JACULA LA VAMPIRA NON SUCCHIA PIÙ

INTRODUZIONEdi Pietro Vanessi PV Sarebbe perfettamente inutile descrivereoggi, quando abbondano computer, video hard, chiavette Usb, Dvd, i turbamenti e gli scossoni emotivi che questo fumetto nel formato di Diabolik portò agli inizi degli anni settanta nelle giovani menti di ragazzi che uscivano dall’atmosfera del ’68. Il tascabile a fumetti Jacula, uscito in Italia nel 1969 su testi di Renzo Barbieri, fu un vero sconquasso: la protagonista era una donna/dama forte e coraggiosa, emancipata e tosta, bionda e sexy, eroina e portabandiera di valori all’epoca rivoluzionari e che entusiasmarono mezza gioventù europea (fu tradotta in francese e in altre lingue), attratta dalle imprese soft/porno/gotiche di questacavallerizza vampirasenza freni e senza inibizioni. Jacula era una strana “vampira acquisita” che, grazie a una pozione, poteva resistere ai raggi del sole ma non all’aglio, ai paletti e ai crocifissi. Una “temibile” succhiatrice di sangue (e di altro) che agiva in collaborazione con vari personaggi, i quali si alternavano puntualmente a farle da spalla: Frankenstein, l’Uomo Lupo, Jack lo Squartatore, lo Zombie, la Mummia, il Mostro della Laguna Nera, Brunetta e altri personaggi dello stereotipo iconografico horror. Il successo del personaggio fu strepitoso, centinaia di lettere arrivate in redazione decretarono un successo senza precedenti e un processo di identificazione sia da parte di uomini e (qui sta l’aspetto rivoluzionario) sia da parte di donne. Il pubblico femminile si identificava in questa eroina disinibita e combattiva. Jacula fu, in un certo senso, l’antesignana del femminismo che si stava facendo strada: una donna protagonista (dopo tanti uomini) che saltava incurante da un letto all’altro (l’Aids ancora non c’era) e che non aveva alcuna forma di referenzialità verso nessuno. Padrona di decidere del proprio corpo e della propria sessualità. Di Jacula saranno pubblicati 327 albi, ormai oggetto di collezionismo. Chiuderà all’inizio degli anni ottanta a causa della grave crisi del fumetto popolare e l’affermazione di un nuovo mercato, quello dei video porno (inizialmente in videocassetta).Mercato che oggi è, a sua volta, in crisi per l’enorme offerta di video porno gratuiti offerti dal web. Nel 1969 si pensava a Jacula come la personificazione del male e del degrado della società, mentre oggi questi fumetti in bianco e nero ci appaiono un po’ naif. Rappresentanti di un’epoca, tutto sommato, ancora sognatrice e romantica.Cambiano i tempi, la morale e i mezzi di comunicazione, ma le pulsioni e la voglia di trasgredire insite nell’uomo… beh, quella non cambieranno mai. UNA VITA PER JACULAdi Alessandro Baggi Sull’onda del successo dei fumetti neri come Diabolik e Kriminal, nella seconda metà degli anni sessanta nascono le cosiddette “sexy eroine”, che univano alla trasgressiva violenza, già presente nei fumetti ad argomento criminoso, l’elemento erotico. È un successo immediato. Artefici e dominatori di una vera e propria era editoriale sono Giorgio Cavedon e Renzo Barbieri, inizialmente soci. Cavedon, patron della Ediperiodici, proseguirà poi da solo la sua attività, con Barbieri divenutogli, dal 1972, concorrente a capo della Edifumetto. Un fiore all’occhiello della sterminata produzione Ediperiodici è Jacula, sexy vampira creata graficamente da Giorgio Cambiotti dello Studio Rosi, che vede la luce nel 1969 in una serie destinata a durare tredici anni. L’ultimo dei 327 numeri conclude l’avventura editoriale nel 1982. Ispirata vagamente alla celebre vampira del fumetto statunitense Vampirella, Jacula vive circa tre periodi: uno, eminentemente gotico, collocabile nei primi cento numeri della serie; un altro (forse quello di maggiore interesse), più eversivo e iconoclasta, negli albi grossomodo compresi tra il 120 e il 250, e i restanti 77 numeri, che tornano gradualmente a forme più canoniche, con episodi autoconclusivi e un’attenuata attitudine dissacratoria. La scansione delle vicende narrate è “in divenire”: quasi tutti gli episodi continuano sul prossimo numero. Il primo, più casto periodo (1969-1973), lascia poco spazio alle situazioni erotiche più propriamente dette: in esso sfilano, con andamento quasi da feuilletton, tutti i luoghi classici dell’immaginario otto-novecentesco dell’occulto e del mistero (rivisitato, in anni contigui, dal cinema di Riccardo Freda, Antonio Margheriti, Mario Bava eccetera, nella rimpianta stagione del “gotico all’italiana”). Streghe, antiche maledizioni, ritorni d’oltretomba, castelli infestati dagli spettri sono il piatto forte di queste prime avventure, nelle quali riesce gradualmente a trovare posto poi un più bizzarro ed originale bestiario (la donna ragno, l’uomo pesce, l’uomo topo) fino alle esotiche derive del Minotauro o dei dinosauri sopravvissuti all’estinzione in una regione remota. E ancora, piante viventi, collezionisti di mostri e zoo di donne.Psicanalisi e temi edipici, riferimenti letterari o scientifici di tutto rispetto (da De Sade e Gilles De Rays a Lady Chatterly, dalla radioattività alla clonazione) vengono toccati, seppure di sfuggita, accanto a matrimoni, gravidanze, e figli rapiti e poi ritrovati in età adulta (nel letto, ohibò!). In un episodio, l’ottocentesca vampira incontra un giovane col quale avverte subito un legame ancestrale, che approfondisce carnalmente. All’alba Jacula riconosce in lui, ancora dormiente, il figlio che credeva di avere perduto anni prima, e davanti allo specchio, invecchiata, si duole del suo destino di creatura satanica. Il ragazzo, svegliandosi, la riconosce anche lui e, in una vignetta ormai da antologia, esclama: “Mamma, cosa abbiamo fatto!”. Maritata per un certo periodo all’insipido e benpensante Torlin Novak, Jacula troverà invece un degno e “fedele” compagno nel dottor Carlo Verdier, vampiro anch’esso, medico creatore del siero che consente ai due una vita diurna: con lui la bionda vampira conduce la sua avventurosa esistenza, incline ai viaggi e alla mondanità. Sa destreggiarsi tra sceicchi libidinosi e nobili della vecchia Europa, e non disdegna di frequentare falsari o di imbarcarsi in clamorose rapine.L’uso alternato di scene cruente e toni svenevoli (riecheggianti il cineromanzo “Angelica”, allora in voga), guadagna alla testata un pubblico femminile abbastanza insolito per questo tipo di pubblicazioni. Intorno al n. 121, con l’episodio “Satana si diverte”, inizia il secondo periodo di Jacula, inaugurato da un diverso e più professionale copertinista, che la connota di fattezze ispirate (si disse) a quelle della cantante Patty Pravo. Con storie come “La cieca di Nantes”, “Fate la carità”, “Il Santo chiodo”, la serie abbandona gradualmente gli iniziali temi gotici e del romanzo d’appendice per inabissarsi, nel cuore degli anni settanta, verso il suo più oscuro epicentro. Quel centinaio e più di numeri dove, tra paradisi artificiali e amplessi zoofili, si definisce una propensione quasi sistematica dei personaggi (tutti, anche i comprimari) per ogni sorta di perversione: necrofilia, pedofilia, stupro e tortura divengono panacea quotidiana per l’immorale vampira. Nel corso di queste avventure (in alcuni casi sconcertanti ancora oggi) Jacula verrà coartata a giacere con lebbrosi e con scimmioni senzienti (n. 150 e 151), non disdegnando di concupire un angelo (il quale poi si accecherà strappandosi gli occhi per la vergogna), nonché una innumerevole pletora di fanciulle minorenni, delle quali sarà morbosamente innamorata. Accentuando fino al patologico componenti lesbiche da sempre presenti nel personaggio, gli autori, nell’atroce sequenza di numeri che va (per esempio) dal 210 al 216, affiancano alla vampira una trovatella maliziosa, una certa Else (nome di schnitzleriana memoria) che, dopo innumerevoli traversie, tra le quali una quasi-esecuzione per sedia elettrica (cfr. “Quella meravigliosa invenzione”, n. 213) e l’esplosione (storica) del vulcano Krakatoa, muore.Jacula, rincretinita dal dolore, continuerà ad amarne la salma, affidandola ad un “mad doctor” che, nel quadro di osceni esperimenti da lui condotti in segreto nei sotterranei dell’ospedale di Batavia, la rianima elettricamente, godendone subito sotto gli occhi della vampira folle di gelosia. Nel tentativo di strappare la salma dell’amata Else agli abusi del doctor, Jacula viene costretta a sua volta a un amplesso con un altro corpo defunto e rianimato elettricamente nel sotterraneo, quello di un forzuto strangolatore senza testa… Mentre accoglie il gelido membro del decapitato, animato da un casuale contatto di elettrodi, Jacula pensa “Per Satana!… Però!.. È eccitante!..”. I tardi anni settanta, che coincidono con il terzo periodo della serie, portano le tematiche dalle parti della commedia all’italiana. Tramontate le dissacrazioni e le suggestioni lisergiche di solo qualche anno prima, è ormai questione di corna, di mariti impotenti, di adolescenti segaioli, di colpi grossi al casinò: la “punk attitude” (sono del 1974 –1977 le storie più estreme) cede il posto alle prosaiche istanze del riflusso, e, nonostante alcuni titoli suggestivi (“Mortadelle allo sterco” o “Stupro alla paralitica”), le vicende, seppure confezionate con maggior professionismo, si risolvono in storie di contraffazioni industriali o simulazioni a scopo di truffa. Gli strali contro la famiglia, la chiesa e le istituzioni borghesi, si affievoliscono progressivamente. Il delirio metafisico si riassorbe e diserta le trame, che finiscono, negli ultimi numeri della serie (per es. “Il sosia”), per diventare neutre e compiute, quasi come alcuni episodi di Diabolik. Coppia tutto sommato fissa, Jacula e Verdier sono spesso complici in giochi sessuali che coinvolgono ospiti di solito femminili. Quando lei, sia pur per la convenienza di entrambi, si concede ad altri uomini, lui lascia fare, ma arde di gelosia, e nel ritrovarsela davanti non trattiene sonori ceffoni accompagnati da un proverbiale: “Puttana!”. Anche il compassato vampiro non è sfuggito, però (nel n. 129), a un’esperienza omosessuale involontaria e traumatica (della quale lo si vede vendicarsi subito, lavando l’onta con violenza da maciullatore). Il tema dell’omosessualità, maschile e femminile, non viene trattato con mano leggera, conformemente alla mentalità dominante dell’epoca: Verdier, ancorché dottore, è sempre attratto dai frequenti amplessi lesbici in cui indulge la sua consorte, ma è altrettanto convinto di “curare” e di “poter guarire” la lesbica di turno con una robusta dose di “quel che la Natura gli ha fornito”. Cura che solitamente dispensa inserendosi di sorpresa nel bel mezzo dell’amplesso, prendendo la compagna di Jacula da tergo, e gridando: “Toh! Toh! Toh!”. Il fumetto vuole che sempre queste lesbiche gradiscano, e raggiungano orgasmi prima mai esperiti, gemendo: “Oooaahh!”, o anche “Eeerghh!..”. A suggello di tale episodio, nel n. 147 (“Vetriolo”), una didascalia ridondante commenta: “La lesbica scopre il piacere del maschio…”. “Vetriolo” racconta di una persona che va in giro a sfregiare la gente. Per incassare la taglia su ‘sto criminale, Jacula e il suo amicone lo cercano e lo smascherano; solo che è una lesbica e a Jacula viene subito voglia di toccacciarla. È proprio zozzo, come fumetto, non si può dir niente. Sono rarissimi, in Jacula e nelle altre testate di questo tipo, i casi in cui l’omosessualità maschile appare come libera pratica di avversari comunque temibili (tra Sherlock Holmes e Watson, nel n. 99, per esempio, come esige un altro inveterato luogo comune); di solito l’argomento è trattato in termini sprezzanti o derisori. Dissacrazione e humor nero pervadono la serie per quasi tutta la sua durata, insieme a convenzioni proprie di questo genere fumettistico: le cosiddette “didascalie ridondanti” (a corredo di una vignetta che mostra una donna nell’atto di spogliarsi, la didascalia reciterà: ”Maliziosamente…”), o la conversione in onomatopee di alcune espressioni italiane (“Sork!”, o “Tromb!” a ribadire l’atto della penetrazione; “Pisccc” per l’atto di mingere). Wow… che accoppiata!!! :))) Applausi […] Renzo Barbieri lascia la propria quota della casa editrice di fumetti Erregi al socio Giorgio Cavedon, che la ridenominerà Ediperiodici, e nel 1972 fonda una nuova casa edtrice di tascabili erotici, la Edifumetto. Qui Barbieri crea, insieme ai collaboratori, dei doppioni dei personaggi della Erregi, a partire da Zora, ispirata all’altra vampira, Jacula. […]