I TRIONFALI ANNI OTTANTA DELLA DC DI JENETTE KAHN

Dopo la gestione della Dc Comics di Carmine Infantino, arriva quella di Jenette Kahn.
Gli anni settanta erano stati un decennio avaro di soddisfazioni per la Dc Comics. Era già tanto se la casa editrice era sopravvissuta alla implosione del 1978, durante la quale una trentina di testate chiusero per scarse vendite.
Gli anni ottanta per la Dc iniziano in sordina, sotto la guida della giovane Jenette Kahn. Entrata nella compagnia nel 1976 a 28 anni come publisher, viene nominata presidente nel 1981.
Nella Dc, Jenette Kahn fa il controcanto di Jim Shooter: una donna aperta a qualsiasi soluzione utile a recuperare vendite e consensi.
Timidamente la Dc Comics comincia a riproporre serie cancellate durante la crisi di vendite della seconda metà degli anni settanta, come i Teen Titans, All-Star comics, Swamp Thing, Firestorm e Supergirl. Cerca però di curare meglio i contenuti.
Le cose sembrano funzionare e alla prima occasione Jenette Kahn sferra la zampata. Nel 1983 riesce a portare nella sua casa editrice una delle colonne portanti della Marvel di Jim Shooter, quel Frank Miller che aveva rinnovato Devil in modo così convincente.
Fu proprio Frank Miller, insieme ad Alan Moore, a proiettare la Dc Comics verso alti vertici qualitativi.
Il ritorno del Cavaliere Oscuro e Watchmen sono due serie con cui chiunque si occupi di fumetti ancora oggi deve fare i conti.
La Dc toglie alla Marvel John Byrne per rilanciare Superman.
Le operazioni di rilancio continuarono: dopo Batman e Superman finiscono per riguardare Wonder Woman, la semidimenticata Suicide Squad, la Jla, Flash e Green Arrow.
Nell’ultimo scorcio di decennio un’altra donna, l’editor Karen Berger, dopo essersi fatta le ossa su House of Mystery, dà vita a serie innovative per un pubblico più maturo come Hellblazer e Sandman, le quali aprono la strada alla sottoetichetta “adulta” Vertigo.
New Teen Titans (novembre 1980)
Apparsi per la prima volta nel 1964 in The Brave and the Bold n. 54, il team ancora senza nome era formato dalle spalle dei supereroi Kid Flash (Wally West), Robin (Dick Grayson) e Aqualad (Garth). Adotta il nome di Teen Titans nel numero 60, con l’aggiunta di Wonder Girl (Donna Troy).
Il gruppo aveva avuto una serie regolare a partire dal 1966, che non vendette mai tanto e fu cancellata nel 1978.
Era però la serie Dc concettualmente più vicina ai nuovi X-Men della Marvel, il fumetto in cima alle classifiche di vendita americane. Tanto valeva provare a riproporla con qualche modifica.
Ci pensano lo sceneggiatore Marv Wolfman e il disegnatore George Pérez, che riescono confezionare un prodotto agile e moderno in grado di ottenne un buon successo.
I nuovi episodi presentano i Titani originali non più ragazzini e introducono nuovi personaggi come Cyborg (Victor Stone), Starfire (Koriand’r) e Raven (Rachel Roth). Ne escono 40 numeri, per poi continuare subito su una seconda serie.
All-Star Squadron (settembre 1981)
Nel 1976 era stata lanciata la serie All-Star Comics per pubblicare le nuove storie della Justice Society of America, il primo gruppo di supereroi formato nei primi anni quaranta. Durata diciassette soli numeri, era stata chiusa durante “l’implosione” del 1978.
Si tratta della prima serie affidata a Roy Thomas, che ha appena lasciato la Marvel per dissidi con Jim Shooter, dopo essere stato per molti anni il braccio destro di Stan Lee.
Il primo numero contiene «Una lettera aperta di Roy ai lettori», dove dichiara quanto desideri da sempre raccontare le storie della Justice Society of America.
Invece di scrivere episodi ambientati nell’epoca moderna, Thomas decide di riportare i personaggi durante la Seconda guerra mondiale, il periodo della Golden age dei comic book.
Si tratta del primo esempio ufficiale e intenzionale di retcon. La serie, che nel n. 47 ospita un ancora acerbo Todd McFarlane, dura in tutto 67 numeri.
The Saga of the Swamp Thing (maggio 1982)
La prima serie dedicata a Swamp Thing si era conclusa nel 1976, due anni dopo l’abbandono di Bernie Wrightson, l’estroso disegnatore che aveva saputo interpretarne al meglio lo spirito.
In seguito alle pressanti richieste dei lettori, viene riproposta nel 1982.
Gli sceneggiatori Martin Pasko e Mike Barr e i disegnatori Thomas Yeates e Dan Spiegle non riescono però ad andare oltre una insipida riproposizione dei temi e delle atmosfere della prima serie.
È solo con il n. 21, con la formazione dell’accoppiata Alan Moore e Stephen Bissette, che le storie diventano innovative e personali. Sarà un successo che si prolungherà per 171 numeri.
Fury of Firestorm (giugno 1982)
Visto che le riproposizioni stanno andando bene, Jenette Kahn ci prende gusto a riesumare pubblicazioni defunte negli anni settanta.
Si prova anche con Firestorm di Gerry Conway, uno dei personaggi più deboli che era durato solo sei numeri e, sorprendentemente, stavolta attecchisce.
Gerry Conway e Pat Broderick riescono a confezionare una serie varia e spumeggiante che dura fino al n. 65, che poi, rinominata Firestorm the Nuclear Man, arriverà fino al 100.
The Daring New Adventures of Supergirl (novembre 1982)
Anche Supergirl, la cugina di Superman, era stato uno degli insuccessi degli anni settanta. Aveva chiuso nel 1974, dopo soli 10 numeri. La pubblicazione non era riuscita a cavalcare l’onda del movimento femminista in auge ai tempi.
Nel 1982 la Dc prova a insistere su un personaggio che dopotutto fa parte della famiglia di Superman, affidandolo ai navigati Paul Kupperberg e Carmine Infantino.
Niente da fare, nemmeno stavolta la serie accende la fantasia dei lettori ed è costretta a chiudere dopo 23 numeri.
Ronin (luglio 1983)
Negli anni settanta la Dc Comics era stata meno innovatrice della Marvel e questa era stata una delle ragioni della sua sconfitta. Aveva sempre rischiato poco.
Negli anni ottanta non ha più niente da perdere e inizia a compiere scelte più coraggiose, che risulteranno quasi sempre vincenti.
A un Frank Miller deluso per non essere riuscito a portare a buon fine le trattative con la Marvel per un nuovo fumetto, la Dc Comics concede sia i diritti (fatto straordinario nell’editoria a fumetti dell’epoca) sia carta bianca sulla direzione e la direzione artistica della sua nuova opera.
Per Ronin, un incubo postmoderno, Frank Miller guarda dove nessun americano aveva ancora mai guardato: al francese Moebius e ai manga. Ne esce un fumetto modernissimo che mette la Dc finalmente sotto i riflettori della critica.
Miniserie in 6 albi.
Batman and the Outsiders (agosto 1983)
Il titolo degli Outsiders si propone sin dal primo numero come una pubblicazione innovativa, citando un sonetto di John Keats nella splash page iniziale.
Gli Outsiders sono un gruppo di supereroi dalle caratteristiche inconsuete, che forse vorrebbe anch’esso fare concorrenza agli X-Men.
Purtroppo lo sceneggiatore Mike Barr, benché coadiuvato dai disegni del pur bravo Jim Aparo, non ha la stoffa dell’innovatore e tutto quello che riesce a fare è un prodotto ordinario.
Le cose cambiano un po’ dal n. 22, con l’avvento alle matite del superlativo Alan Davis, ma ormai è troppo tardi e la serie non va oltre il n. 32.
New Teen Titans (agosto 1984)
New Teen Titans riparte dal numero 1 nel 1984, mentre la serie con lo stesso nome iniziata nel 1980 diventa Tales of the New Titans. Alla barra di comando a rassicurare i lettori sulla qualità del prodotto ci sono sempre Marv Wolfman e George Perez.
A circa metà della serie, gli editori si rendono conto che quasi nessuno dei personaggi di New Teen Titans è più un adolescente (“teen“) e cambiano il nome in The New Titans nel numero 50. Con il nome modificato la serie raggiunge il n. 131.
Crisis on Infinite Earths (aprile 1985)
Crisi sulle Terre Infinite è la realizzazione del sogno di Marv Wolfman ragazzo: l’idea del crossover supremo, il desiderio di veder combattere tutti insieme i buoni e i cattivi dei fumetti. Un sogno abbastanza comune tra i lettori.
Jenette Kahn sa bene che nell’inizio degli anni ottanta l’azienda fa ancora fatica a reggere il passo della Marvel e a trovare nuovi lettori, decide quindi che è necessario un cambiamento strutturale.
Gli eroi della Dc sono ancora più o meno gli stessi della Golden Age, è necessario ricostruirli e riattualizzarli.
L’idea, risalente al 1981, viene affidata alla coppia Wolfman e Perez, che impiega quattro anni a realizzarla. Il risultato è una miniserie di dodici albi che letteralmente reinventa l’intero universo Dc.
Alla conclusione della saga molti personaggi, come vedremo qui di seguito, prendono direzioni diverse da quelle ordinarie.
Booster Gold (febbraio 1986)
Dan Jurgens crea Booster Gold nel 1985, occupandosi dei testi e dei disegni. Si tratta di uno dei primi nuovi eroi a emergere dopo Crisis on Infinite Earths.
Booster è Michael Carter, un “perdente” del 25° secolo, che pensa di poter usare la tecnologia del futuro per diventare una celebrità nel passato.
La sua prima serie non attira molti lettori e deve interrompersi nel giro di un paio d’anni, con il n. 25. Il personaggio però diventa un pilastro dell’Universo Dc, entrando a far parte della Justice League International.
Batman the Dark Knight Returns (marzo 1986)
Frank Miller è molto nervoso quando porta le tavole di Batman the Dark Knight Returns in visione a Jenette Kahn e al suo vice Paul Levitz, le due autorità più importanti alla Dc a metà degli anni ottanta.
Tutti coloro che hanno viste le tavole gli hanno più o meno detto: “Jenette e Paul non le approveranno mai. Quell’uomo in costume è un vecchio, stanco, un fallito, un pazzo, un reazionario giustizialista, non è Batman”.
E invece è Batman. Il Batman più scazzato e cazzuto che si sia mai visto. Un Batman capace di uccidere un mutante, di spappolare un occhio al Joker e di prendere a calci in faccia Superman. E Robin è una ragazzina.
Jenette Kahn e Paul Levitz approvano, cambiando il corso del fumetto.
Watchmen (settembre 1986)
Alan Moore ha detto: “L’amore non ha senso. L’amore è lui stesso il senso”. Cos’altro è Watchmen se non un atto d’amore? Il capolavoro di Alan Moore e Dave Gibbons dovrebbe essere un rilancio dei personaggi della Charlton, dei quali la Dc ha acquistato i diritti.
Non lo diventa solo perché il direttore Dick Giordano, che alla Charlton aveva lavorato, si rifiuta di farne morire uno.
Sia come sia, Moore e Gibbons hanno avuto carta bianca per realizzare una serie di dodici albi ispirata dal loro amore per i personaggi della Golden age.
Questa serie è allo stesso tempo un riassunto nostalgico del fantasioso passato del medium fumettistico e una inesorabile profezia per un futuro fin troppo realistico.
Superman (gennaio 1987)
Tre sono i fumettisti che lasciano un marchio sugli anni ottanta: Alan Moore, Frank Miller e John Byrne. Nel 1986 sono tutti e tre sotto contratto con la Dc.
John Byrne ha 36 anni, tutto quello che ha toccato alla Marvel è diventato oro: gli X-Men, i Fantastici Quattro, gli Alpha Flight…
Allora perché si sente tremare le ginocchia quando la Dc gli chiede di reinventare il personaggio creato dai due ragazzi ventiquattrenni di Cleveland Jerry Siegel e Joe Shuster?
Byrne comincia con una miniserie di sei albi intitolata Man of Steel, dove reinventa le origini dell’Uomo d’Acciaio. Poi dà inizio a una nuova testata dedicata al personaggio che riparte dal n. 1, della quale realizza testi e disegni dei primi 22 numeri.
Subito dopo torna alla Marvel, non essendo riuscito a entrare in sintonia con i dirigenti della Dc. La nuova serie di Superman però è ormai un successo e continuerà fino al n. 226, quando riprende la vecchia numerazione.
Wonder Woman (febbraio 1987)
Se Frank Miller ha dato nuova vita a Batman e John Byrne sta facendo la stessa cosa con Superman, manca un terzo personaggio storico da rivitalizzare: Wonder Woman.
Wonder Woman è un’eroina molto particolare, dopo i suoi creatori William Moulton Marston e Harry H. Peters, nessuno è riuscito a entrarne nello spirito in modo efficace. Per questo nessuno vuole più scrivere o disegnare le avventure di Diana Prince.
Quando George Perez viene a conoscenza del nome del disegnatore che la Dc ha pensato di assegnare la riproposizione di Wonder Woman, chiede di essere ricevuto da Karen Berger, la nuova editor della testata.
“Quello ricalca le donnine di Penthouse, non farebbe un gran servizio alla nostra eroina”, dice Perez fuori dai denti. Spiega come invece la vede lui: “Un ritorno al mito e un pizzico di femminismo”. Karen Berger si convince e Perez ha carta bianca.
Così l’artista newyorkese scrive i primi 62 numeri della serie e disegna i primi 24.
Il sodalizio con la Berger diventa così stretto che quando lei, nel 1992, lo “abbandona” per andare in maternità, Perez non ha più la stessa ispirazione ed energia, tanto da decidere di porre fine alla sua run di Wonder Woman.
La serie si protrasse per 226 numeri.
Suicide Squad (maggio 1987)
La prima Suicide Squad era un prodotto della Silver age. Il gruppo creato da Robert Kanigher e Ross Andru apparve su una mezza dozzina di numeri di The Brave and the Bold, tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio dei sessanta.
Il gruppo riappare nella miniserie Legends del 1986, riscuotendo un discreto successo.
Sono i tempi degli antieroi e una squadra intera di antieroi sembra essere una buona idea. La squadra è composta da otto membri, ma numerosi altri “cattivi”, più o meno ex, appaiono come ospiti. Tanto che nella squadra un totale di 56 personaggi, alcuni piuttosto famosi come il pinguino, Poison Ivy e il Parassita.
La serie, a cura di John Ostrander e Luke McDonnell, dura 66 numeri.
Flash (giugno 1987)
Il reboot di Flash all’inizio non appare memorabile. Mike Baron e Jackson Butch Guice non riescono a distaccarsi dalla consueta immagine del velocista insipido e prevedibile.
Le cose cominciarono a cambiare con l’arrivo, nel n. 62 del maggio del 1992, dell’accoppiata Mark Waid e Greg LaRoque.
Waid, che ha lavorato sulla Legione dei Supereroi e su Doom Patrol, riesce a connotare il personaggio di Wally West (che ha preso il posto di Barry Allen nelle vesti di Flash) con toni drammatici e personali, definendo le sue caratteristiche attuali.
La serie ne trae beneficio, incrementa le vendite e continua per anni raggiungendo il n. 247.
Hellblazer (gennaio 1988)
Nel 1984 Karen Berger è l’editor di Swamp Thing. Con il n. 29, “Love and death” di Alan Moore, è protagonista di uno scontro con il Comics Code Authority per i forti temi trattati. In seguito all’accesa diatriba, la scritta “Approved by the Comics Code Authority”, apparsa dal lontano1955 sulle copertine degli albi, viene tolta e sostituita dall’avvertenza “Mature Readers”.
Un cambiamento epocale che permette la pubblicazione di fumetti per adulti nei comic book.
La Berger porta a compimento la piccola rivoluzione nel 1988, con l’uscita del n. 1 di Hellblazer. Per farlo prende il mago tabagista John Costantine, che Alan Moore ha creato su Swamp Thing con la faccia di Sting e un carattere controcorrente.
Lo affida a due autori inglesi anticonvenzionali come Jamie Delano, per i testi, e John Ridgway, per i disegni.
Nel primo numero incontriamo gente che mangia fino a scoppiare letteralmente, occultisti con i corpi ricoperti da insetti, giganti haitiani in tight bianco e mosche grandi quanto un elefante che svolazzano in chiesa.
L’inizio di una saga che durerà 300 numeri.
Green Arrow (febbraio 1988)
Nei primi anni settanta Green Arrow era stato ridefinito come difensore dei diritti civili dalla coppia Denny O’Neill e Neal Adams, in una lunga run molto apprezzata dalla critica, ma meno dal pubblico.
Mike Grell, acclamato autore di serie come Warlord (per la Dc Comics) e del similare Starslayer (per la Pacific Comics), rinnova ulteriormente Freccia Verde nella miniserie in tre albi del 1987: The Longbow Hunters.
Il trittico ha un successo tale che la Dc decide di affidargli un’intera serie.
Mike Grell riprende la linea tracciata anni prima da Denny O’Neil, ma la sua versione del personaggio è meno ideologica, più realistica e dura.
Il suo freccia verde è un uomo fragile, irresponsabile, autodistruttivo, infedele, pieno di sensi di colpa, il definitivo eroe moderno. La serie dura 137 numeri.
V for Vendetta (settembre 1988)
V for Vendetta, pubblicato in origine a puntate sulla gloriosa rivista inglese Warrior tra il 1982 e il 1985, rappresenta uno dei primi grandi successi di critica di Alan Moore. Il quale, insieme al disegnatore David Lloyd, dà vita a un classico della “contestazione” in bianco e nero.
Alle dittature, sembra dire Alan Moore, non ci si può che ribellare. Nel 1985 Warrior chiude i battenti e lascia i lettori orfani della conclusione della storia.
Sembra una ferita insanabile fino al 1988, quando la Dc Comics decide di ripubblicare tutta la serie in una collana di 10 numeri a colori.
Ancora una volta l’editor è Karen Berger.
Sandman (gennaio 1989)
Sul finire degli anni ottanta Karen Berger e Neil Gaiman si accordano per realizzare una nuova serie che dovrebbe avere come protagonista un componente dell’universo della Dc Comics.
Neil Gaiman racconta che la Berger gli ha bocciato tutti i nomi, finché lei stessa non ha ripescato quello di Sandman.
Personaggio creato da Gardner Fox e Bert Christman, Sandman era apparso nel 1939, rilevato nel 1941 da Joe Simon e Jack Kirby e infine aggregato nel 1966 alla Justice League of America, ma solo per qualche partecipazione occasionale.
Simon e Kirby l’avevano ripescato nel 1974, per il loro ultimo lavoro insieme.
Gaiman trasforma il personaggio in “un uomo, giovane, pallido, mortalmente magro, con capelli lunghi e scuri, occhi strani e nudo, imprigionato in una cella minuscola, in attesa che i suoi carcerieri morissero”.
Sarà il personaggio giusto per gli anni novanta. La serie durerà 75 numeri. Viene conclusa solo perché Gaiman si stanca di scriverla, e la Dc asseconda il suo desiderio che nessun’altro la prosegua.
Batman: Legends of the Dark Knight (novembre 1989)
Batman: Legends of the Dark Knights è la prima testata dai tempi dello Swamp Thing di Moore-Bissette-Totleben a non presentare il marchio della Comics Code Authority.
Nasce per presentare archi narrativi dai tre ai cinque albi che formano delle saghe complete, realizzate da autori estranei alle serie ufficiali di Batman.
Una serie parallela a quella principale che si propone di andare oltre i limiti imposti dal Comics Code, per pubblicare storie più adulte e approfondire aspetti inediti di Batman.
Tra i disegnatori ci sono Paul Gulacy, Howard Chaykin, Gil Kane, Tim Sale, Bryan Talbot, Russ Heat e Mike Mignola.
La serie dura 215 albi.
Come la Marvel dello stesso decennio, la Dc Comics degli anni ottanta guidata dalla giovane Jenette Kahn pone le basi di tutto quello che sarebbe accaduto fino a oggi. Passa dai grandi crossover nello stile di Crisis, alla continua ridefinizione dei personaggi, alle pubblicazioni con fumetti per un pubblico maturo.