CONNERY SCELTO PERCHÉ ASSOMIGLIA AL FUMETTO DI JAMES BOND?

James Bond, il proverbialeagente 007dalla licenza di uccidere, non fu, al suo apparire, di grande richiamo.Questo probabilmente perché i romanzi diIan Fleming, l’ideatore del personaggio, non sembravano poi così entusiasmanti alla loro uscita nel 1953. Ian Fleming (1908-1964), se lo avessero conosciuto i redattori del settimanale satirico italianoMarc’Aurelio(1931-1958), lo avrebbero immediatamente affidato alle cure dell’acuminato disegnatoreAttaloe questi all’immedesimazione nella sua creatura più famosa:“Il Gagà che aveva detto agli amici…”, caustica presa in giro della vanteria piccolo borghese nel tempo a cui il giornale vendeva circa trecentomila copie. Fleming, amante delle donne e della bella vita, non era certo un grande scrittore e nemmeno una personalità affascinante.James Bond avrà successo non grazie alla capacità letteraria dell’autore, ma a quanto questi seppe trasfondere in lui tutto quello che desiderava: femmine e champagne, grand hotel e soggiorni superlativi, vestiario di gran marca e cinismo da vendere. La prima edizione del primo romanzo di James Bond scritto da Ian Fleming: “Casino Royale” (1953) Anche il primo regista dei film di Bond,Terence Young, era pure lui molto affezionato alla tradizione del dandy anglosassone, più nel senso di certi eroi che trasponevano in era contemporanea lo stile perduto delle creazioni di Kipling e A.E.W. Mason, che in quello più soffice di Noel Coward. Casino Royale, il primo romanzo, rappresenta il mondo di Fleming nella cornice del servizio segreto inglese, introduce il personaggio di M, diretto superiore di 007, ma crea anche un problema con la Francia dove non si gradisce che il cattivo sia Le Chiffre (riuscito a trasformarsi nel responsabile dei fondi del Partito Comunista d’oltralpe che ha investito in affari tanto illeciti quanto lucrosi ed è un bieco torturatore) poiché la faccenda fa cadere il discredito su tutta la classe politica francese. Peraltro la Francia dal 1949 fa affari d’oro con l’agenteOSS 117dellaDeuxième Bureau(l’Intelligence Service) diJean Bruce(1921-1963), le cui avventure stanno diffondendosi nel mondo. L’agente francese non diffonde l’ideologia da guerra fredda che invece sarà una caratteristica più della narrativa di Fleming che degli adattamenti cinematografici. Inoltre Hubert Bonisseur (questo è il nome dell’agente 0SS 117) corrisponde a quasi tutte le caratteristiche e fisime di Bond, anche se la “licenza di uccidere” non ce l’ha per contratto, ma solo per estrema necessità.Gira per il mondo in un eterno turismo pericoloso e romanzesco, sorseggia champagne d’annata, seduce ed è sedotto da seducenti perverse, ha un nemico fisso in un nemico attrezzatissimo e colmo di risorse finanziare il quale, se non è la Spectre, poco ci manca. Un primo tentativo di inserire James Bond in un serial americano,Climax(1954-1958), non riscontra un grande successo.Nel terzo episodio della prima stagione televisiva gli sceneggiatori Charles Bennett e Anthony Ellis adattanoCasino Royaleai 45 minuti di prammatica senza ottenere grandi risultati. Nonostante la partecipazione del grandePeter Lorrecome Le Chiffre che ovviamente non tratta con i comunisti (anche i criminali sono patriottici ai tempi del maccartismo) e della supersexy Linda Christian, è il protagonista a toppare. L’attore che interpreta 007 in questo telefilm,Barry Nelson, aveva allora 37 anni e assomigliava garbatamente a un fumetto dellalinea chiara, un giuggiolone tutto dovere e fedeltà alla patria. Davvero inadatto nei panni dell’ufficiale dell’Intelligence Service, che non è un un comune corpo di polizia. “Casino Royale” di Anthony Hern e John McLusky: le prime strisce di James Bond pubblicate dal “Daily Express” nel 1958 James Bond interessa anche al quotidiano ingleseDaily Express, dove il redattore della pagina dei fumetti, intuendone le possibilità di attrazione sui lettori, ne vara l’edizione a strisce giornaliere scritta daAnthony Hern(solo il primo episodio) edHenry Gammidgee disegnata daJohn McLusky, il quale rifiuta la proposta di Fleming di farlo assomigliare a Cary Grant, attore classico della commedia sofisticata, e inventa un volto che raffiguri la durezza e la spietata determinazione dell’agente. Il secondo episodio disegnato da John McLusky, il prima scritto da Henry Gammidge .(“Daily Express”, 1958/59) Caso vuole che assomigli un po’ aSean Connery, allora poco noto e ignaro del suo futuro di primo attore a impersonarlo. Se pensiamo al viso e alla muscolatura proletaria dello scozzese dobbiamo ammettere che il fumettista McLusky, vantandosi di avere influito sulla scelta dell’attore, probabilmente ci ha preso. Sean Connery Quando si parla del successo di James Bond, prima di riferirsi al cinema bisognerebbe ricordare che divenne famoso già nel 1957 (cinque anni prima di esordire sugli schermi) attraverso l’adattamento dei romanzi ai fumetti. Le prime strisce dell’adattamento del romanzo bondiano “Moonraker”, scritto da Henry Gammidge (nella striscia è accreditato solo il nome del romanziere) e disegnato da John McLusky del 1959, nell’edizione italiana di “Eureka” dell’ottobre 1979 uscita in contemporanea con l’adattamento cinematografico Le avventure di Bond sulDaily Expresshanno successo e già si è programmato un volume che raccolga le strisce quotidiane quando, nel 1958, il primo romanzo,Casino Royale, esce con il titoloLa benda nera, nella collanaI romanzi del Corriere. I romanzi di Fleming hanno una loro vita italiana legata alCorriere della Serafino al 1960.Non è che in Italia ci vadano pazzi, ma siamo nel momento in cui il libro giallo, del quale quello di spionaggio è un sottogenere, ha acquisito nuovo vigore e interesse sull’onda dei numerosi film noir arrivati in Italia con le armate americane alla fine della guerra. GiàLivio Garzanti, editore di gran razza, sembra abbia capito la portata della faccenda proprio leggendone i fumetti durante un soggiorno in Gran Bretagna. Nel 1961 si aggiudica i diritti letterari di Fleming e pubblica, per primo,Operazione Tuonoche, nel frattempo, sta uscendo a fumetti sulDaily Expresscon molte libertà nella sceneggiatura. Da notare che l’editore non colloca la serie di James Bond in una collana a se stante, ma inGarzanti per tutti, dove sono già apparse altre serie popolari di svariato genere.Solo nel 1965 Garzanti ricolloca 007 suI gialli Garzanti(il che dà un’idea che il sottogenere spionistico non è ancora da tutti considerato autonomo da quello poliziesco). L’unica collana di Garzanti che, pur editando successivamente nomi che diventeranno importanti nella giallistica (tra cui i narratori scandinavi), non reggerà mai il confronto con le vendite delGiallo Mondadori. Il primo numero di “Segretissimo” (Mondadori, 1960), illustrazione di Ferenc Pinter Dal canto suo, alla Mondadori, Laura Grimaldi inventa per l’edicolaSegretissimoche, dal 1960, ospita la prima serie dei romanzi di Jean Bruce dell’agente OSS 117.Le nere copertine diSegretissimosono affidate aFerenc Pinter, il quale mette i suoi magici pennelli al lavoro su storie dove, come in effetti accade nelle nuove avventure degli spioni internazionali, le componenti tradizionali del giallo, fondendosi come da sopra, suscitano stupori e perplessità tra gli addetti ai lavori, ma non tra i lettori. Le pile delle copie deiGiallie diSegretissimonelle edicole delle stazioni ferroviarie raggiungono il soffitto, mentre tra i giovani nascono club e iniziative diffuse dai settimanali e quindi utilizzate alla radio e nell’unico canale televisivo della Rai. Intanto nel Regno Unito, sempre il redattore dei fumetti del quotidiano ingleseDaily Mirror, Bill Aitken, commissiona allo sceneggiatorePeter O’Donnelle al disegnatoreJim Holdawayun nuovo personaggio a fumetti:Modesty Blaise, una James Bond in gonnella. La direzione del quotidiano però non è convinta e rifiuta il personaggio, che viene allora pubblicato nel 1963 dal giornale del pomeriggioLondon Evening Standard. Il fatto che nel 1966 anche Modesty Blaise diventi un film, diretto daJoseph Loseycon una inaspettataMonica Vittinella parte della protagonista, dà un un’idea dall’importanza dei fumetti dell’epoca. Modesty Blaise di Peter O’Donnell e Jim Holdaway (non accreditato) Nel 1966 lo sceneggiatore del James Bond a fumetti diventaJim Lawrence, coadiuvato dal disegnatoreYaroslav Horak, il quale riprende i caratteri essenziali dell’eroe e dei suoi abituali comprimari del Servizio Segreto, ma in modo da non essere troppo legato al cambio dell’attore protagonista di turno.Infatti, se dal 1964 circa il volto della strip è diventato decisamente quello di Sean Connery per effetto dei primi film, l’attore, già sostituito nel 1969 daGeorge Lazenby, nel 1973 lascerà il posto aRoger Moore. Le strisce del primo episodio realizzato da Jim Larence e Yaroslav Horak “The man with the golden gun” (Daily Express, 1966). Qui nell’edizione francese La prima scelta per il ruolo di James Bond dei produttori cinematograficiAlbert BroccolieHarry Saltzmanera stato proprio Roger Moore, però Moore non poté accettare per impegni presi precedentemente. Ma forse proprio il successo del primo film di James Bond (1961) gli permette di vestire i panni di un personaggio piuttosto simile, l’avventuriero Simon Templar detto Il Santo, dal 1962 al 1969. Il creatore di Simon Templar,Leslie Charteris(1907-1993), un americano per modo di dire, essendo nato a Singapore da padre cinese e madre gallese scrisse, tra il 1928 e il 1963, 34 romanzi de Il Santo (in Italia, dove i santi vengono onorati a differenza che nella protestante Inghilterra, l’appellativo è stato usato molto poco preferendovi il nome Simon Templair) e ne firmerà altri 27 nonostante questi ultimi siano scritti da altri sotto la sua supervisione o meno. Dal 1935 la casa produttrice americana Rko allestì una serie di nove film, prima con Louis Hayward (inglese) e poi con George Sanders (russo con accento britannico), trasmessi dalla Rai negli anni novanta a cura di Nedo Ivaldi. Ma solo nel 1960 e nel 1966 se ne fecero due adattamenti di un certo prestigio in Francia, uno con Jean Marais. Charteris, che teneva molto all’anglicità del personaggio, non gradiva particolarmente i film americani (della durata media di 60 minuti, girati interamente in studio per il pubblico del pomeriggio) e fu soddisfatto solo dalla serie televisiva inglese con Roger Moore. Glissiamo sulle più recenti trasposizioni cinematografiche del personaggio Anche Simon Templar ebbe una sua fortuna fumettistica a vent’anni dal primo romanzo. Dal 1948 al 1961 come striscia pubblicata su svariati quotidiani americani, prima con le sceneggiature dello stesso Charteris eDashiell Hammett(o qualcuno dei suoi ghost writer) e i disegni prima diMike Roye poiBob Lubbers. Quindi, dalla fine dei cinquanta, con i disegni diDoug Wilder. Charteris non era un novellino come scrittore di fumetti, avendo già realizzato i testi dell’Agente X-9diAlex Raymonde avendo collaborato anche conMilton Caniffin più di un’occasione per la sua competenza delle culture asiatiche. Un’altra versione a fumetti di Simon Templar vide la luce tra il 1959 e il 1962, sempre per gli affiliati alNew York Herald Tribune Syndicate, scritta sempre da Charteris, con John Spranger e Bob Lubbers alle chine. Questa serie si avvale anche di tavole domenicali a colori.Oltre alla versione dei quotidiani ne esiste anche una dei comic book pubblicata daAvon Comicsdal 1947 al 1952. Simon Templar (meglio conosciuto nei paesi anglosassoni come “Il Santo”) in un comic book della Avon tra gli anni quaranta e cinquanta Quindi al momento del varo di James Bond nel filmAgente 007 Licenza di uccidere, Simon Templar aveva già un passato, cinematografico-radiofonico-televisivo e nei fumetti, senza contare i romanzi originali, editi in Italia anch’essi daI gialliGarzantie poi in una sottocollana autonoma. Qualcosa di simile è accaduto per l’agente OSS 117 di Jean Bruce.Sulla spia francese sono stati girati undici film, alcuni tratti da romanzi e altri da soggetti originali, che però non hanno avuto grande fortuna fuori dall’Europa.Realizzati in Francia con la coproduzione italiana produttiva dal 1957 al 1971, non costituirono mai un grande impegno finanziario e, dopo il successo di James Bond, furono anche scambiati come imitazioni tra le tante. Allo scarso successo di OSS 117, che pure aveva avuto un grande richiamo letterario popolare, non è estraneo l’utilizzo, nel ruolo del protagonista, di attori sempre diversi e spesso di nazionalità varia. I quali, se in alcuni casi dovevano favorire l’esportazione dei film nella distribuzione d’oltreoceano, non riuscirono mai a sfondare fuori dal perimetro Francia-Italia-Spagna-Germania. L’attore apolide Ivan Desny inaugurò la serie di OSS, seguito dall’americano Kerwin Matthews, famoso nei fantapeplum all’anglicana con i trucchi di Ray Harryhausen. L’altro apolide Frederick Strafford (un europeo dell’Est convertito alla lingua inglese). Sean Flynn, il figlio di Errol Flynn che, dopo una breve stagione come attore in Europa, morì torturato e ucciso dai khmer rossi in Cambogia (dove si era recato per svolgere il mestiere di reporter). L’americano John Gavin, che avrebbe partecipato alle selezioni per interpretare James Bond ed è stato l’unica vera star internazionale ad apparire nel serial. Luc Merenda, il primo effettivamente francese che ebbe così il lancio per arrivare ai polizieschi italiani. Per concludere, l’ignoto statunitense (se lo era davvero) Alan Scott. Manifesto di un film dell’agente segreto francese OSS 117 Perché quindi, malgrado personaggi analoghi sulla piazza, il successo di James Bond scoppiò come una bomba generando una vera e propria mania, una moda che attecchiva ovunque, una sequenza innumerevole di imitazioni, una incredibile stagione di varianti che durò circa quindici anni e fece dell’agente segreto un personaggio familiare sia nella comunicazione popolare che in quella più sciccosa e intellettuale ? A mio parere, non fu la nuova atmosfera della guerra fredda, non il fascino dello scozzese Sean Connery, anche se qualcosa ci mise pure, e nemmeno i soldoni che gli americani spesero del secondo film.Il motivo, per dirlo in poche righe, è tutto nello stile del personaggio e nella natura delle storie.James Bond, per quanto sia un dipendente del governo inglese, è una spia cinica, spudorata, spesso anche spietata. Le belle donne dalle quali è circondato, così poco vestite da incorrere nella censura quando arrivarono in alcune zone dell’America rurale, l’amore per la roulette e lo champagne d’annata, l’utilizzo di sempre più sofisticati strumenti di trasporto e di armi micidiali, creano intorno a lui la sensazione che l’epoca dei buoni tutti di un pezzo contro i cattivi sia finita per sempre. Queste particolarità non erano tutte nate da Fleming, però Broccoli e Saltzman ne fecero una prima stagione di film che abbagliarono per la loro esplosione di fantasia.I due, all’inizio gestori della Eon, una casa di produzione che realizzava principalmente film con star hollywoodiane le quali giungevano in Inghilterra per sbloccare i fondi congelati da una legge che proteggeva il povero cinema inglese dall’invasione americana, avevano progettato, esperienza dopo esperienza, il momento fatidico. Quando ero bambino anche i miei genitori, abbagliati dalla moda che imperava ovunque, mi portarono con loro, caso più unico che raro, a vedere il film di James BondSi vive solo due volte(1969) di Lewis Gilbert, sceneggiatura del grande Roal Dahl da un libero adattamento del romanzo omonimo scritto nel 1964 da Fleming ed edito in Italia dal 1965 al 1968 in diverse collane Garzanti. Illustrazione di Robert McGinnis per il manifesto del film “Agente 007 – Si vive solo due volte” In questo film Sean Connery (che poi imparai ad apprezzare come interprete di altre pellicole) non mi era affatto simpatico, il suo atteggiamento con le donne mi dava fastidio. Che il suo amico Charles Gray morisse sul più bello mi ripugnava. Il trattamento di Molly Penny (Lois Maxwell) mi pareva indegno data l’evidente simpatia che la sensual-materna segretaria prova per l’agente. La doppiezza di Karin Dor, allora ben conosciuta attrice tedesca famosa in tutto il cinema europeo, mi orripilava.Infine trovai veramente spaventoso e gratuito, con tutte quelle cicatrici e gli occhi così gelidi, Donald Pleasance come avversario. Troppo cattivo e collerico per gestire un’organizzazione come laSpectre.Insomma, uscii dalla sala con la sensazione che, se da grande avessi avuto a che fare con qualcuno come Bond, sarei dovuto stare ben attento a non farmi rubare la ragazza e ricevere contemporaneamente una pugnalata nella schiena. Si è detto che Sergio Leone, nel disegnare i suoi primibounty killer(ma anche lui aveva i suoi sceneggiatori benché, facendoli magari lavorare all’oscuro l’uno dell’altro, gli si è poi attribuito tutto e gli si è creduto anche quando raccontava cose ben poco credibili per chi aveva familiarità con il cinema italiano), tenne conto della sua infanzia tra i bulli del quartiere, tra i ragazzacci della Roma popolare.Questo è certamente vero, almeno in parte.Ma come non accorgersi che il comportamento dei suoi antieroi era spesso dichiaratamente ispirato a James Bond e succedanei ? Se la violenza e lo scetticismo erano armi di fascinazione sul pubblico per gli agenti di Sua Maestà, perché non potevano esserlo per uomini dispersi in un universo di prepotenza e malversazioni?