I 10 MIGLIORI FUMETTI FRANCESI DEGLI ANNI ’60

I 10 MIGLIORI FUMETTI FRANCESI DEGLI ANNI ’60

Il primo vero fumetto francese è “Rigobert chasse le papillon” di Jean Raoul Chaurand-Naurac, comparso sul quotidiano Excelsior nel marzo del 1923. Ma dobbiamo aspettare il 1929 e un autore belga perché prenda vita una tradizione fumettistica, chiamata per comodità franco-belga, che entrerà velocemente a far parte della cultura popolare francofona. L’autore è naturalmente Hergé, creatore di Tintin che, assieme ad altri personaggi come Asterix e Lucky Luke, ha saputo andare oltre la ristretta cerchia dei lettori di fumetti.

Per i lettori francesi il fumetto è una vera e propria forma d’arte, dicono la nona, e questo gli conferisce una legittimazione culturale che ne agevola la diffusione. Diffusione a cui hanno contribuito in larga parte tre riviste settimanali.

Le journal de Spirou, fondato nel 1938, pubblica Buck Danny, Lucky Luke e i Puffi. Le journal de Tintin, nato nel 1946, pubblica Tintin, Blake e Mortimer, Dan Cooper e Bernard Prince. La successiva Pilote, nata nel 1959, pubblica Tanguy et Laverdure, Achille Talon, Blueberry, Valerian e Asterix.
Si tratta di un periodo esaltante per il fumetto che si arricchisce di numerosi capolavori.

Come sempre abbiamo scelto le dieci storie più significative e le abbiamo messe in ordine puramente cronologico. Diciamo subito che abbiamo volutamente privilegiato il fumetto avventuroso che affascinò gli adolescenti italiani degli anni sessanta sulle pagine dei Classici dell’Audacia, omettendo prove più sperimentali come Barbarella e Jodelle che pure rivestirono in quel periodo una certa importanza. Per un soffio non troverete nemmeno Rahan, Michel Valiant, Bob Morane e Ric Roland…

Blake et Mortimer – La piege diabolique (1960) 

Nel 1960 su Le journal de Tintin viene pubblicata a puntate la sesta avventura di Blake e Mortimer: “La diabolica trappola” di Edgar P. Jacobs, omaggio a “La macchina del tempo” di George Wells. L’avventura riscuote il consueto successo e nel 1962 esce in volume nella Collection du Lombarde. A questo punto accade un imprevisto: la commissione francese di sorveglianza e controllo delle pubblicazioni destinate all’infanzia e all’adolescenza nega l’autorizzazione alla distribuzione del volume in Francia.

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Alla base di questa decisione c’è la visione cruda che “La diabolica trappola” propone degli effetti di un conflitto nucleare. Il 13 febbraio 1960 la Francia aveva fatto esplodere la sua prima bomba atomica nel Sahara algerino e aveva iniziato a costituire la Force de Frappe, l’arsenale nucleare nazionale.
Il provvedimento della censura indirettamente riconosceva alle avventure di Blake e Mortimer un ruolo importante nella formazione degli adolescenti francesi. L’episodio fu decisivo per il processo di ricerca di nuovi spazi per il fumetto non infantile che questo decennio inaugurò.

Buck Danny – Le retour des Tigres volants (1960)

Le avventure dei piloti dell’aeronautoca americana Buck Danny, Sonny Tuckson e Jerry Tumbler cominciano ad apparire nel lontano 1947 su Le journal de Spirou. Gli autori Jean-Michel Charlier e Victor Hubinon prendono ispirazione da Terry e i pirati, il fumetto realizzato per i quotidiani da Milton Caniff dai primi anni trenta all’inizio dei quaranta, che aveva affascinato un’intera generazione.
In più le storie possono contare sull’esperienza di giovani piloti con regolare licenza che hanno lavorato per la compagnia aerea nazionale belga Sabena. La combinazione di riferimenti storici autentici e della massima veridicità tecnica con la fiction più sfrenata determinerà la fortuna di questa serie.

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Le storie migliori della serie sono proprio quelle degli anni sessanta, tra le quali spicca la trilogia dedicata alle “Tigri volanti”. Le autorità militari di Washington inviano la portaerei U.S.S. Saratoga in una missione nel Mar Cinese Meridionale. Durante uno scalo a Manila, capitale delle Filippine, l’ammiraglio della portaerei e il colonnello Buck Danny vengono a sapere che si sta preparando un complotto per destabilizzare la pace mondiale e che è stato registrato un massiccio acquisto di materiale bellico.
Viene quindi chiesto loro di trovare i responsabili, sapendo che sull’arcipelago è stato segnalato un gruppo di piloti disertori. Per fare questo, visto il delicato aspetto della loro missione, devono ricostituire lo squadrone militare delle Tigri volanti, che negli anni quaranta affrontò i giapponesi.

Dan Cooper – Fantome 3 ne repond plus!  (1963) 

Dan Cooper è un personaggio creato nel 1954 sulle pagine del settimanale Tintin da Albert Weinberg, che ne cura sia i testi sia i disegni. Si tratta dell’ennesimo pilota d’aereo e rappresenta la risposta del settimanale Tintin all’enorme successo che Buck Danny stava ottenendo in quegli anni su Spirou. La serie inizia riprendendo alcune tematiche fantascientifiche presenti nel capolavoro di Edgar P. Jacobs, “Il segreto dell’Espadon”, a cui Weinberg si rifà anche nello stile di disegno.

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Dopo che lo sceneggiatore Jean-Michel Charlier realizza tre episodi di qualità (dal quinto al settimo), con il n. 8 Weinberg riprende in mano i testi che ora appaiono più interessanti e personali, e modifica anche il suo stile di disegno rendendolo meno schematico e più dettagliato. Inizia così il periodo migliore di Dan Cooper a cui appartiene “Fantasma tre non risponde”.
In Finlandia per lavoro, Dan Cooper viene contattato da un produttore cinematografico per realizzare alcune vedute aeree del paese come parte di un documentario. Ma quando la bussola sabotata conduce Dan e i suoi passeggeri oltre il confine sovietico, si rende conto che le vere intenzioni dei suoi clienti sono altre.

I naufraghi del tempo – L’Étoile endormie (1964) 

“Volevo fare una serie di fantascienza da molto tempo e Forest lo sapeva. Avevamo proposto un progetto al quotidiano France Soir, ma non se ne fece niente. Poi un giorno Jean-Claude Forest fu nominato caporedattore di un nuovo giornale: Chouchou. Mi mandò una sceneggiatura dello scrittore svizzero di fantascienza Pierre Versin, ma non mi piacque. Chiesi a Forest di scrivermi lui stesso una storia. Mi chiese se avevo un’idea”

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“… Gli proposi una coppia naufragata nel tempo e nello spazio che non riesce a ricongiungersi. Forest se ne venne fuori con delle idee fantastiche e la serie fu un successo immediato”. Così il disegnatore Paul Gillon ricorda, rievocando le discussioni con Jean-Claude Forest, la nascita di una delle space opera francese più amata.
Nell’episodio “Stella addormentata” un uomo e una donna sono ibernati e lanciati in orbita alla fine del Novecento mentre “il grande flagello” rischia di sterminare l’umanità. Si tratta di un affascinante affresco fantascientifico, che si distingue per la particolare attenzione alla caratterizzazione di personaggi e psicologie (e hai escluso Barbarella per mettere I naufraghi del tempo? Mah – NdR).

 

Lone Sloane – Le Mystère des abîmes (1966) 

Nel 1966 per le edizioni Terrain Vague esce “Il mistero degli abissi”, la prima avventura di Lone Sloane. Si tratta di un delirante racconto di 65 pagine appartenente a quel particolare genere fantascientifico dove la tecnologia si fonde con l’arcano e fa capolino qua e là l’elemento erotico. Il tutto realizzato in uno stile grafico ancora acerbo, ma che fa già intravvedere quelle caratteristiche che porteranno Philippe Druillet a divenire un autore di culto.
Qualcuno dice che Druillet non sa disegnare per via di alcune incertezze anatomiche e di varie licenze prospettiche, ma la questione è mal posta.

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La sua originalissima visione è perfettamente inserita nella storia dell’arte, da dove prende ispirazione dai quadri di Jeronimus Bosch, dall’arte indiana, dalle carceri d’invenzione che Gian Battista Piranesi realizzò all’acquaforte a metà del Settecento e dai palazzi dalle prospettive molteplici e contraddittorie  di Escher.
Senza dimenticare esempi fumettistici come la flora “aliena” di Burne Hogarth e le complicatissime apparecchiature scientifiche di Jack Kirby. Mettete tutto in un frullatore lisergico e il piatto è servito. La storia è inutile raccontarla perché non si capisce niente (invece di bruciare così Druillet avresti dovuto piazzarlo negli anni settanta con Delirius – NdR)

Luc Orient – Les soleils de glace (1967)

Se Buck Danny si rifaceva a Terry e i pirati, Luc Orient prende più di uno spunto da un altro caposaldo del fumetto avventuroso americano: Flash Gordon, con un occhio anche a Brick Bradford. Lo sceneggiatore di Luc Orient era Greg (Michel Regnier) che in quel periodo era direttore del settimanale Journal de Tintin, dove il personaggio debuttò nel 1967. I disegni erano realizzati da Eddy Paape, dallo stile classico, ma abbastanza visionario da dare alle ambientazioni extraterrestri della serie un fascino ineguagliato.


Come ci racconta il nostro Sauro nazionale in un suo splendido articolo (a soreta – NdR), gli episodi migliori della serie sono i primi cinque che compongono nel loro insieme il cosiddetto “ciclo di Terango”. Tra questi abbiamo scelto “I soli di ghiaccio”, secondo episodio del ciclo e, a nostro avviso, la storia migliore.
Luc, il professor Kala e l’assistente Lora vanno alla ricerca di uno dei tre soli menzionati in una leggenda asiatica. In realtà sono dischi volanti bloccati lì, le cui radiazioni hanno influenzato l’evoluzione della flora e della fauna circostante, rendendola aliena.

Bernard Prince –  La Frontière de l’enfer (1968) 

Bernard Prince esordisce sul settimanale Tintin a partire dal 4 gennaio del 1966, inserendosi da subito nel settore dell’avventura esotica contemporanea. Lo sceneggiatore Greg pesca a piene mani dal filone cinematografico dei film d’avventura, rielaborando il tutto in una maniera personale.
Il disegnatore Hermann rompe nettamente con la tradizione stilistica del settimanale Tintin, perché non ha nulla in comune con la tradizione della “linea chiara” derivata da Hergé (Georges Rémi, celebre “papà” di Tintin), e si rifà, piuttosto, allo stile “americano” di Jijé pieno di ombre sporche e sofferte.


Bernard Prince comanda un’imbarcazione affiancato dai suoi due vivaci collaboratori, incappando inevitabilmente nell’avventura.
La serie è diventata famosa per gli scenari esotici che suscitano meraviglia e timore per l’ignoto, come il deserto, il mare (in tempesta), il cielo, il ghiaccio, le foreste (in fiamme) o la giungla. Non fa eccezione l’episodio scelto, “La frontiera della paura”, dove Bernard Prince e i suoi due amici ritrovano il vecchio nemico Wang Ho, noto come “Generale Satana” e attraversano una terribile giungla tropicale raffigurata magnificamente da un Hermann che flirta con l’astrazione.

Tanguy et Laverdure – Lieutenant double-bang (1969) 

L’idea della rivista Pilote nasce verso la fine del 1958 attorno a un gruppo di sei uomini (tra i quali Jean-Michel Charlier, Albert Uderzo e René Goscinny) che hanno l’ambizione di creare una sorta di moderno “Paris Match per i giovani”. L’uscita del primo numero il 29 ottobre 1959 è un vero successo: la sera stessa vengono vendute 300mila copie.
Tra i fumetti pubblicati sul numero uno c’è ne sono alcuni che entreranno nella storia: Asterix di Albert Uderzo e René Goscinny, Le Démon des Caraïbes di Jean-Michel Charlier e Victor Hubinon e Tanguy e Laverdure di Jean-Michel Charlier e Albert Uderzo. La figura del pilota d’aereo era piuttosto inflazionata in quegli anni, Spirou aveva Buck Danny e Tintin aveva Dan Cooper, poteva mancare un pilota (in francese pilote) a Pilote, il terzo grande settimanale a fumetti?


I piloti della serie saranno addirittura due: Michel Tanguy ed Ernest Laverdure. La forza di Tanguy e Laverdure risiede nel modo in cui vengono raccontate le storie, più che nelle trame stesse, e nei personaggi di contorno. Nel 1966 Uderzo lascia le matite a Jije, che disegnerà tutti gli episodi successivi compreso questo “Tenente doppio bang”.
La serie è un classico del genere avventuroso, colpevolmente sottovalutata dagli editori italiani. Un paio di avventure pubblicate sui Classici dell’Audacia Mondadori, poche altre sugli Albi Ardimento, un paio in volume ancora da Mondadori negli anni settanta, qualcuno più di recente da Alessandro Editore, ma mai con continuità.

 

Valerian et Laureline – L’empire des mille planètes (1969) 

Il regista George Lucas ha sempre ammesso di essere cresciuto “leggendo miliardi di fumetti”, alcuni pensano che tra quei miliardi ci fossero anche le avventure di Valerian e Laureline, il capolavoro fantascientifico di Pierre Christian e Jean-Claude Mézières.
In effetti diverse sono le similitudini tra le avventure dei due giovani agenti spazio-temporali e il film Star Wars. Nel film ci sono intere scene che sembrano prese da alcuni episodi della saga a fumetti, in particolare da questo “L’impero dei mille pianeti” che rimane uno dei migliori.


Del resto la sfolgorante fantasia visiva di Mezieres non poteva passare inosservata, l’estrema varietà di alieni dagli usi e i costumi radicalmente differenti dai nostri e i tanti umanoidi dalle forme e dalle fogge più strane che popolano queste pagine si ritrovano nel capolavoro di Lucas. L’astroporto di Sirte, su Valerian luogo di incontro tra le varie diverse razze che popolano l’impero, sembra lo stesso porto da cui parte l’odissea di Star Wars.
Lo stesso Millenium Falcon, con la sua caratteristica forma semicircolare, assomiglia molto all’astronave di Valerian e Laureline, l’XB982. Potremmo andare avanti, ma concludiamo ricordando che “L’impero dei mille pianeti” racconta di un dispotico impero che governa mille pianeti contro cui insorge un manipolo di ribelli. Più di così…

Blueberry – La Mine de l’Allemand perdu (1969) 

Blueberry di Jean-Michel Charlier e Jean Giraud, in seguito noto come Moebius, è una delle migliori saghe western della storia del fumetto.
Il disegnatore scelto inizialmente da Charlier per dare vita alla serie era il grande fumettista belga Joseph Gillain (meglio conosciuto con lo pseudonimo di Jijè), autore di un altro celebre personaggio western, Jerry Spring, che però oberato dagli impegni suggerisce a Charlier il suo allievo prediletto: un certo Jean Giraud.


Nello stesso tempo classico e innovativo, Blueberry all’inizio si presenta come un eroe vincente, ma subisce negli anni un lungo processo di maturazione che lo trasformerà a fondo. di pari passo le storie, avvincenti già dall’inizio, vanno facendosi sempre più complesse e ricche di colpi di scena mentre la qualità dei disegni cresce progressivamente fino a raggiungere livelli ultraterreni.
Nascono così episodi come il decimo, “Il generale testa gialla”, e il successivo “La miniera del tedesco”: letture obbligate per ogni appassionato di fumetti.



(Ora ti tocca scrivere i dieci migliori fumetti umoristici francobelgi degli anni sessanta, con Asterix, Lucky Luke, i Puffi, Poldino Spaccaferro, la Combriccola eccetera – NdR).



4 commenti

  1. Ottimo lavoro, al netto della mancanza di Michel Vaillant e Ric Hochet e di tutti gli umoristici

  2. Sono abbastanza esperto del fumetto franco-belga. prossimamente scriverò due articoli: uno su Philippe Druillet, che conobbi di persona a Lucca nel 1973, l’altro su Paul Cuvelier, disegnatore del primo fumetto interamente erotico, Epoxy, nel 1968 (Barbarella è precedente ma erotico solo a metà).

  3. Li leggevo sul Corriere dei Piccoli negli anni ’60. Soprattutto Bernard Prince, Luc Orient, Dan Cooper. Curiosamente, dal tuo articolo manca Bruno Brazil, che io amavo molto.

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