GLI ANNI SETTANTA ERANO IL TOP? – LA POSTA

Che palle gli anni settanta
Gentile direttore,
cosa rimpiange di ciò che era “pop” negli anni settanta e che oggi non lo è più?
Eugenio Marica
Gentile Eugenio,
la sua domanda è insieme bizzarra e intrigante. La mia risposta, invece, sarà deludente.
Negli anni settanta il fumetto americano era praticamente morto (resusciterà nel decennio successivo) e il fumetto francese era in piena crisi con il declino dei grandi settimanali. Solo il fumetto giapponese era in fase creativa, ma i manga in Italia non arrivavano.
E il fumetto italiano degli anni settanta?
In realtà il decennio aureo del fumetto, anche se più povero, è stato quello degli anni sessanta. Con Kriminal e Satanik di Max Bunker (Luciano Secchi) e Magnus; Zagor di Guido Nolitta (Sergio Bonelli) e Gallieno Ferri; e Paperino di Guido Martina, sceneggiatore che nel decennio successivo verrà sostanzialmente emarginato. E con il lancio di nuove riviste sofisticate (anche troppo) come Linus.
Quali erano i fumetti che caratterizzarono gli anni settanta, invece? I vendutissimi Intrepido, Il Monello e gli altri cloni settimanali. Gli innumerevoli tascabili porno. I fumetti per bambini tipo Braccio di Ferro. Il declinante Corriere dei Ragazzi.
Insomma, anche se non si possono dividere questi due decenni con l’accetta, credo che in Italia la creatività nel fumetto fosse soprattutto negli anni sessanta, dei quali i settanta rappresentano un’appendice qualitativamente modesta anche se quantitavamente massiccia e fortunatissima dal punto di vista delle diffusioni.
Poi, negli anni ottanta, il fumetto entra irreversibilmente in crisi a causa della televisione, anche perché ormai ha ben poco di interessante da offrire.
Lo stesso accade per il cinema italiano: i grigi anni settanta non reggono il confronto con i fantasiosi anni sessanta. Cosa c’era di tipicamente italiano, al cinema?
Le “commedie sexy” con Edwige Fenech? Non ho mai resistito più di tre minuti alla visione. Idem per i “poliziotteschi” e i vari filmetti alla Celentano. Profondo Rosso di Dario Argento rimase un’occasione perduta, dato il rapido trasformarsi del thriller all’italiana in generico splatter.
Va bene, per i fumetti negli anni settanta c’era Andrea Pazienza (Corto Maltese è dei sessanta), che in un certo senso era un prodotto dei sessanta: Magnus più Jacovitti. Di buono c’era pure Ken Parker di Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo. Insomma, lo spirito dei settanta in chiave romantica di Berardi e in stile antiromantico alla Kriminal di Pazienza.
La clamorosa novità, piuttosto, è stata l’uscita nel 1970 dei fumetti Marvel, che però non contano perché realizzati in America (e nel decennio precedente).
In fin dei conti gli anni settanta sono stati solo un grande spreco, perché a un pubblico finalmente acculturato e in grado di spendere, disponibilissimo a leggere qualunque cosa, si sono offerti prodotti generalmente mediocri.
Ricordando Ade Capone
Egregio Direttore,
leggendo tra i commenti della Sua rubrica, ho notato la definizione “action tamarro” in riferimento a Lazarus Ledd. Un mio amico a suo tempo lo descriveva come “quello che indaga sui furti di autoradio”. A me invece non dispiaceva, anzi.
Certo, non tutte le storie erano memorabili (personalmente ho sempre digerito poco quelle medievali dell’ordine di san Giorgio), però ha avuto il pregio di essere un bonellide di una certa qualità e anche piuttosto longevo, senza troppe scopiazzature spacciate per citazioni.
Anche i disegni di alcuni episodi erano ottimi, tant’è che la serie è stata un trampolino di lancio per diversi disegnatori che in seguito hanno avuto fortuna presso case editrici blasonate in Italia e all’estero.
Di Lazarus Ledd ho apprezzato particolarmente gli innesti musicali e la continuity (reale e non farlocca, come capita talvolta).
Lei che opinione ha di questo fumetto? E, più in generale, del compianto Ade Capone? Probabilmente l’ha conosciuto di persona, essendo più o meno della stessa “generazione artistica/fumettistica”.
Templeton
Gentile Templeton,
non mi piacciono i fumetti alla Blade Runner e nemmeno quelli che iniziano con tanti segreti sul personaggio, “che sveleremo nelle prossime centinaia di numeri”. A parte questo, Lazarus Ledd non era male. Sicuramente un fumetto di buon livello, anche se non rientrava esattamente nei miei gusti.
Negli stessi anni, Ade Capone chiese di collaborare al mio Intrepido, e io lo accolsi con piacere.
Ricordo che volle scrivere un fumetto sulle stragi mafiose di quegli anni e Atlas, una serie di fantascienza disegnata da un Loredano Ugolini molto rifinito (come ho già detto, diverse di queste ultime storie sono rimaste inedite per disaccordi tra la casa editrice e il disegnatore).
Ritornare a Miao?
La mia generazione si è nutrita di fumetti fin dalla più tenera età e, grazie a questo, ha poi potuto apprezzare il grande fumetto per lettori maturi degli anni settanta e ottanta.
Per risollevare le sorti del fumetto, potrebbe essere utile investire sulla produzione per la fascia prescolare dei lettori? Insomma, c’è posto per un nuovo Miao?
Isidoro Mops
Gentile Isidoro,
Miao era un giornalino dal formato orizziontale, credo senza testo, rivolto, appunto, ai bambini di età prescolare. Ricordo le copertine esposte in edicola, anche se non l’ho mai sfogliato.
Non so se si debba proprio iniziare dall’età prescolare: personalmente iniziai a sei anni con Batman, quando stavo imparando a leggere, attratto da Batgirl in primo piano nella copertina. In effetti, non so neppure quanto la f*** attragga ancora i giovani d’oggi.
Come ho già detto (non faccio altro che ripetermi), sarei per prendere i bambini con la noia. Occorre privarli di ogni trastullo, dalla tv al computer, per obbligarli a vincere il conseguente tedio sfogliando un giornalino. Se poi si tratta di un bambino sano, continuerà a leggere fumetti. Altrimenti, peggio per lui.
Cosa ha stracciato J. Michael Straczynski…
Esimio Direttore:
1) Quale serie del suo Intrepido vorrebbe vedere raccolta in volume? Quella alla quale è più affezionato, ma che non ha avuto finora ristampe.
2) Sto leggendo solo adesso Midnight Nation di Straczynski. Che ne pensa? Non so se ne sia mai stato tratto un film o un serial tv, nel caso mi sembrerebbe proprio adatto.
Giuseppe Russo

Gentile Giuseppe:
1) Le mie tre serie preferite del nuovo Intrepido sono quelle a cui ho dato più spazio nella rivista.
Sprayliz di Luca Enoch, che ha poi avuto varie ristampe in volume. Esp di Michelangelo La Neve, disegnata da Giancarlo Caracuzzo, Mario Alberti e altri. E Billiband di Giuseppe De Nardo, disegnata da Bruno Brindisi, Luca Vannini e altri.
Ecco, anche Esp e Billiband meriterebbero senz’altro ristampe in volume, se non ne hanno già avute.
2) Midnight Nation di J. Michael Straczynski e Gary Frank era una delle tante imitiazioni di Watchmen di Alan Moore. Nel suo genere non mi parve tanto male.
Purtroppo non dispiacque neppure alla Marvel, che mise Straczynski ai testi dell’Uomo Ragno, portando il personaggio alla rovina, nella quale versa tutt’oggi anche “grazie” agli sceneggiatori che si sono succeduti.
Del resto, Straczynski ha distrutto qualunque personaggio abbia toccato: evidentemente non li conosceva e quindi non sapeva come gestirli. La sua voglia di fare lo sborone, cambiando le carte in tavola, ha fatto il resto. E ha fatto scuola, dato che il suo stile menoso è oggi ampiamente utilizzato.
Alla fine ho maturato tanta avversione nei suoi confronti che non sono più in grado di valutare nemmeno Midnight Nation.
Le nuove serie di Generale Willer e Mefisto
Caro Direttore,
mi pare che le ultime pubblicazioni della Bonelli scarseggino di fantasia, dopo l’esplosione di personaggi e di formati negli anni scorsi.
A cosa è dovuta questa stagnazione?
Chiara
Gentile Chiara,
la Bonelli, invece di lanciare nuovi personaggi popolari dopo l’annunciato flop dei personaggi per intellettuali, ha deciso di spremere fino all’inverosimile i fumetti avventurosi già in suo possesso con serie parallele e numeri speciali.
Allora, su questa falsariga, io proporrei una serie da intitolare Generale Willer, dove il settantenne Tex (anche se rispettosamente non verrà mai chiamato con il nome di battesimo) combatte a cavallo durante la Prima guerra mondiale.
Non solo, propongo anche l’albo di Mefisto, ambientato alcuni anni prima delle attuali avventure di Tex… una specie di Diabolik western non ancora diventato mago vero e proprio.
Argentini brillanti
Gentile Direttore, salve.
Oltre a Bruno Bianco e Loco Chavez (che ho amato molto e su cui mi piacerebbe ricevere un Suo parere), quali altre serie dal taglio realistico/brillante vale la pena recuperare, secondo lei?
Enrico Farnedi
Gentile Enrico,
quando dico di rimpiangere i fumetti brillanti forse vengo equivocato.
Per “brillante” non intendo la commedia vera e propria, genere nel quale ricadono in qualche modo Loco Chavez e Bruno Bianco, due fumetti argentini ottimamente disegnati da Horacio Altuna ed Ernesto Garcia Seijas. Mentre lo sceneggiatore Carlos Trillo l’ho sempre trovato volentoroso, ma inconcludente.
A me pare che, per quanto “nere”, siano brillanti anche le storie di Kriminal, uno dei miei fumetti preferiti sul quale ho scritto un mitologico articolo da leggere QUI. Mentre Alan Ford, sempre di Bunker e Magnus, è semplicemente comico.
Divulgatori di alto profilo
Pregiatissimo Direttore,
chi è il divulgatore che ha fatto di più per il mondo del fumetto?
Quale giornalista, o autore di saggi, è riuscito a promovuore il fumetto presso il grande pubblico?
Davide
Intende a parte me, gentile Davide?
Diciamo gli intellettuali della generazione di Elio Vittorini, Umberto Eco e Oreste Del Buono.
Uomini che orbitavano intorno al Partito comunista, anche se non erano necessariamente comunisti, o comunque non in senso ortodosso.
Elio Vittorini apprezzava i fumetti come conseguenza del suo filoamericanismo culturale. Umberto Eco e Oreste Del Buono ci aggungevano una gioventù legata alle grandi pagine dell’Avventuroso e del Vittorioso.
Vittorini aveva cominciato a parlarne sul periodico Il Politecnico, che aveva fondato nel 1945, facendo arrabbiare il tradizionalista Palmiro Togliatti, segretario del Pci, il quale mal sopportava le “americanate” popolari.
Ma lo “sdoganamento”, per usare una brutta espressione in voga, comincia ad avvenire solo dagli anni sessanta, soprattutto grazie al gruppo di Linus, al quale appartenevano sin dall’inizio Eco e Del Buono. E dalle prime manifestazioni del fumetto, come quella di Lucca, che al tempo erano più “colte” di oggi.
Una cosa che mi sono dimenticato di chiedere a Oreste Del Buono, quando era direttore di Linus, è: dove diavolo leggevano i fumetti americani che prima recensivano e poi pubblicavano? La risposta che mi do è che li seguissero nella ricca paginona di strip dell’unico quotidiano americano stampato in Europa, l’Herald Tribune.
Questi intellettuali hanno fatto scoprire il fumetto solo al pubblico colto, quello che nell’infanzia se l’era visto proibire dai genitori snob, perché il grande pubblico lo aveva già scoperto da tempo per proprio conto.
Il ruolo di Vittorini, Eco e Del Buono, quindi, è stato quello di rendere il fumetto non più sinonimo di semianalfabetismo.
Comunque il processo non è stato certo rapido, si è compiuto nei decenni.

Sauro Pennacchioli
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Che cosa leggeva da bimbo e da ragazzo Oreste del Buono in fatto di fumetti? Mah? Del Buono era coetaneo di Jacovitti, classe 1923! Quando aveva 7 anni , nel 1930 di fumetti in Italia c’era poco, poi iniziarono JUmbo e il “Topolino” giornale di Nerbini ,”L’Avventuroso” con gli eroi americani delle strips rimontatea volte anche a colori e le Daily come Mandrake e Phantom: ne parla diffusamente Leonardo Gori sul “Giornale Pop”. Del Buono sul numero 1 di “Linus” nel colloquio a tre con Vittorini e Eco( due pezzi grossi ma non tanto simpatici e a volte troppo eruditi) di Gordon traccia un giudizio negativo non mettendosi nei panni di un ragazzino di fronte ai tavoloni di Raymond in rapida evoluzione dal punto grafico e con testi “domenicali” in origine, rimontati e colorati da Nerbini in modo ,anche casualmente, espressivi e con molte suggestioni! Non parla Del BUono -dei tre quello che di fumetti forse ne conosce meglio la storia- dell’evoluzione di “Topolino ” giornale, con il passaggio al “ladrone” in camicia nera Mondadori e con l’evoluzione del fumetto italiano che se non nasce qui, qui si sviluppa con disegnatori quali Albertarelli, un poco MOlino, Scolari, Canale, Paparella, in parte Caesar e Caprioli poi emigrati sul “Vittorioso”: peccato che Leonardo Gori su “Giornale Pop” non termina l’analisi di “Topolino” giornale e i suoi contenuti Italiani di disegnatori e scrittori, Pedrocchi, Gentilini, Martina eccetera, poi, se volete, includiamo lo strampalato futuro regista che voi tuttti eruditi del fumetto conoscete!! Gori ha scritto che su “Topolino” giornale rimane ancora molto da dire e scrivere! Peccato che la sua quasi promessa di intraprendere questo cammino ha dal punto della pubblicazione di grandi saggi a più mani, un ritmo decennale….
Condivido. Gli anni ’70 sono fastidiosamente sopravvalutati. E non solo per quel che riguarda il fumetto (comunque NON amo i supereroi della Marvel!). La tv era orrenda, e il cinema, se non ti adattavi a “strani” fenomeni pop alternativi spesso relativi al settore “revivals” (il boom dei film d’arti marziali del ’73, ma se non ti piaceva il genere, nisba; le megarassegne della fantascienza organizzate da Luigi Cozzi ed altri nel 1975-76; il filone catastrofico, i vari Airport e Inferni di Cristallo, che per fortuna a me piaceva abbastanza; il revival degli anni ’50 che curiosamente imperversò nei ’70 con fenomeni quali “Happy Days” o “Grease”; ecc, ecc.), ebbene ben poco ti rimaneva. Del resto anch’io non ero proprio un fan sfegatato dei generi coevi e ho sempre detestato la cosiddetta commedia erotica all’italiana (preferivo seguire i vari Emmanuelle francesi e relativi cloni, Histoire d’O, oppure Walerian Borowczyk, piuttosto che sorbirmi la Fenech o boiate simili, che per i miei gusti non trovavo né erotiche, né “divertenti”).
Guido Martina negli anni 70 era attivissimo(ciclo di paperinik su tutti ) andrà in pensione nel 1984. Solo negli ultimi 4 anni è stato poco utilizzato. Gli anni d’oro di Pazienza(zanardi, pompeo) vanno dal 1981 al 1988 ma che scrive?
Io so che c’erano tante sceneggiature sue mai utlizzate (chissà che fine hanno fatto).
Miao mi pare fosse solo in parte a fumetti, la parte rilevante erano le pagine da colorare e ritagliare; ma non so se mi confondo con altri giornali; i suoi fumetti li trovavo troppo semplici, noiosi come Tiramolla.e Gepppo (però è da dire che avevo cominciato a leggere, e a leggere Topolino a quattro anni), ma pasticciare con le matite faceva tirare ora di cena nei micidiali pomeriggi d’estate in campagna dalla nonna;
Miao me lo compravano quand’ero bloccato a casa con i mali di stagione. Miao, forbici e Coccoina e la mattina passava felice. Se ero fortunato e si rompeva il termometro giocavo anche con il Mercurio su un vassoio. Mi sa che il Mercurio sia velenosissimo ma all’epoca non ci si badava troppo.
P.s. Anche i fumetti argentini degli anni ’70 erano un bel vedere su i settimanali Eura.
Sul cinema anni ’70 concordo ; a parte qualche cult tipo “…altrimenti ci arrabbiamo !”, “La casa dalle finestre che ridono” e una manciata di altri titoli mi è sempre sembrato povero, sciatto ( anche certi spaghetti western del decennio precedente non scherzavano, però ), triste anche quando voleva essere ridanciano.
Dissento invece con chi trova brutta la televisione del periodo, che invece secondo me era bellissima, con eccellenti sceneggiati, varietà, telefilm, programmi per bambini…e ci metto persino le pubblicità !
Non obiettò l’opinione di un autore che regolarmente seguo attraverso questo sito , per me il più interessante sui fumetti , però per me , bambino e poi ragazzino nei 70 , quel decennio è stato formidabile anche per i fumetti dell’Eura , per la la continuità qualitativa dello Zagor , del Tex e dei personaggi di Magnus ,Silver e Bonvi e trovo sottostimata l’importanza nel panorama fumettistico di Alan Ford e di alcuni erotici fra il grottesco e il comico . Albi e personaggi che , per vari motivi, in molti casi sono presenti in edicola ancora oggi. Cordiali saluti
Mah, per me non c’è bisogno di proibire altri passatempi e media ai bambini per far amare a loro i fumetti, basta che il fumetto offra cose diverse da quelle degli altri media (diversi contenuti, stili, punti di vista…). E poi se un bambino guarda uno youtuber che poi fa un fumetto c’è l’effetto traino…
Oltre a quanto è stato ricordato a proposito di Andrea Pazienza (evidentemente influenzato soprattutto dallo sperimentalismo grafico-narrativo del Moebius del Garage Ermetico: cioè dal meglio dell’avanguardia BD del periodo), menzionerei il fumetto underground post ’77 con particolare riferimento al gruppo del Cannibale (Scòzzari, Liberatore, Mattioli, Tamburini) che negli ’80 sarà protagonista dell’esperienza postmoderna di Frigidaire, con ben altra fortuna anche di vendite. Agli anni ’70 della prima Repubblica appartiene in pieno anche la rivista (in gran parte a fumetti) dei satirici “cani sciolti” del Male (Pino Zac, Vincino, ecc., ma con frequenti collaborazioni di Pazienza e altri del Cannibale, che ne fu supplemento), indimenticabile successo editoriale di fine decennio. Aggiungo questo solo per completare il quadro.
La definizione di Pazienza come un prodotto delle influenze degli autori citati mi sembra alquanto riduttiva. Ben più decisiva è stata per Paz la suggestione dello sperimentalismo grafico-narrativo del Moebius del Garage Ermetico, cioè del meglio avanguardia concettuale del decennio ’70.
Concordo pienamente con Clod60 su Moebius del “garage ermetico”, la sperimetazione attraverso una sorta di disegno automatico , al livello della stessa scrittura automatica di buona memoria.
A mio avviso Max Bunker, Nolitta, Hugo Pratt e anche Guido Martina hanno dato il meglio negli anni ’70. Così come Berardi/Parker, sebbene nato a metà anni ’70, sia diventato genio e poesia solo nel decennio successivo. P. S. Sono d’accordissimo su Straczynsky, decisamente sopravvalutato.