondamente l’universo supereroistico della Marvel. Mike Carey scrive i testi di Lucifer, uno spin off di Sandman che parla dell’Angelo Caduto finito a gestire un piano bar a Los Angeles.

Civil War di Mark Millar
Il lavoro di tutti questi sceneggiatori britannici, così come è andato a configurarsi su una grande varietà di testate del fumetto statunitense, mostra molti tratti comuni.
I loro fumetti condividono determinati temi, scelte stilistiche e una pronunciata impronta britannica che si innesta nella cultura popolare degli Stati Uniti. Tra le caratteristiche distintive della britannicità di questi creatori possiamo individuare tre temi principali.
1) L’introduzione nel fumetto americano di temi tipici del romanzo gotico come la morte, la possessione demoniaca e i conflitti interiori senza soluzione.
2) L’atteggiamento ambivalente verso la storia del fumetto. Da una parte la critica verso le storie semplici, i personaggi monolitici e i valori incrollabili della golden age, dall’altra la profonda e tangibile nostalgia per un’epoca unica e irripetibile.
3) Per ultimo l’aver posto in termini sfumati, ma perentori, il dubbio che il solo fatto di andarsene in giro mascherati a caccia di criminali possa essere indice di insanità mentale.
Indipendentemente dal fatto che sia dalla parte del bene piuttosto che dalla parte del male, ci si è posta la domanda: il supereroe è uno psicopatico?
Il gotico inglese nel fumetto americano
Nel 1983, a contattare Alan Moore per chiedergli di scrivere Swamp Thing è stato Len Wein, creatore del mostro palustre e ora suo editor. La testata, che ha ripreso a uscire nel maggio 1982, naviga in brutte acque e rischia la chiusura per scarse vendite. Wein è rimasto impressionato dalla lettura del fumetto di Alan Moore V per Vendetta, che appariva sul mensile inglese Warrior.

Warrior, mensile nato sulla scia del successo di 2000 AD, con V for Vendetta e Marvelman (poi Miracleman) di Alan Moore
Non possono essergli sfuggiti i molti elementi gotici e l’atmosfera decisamente dark che caratterizzano quelle pagine. Decide pertanto di lasciare carta bianca all’autore di Northampton per cercare di risollevare le sorti del titolo.
Swamp Thing è stata la porta di ingresso per Alan Moore nel fumetto mainstream americano. L’autore inglese però ci entra alla sua maniera: senza compromessi.
La serie comincia ben presto a introdurre riferimenti all’apocalisse, a popolarsi di strani vampiri subacquei, di donne lupo, di case stregate. Riferimenti non originali in sé, ma che iniziano a introdurre i lettori ai temi di un sovrannaturale non all’acqua di rose, come era stato fatto in precedenza, e li immergono in un’atmosfera di sinistra stregoneria.
Si tratta anche di un orrore sottile in qualche modo legato alla vita di tutti i giorni. Come se Moore riesca a togliere il velo che nasconde il vero aspetto della realtà rivelandocela in tutti i suoi aspetti più crudi e deprimenti.
Anche Jamie Delano nel successivo Hellblazer gioca con la contrapposizione tra orrori della tradizione gotica e orrori della vita quotidiana. Riempie le pagine di John Costantine di demoni, satanisti, fanatici religiosi e sacerdoti voodoo, ma fa intuire che il vero orrore è è legato agli squilibri sociali nei quali viviamo.
Delano, sulla scia di Alan Moore, utilizza le tematiche horror per gettare un occhio critico e graffiante sugli Stati Uniti odierni. Attraverso il punto di vista del mago-esorcista di Liverpool e utilizzando trame di genere horror, denuncia situazioni fin troppo reali al confronto delle quali l’horror fumettistico appare una storiella per educande.
Piccoli villaggi della profonda provincia americana, forse la più corrotta e sporca moralmente malgrado le apparenze, nei quali avvengono fenomeni apparentemente paranormali sulla scia di Twin Peaks, che nel finale si rivelano tragedie familiari derubricate a quotidianità.
La nostalgia del fumetto che fu
All’inizio Alan Moore ha in testa soltanto l’idea di una storia gialla alla Agatha Christie, che inizi con un assassinio e che si sviluppi in una elaborata ricerca del colpevole. Il piano di Moore è quello di utilizzare personaggi noti, pensa a quelli della Charlton Comics che aveva amato nell’infanzia, come Peacemaker.
Alan Moore e il disegnatore Dave Gibbons mandano la proposta a Dick Giordano, direttore della Dc Comics, dopo che questa casa editrice ha acquistato gli eroi della Charlton. Giordano apprezza l’idea, ma avendo lavorato in gioventù alla Charlton prova affetto paterno per questi personaggi, e non vuole darli in pasto a un carnefice. Chiede allora ai due autori se possono sostituire questi personaggi con altri creati ex novo.
Moore inizialmente è contrariato, perché pensa che verrebbe a mancare nei lettori la scossa emotiva dovuta alla morte di un personaggio noto. In seguito si convince che costruendo i protagonisti in modo accurato e dettagliato l’idea potrebbe funzionare lo stesso.
Il bardo di Northampton non vuole comunque rinunciare al collegamento ideale con i fumetti della sua gioventù.
Così Captain Atom, Blue Beetle, Nightshade, Peter Cannon e Peacemaker della Charlton si trasformano rispettivamente in Dottor Manhattan, Gufo Notturno, Spettro di Seta, Ozymandias e il Comico, mentre Question, creazione di Steve Ditko, ispira il personaggio di Rorschach.
L’affascinante Spettro di Seta è in realtà solo vagamente basata su Nightshade. Moore spiegherà che «dovevamo per forza avere un personaggio femminile, ma dato che non ero più costretto a ricalcare i personaggi Charlton guardai più a Phantom Lady e Black Canary».
Ecco formato il gruppo dei Watchmen, protagonisti di una maxiserie in 12 numeri uscita nel 1986.
L’amore incondizionato per i fumetti del passato trasuda da ogni pagina di Watchmen e costituisce uno dei motivi del suo fascino intramontabile.
La nostalgia del fumetto è anche il tema di Marvels, degli americani Kurt Busiek e Alex Ross, che nel 1994 rinarra in maniera realistica, anzi fotografica, gli anni sessanta dei personaggi creati da Stan Lee, Jack Kirby e Steve Ditko.
L’anno dopo Warren Ennis, giovane scrittore dell’Essex, prende Marvels come punto di partenza per una sua speciale rivisitazione dell’epoca d’oro del fumetto: Ruins.
Già dal titolo si capisce che lo attraversa una nostalgia fatta più di cinismo e disillusione che di stupore e meraviglia.
«Per ogni bacio, un proiettile nella faccia. Per ogni azione, una reazione. Per ogni evento esiste potenzialmente un evento speculare, una possibilità esattamente opposta. Se il mondo che conoscete è composto di Meraviglie, in cui donne eroiche attraversano invisibilmente gli orrori e uomini di fuoco percorrono le estremità dell’atmosfera… allora, a un solo passo o battito di distanza c’è un mondo composto di Rovine».
Le radiazioni non forniscono più superpoteri, ma semplicemente uccidono. Il mondo che avevamo imparato ad amare in gioventù ormai non esiste più.
L’eroe è uno psicopatico?
Il primo a porsi questa domanda, come al solito, è Alan Moore. Lo fa in Killing Joke, la sua versione di Batman.
Batman e Joker sembrano due facce della stessa medaglia, due agenti del caos che combattono su fronti opposti pur condividendo la stessa forma di consapevole pazzia. Basta una giornata storta per trasformare il migliore degli uomini in un folle, dice Joker: “Anche tu hai avuto una giornata storta, dico bene? Altrimenti perché ti vestiresti come un topo volante?”.
In un’intervista, Moore afferma: «Mentre i disegni di Brian sono di una bellezza spettacolare, non sono molto soddisfatto della storia. Penso che dal punto di vista della scrittura The Killing Joke abbia dei difetti. È stato fatto solo per dimostrare che Batman e Joker soffrono di psicosi simili, cosa che non è molto interessante per chi non è appassionato di fumetti. A conti fatti, è uno dei lavori che mi interessano meno perché raccontava troppo poco, ed era troppo esplicito e forse gratuito nel modo in cui lo faceva».
Al di là di tutto, l’idea è interessante anche per chi non ama i fumetti.
Il dubbio che l’eroe di turno, il portatore di tutti i valori positivi attorno ai quali edificare una società non sia del tutto sano di mente, non è qualcosa che concili il sonno. È una provocazione, indubbiamente. Ma potrebbe benissimo essere la verità. L’eroe è dunque uno psicopatico?
In Arkham Asylum è Grant Morrison, con i disegni di Dave McKean, ad appropriarsi del tema della follia dell’eroe. E l’eroe è ancora Batman. L’autore di Glasgow ci narra una storia ambientata nel manicomio di Arkham. Luogo dove nei secoli scorsi ci si illudeva di poter rinchiudere la pazzia. Oggi questo edificio-feticcio mostra tutti i suoi limiti. La fatiscente magione ottocentesca non riesce più a essere un baluardo conto la follia. L’insanità mentale è ormai dappertutto, dentro e fuori Arkham.
L’abilità di Morrison sta nel raccontarci questa ambiguità nel modo più naturale possibile.
In questa vicenda Batman viene chiamato a confrontarsi con ciò che ogni uomo più teme: se stesso.
Bruce Wayne riesce a guardare in faccia, non senza provare un certo disgusto, ciò che da sempre lo terrorizza: il cuore nero della propria anima.
Una schizofrenia che si porta dietro dal giorno della morte dei genitori: da una parte è l’Uomo Pipistrello che vaga nella notte terrorizzando i malviventi, dall’altra è un borghese ricchissimo e solitario, spaventato da ciò che lo circonda e risiede dentro di lui.
La storia racconta una discesa agli inferi. Morrison insiste sul fatto che nessuno è esente dalla confusione che ci circonda: ogni personaggio, in questa storia, ne esce cambiato forse in modo irreversibile.
In cuor suo Batman sa che l’edificio di Arkham, nero, fatiscente e ripugnante, è la sua vera casa, il solo luogo a cui appartiene veramente e in cui è destinato a tornare.