FILIPPO SCOZZARI TRA ALTI E BASSI

History is littered with hundreds of conflicts over the future of a community, group, location or business that were “resolved” when one of the parties stepped ahead and destroyed what was there. With the original point of contention destroyed, the debates would fall to the wayside. Archive Team believes that by duplicated condemned data, the conversation and debate can continue, as well as the richness and insight gained by keeping the materials. Our projects have ranged in size from a single volunteer downloading the data to a small-but-critical site, to over 100 volunteers stepping forward to acquire terabytes of user-created data to save for future generations. The main site for Archive Team is atarchiveteam.organd contains up to the date information on various projects, manifestos, plans and walkthroughs. This collection contains the output of many Archive Team projects, both ongoing and completed. Thanks to the generous providing of disk space by the Internet Archive, multi-terabyte datasets can be made available, as well as in use by theWayback Machine, providing a path back to lost websites and work. Our collection has grown to the point of having sub-collections for the type of data we acquire. If you are seeking to browse the contents of these collections, the Wayback Machine is the best first stop. Otherwise, you are free to dig into the stacks to see what you may find. The Archive Team Panic Downloadsare full pulldowns of currently extant websites, meant to serve as emergency backups for needed sites that are in danger of closing, or which will be missed dearly if suddenly lost due to hard drive crashes or server failures. Filippo Scozzariè un talento lasciato a se stesso. Non educato, non coltivato, sperperato a piene mani. A volte, quando si ricevono dei doni da madre natura, si pensa di non avere bisogno di nient’altro, si pensa di essere autosufficienti e si diventa autolesionisti. Ma tant’è.Chisseneimporta. La generazione degli indiani metropolitani aveva ambizioni tutte sue. Cambiare il mondo, come minimo. Risvegliare le menti. E chissà che altro ancora. Scozzari nasce già adulto a metà degli anni settanta sulle pagine diRe Nudo, la rivista di “controcultura giovanile” edita da Andrea Valcarenghi.La storia si intitola“Fa Male”. Fa impressione la donna stuprata che guarda dal basso i propri persecutori: i due che la stanno violentando, poi i poliziotti, il medico legale, i giornalisti, il fidanzato, il prete.I suoi personaggi gridano:“Essere diversi fa male”e l’autore a questa diversità ci tiene molto. Persino il Movimento degli anni settanta gli sta stretto. Trova gli attivisti tristi, incupiti, moscissimi. È già un bastian contrario. Lo è da sempre. Le matite sono già buone. Dove ha imparato a disegnare così? Da nessuna parte. Ci è nato. Ovviamente ha preso daWill Eisner, dal quale mutua il tratto tondeggiante, e daMagnus, del quale legge e rilegge “Omicidio al riformatorio”. Dopo di loro si toglierà il cappello solo di fronte al fenomeno Andrea Pazienza. Analizziamo la sua parabola attraverso 10 sue opere significative. “Fango” viene pubblicato su Linus n. 140 del novembre 1976. Per tanti sarebbe un punto di arrivo. Per Filippo Scozzari non è nemmeno un punto di partenza. A livello narrativo è già un drago. “Fango” si presenta come una favola ecologica. Una metafora esistenziale pervasa da un euforica malinconia. È arrivato un bombarolo a far saltare le fabbriche che con i loro fanghi di depurazione avvelenano il pianeta.La gente non si lamentava, non reagiva, non protestava. Vendeva il proprio silenzio in cambio di denaro, ma il bombarolo farà saltare gli equilibri. Come non vedere un autoritratto dell’autore, in questa figura di irriducibile ribelle? Il tutto è espresso con una voce già personale. Il tratto sembra cantare. I giochi di pennello ricordano Will Eisner, ma l’insieme è inedito. L’intera storia del fumetto sembra risuonare nelle vignette di questo dotato esordiente. Carl Barks, Robert Crumb, Vaughn Bode, tutti digeriti e reinterpretati. Con“Il fantasma delle fonderie”, uscito su Linus n. 145 nel 1977, Filippo Scozzari mira ancora più in alto. In sole sette tavole l’artista bolognese crea un personaggio di sicura presa, surreale e stravagante, come i tempi richiedevano. Ma anche duro e disilluso, come nella miglior tradizione hard boiled. Sì, perché ilDr. Jacknon è un dottore, è un investigatore.“Mi serviva un investigatore e per non pensarci troppo su gli diedi la faccia di Chandler”. La storia è visionaria e angosciante, misteriosa e senza speranza. Cosa chiedere di più? “Una sera trovai su un tavolo un foglio del Movimento romano, Zut. Mi colpì un racconto su un operaio scomparso della Magneti Marelli, che tutti cercano e che alla fine si scopre che s’è gettato in un altoforno perché non ne può più. Capperi, mi dissi, questo è per me”. Il segno è perfetto, curatissimo, gli ci volle un mese per terminare quelle sette tavole. Gli indizi per risolvere l’enigma sono forniti al dottor Jack dallo psicanalista che aveva in cura l’operaio scomparso e da un’ambigua scritta sul muro. Gli indizi per capire che un nuovo maestro del fumetto era apparso sulla scena erano belli chiari. A Filippo Scozzari Linus sta stretto. Così con tre scombinati compagni di merende comeStefano Tamburini,Massimo MattiolieAndrea PazienzacreaCannibale, la rivista underground degli “squilibri più avanzati”. Sul n. 4 del Novembre 1978 c’è“Amami Primo”, divertentissimo racconto che vede come protagonista un nuovo demenziale personaggio: il campione di squisitezzaPrimo Carnera. Scozzari, che non è noto per essere politicamente corretto, si abbandona alla sua vena “omofoba” mettendo in scena le bizzarre avventure di un dichiaratobusone. Uno stilista omosessuale, prestante ma effeminato, al tempo stesso geniale, creativo e soprattutto “squisito”. Se per il Dr. Jack aveva preso a prestito lo stereotipo dell’ investigatore, qui si inventa tutto di sana pianta mescolando decadentismo, dadaismo e poetica avanguardista. In questa mitica storia“di maschi e di damaschi”, come recita il sottotitolo, troviamo incontaminato tutto lo spirito “cazzaro” del ’77: lo sberleffo eterno, la perenne presa per il culo, costi quel che costi. Nel 1979, Filippo Scozzari inizia a collaborare con il settimanaleIl Male, in quel periodo l’ombelico del mondo della satira. Vi pubblica vari fumetti, tra i quali“La plastica svedese è un pericolo o no”? A questo punto l’artista bolognese compie un errore di valutazione, ampiamente ammesso dallo stesso in svariate interviste. Pensa che la sua arte sia troppo superiore per il pubblico dei fumetti. Smette di impegnarsi. Tira via. Manda in stampa illustrazioni e racconti di una qualità ampiamente al di sotto delle sue possibilità.In questo è assai diverso dall’amico fraterno Andrea Pazienza, che nello stesso periodo disegna ogni vignetta “come fosse l’ultima”. Sulle pagine de Il Male nasce il personaggio diSuor Dentona. Una consorella dell’immaginario ordine delle Dentone, la cui missione è quella di andare sui campi di battaglia per prelevare l’anima ai soldati moribondi con il sacro rito della fellatio inarticulo mortis. L’idea è geniale, peccato che i disegni non le stiano assolutamente dietro. Disegnacci brutti buttati lì in mezzo a un mare di parole.Non è così che si fa. Come diceva Thomas Edison:“La creatività è composta per 1% di ispirazione e per il 99% di traspirazione”, cioè sudore. Nel 1980 Filippo Scozzari è uno dei fondatori diFrigidaire, una rivista in parte giornalistica e in parte a fumetti, tra le più interessanti e rivoluzionarie del decennio. Il primo numero è una specie dicompilationdel meglio del fumetto italiano di quegli anni. Ci sono le quatto tesissime pagine di “Se vuoi sangue lo avrai” di Andrea Pazienza, sette epiche pagine di Ranxerox della premiata ditta Tamburini-Liberatore e naturalmente lui, l’ostico Scozzari con le prime sei pagine della“Dalia Azzurra”. L’occasione è tra le più ghiotte, Oreste Del Buono è in possesso della sceneggiatura originale diRaymond Chandlerper il film con Veronica Lake del 1946. Del Buono la mette a disposizione del gruppo di Frigidaire per una trasposizione a fumetti. Scozzari si assume onori e oneri. A occhio e croce c’è n’è per un centinaio di pagine. Qualcosa però va storto. Scozzari, il dissacratore, prende Chandler fin troppo sul serio. Non modifica una riga di dialogo. Utilizza per le facce dei personaggi quelle degli attori del lungometraggio. Ricopia persino le inquadrature del film. Non è così che si diventa una rockstar del fumetto. Parte con il piede sbagliato e quando se ne accorge è troppo tardi. Nella decima puntata scrive:“Chandler è tutto scemo, ma io che gli do retta lo sono di più”.La sceneggiatura fa acqua da tutte le parti, ma ormai bisogna arrivare alla fine. La classica occasione persa. “Peli”è una storia di due pagine apparsa sul n. 13 di Frigidaire, nel dicembre 1981. In tutto sono quattro vignette. Se fai una storia di quattro vignette dovrebbero essere quattro disegni bellissimi. Non lo sono. Accanto a ogni disegno c’è una quantità enorme di testo. “Peli” dovrebbe raccontare la storia di un ossessione. L’idea di partenza è morbosa e assurda, totalmente scozzariana. Lo svolgimento lascia molto a desiderare. La prima illuminazione giovanile sulla somma importanza del pelo femminile nella vita di un uomo avrebbe dovuto essere una specie di immortale epifania, il cui ricordo riverbera ancora oggi nella mente dell’autore. Invece si risolve in poche asettiche considerazioni durante un viaggio in autobus. Anche nelle vignette successive la storia manca di quella vibrante emozione che accompagna tutte le vere ossessioni. Sembra quasi che il talento bolognese qui non si sia lasciato andare del tutto. Che per pudore abbia trattenuto le sue più intime emozioni dentro di sé, negandocele.