FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY HA TROPPA ROBA

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Suppongo che la scrittriceMaryShelley(1797-1851) non immaginasse neanche lontanamente che con il suo romanzo avrebbe dato vita a unmarchioancora remunerativo duecento anni dopo. Il registaKenneth Branaghè solo uno dei tanti che ha provato a sfruttare questa specie di specchio distorto della condizione umana. È un’esplorazione avveniristica del nostro bisogno di stranezze, raccontata da una ragazzina di appena diciannove anni due secoli fa. La cosa strana sta nel fatto che, nel raccontare di Frankenstein, Branagh ha dato vita a una specie di creatura tutta sua. Sì,Frankenstein o il moderno Prometeovenne scritto da Mary Shelley, e fin qui, d’accordo. Tuttavia, il titolo comeFrankenstein di Mary Shelleynecessita di una breve parentesi esplicativa. Allora,Frankenstein di Mary Shelleyè stato prodotto daFrancis Ford Coppola, due anni dopo il suo famosoDracula di Bram Stoker. Questi due film, insieme ai successiviWolf – La belva è fuoriconJack NicholsoneMary ReillyconJohn Malkovich, fanno tutti parte di un unico progetto. Ovvero una serie di film d’autore che, su carta, avrebbero dovuto riportare in auge i mostri dell’orrore gotico. Inizialmente anche il film su Frankenstein lo avrebbe dovuto dirigere lo stesso Coppola, che poi fece un passo indietro lasciando la regia a Kenneth Branagh. In seguito Coppola si disse pentito di averlo fatto, siccome durante le riprese i due non andavano d’accordo quasi su niente. Alla fine, Coppola insistette per tagliare la prima mezz’ora del film, mentre Branagh non ci pensava nemmeno. Quindi Coppola contestò pubblicamente il film senza mezzi termini. Come se non bastasse, pureFrank Darabont, lo sceneggiatore, ci mise del suo. A proposito diFrankenstein di Mary Shelley, Darabont disse:“La migliore sceneggiatura che io abbia mai scritto e il peggior film che abbia mai visto”. Secondo lui Kenneth Branagh aveva gestito male il progetto. Un’altra bella sassata, a tradimento, Branagh se la prese daChristopher Lee. Anche se maggiormente ricordato come Dracula, Lee ha interpretato pure la creatura inLa maledizione di Frankensteindel 1957. Venne invitato alla première del film e gli chiesero un parere sulle differenze tra la sua dell’epoca e la versione di Branagh, Lee disse semplicemente:“Circa quarant’anni e quaranta milioni di dollari”. PraticamenteFrankenstein di Mary Shelleysembrava non finire mai di farsi rampognare, più o meno, da tutti. Metti pure che in patria fu un bello schifo al botteghino: costato circa quarantacinque milioni di dollari, ne incassò poco più di venti. Furono i novanta milioni albox officeinternazionale a salvarlo dal fiasco totale. A questo punto la domanda è lecita: Kenneth Branagh e il suoFrankenstein di Mary Shelleyse li sono davvero meritati tutti questi biasimi? Eh… in buona parte, assolutamente sì.Il fatto è che il mostro, la creatura di Frankenstein è sempre stato il vero soggetto della storia. Una storia che, del resto, si apre a raggiera su una pletora di temi e argomenti. Tratta della paternità e del concetto di vita e morte. Dell’arroganza dell’uomo rispetto alla natura e, finanche, dell’amore nelle sue varie forme. Kenneth Branagh l’ha capito più che bene e nel suo film c’è tutto questo e pure di più. Breve parentesi: mentre veniva girato Dracula,Mike Mignola(l’autore diHellboy) si occupava dellanovelizationa fumetti. Coppola era così affascinato dai disegni che li prese a modello per le scenografie del film. Invece, l’approccio stilistico perFrankenstein di Mary Shelleyviene dal lavoro di un altro fumettista,Bernie Wrightson. A coinvolgere Wrightson nel progetto fu Frank Darabont, lo sceneggiatore del film. Il quale mostrò a Branagh le iper-dettagliatissime tavole del disegnatore che lo infognarono da morire. Lo portandolo a inserirle nello script e impostare il film su quelle suggestioni.Credo che i problemi di Frankenstein di Mary Shelley comincino proprio da qui. Non mi riferisco al coinvolgimento o al lavoro di Bernie Wrightson, eh. Piuttosto, al fatto che tutto nel Frankenstein di Branagh viene portato all’esacerbazione. Le notti buie e tempestose, i fulmini, il laboratorio, i personaggi, le loro relazioni.Tutto è… troppo esagerato. Certo, il centro del film, più tranquillo e riflessivo, contiene la vera storia: quello che c’è attorno è il problema. Solo per iniziare le riprese ci sono voluti dieci mesi di preparazione. L’intero film, a parte poche scene, è stato girato in interni. I set sono stati tra i più complicati mai creati fino ad allora. Per metterli in piedi ci sono voluti ben sette teatri di prosa, più cinque set speciali appositi. Lo sforzo è stato incredibile e, generalmente, questo è considerato l’adattamento cinematografico più fedele del romanzo di Mary Shelley. Come nel romanzo, il film si apre e conclude con la spedizione artica delCapitano Walton, ossessionato dall’idea di trovare il passaggio a nord-ovest tra Oceano Atlantico e Oceano Pacifico. A un certo punto, la nave resta intrappolata nel ghiaccio del Mar Artico e qui l’equipaggio si imbatte in un uomo che sta attraversando l’Artico da solo. Una volta a bordo, l’uomo dice di chiamarsi Victor Frankenstein e inizia a raccontare a Walton, e all’equipaggio, la storia della sua vita. Ecco, questa è la parte che Coppola voleva eliminare. È vero che sono tratti dal romanzo ma, in questo caso, prologo ed epilogo non erano necessari. Immagino siano una giustapposizione per evidenziare la differenza fra tenacia e ossessione e i rischi che questa comporta. Questo è un punto che il film continua a rimarcare più e più volte. Branagh è, in buona sostanza, un attore shakespeariano. Attaccato quasi morbosamente al melodramma, porta tutto all’iperbole. Succede anche quando non ce n’è bisogno. Gli anni novanta sono stati un periodo di transizione tecnologica, in bilico tra reali possibilità e fantasie sfrenate. Immagino sia logico il fatto cheFrankenstein di Mary Shelleysia un mezzo sfruttato da Branagh per sollevare domande morali all’epoca in cui l’ingegneria genetica veniva considerata alla stregua della magia nera. Il problema sta nel fatto che Branagh solleva una questione e, prima ancora di dare una riposta adeguata, si affretta a passare alla domanda successiva, senza mai arrivare a nessun punto. La Creatura (Robert De Niro) è,de facto, il punto fermo del film. Rispetto a tutte le creature dei film precedenti, è profondamente consapevole di ciò che è e di come appare. Sa delle proprie origini, grazie al diario di chi lo ha creato. Pensa ed elabora ragionamenti complessi. Addirittura si chiede se abbia un’anima e, nel caso, in quale parte del suo corpo dovrebbe risiedere, visto che ogni parte proviene da un individuo diverso. L’intero film si concentra su una sola domanda: il dottor Victor Frankenstein ha creato un uomo o un mostro? Sfortunatamente il film liscia di brutto il punto della questione, con Branagh che continua, melodrammaticamente, a ficcarci dentro qualunque cosa a più non posso. La creatura riportata in vita in una vasca metallica, per esempio, viene daFrankenstein. Un cortometraggio del1910prodotto dallaEdison Studios, e primo adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo. I pezzi di cadavere che Victor recupera da un criminale condannato all’ impiccagione vengono dalFrankensteindiJames Whaledel1931. Fondamentalmente, la storia della rianimazione tramite scariche elettriche è un’invenzione di Hollywood, che viene daLa moglie di Frankensteindel1935. Mary Shelley non ha mai specificato come o in che modo Victor crea/anima la Creatura. Victor che usa il cervello di un brillante scienziato, suo mentore, si trova neLa maschera di Frankensteindel1957. Sempre il mentore di Victor, che apre la strada ai suoi esperimenti, riporta in vita il braccio reciso di una scimmia. Esattamente come inFrankenstein: The True Storydel1973. Ancora, Elizabeth resuscitata solo per togliersi nuovamente la vita poco dopo, mentre Victor e la Creatura si battono per lei è quasi uguale inFrankenstein oltre le frontiere del tempodel1990. Nonostante tuttoFrankenstein di Mary Shelleysembra più fedele al romanzo originale, tanto quanto le dozzine di film che l’hanno preceduto se ne allontanano. Victor Frankenstein e la Creatura sono splendidi e perfettamente centrati così come il loro rapporto e le questioni che solleva, d’altronde. Branagh è stato preso dalla foga di voler portare tutto agli estremi in modo frenetico e maniacale, senza mai fermarsi un attimo. QuestoFrankenstein di Mary Shelleyavrebbe potuto benissimo essere il nuovo punto di riferimento per ogni film a venire. Invece, paradossalmente, si è trasformato neIl mostro di Branagh. Ciò non toglie che, nonostante tutto, toltiFrankenstein Junior,Frankensteindel 1931 eLa moglie di Frankenstein, questo resta il mio quarto film preferito di sempre sul personaggio. Ebbene, detto questo credo che sia tutto. Stay Tuned, ma soprattuttoStay Retro.