DEMOLITION MAN NEL FUTURO POLITICAMENTE CORRETTO

DEMOLITION MAN NEL FUTURO POLITICAMENTE CORRETTO

Demolition Man è l’ennesimo film della fantascienza a tema dystopian future. Concetto più che sfruttato, abusato fino all’anima da decenni a questa parte. Niente di strano, se non fosse per un fatto: Demolition Man l’ha visto sul serio il futuro.

Il futuro l’ha visto e lo sai cos’è? Uno zitellone di mezz’età che sta sempre in camicia da notte a bere centrifughe di carote e mele, cantando i ritornelli della pubblicità. Chi l’avrebbe detto, eh? Tra i tanti scenari che paventano catastrofi di ogni genere, Demoliton Man è quello che c’è andato più vicino di tutti.

Demolition Man l’aveva predetto (?)

DEMOLITION MAN NEL FUTURO POLITICAMENTE CORRETTO

Sicuramente, è buffo vedere oggi quanto un film come Demolition Man ci sia andato vicino.
Se prendi centinaia di autori, che nel corso degli anni, scrivono centinaia di opere riguardo a probabili scenari futuri, qualcuno prima o poi dovrà azzeccarci per forza.

Nonostante Demolition Man sia uscito nel 1993, la storia è ambientata a Los Angeles nel 1996. Quando la gente, com’era di moda a quei tempi, andava in giro a bruciare cose come in un Mad Max qualsiasi. Sullo sfondo di questa incantevole cornice, John “Demolition Man” Spartan (Sylvester Stallone).

DEMOLITION MAN NEL FUTURO POLITICAMENTE CORRETTO

Spartan, classico super-poliziotto da film, fra una rivolta e l’altra, si trova faccia a faccia con il suo più acerrimo nemico: il super-criminale da film, Simon Phoenix (Wesley Snipes). Che per l’occasione, s’è barricato in un palazzone abbandonato portandosi appresso gli scagnozzi e pure una trentina di ostaggi.

Ostaggi che, comodamente ai fini della trama, non si salveranno. Siccome nei film la legge è sempre un concetto relativo, proprio per questo Spartan verrà condannato insieme a Phoenix a “congelamento correttivo” in un crio-penitenziario di ultimissima generazione.

John Spartan, quindi, passa i successivi quarant’anni in forma di prodotto ittico surgelato e siamo così nel 2032. Tuttavia, mentre sta lì a godersi la vita da banco frigo, inizia la procedura di scongelamento di Phoenix. Il quale, dovrebbe sostenere l’udienza per il suo rilascio.

Sì, ma… come funziona ‘sta cosa? Metti che Spartan, nonostante i modi rozzi e agricoli, rimanga pur sempre un eroe pluridecorato. Non è riuscito a salvare gli ostaggi, d’accordo. Però, questo basta a condannarlo alla stessa pena di Phoenix?

DEMOLITION MAN NEL FUTURO POLITICAMENTE CORRETTO

Non solo: al danno mettici la beffa. Perché, a parte il non prendere minimamente in considerazione qualunque attenuante, la data per l’udienza di rilascio di Phonenix, psicopatico pluriomicida, è stata fissata molto prima di quella di Spartan. Oh, va be’.

Naturalmente Simon Phoenix è il cattivo, ma proprio cattivo cattivo. Per questo fa cose senza senso. Tipo, anziché aspettare che lo liberino come previsto, ha la brillante idea di elargire qualche schiaffo a gratis, ammazzare un paio di tizi a caso e scappare.

Una volta fuori, poi, si rende conto di quanto la società sia cambiata durante il suo periodo di ibernazione: infatti, non c’è violenza. Niente crimine. Niente minacce alla salute e alla morale. Un incubo di comunità alla melassa, in cui sono tutti buoni, gentili ed educati.

Phoenix tocca con mano le fantasie distorte di un hippy rincoglionito, Lenina Huxley (Sandra Bullock), una sclerata fissata col XX secolo, prende atto della situazione. Così, insieme al vecchio agente Zachary Lamb (Bill Cobbs), va dal capo della polizia e gli dice che ha la soluzione.

DEMOLITION MAN NEL FUTURO POLITICAMENTE CORRETTO

Il problema è: Simon Phoenix è un criminale vecchio stampo, quindi per catturarlo c’è bisogno di un poliziotto vecchio stampo. Sì, però, la società moderna non è in grado di gestire uno come Phoenix, d’accordo. Tuttavia, non è manco Hulk in preda a una crisi di nervi.

L’unica soluzione che riescono a elaborare è scongelare John “Demolition man” Spartan. Perché, in fondo, ci vuole un pazzo per beccare un altro pazzo. Quindi John viene scongelato e Huxley gli fa al volo un breve recap della situazione: dunque… sono passati quarant’anni da quando t’hanno congelato, ok?

La tua famiglia è morta. Se non per cause naturali, per via di qualche disastro a random capitato negli ultimi anni. Tutti quelli che conoscevi sono morti e, se non lo sono ancora, stiamo comunque lì lì. No, non puoi fumare e non puoi dire parole maleducate.

In compenso ci siamo evoluti. Ah, un’altra cosa: Phoenix è scappato e tu lo devi andare a prendere. Senza pensarci due volte, John rimette l’uniforme.

DEMOLITION MAN NEL FUTURO POLITICAMENTE CORRETTO

Visto che l’equipaggiamento della polizia, un po’ come in Don Matteo, si riduce a sorrisi e buone maniere, John Spartan va subito a colpo sicuro, trascinando l’agente Huxley al museo di storia del XX secolo. Intuendo, immediatamente, che Phoenix sia andato lì alla ricerca di un’arma.

Brillante intuizione nata dal fatto che, in Demolition Man, oltre alla violenza e la criminalità, la società s’è lasciata alle spalle pure il senso logico e la capacità di razionalizzazione. Potrebbe mai essere che un criminale violento stia proprio cercando un’arma da fuoco?

Mentre John e Simon cercano, a più riprese, di risolvere i loro diverbi sullo sfondo di una società imbambolata, viene fuori Raymond Cocteau (Nigel Hawthorne),capo assoluto di quel futuro modellato sulla sua melliflua visione di società ideale.

Non tutti, però, sono stati ridotti all’inerzia dei sensi: esistono ancora persone che credono nella libertà di pensiero e parola, che minacciano l’untuosa distopia alla gio-gioia di Cocteau. Per questo si è inventato questo fantastico piano con Phoenix.

DEMOLITION MAN NEL FUTURO POLITICAMENTE CORRETTO

C’è un fatto innegabile: Demolition Man è stato un bel successo. Ci hanno tirato fuori quasi centosessanta milioni dai settanta che avevano speso. A pensarci un attimo non è manco difficile capire il perché: Demolition Man è, in sostanza, un cinecomic ante-litteram.

Un film innocuo, uno sci-fi action a tema buddy cop, su cui hanno appiccicato tutta una serie di elementi comici. Giusto per abbassare il rating e raggiungere un pubblico ampio e generalista. Proprio per questo Demolition Man è un film sciocco, tanto per usare un simpatico eufemismo.

Il problema sta nel fatto che soggetto e sceneggiatura del film siano accreditati a Daniel Waters, Robert Reneau e Peter M. Lenkov. Questo è successo alla fine, in realtà la produzione di Demolition Man è stata un incubo.

Ci sono da precisare due cose. La prima, che il soggetto originale è del 1988 e nella sua primissima versione era una storia dai toni estremamente cupi e violenti. Da qui in poi la cagnara più totale. Scrittori su scrittori che si so’ accavallati a scrivere e riscrivere la sceneggiatura a non finire.

A un certo punto, fra millemila cambiamenti e idee tutte diverse, che facevano a cazzotti l’una con l’altra proprio perché scritte da persone diverse, vengono fuori Peter M. Lenkov, Jonathan Lemkin e Craig Sheffer. Tutti e tre a reclamare contemporaneamente diritti/crediti/soldi.

Alla fine, Joel Silver ha preso il comando, sobbarcandosi la produzione di Demolition Man, cacciando via tutti. Pagando e pure tanto, naturalmente. Quindi ha usato il lavoro di Lemkin, cucito su parti scritte da Daniel Waters, et voilà! Fine della storia.

No, non è vero. Il prologo del film, quello ambientato nel 1996, è stata un’idea di Fred Dekker. Un altro, l’ennesimo, che c’ha messo le mani sulla sceneggiatura e che, alla fine, non è stato accredito. Era previsto, infatti, che il film si aprisse direttamente sul futuro, dalla prigione criogenica.

L’idea di Dekker, buona in realtà, si basava su di un semplice concetto: “Se non mostri il Kansas, Oz non è poi così speciale”. Questo, funziona e rafforza la storia, perché Demolition Man è un adattamento, molto lasco e semplicistico del romanzo Il mondo nuovo (Brave New World) di Aldous Huxley.

Quella immaginata da Huxley è una società distopica in cui tutto è predeterminato e preconfezionato su misura per te, in modo da non offendere gli altri. Dove mostrare emozioni, anche moderate, è considerato insolito e, in alcuni casi, illegale.

Tra l’altro, il nome del personaggio interpretato da Sandra Bullock è proprio Lenina Huxley. Cioè, una combinazione fra i nomi di Lenina Crowne, personaggio de Il mondo nuovo, e Aldous Huxley, lo scrittore del romanzo. Ora attenzione, perché il bello arriva adesso.

Dopo tutta questa cagnara. Dopo tutta una serie di persone che si è presa a sputi e pernacchie, indovina cosa viene fuori? Che lo scrittore ungherese, István Nemere, dichiarò che la maggior parte della storia di Demolition Man è stata presa di peso da un suo romanzo pubblicato nel 1986: Holtak Harca.

Nel suo romanzo, la storia segue un terrorista e un soldato delle forze speciali, entrambi congelati criogenicamente e risvegliati nel ventiduesimo secolo. I quali scoprono, prima di arrivare di nuovo alle mani, che nella società in cui si trovano la violenza è stata completamente sradicata.

Nemere accusò pubblicamente la produzione di plagio, sostenendo che il settantacinque per cento di Demolition Man è identico a Holtak Harca. Ma alla fine ha scelto di non fare causa perché… semplicemente non se lo poteva permettere di andare in America. E una volta lì, assumere un avvocato specializzato e trascinarsi in una battaglia legale con gli squali in giacca e cravatta delle major.

A ogni modo, il grande problema di Demolition Man sta nell’essere un’opera derivativa, una sorta di mostro di Frankenstein le cui parti sono state cucite assieme come venivano. A un certo punto le forzature diventano accecanti.

Troppi elementi e troppo diversi fra loro: azione, commedia da quart’ordine, introspezione sociale. Tutto spalmato su un tema molto più grande e molto più complesso. Demolition Man è, sì, un film veramente stupido. Eppure…

Stupido, ma non brutto come il peccato. Nel senso che pure il più basso dei cliché riesce a funzionare se sfruttato a dovere. E alla fine della fiera, per culo o per bravura, Demolition Man funziona.

In qualche modo la storia semplice, personaggi da cartone animato, l’azione scritta col manualetto… messe insieme a conti fatti divertono. Una puerile baracconata? Sicuramente. Divertente? Se ti piace vedere Stallone che fa esplodere cose e picchia gente, sicuro. Dopotutto, questo è l’importante, no?

Demolition Man è un po’ come la roba da fast food: lo so io, lo sai tu, lo sanno tutti che non è granché. Ma alla fine te la mangi e sei pure contento; perché? Perché è buona. Questo è Demolition Man.

Ebbene, detto questo anche per oggi è tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

 

 

5 commenti

  1. Adoro questo film! Non sto scherzando. Anch’io quando lo vidi pensai che, purtroppo, aveva previsto lo squallido futuro politically correct che, almeno parzialmente, stiamo oggi vivendo. Se ci fate caso (e conoscete bene i vecchi classici della SF anni ’50) in fondo ha molte cose in comune con il vecchio “Mondo senza fine” (World Without End, 1956) di Edward Bernds. Anche nel film di Bernds, infatti, c’erano uomini del presente con caratteristiche ancora “virili” (si ricordi la procace pin-up che ammirava il torace muscoloso di Rod Taylor) che gli ometti del futuro avevano perso, ecc, ecc. Aggiungo poi, che pur detestando, solitamente, Sandra Bullock, “Demolition Man” è l’unico film dove la trovo relativamente sopportabile (sarà forse merito anche dell’indovinata voce italiana di Micaela Esdra, non so…). Ma soprattutto, dopo la visione del film, un interrogativo resta nei nostri pensieri, irrisolto: come accidenti si usano le conchigliette!? 😀 .

  2. Max Danger – da una idea di Mickey Spillane, sceneggiatura di Max Allan Collins e disegni di Eduardo Barreto – è un fumetto della Tekno Comix del 1995, tradotto in parte dalla Play Press, che racconta di un detective privato degli anni 40 ( praticamente Mike Hammer ) che, per un incidente, resta ibernato per cento anni e si risveglia in un mondo in cui ci si ciba di sinto-carne, le auto volano, gli edifici ricordano quelli degli sci-fi pulp ed il crimine apparentemente è scomparso. Ed Barretto ( RIP ) al suo meglio. Paradossalmente + efficace quando non inchiostrato da Steve Leialoha come in alcuni numeri. Belle le covers sia di Barreto sia di Walter Simonson ( storyline disegnata da Peter Grau ). Collins scrive come un Baron o un Dixon di quegli anni. Personalmente trovo la prosa di Spillane indigesta e sono contento che abbia contribuito solo per il generico plot. A memoria ricordo almeno un film degli anni 30 con un tale che si sveglia 100 anni nel futuro e scopre che i bimbi sono emessi da un distributore automatico e commenta che era molto meglio produrli con il vecchio sistema.

    • Ciao Crepascolo,

      forse il film che citi alla fine del tuo intervento è “I prodigi del 2000” (Just Imagine, 1930) di David Butler. Può essere?

      • Può essere . Ho un ricordo non nitido. Devo averne visto un pezzo da bimbo quindi oltre 40 anni fa. Forse una antologia televisiva.

  3. Non ho mai voluto vederlo reputandolo una tamarrata galattica. Dopo aver letto la recensione del Retronauta, ancora ho l’impressione che sia una tamarrata galattica, ma mi è venuta voglia di vederlo.

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