GENE COLAN DISEGNA DEVIL

History is littered with hundreds of conflicts over the future of a community, group, location or business that were “resolved” when one of the parties stepped ahead and destroyed what was there. With the original point of contention destroyed, the debates would fall to the wayside. Archive Team believes that by duplicated condemned data, the conversation and debate can continue, as well as the richness and insight gained by keeping the materials. Our projects have ranged in size from a single volunteer downloading the data to a small-but-critical site, to over 100 volunteers stepping forward to acquire terabytes of user-created data to save for future generations. The main site for Archive Team is atarchiveteam.organd contains up to the date information on various projects, manifestos, plans and walkthroughs. This collection contains the output of many Archive Team projects, both ongoing and completed. 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Tra i tanti supereroi con superproblemi, la felice intuizione di Stan Lee che contribuì a fare la fortuna della Marvel, Devil, nato nel 1964, ha pochi superpoteri e decisamente molti superproblemi.Questo squilibrio di base allungò a dismisura il processo necessario affinché il personaggio acquisisse una precisa identità, che a ben vedere si concluse soltanto con l’avvento ai testi e ai disegni diFrank Miller. A un quindicennio di distanza dalle origini. Tuttavia non mancarono in questo periodo albi di una certa rilevanza, che sono rimasti nella memoria dei lettori e vengono letti ancora oggi.Per esempio,il breve ciclo diWally Wooddel 1964-1965 e, naturalmente, quello ben più corposo diGene Colan, che prende il via nel 1966. Colan era tornato daStan Leel’anno prima. Su Tales to Astonish n. 70, dell’agosto 1965, facendo seguito alle insistenze dei lettori, Lee aveva dato una nuova serie autonoma a Namor il Sub-Mariner, dopo la chiusura della precedente avvenuta una decennio prima.Sub-Mariner era stato creato nel 1939 daBill Everett, autore che, peraltro, aveva disegnato (e co-sceneggiato) anche il primo numero di Devil. Ai testi della nuova serie c’era naturalmente Stan Lee, e ai disegni, cui nemmenoVince Collettacon i suoi inchiostri sghembi riusciva a togliere magnificenza, un mostro del fumetto che nessuno conosceva, un certoAdam Austin.Lo pseudonimo l’aveva pensato Stan Lee, che amava inventare nomi e cognomi con la stessa lettera (Peter Parker, Matt Murdock…), per permettere a Colan di lavorare alla Marvel quando ancora era sotto contratto della concorrente Dc Comics. A un certo punto Lee offrì a Colan cinque dollari a tavola in più per avere l’esclusiva e l’ottenne. Dal n. 77 il disegnatore nato nel Bronx in una famiglia ebraica cominciò a firmarsi con il proprio vero nome. Alla Marvel in quegli anni non si poteva stare tranquilli. Nel luglio del 1966 usciva l’ultimo numero dell’Uomo Ragno disegnato daSteve Ditko, che aveva appena lasciato la casa delle idee sbattendo la porta.Stan Lee chiese a un recalcitranteJohn Romita, che in quel periodo stava disegnando Devil, di sostituirlo sulle pagine dell’arrampicamuri. Devil, alias l’avvocato ciecoMatt Murdock, rimase quindi senza disegnatore. Nell’agosto del 1966 Gene Colan firmò il suo ultimo numero di Namor e dal settembre successivo iniziò a dedicarsi a Devil. Per comodità, nell’analizzare i sei anni in cui ilDecano(questo il soprannome datogli da Stan Lee), si dedicò a Devil abbiamo diviso questo periodo in tre parti, approfittando delle due piccole interruzioni durante le quali Gene Colan si occupò di altro. IlSorridente, questo era invece il soprannome che Lee si era dato da solo, scrive le storie dei primi50 numeridi Devil.Bisogna riconoscergli alcuni meriti. Innanzitutto le molte lettere che la Marvel ricevette da parte di persone associate a organizzazioni che aiutano le persone con handicap, in particolare i ciechi. Per quanto probabilmente l’idea della cecità proveniva da Bill Everett, che aveva una figlia con questo problema. Le lettere raccontavano della calda accoglienza riservata alle avventure di Daredevil dai lettori disabili, i quali sentivano di aver finalmente trovato un eroe che li aiutava a rafforzare la propria autostima. In seconda battuta vengono i titoli. Erano quasi sempre insoliti, drammatici e avvincenti. Si passa da “Devil muore per primo” a “Il nome del gioco è caos”. Da “Non guardare ora, ma è il dottor Destino!” a “La prigione vivente!”. Stan Lee per Devil inventò, insieme ai disegnatori, una galleria di cattivi variopinti. Il brutale Gladiatore, l’enigmatico Marauder, l’improbabile Stilt-Man e il diabolico Jester. Tutti assurdi, ma immediatamente riconoscibili. Anche i dialoghi che Lee mette in bocca a Devil sono tra i più strani e divertenti dell’universo supereroistico. Capaci di rivaleggiare con quelli dell’Uomo Ragno. Infine, sul n. 25 di Daredevil appare all’improvviso una delle trovate più bizzarre della Silver age:Mike Murdock, il pittoresco fratello gemello di Matt… interpretato da lui stesso!Matt Murdock finge che Devil sia in realtà suo fratello Mike per allontanare i sospetti da se stesso. Le complicazioni che seguono degne di un autore a cui piace flirtare con l’assurdamente improbabile, quando non con l’impossibile.Anche se Mike Murdock verrà poi tolto di mezzo e dimenticato: alcuni auotori successivi, come Frank Miller, lo ricorderanno nelle interviste con non celato imbarazzo dichiarando che per loro è come se non fosse mai esistito. Il Decano disegna un primo ciclo di circa 30 numeri, che va dal 20 al 49, dove viene inchiostrato principalmente da Frank Giacoia e John Tartaglione.Gene Colan, da appassionato di cinema, è forse il più cinematografico tra i disegnatori Marvel della Silver age. Lui stesso individua le pellicole come una delle sue principali fonti di ispirazione.“Ho preso nota, in particolare, di come i vari registi utilizzassero luci e ombre. Questi due elementi hanno aggiunto il dramma a ogni storia e quella profondità extra alla magia Marvel. La Silver age è stata un momento cruciale nell’evoluzione dello storytelling per tutti noi illustratori di fumetti. Se solo avessi potuto aggiungere anche il suono… non pensare che non ci abbia provato!”. Gene Colan era anche il più “cinematico” tra gli artisti della casa delle idee, forse sotto questo profilo dava dei punti persino a Jack Kirby. Devil diventò la testata dove era possibile ammirare i salti e le capriole più spericolati dell’epoca.Colan puntò molto sull’aspetto acrobatico del personaggio, concentrandosi su inquadrature e coreografie, distorcendo, comprimendo e dilatando ogni muscolo e ogni segmento anatomico con l’unico scopo di coinvolgere il più possibile i lettori nell’azione. Il malinconico tratto chiaroscurale di Gene Colan aggiunse al personaggio uno spessore particolare. Invece il ritmo narrativo non era esattamente il suo punto di forza.Aveva l’abitudine di partire alla grande, disegnando pagine mozzafiato di una o due grandi vignette per poi rendersi conto solo verso metà storia che avrebbe dovuto comprimere il resto dell’episodio nelle pagine finali. Devil n. 47 –Brother take my handSi tratta di una delle storie più belle di Devil. Stan Lee ai suoi livelli più alti, quando ancora riusciva a fare di un albetto di 20 pagine un capolavoro.Siamo nel periodo più critico dellaguerra del Vietnam, a pochi mesi dall’offensiva del Tet. Quando Lee e Colan progettarono questa storia, nell’estate del 1968, i sondaggi all’opinione pubblica indicavano che più della metà della popolazione Usa era ormai contro la guerra. Per la Marvel non erano più i tempi dell’anticomunismo della prima metà degli anni sessanta. Se il nuovo atteggiamento che Lee mette rappresenti un vero cambiamento di opinione o un adattamento calcolato all’umore del suo pubblico, o una combinazione di entrambi, in questa sede non ha importanza.Sta di fatto che su queste pagine il Sorridente, attingendo a tutta la sua capacità retorica, confeziona una condanna senza appello a questa e a tutte le guerre. “Guerra! La manifestazione più brutale, più idiota, più ripugnante, di tutto ciò che non c’è di sbagliato nell’umanità! E sono sempre i più giovani, i migliori a pagare il prezzo più alto! Il mondo non sarà mai in grado di ripagare il debito che ha nei confronti degli innumerevoli Willie Lincoln che hanno offerto tutta la loro lealtà e devozione!”.Daredevil n. 47 è una storia unica che, facendo a meno di supercriminali in costume, tratta in modo significativo alcuni argomenti abbastanza insoliti per un fumetto del 1968: la guerra del Vietnam, le disabilità fisiche e la diseguaglianza razziale, senza per questo rinunciare ad essere un comic book. Potenza della Marvel di allora. Da un punto di vista grafico Colan è ai suoi livelli massimi. Amava disegnare soldati e qui ne ha l’opportunità. Gli stavano a cuore i diritti civili e qui si parla del problema del reinserimento nella società dei reduci di guerra.Amava anche disegnare gliafroamericani, i loro problemi e la loro umanità.“Ho sempre trovato le loro caratteristiche interessanti per la forza, lo spirito e la saggezza scritti sui loro volti”, dice Colan che l’anno successivo darà vita all’eroe neroFalconsulle pagine di Capitan America. Quando Gene Colan tornò su Devil n. 53, dopo essere stato assente per tre numeri, al posto di Stan Lee trovòRoy Thomas.Colan si era abituato a costruire una storia a partire dalle minimali indicazioni del Sorridente date a voce o telefonicamente, magari davanti a un sandwich e a un caffè. Con Thomas le cose cambiarono. Thomas scriveva.Anche se, benché scritte, i soggetti continuarono a essere poco più che sintetici spunti dai quali partire per sviluppare una storia compiuta di una ventina di pagine. Se il Decano non seguiva ogni riga scritta da Thomas e non rispettava la scenggiatura esattamente come scritta, il numero due della Marvel non se la prendeva più di tanto.Spesso succedeva che Gene Colan piegasse lo storytelling alle proprie esigenze di rappresentazione grafica. In pratica, le storie venivano costruite sulla base di ciò che il Decano preferiva disegnare. Comunque, alla fine, i dialoghi di Thomas riuscivano sempre a salvare la situazione.La galleria di cattivi inventati da Roy Thomas non è memorabile. Stunt-Master, ricavato sul famoso centauro Evel Knievel, forse è il più caratteristico.Il merito maggiore della gestione Thomas è stato quello di aver iniziato a costruire una identità autonoma a un personaggio di cui Lee aveva fatto un clone dell’Uomo Ragno un po’ più vecchio e raffinato. Con Thomas iniziano a comparire le atmosfere cupe e le note malinconiche che troveranno il loro compimento con Frank Miller. I numeri 50, 51 e 52 di Devil vennero disegnati da un ancora acerbo, ma promettente,Barry Smith, mentre Colan era stato dirottato sui Vendicatori.L’esperimento non ebbe seguito e con il n. 53 le matite ritornarono al Decano. Da questo numero in avanti il lavoro di Colan si fa squisito e pieno di sottigliezze, nonostante le chine passino al legnosoSyd Shores. “Ho incontrato molte persone alla Marvel che mi hanno aiutato moltissimo, ma Syd Shores mi ha aiutato più di chiunque altro”, ha detto Gene ricordando i tempi dellaAtlas.“Le cose che non sapevo e che mi ha insegnato erano incredibili. Ho adorato il suo lavoro. Era assolutamente spontaneo: riusciva a tirare fuori cavalli o qualsiasi altra cosa senza bisogno di riferimenti fotografici. Se avessi avuto problemi a disegnare una figura, mi avrebbe mostrato in due secondi cosa fare per sistemarla”. Nonostante gli entusiasmi di Colan, il riformarsi della coppia a due decenni di distanza non diede i risultati sperati.Il ripasso a china preciso e definito di Shores faceva a pugni con le matite selvagge e impressioniste del Decano. L’impressione generale è quella di un eccessiva pulizia del tratto, che finisce per smorzare l’espressivita e la vitalità del segno di Colan. Per fortuna nemmeno Shores può ingabbiare la resa del movimento da parte di Colan, che in questa fase è pazzesca. A differenza di Kirby, che proiettava le sue figure avanti e verso dietro in modo che sembravano uscire dalla pagina, le figure di Gene sembrano cariche di un’enorme energia repressa.Allo stesso modo diFrank Frazetta, Colan preferisce catturare la scena un attimo prima del punto di massima azione, per infondere una sensazione di energia trattenuta che la rende unica e avvincente. Devil n. 65 –The Killing of Brother BrimstoneQuesto storia enigmatica e tenebrosa, che ricorda i grandi film noir degli anni quaranta, non è una storia di supereroi.Devil, che non possiede grandi superpoteri salvo il “senso radar” che gli permette di “vedere” pur essendo cieco, permette agli autori di giocare su un doppio registro.A volte ci sono episodi che lo vedono opporsi al supercriminale di turno in uno scontro che spesso è impari, possedendo l’antagonista poteri superiori all’eroe. Altre volte ci sono episodi dove Devil si oppone ad avversari senza superpoteri come in un fumetto non supereroistico. Questo episodio privo di supercriminali permette di osservare da vicino il particolare metodo di lavoro di Roy Thomas.Allo sceneggiatore del Missouri piaceva prendere spunto da romanzi o da film e mescolarli insieme per ottenere qualcosa di nuovo. Gli spunti alla base di questa storia sono due.Il primo è la serie gotica televisivaDark Shadows, di cui Thomas era un accanito spettatore, principalmente a causa del vampiro Barnabas Collins, interpretato da Jonathan Frid, che aveva un aspetto davvero tenebroso. “In effetti, nei giorni in cui scrivevo a casa invece che negli uffici della Marvel, allo staff (tranne a Stan, ovviamente!) era proibito telefonarmi tra le 16:00 e le 16:30, quando il telefilm andava in onda”, ricorda Thomas.Il secondo spunto è il film di Robert Aldrich del 1968L’assassino di Sister George, che narra come la vita di un’attrice di soap opera aveva iniziato a sgretolarsi quando il sospetto che la produzione volesse cancellare il suo personaggio dalla serie si era insinuato nella sua mente.