HORA CERO, L’ORA ZERO DEL FUMETTO ARGENTINO

HORA CERO, L’ORA ZERO DEL FUMETTO ARGENTINO

I primi fumetti realizzati in Argentina sono Viruta y Chicharrón e Goyo Sarrasqueta, del 1912 e del 1913 rispettivamente. Mentre negli Stati Uniti i fumetti nascono negli ultimi anni dell’Ottocento sulle pagine dei quotidiani, in Argentina compaiono in una rivista illustrata e solo successivamente escono sul quotidiano La Nacion di Buenos Aires, nel 1920.

Nel 1928 esce la prima rivista interamente dedicata ai fumetti. Si tratta di El Tony, della mitica Editorial Columba (la casa editrice che in seguito pubblicherà Dago di Robin Wood, tanto per intenderci).

L’età d’oro del fumetto argentino inizia nel 1945 con la comparsa della rivista Intervalo, anch’essa edita dalla Columba.

Cesare Civita, già responsabile di Topolino e di altri periodici della Mondadori, costretto dalle leggi razziali del 1938 a lasciare l’Italia finisce per stabilirsi in Argentina, dove fonda la Editorial Abril. Dopo la guerra, Civita chiama dall’Italia il giovane Hugo Pratt e altri grandi autori. Inoltre lancia lo sceneggiatore argentino Hector German Oesterheld, aumentando così la qualità e la profondità del fumetto locale.

Nel 1948, Civita dà alle stampe la fondamentale rivista Misterix, sulle cui pagine vengono pubblicati, tra gli altri personaggi, anche il Sergente Kirk scritto da Hector German Oesterheld e disegnato da Hugo Pratt.

Nel 1957 Hector German Oesterheld, volendo mettersi in proprio e alla ricerca di una maggiore libertà espressiva, lascia in maniera consensuale la Abril di Civita per fondare con il fratello Jorge l’Editorial Frontera. Casa editrice che pubblica albi fondamentali per la storia del fumetto argentino: Hora Cero (“ora zero”) e Frontera (“frontiera”).HORA CERO
La prima rivista, Hora Cero, è orientata verso un nuovo tipo di fumetto bellico a impronta pacifista, mentre Frontera ribalta la classica visione hollywoodiana del western, rivalutando il ruolo degli indiani.

La rivista Hora Cero propriamente detta esce dal maggio 1957 con periodicità mensile, con 68 pagine di fumetti in bianco e nero. Un’altra rivista, il settimanale Hora Cero Suplemento Semanal, esce nel settembre dello stesso anno. Ha meno pagine della rivista mensile ed è stampata su carta di bassa qualità, ma costa meno e vende molto di più.
HORA CERO
È una rivista unica perché su di essa vengono pubblicate alcune tra le storie più belle del fumetto argentino, a cominciare dal mitico El Eternauta.
Vediamo più da vicino le migliori serie apparse nei 116 numeri usciti nei due anni in cui la rivista rimane in edicola.

 

Ernie Pike di Oesterheld e Pratt

Il n. 1 di Hora Cero Suplemento Semanal si apre con cinque pagine di “Desencuentro”, una storia che ha come protagonista il disincantato cronista bellico Ernie Pike. Il personaggio, ricalcato sulla figura del corrispondente di guerra americano Ernie Pyle, era apparso per la prima volta sul n. 1 di Hora Cero mensile, in una storia intitolata “Francotiradores”.

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Si tratta di un fumetto fortemente innovativo, dove Oesterheld tramite Pike racconta le vicende belliche mantenendo una efficace distanza morale senza prendere le parti di alcun contendente, ma sempre condannando “quel cattivo più odioso di tutti che è la guerra”.

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Come in altre opere, Oesterheld si distingue per la costante tensione etica che mette in campo, sempre insofferente nei confronti dei meccanismi sociali oppressivi che nella guerra trovano la loro espressione più violenta.

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Le storie di Ernie Pike assomigliano a piccole sinfonie, dove lo scrittore argentino mette in scena una specie di contrappunto giocato tra il testo dei ballon e quello delle didascalie che si rincorrono e si intrecciano come su uno spartito musicale.

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Sugli stessi livelli si muove il segno anarchico e vibrante di Hugo Pratt, che, pur non avendo ancora raggiunto la piena maturità stilistica, si presenta già fortemente evocativo e potente. Il maestro di Malamocco si esprime con pochi tratti impressionistici, ora sottili ora spessi, in grado di restituirci in maniera ineguagliata l’espressività dei volti e delle figure, oltre alla ruvidezza degli scenari.
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I suoi soldati sono sudati e dolenti: la battaglia li segna, la paura li deforma, la sofferenza li accompagna ovunque. Hugo Pratt riesce a esprimere tutto questo mediante una sintesi di rara efficacia, che più si immerge nel dolore più vira verso l’astrattismo.

 

L’Eternauta di Oesterheld e Solano Lopez

La seconda serie pubblicata sul n. 1 di Hora Cero è L’Eternauta, uno degli apici non solo del fumetto ma anche dell’intera cultura argentina. Il fatto che questa storia trovi posto nell’albo dopo Ernie Pike significa che, almeno inizialmente, nemmeno Oesterheld la considerava così importante.
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Se per Ernie Pike lo sceneggiatore-direttore-editore aveva scelto le matite di Hugo Pratt, ai tempi uno dei migliori disegnatori operanti in argentina, i disegni de L’Eternauta vennero affidati a Francisco Solano Lopez. Un disegnatore più convenzionale, ma molto efficace, che non diverrà mai una star.

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Le storie di Ernie Pike sono relativamente brevi, la prima dura 21 pagine, durante le quali Oesterheld sviluppa un’unica idea, una parabola morale, una rivelazione. L’Eternauta, al ritmo di puntate di qualche pagina a numero, si protrarrà per 106 numeri: una storia che sembra non finire mai.
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La cadenza di poche pagine a settimana e l’assenza di un finale precostituito costringono l’autore a inserire un momento di suspence ogni settimana, il che rende la lettura avvincente e intrigante. Alla lunga questa struttura diventa uno dei motivi del grande successo dell’opera.

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In apparenza si tratta solo di una storia di fantascienza come tante: un’invasione aliena sulla falsariga della Guerra dei Mondi di H.G. Wells. Sono i dettagli a renderla un’opera indimenticabile.
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La prima pagina è una lezione di fumetto. In una casa immersa nella notte notiamo una finestra con la luce accesa. Un uomo sta scrivendo. Dapprima ci viene mostrata la sua silhouette. Poi viene inquadrato da dietro, di tre quarti: è come se una telecamera gli girasse attorno, fino ad arrivare all’inquadratura frontale. Solo a questo punto appare, letteralmente, la sagoma de L’Eternauta davanti all’uomo che sta scrivendo. Un potente gancio che trascina il lettore dentro la storia.
La settimana successiva il racconto inizia: quattro uomini stanno giocando a carte, quando la luce va via e inizia a nevicare. La nevicata mortale è un espediente geniale mai visto prima, che aggiunge un sapore metafisico a questo straordinario racconto.
Archetipi, metafore, epifanie, nel capolavoro di Oesterheld c’è spazio per qualsiasi cosa, ma pian piano dominano su tutto l’orgoglio e la consapevolezza di stare dilatando a dismisura il campo d’azione del fumetto.

 

Randall di Oesterheld e Del Castillo

A concludere il primo numero di Hora Cero Semanal, dopo il racconto di guerra e quello di fantascienza che abbiamo visto c’è una storia western. Un cowboy di nome Randall, e un sottotitolo, “the killer”, che i ragazzi argentini di allora non potevano comprendere. I ragazzi non conoscevano nemmeno il meraviglioso disegnatore che, a differenza di Pratt e Solano Lopez, non usava il pennello, ma faceva mille linee modellando i volti e i dettagli degli abiti: era Arturo del Castillo, un mostro del pennino impossibile da imitare.

L’originalità di Randall è chiara sin da subito. Qui Oesterheld utilizza un originale espediente per aggiungere suspence alla storia: rinvia l’apparizione del protagonista al terzo numero di Hora Cero Semanal. Il primo episodio ruota attorno alla spregevole figura di un sicario, El Trébol, che uccide con tre proiettili nel petto. Si intuisce che prima o poi dovrà fare i conti con Randall.

Randall compare quindi soltanto sul terzo numero infondendo subito speranza, timore e rispetto, mentre si fa avanti nella via principale della solita cittadina di paurosi.

La sua immagine non somiglia a nessuno di quei cowboy dal sorriso a 32 denti che spopolano sugli albi a fumetti americani: Lone Ranger, Rawhide Kid e Kid Colt Outlaw. Niente camicie ricamate, cappello bianco, amico indiano o cavallo da circo, Randall, uomo serio, indossando una pilcha, l’abbigliamento tradizionale del gaucho argentino, impone uno stile nuovo che sarebbe diventato di moda solo qualche anno dopo con i film di Sergio Leone e Sam Peckinpah.

Randall viene, uccide e se ne va. Un outsider che ammazza gli assassini, bravo anche con le parole, ma che usa solo se strettamente necessario. Insegue una sua personale idea di giustizia incomprensibile ai più. È, di nuovo, un precursore della figura del cowboy senza nome che diventerà famosa di li a poco nell’interpretazione di Clint Eastwood nella “Trilogia del dollaro”.

 

Nahuel Barros di Oesterheld e Roume

Sul n. 7 di Hora Cero Semanal prende il via Nahuel Barros, disegnata da Carlos Roume. Roume è uno dei disegnatori argentini più sottovalutati. Il suo tratto sciolto di pennello riusciva a rendere con estrema naturalezza i volti dei personaggi. È noto soprattutto per i suoi splendidi cavalli, che sembrano fuoriuscire dalla carta talmente sono vitali.
Il suo punto debole erano i paesaggi e gli sfondi, che spesso ometteva o si limitava a rappresentare con schizzi approssimativi.


Nahuel Barros è una specie di western argentino ambientato nella regione della Pampa ai tempi della conquista del deserto. La conquista del deserto fu una campagna militare portata avanti dal governo argentino negli anni settanta dell’Ottocento per strappare la regione della pampa alle popolazioni indigene: i pampa, i ranquel, i mapuche e i tehuelche.

Nahuel Barros è un “baqueano”, una guida indigena che conosce il territorio alla perfezione. Nelle prime pagine una colonna di soldati governativi compie una macabra scoperta: un cane randagio tiene in bocca una mano umana.
Questo lugubre riferimento al corpo umano violato introduce un immediato senso del perturbante che si svilupperà per tutto l’episodio. La mano mozzata rappresenta l’ingresso simbolico in un mondo corrotto dalla guerra di sterminio.

Nel n. 8 la pattuglia incontra un gruppo di indigeni. Gli indios della pampa sono rappresentati più come un’astrazione, una presenza metaforica, un nemico invisibile, che come oppositori reali.

Nahuel Barros compare solo per tre numeri, fino al n. 9. È un uomo semplice, dal grande cuore che si è trovato proiettato nel mezzo di un conflitto di cui non comprende il senso. Una felice rappresentazione dell’uomo moderno.

 

Cayena di Oesterheld e Haupt

Sul n. 37 di Hora Cero Semanal esordisce la serie Cayena disegnata dal raymondiano Daniel Haupt. Il protagonista è un ex galeotto della Caienna.
Nel 1848, con l’abolizione della schiavitù, l’economia della Guyana francese collassò a causa della mancanza di manodopera: per porvi rimedio, l’imperatore Napoleone III fece istituire alla Caienna una colonia penale, dove deportare in massa gli “elementi indesiderabili” della società francese.

Il fumetto è un noir atipico, dove l’azione cede il passo alle atmosfere e alla psicologia. Perfettamente centrato, il disegno di Haupt (che ha recepito in pieno la lezione delle strip di Rip Kirby) arricchisce le atmosfere con un personalissimo tratteggio evocando una dimensione notturna misteriosa e insidiosa.


L’influenza del fumetto nordamericano è evidente, oltre che nello stile grafico, anche nella narrazione. Sebbene gli episodi di Cayena si sviluppassero su tre pagine a numero, l’economia della storia sembra accettare il limite delle strisce quotidiane sulle quali il fumetto d’avventura si era sviluppato negli anni trenta, con non più di cinque vignette al giorno.

Si tratta di un’economia che ha il suo punto di forza nella estrema leggibilità. Un modo di raccontare enunciativo che procede attraverso momenti chiave che presentano il conflitto, lo sviluppano e lo risolvono facendo avanzare l’azione. Tutto il necessario, e niente di più del necessario, viene mostrato per la comprensione di ogni sequenza. Il contrario di quanto accade nel fumetto odierno.

 

Sherlock Time di Oesterheld e Breccia

Sherlock Time è la prima collaborazione tra il più grande sceneggiatore argentino e il più grande disegnatore argentino (sia pure uruguaiano di nascita): Alberto Breccia. Su Hora Cero Semanal, Sherlock Time appare per la prima volta sul n. 86 il 22 aprile del 1959, ma il personaggio era nato qualche mese prima sulla rivista Hora Cero Extra.

Sherlock Time si situa a cavallo tra i generi della fantascienza e del mystery, senza mai abbandonare, con il suo senso di giusizia, l’aspra critica politica che a quei tempi era da considerare un attacco al regime argentino.

Sul n. 89 di Hora Cero Semanal prende il via una delle più belle avventure di Sherlock Time, intitolata “Tre occhi”. Si tratta di una tipica storia dell’orrore con riferimenti a film come La Cosa (naturalmente nella prima versione di Hawks e Nyby), e curiose somiglianze con il successivo Alien di Scott. È anche l’unico episodio lungo di Sherlock Time.

Se sfruttiamo l’analogia con il personaggio di Conan Doyle, dal quale riprende il nome, potremmo dire che questa storia sta a Sherlock Time come “Il mastino dei Baskerville” sta a Sherlock Holmes. Un misterioso personaggio assegna un caso al detective, che decide di intervenire personalmente portando il suo migliore amico.

La storia è caratterizzata dalla paura e dal mistero. La paura è quella dall’agorafobia, la paura degli spazi aperti, in questo caso le immense distese di ghiaccio dell’Antartide. Il mistero è rappresentato dalla cadenzata ripetizione della frase “tre occhi”, pronunciata dagli unici sopravvissuti di una spedizione scientifica e, successivamente, dal compagno terrorizzato del protagonista.
Quando poi alla fine ci troviamo alla presenza del mostro alieno dai tre occhi il terrore prende forma.

Possiamo forse fare un confronto tra due grandissimi disegnatori molto distanti tra loro: Alberto Breccia e Jack Kirby. Tutti e due si trovarono nello stesso periodo a disegnare mostri, Breccia sulle pagine di Hora Cero Semanal e Kirby sugli albi della Atlas.
I mostri di Kirby, per quanto orribili possano apparire, mantengono sempre qualcosa di umano, come diventerà evidente con la creazione di Hulk e della Cosa. I mostri di Breccia sembrano invece provenire dal profondo, quasi fossero materializzazioni dei peggiori pensieri nascosti nell’inconscio.
Concreti quelli del primo, onirici quelli dell’altro.

Hora Cero Semanal chiude nel novembre del 1959 insieme all’età d’oro del fumetto argentino. Una fioritura di talenti senza eguali, come può accadere solo per una serie di fortunate coincidenze.

L’ingresso massiccio in Argentina di riviste di fumetti messicane a poco prezzo, comprese le traduzioni dei supereroi americani, la diffusione sempre più massiccia della televisione e il trasferimento in Europa (dove erano pagati meglio) di alcuni dei principali protagonisti, furono alcuni dei motivi che fecereo tramontare quella irripetibile stagione.

Anche se certo il fumetto argentino non scomparirà tanto presto, grazie soprattutto ai diffusi albi delle edizioni Columba e delle edizioni Record. Quello che si perderà sarà soprattutto il fumetto di alta qualità a causa dell’insuccesso de L’Editorial Frontera dei fratelli Oesterheld e dell’abbandono degli albi a fumetti dell’Abril di Cesare Civita, che si indirizzerà sempre di più sui periodici, come i lucrosi settimanali femminili.

Nella seconda metà degli anni settanta Cesare Civita, indotto dalla dittatura di Jorge Rafael Videla a vendere le proprie pubblicazioni, si trasferirà in Brasile dal fratello, anche lui editore. Mentre Hector German Oesterheld, dopo aver continuato l’attività di sceneggiatore sempre con minore passione, si prodiga nell’attività politica nel discusso gruppo dei montoneros, finché verrà arrestato e fatto scomparire dalla dittatura di Videla.

 

 

2 commenti

  1. Sicuro che Del Castillo usasse il pennino? Non mi risulta.

    • Ho sentito dire anche io che ai tempi di Kendall usava un pennello dalla punta piccolissima ( un n. 1) però le opere successive, nelle descrizioni fatte sui siti che le vendono le danno eseguite con pennino e china.

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