FAHRENHEIT 451 DI BRADBURY VISTO DA TRUFFAUT
History is littered with hundreds of conflicts over the future of a community, group, location or business that were “resolved” when one of the parties stepped ahead and destroyed what was there. With the original point of contention destroyed, the debates would fall to the wayside. Archive Team believes that by duplicated condemned data, the conversation and debate can continue, as well as the richness and insight gained by keeping the materials. Our projects have ranged in size from a single volunteer downloading the data to a small-but-critical site, to over 100 volunteers stepping forward to acquire terabytes of user-created data to save for future generations. The main site for Archive Team is atarchiveteam.organd contains up to the date information on various projects, manifestos, plans and walkthroughs. This collection contains the output of many Archive Team projects, both ongoing and completed. 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Sintesi meno verbosa e con qualche invenzione in più, la pellicola diFrancois Truffautriesce a veicolare il messaggio dell’autore statunitense con rara efficacia, senza bisogno di monologhi esplicativi e con la sola forza delle immagini. A partire dai titoli di testa, che (conformemente a una società futura in cui i libri sono banditi) sono pronunciati da una voce fuori campo, e non scritti come d’abitudine. Il tutto mentre vengono inquadrate miriadi di antenne televisive, a sottolineare come, in una società dello spettacolo pre-debordiana ma post-apocalittica, le immagini abbiano preso il posto della parola stampata. Quasi una premessa visiva ai roghi che seguiranno. Perché la trama, del film come del libro, è molto semplice: in un futuro nel quale la lettura è proibita i pompieri sono destinati a bruciare i libri e, se necessario, anche i loro possessori. Montag, che per legge di contrappasso è proprio uno dei pompieri, diventa un accanito lettore dei pochi libri che riesce a salvare e, volendo propagare il contagio della lettura, viene denunciato e si trasforma in un fuorilegge. Braccato, cerca la salvezza al di fuori della società. Nonostante le difficoltà di produzione e le critiche che stroncarono il film al tempo della sua uscita (epoca in cui la fantascienza veniva classificata a priori come cinema di serie B), Truffaut riesce a portare a termine un adattamento magistrale, grazie anche alle musiche mai invadenti e perfettamente funzionali diBernard Herrmann(compositore preso in prestito dall’amato Hitchcock) e alla fotografia del futuro registaNicolas Roeg, elegante nella sua morbida pastosità e ricca di contrasti di colore. Fondamentali sono anche la recitazione catatonica diOskar Werner, perfetto emblema di una società privata di pensiero autonomo, e quella diJulie Christie, calata sia nel ruolo di Mildred, moglie di Montag, che in quello di Clarisse, la giovane istitutrice che instillerà nel pompiere il seme del dubbio, dualismo già sottolineato da Bradbury quando descrive la somiglianza delle due donne. Semmai i difetti si possono ravvisare nei limiti della produzione: i tre megaschermi a parete in cui Mildred si immerge nel romanzo di Bradbury diventano un solo schermo, grande per l’epoca ma oggi di ordinaria amministrazione, e l’assenza del mastino robotico che, nella versione letteraria, diviene vero e proprio personaggio, teorema in metallo e circuiti della società repressiva delineata (ma realizzare un cane meccanico credibile nel 1966 sarebbe stato difficoltoso anche per Hollywood). Diversamente, la scomparsa del monologo del capitano Beatty, superiore di Montag, viene abilmente supplita attraverso una serie di battute che ne rendono l’essenza; e la mancanza di Faber, il professore che aiuta Montag a ribellarsi, è validamente surrogata da una maggiore incisività del personaggio di Clarisse, che ritroviamo alla fine del film (ma non nel capolavoro di Bradbury), in un corollario romantico e credibile che Truffaut, maestro nel rappresentare storie diamour fou, non poteva lasciarsi sfuggire. L’ultimo elemento mancante nel lungometraggio del regista francese è l’incombenza della guerra, che in Bradbury è una presenza costante, come in“1984”di Orwell, e che nel finale si rivela essere reale ed estremamente distruttiva. Ma, se nel romanzo la nuova società nasce dalle ceneri della precedente (non a caso il libro uscì in Italia con il titolo “Gli anni della Fenice”), Truffaut coltiva una speranza più ingenua e, forse, anche più nobile, regalandoci un finale che sfiora vertici assoluti di poesia, e che suscitò pubblicamente l’ammirazione dello stesso Bradbury. Fahrenheit 451è un film imperfetto e magnifico. Non è neppure lontanamente il miglior lavoro di Truffaut, eppure ancora oggi, attraverso la forza delle immagini, sa comunicarci il disagio di fronte a un assolutismo che sa solo distruggere senza creare nulla di valido in cambio, e la speranza che i cambiamenti possono avvenire, ma verranno sempre innescati dal basso: le istituzioni sono troppo occupate a preservare sé stesse per occuparsi anche della salvezza. Come Granger, un uomo-libro, dice verso la fine del romanzo: «Incontreremo una gran quantità di persone sole e sofferenti nei prossimi giorni, nei mesi e negli anni a venire. E quando ci domanderanno che cosa stiamo facendo, tu potrai rispondere loro:Noi ricordiamo. Ecco dove alla lunga avremo vinto noi». LibroFahrenheit 451 AutoreRay Bradbury TraduzioneGiorgio Monicelli EditoreMondadori, 2000 Info210 pp., € 9,00 FilmFahrenheit 451 RegiaFrançois Truffaut CastOskar Werner, Julie Christie, Cyril Cusack, Bee Duffel Info1966, 112’ (DaInkroci).