BARBARELLA, LAURELINE E ISABELLA

BARBARELLA, LAURELINE E ISABELLA

Le protagoniste femminili dei fumetti sono senz’altro meno numerose dei personaggi maschili, ma anche in un elenco estremamente sintetico e approssimativo dalle origini a oggi risultano essere state comunque moltissime.

Si cominciò con la saggia servetta Bécassine, protagonista in Francia di brevi fumetti umoristici già nel 1905, e con la giovane Tonda Haneko, che sette anni dopo imitava le mode occidentali nei primi manga giapponesi.

Tra il 1920 e il 1930 negli Usa apparvero svariate strisce a fumetti con protagoniste giovani donne più o meno indipendenti, l’impiegata Winnie Winkle, la modella Tillie, l’Orfanella Annie, l’avventuriera Connie, la giornalista Jane Arden, la casalinga Blondie e altre ancora.

Sugli albi a fumetti, tra gli anni trenta e quaranta la loro fama subì la concorrenza di eroine più fantasiose, spesso legate dai nemici con implicazioni sadiche, a cominciare dalle versioni femminili di Tarzan come la regina della giungla Sheena e la ragazza della giungla Nyoka.

A seguire le prime supereroine, come la principessa delle amazzoni Wonder Woman e l’invisibile Scarlet O’Neil, e le giustiziere mascherate come Black Cat e Miss Fury (quest’ultima creata da una fumettista donna, Tarpe Mills).

Queste eroine aggressive a loro volta negli anni cinquanta lasciarono per un po’ il posto ad albi e strisce con protagoniste molto più romantiche, ma anche intraprendenti e ambiziose, come la saggia Juliet Jones, che diventa sindaco della sua cittadina, e l’attrice Mary Perkins che raggiunge il successo a Broadway.

In Inghilterra, dopo la striscia del 1922 Dot e Carrie incentrata su due impiegate, le strip con protagoniste femminili si orientarono su un genere un po’ più piccante a partire dal 1932, con l’apparizione della esibizionista involontaria Jane creata da Norman Pett.

Degli anni sessanta sono le strisce spionistiche intitolate all’avventuriera ed ex-criminale Modesty Blaise di Peter O’Donnell e Jim Holdaway, e quelle fantascientifiche dedicate a donne del futuro come Scarth, Danielle e Axa.

Le strisce dei quotidiani britannici non rinunciarono quasi mai a qualche scena moderatamente sexy, benché ci siano state anche delle protagoniste più riservate, come le modelle Carol Day e Tiffany Jones, rivolte al pubblico femminile.

In Italia, le eroine a fumetti apparse a fine anni quaranta, come la provocante Gey Carioca, l’atletica donna della giungla Pantera Bionda e le principesse indiane Penna Azzurra e Aquila Bianca, giocavano su una sensualità un po’ castigata ma evidente, comunque sufficiente per incappare nelle maglie della censura che le costrinse una dopo l’altra a interrompere le pubblicazioni, o permise loro di proseguirle solo a condizione di allungare a dismisura i costumi e limitare al minimo le porzioni di pelle esposta, cosa che equivaleva a dover chiudere ugualmente per l’inevitabile perdita di lettori.
Alcune di loro finirono per emigrare nelle case editrici di paesi esteri come l’Argentina e la Francia, dove furono pubblicate un po’ più a lungo.

Anche in Belgio e Francia la censura di ispirazione cattolica limitava di molto la possibilità per gli autori di sviluppare personaggi femminili nei fumetti per ragazzi, che fino agli anni cinquanta erano la totalità del settore.

In Belgio personaggi come la giovane Bobette, co-protagonista con l’amico Bob di una serie del 1945, o la giornalista Seccotine, apparsa nel 1952 nelle storie comiche di Spirou e Fantasio, erano all’epoca delle eccezioni.

Lo stesso si può dire in Francia per la sirenetta Arabelle creata nel 1950, e per l’adolescente Line (Anna in Italia), nata nel 1957 sul settimanale omonimo, così come per la dottoressa Maud e la chimica Tsin-Lu, apparse dal 1945 nella serie di fantascienza Les Pionniers de l’Espérance.

In quest’ultimo caso, la componente mista e internazionale dell’equipaggio di un’astronave anticipava di vent’anni quello dell’Enterprise di Star Trek, dovuta all’ispirazione di sinistra del settimanale Vaillant su cui la serie veniva pubblicata.

A parte queste poche eccezioni, la maggior parte degli autori francofoni dell’epoca si sentivano costretti a evitare il più possibile i personaggi femminili per prevenire ogni possibile guaio con la censura, e se alcune delle eroine sopra citate potevano azzardarsi a essere pubblicate senza troppi rischi è perché, a parte le scienziate dell’Espérance, erano caratterizzate in modo da avere un aspetto infantile.

 

Il caso Barbarella

Tutto cambiò improvvisamente all’inizio degli anni sessanta, con la creazione, da parte del francese Jean-Claude Forest, di una serie di personaggi femminili protagonisti di storie fantascientifiche, prima fra tutte Barbarella, una viaggiatrice cosmica ispirata nell’aspetto a Brigitte Bardot e dal carattere altrettanto libero e “selvaggio”.

Con Barbarella nel 1962 Forest creò un’eroina erotica raffinata che l’autore definì come “assolutamente non scandalosa”, anche se all’epoca la censura locale non fu molto d’accordo.

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Probabilmente anche per questo con la sua eroina successiva, Bebé Cyanure, Forest tornò in parte sui propri passi, limitando molto la carica sensuale rispetto a Barbarella.

Eliminò poi ogni erotismo esplicito dalla sua terza eroina spaziale, Marie Mathematique, anche perché creata per una trasmissione televisiva per ragazzi. Però anche in questo caso non rinunciò a leggeri toni satirici in sintonia con la contestazione giovanile di quegli anni.

Lo scandalo sollevato dalla prima edizione in volume di Barbarella, nel 1964, finì per farla considerare il primo fumetto per adulti. L’eroina di Forest fu certamente il prototipo di un fumetto d’autore più moderno secondo una ricetta che unisce temi maturi, una certa dose d’ironia e qualche scena spinta.

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Allo stesso tempo questa esploratrice interplanetaria dal carattere disinibito e indipendente si può considerare la prima protagonista di un fumetto europeo femminista, almeno nelle intenzioni dell’autore, al di là dell’aspetto voyeristico.

Il successo di Barbarella fu tale che nel 1968 ne fu tratta una versione cinematografica diretta da Roger Vadim e interpretata da Jane Fonda.
In contemporanea all’uscita del film fu ristampato per la terza volta anche il fumetto, ma le scene in cui Barbarella appariva nuda furono ammorbidite per evitare di incorrere nella censura che aveva sequestrato le prime due edizioni in volume.

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Nel fatidico 1964, anno in cui il primo libro di Barbarella usciva in Francia, in Italia Guido Crepax creava il personaggio più erotico e intellettuale della fotografa Valentina Rosselli, prendendo il volto dalla diva del muto Louise Brooks e il nome dalla cosmonauta russa Valentina Tereshkova, che l’anno precedente era stata la prima donna nello spazio.
In breve tempo Valentina scalzò l’originale protagonista maschile della serie di Crepax, Philip Rembrandt alias Neutron, prendendone il posto.

Intanto negli anni sessanta sui tascabili popolari nostrani esordirono molte eroine e soprattutto anti-eroine sensuali, come Satanik, Alika, Zakimort, Gesebel, Uranella e Isabella.

Da queste, con l’allentarsi della censura, ebbero poi origine i veri e propri fumetti pornografici per soli adulti, per la maggior parte realizzati sommariamente, in cui com’è ovvio le protagoniste femminili abbondavano.

In Francia, invece, molte imitatrici di Barbarella mantennero più spesso un elevato livello qualitativo, sia nei contenuti impegnati dei testi sia nella raffinatezza grafica.

Dalla disinibita agente del futuro Scarlet Dream, al servizio del controspionaggio internazionale; alla politicizzata eroina creola Seraphina, che si oppone al neocolonialismo delle grandi potenze in difesa dei paesi del terzo mondo; dall’aliena Saga di Xam, la quale, venuta sulla Terra per imparare la violenza, finisce per essere corrotta; alla giovane Epoxy, che attraverso un passaggio nel tempo si ritrova a vagare nuda nell’antica Grecia del mito, tra amazzoni e centauri.

Gli autori francesi specializzatisi in storie con protagoniste femminili avevano tutti uno stile specifico.
Abbiamo così le seminude eroine pop disegnate dal belga Guy Peellaert, autore di Jodelle, parodia femminile e satirica di James Bond ispirata a Silvie Vartan, e della contestatrice motorizzata Pravda, che combatte ogni autorità e ipocrisia senza mai fermarsi.

Le protagoniste ancora più esplicitamente erotiche disegnate da Georges Pichard, come l’eterna vittima Blanche Epiphanie (su testi di Jacques Lob), che ridicolizza il modo in cui le donne erano viste nei romanzi d’appendice di una volta. E la ricca “ereditiera comunista” Paulette (su testi di Georges Wolinski), le cui disavventure sono l’occasione per fare satira politica e sociale.

Va ribadito che in molte di queste serie l’elemento erotico appare preponderante insieme a quello satirico e che negli anni sessanta la quasi totalità dei fumettisti è costituita da uomini, che tendono a dare delle donne un’immagine filtrata dalle proprie fantasie senza porsi molto il problema di creare personaggi davvero realistici e complessi.

 

Valérian e Laureline

Tra le serie francesi con protagonisti maschili, un altro punto di svolta per quanto riguarda i personaggi femminili fu quella dell’agente spazio-temporale Valérian, scritta da Pierre Christin e disegnata da Jean-Claude Mézières.

L’eroe, fin dal suo esordio nel 1967, è affiancato da una compagna che ne condivide le imprese su un piano di assoluta parità e che in più occasioni finisce per metterlo abbastanza in ombra.

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Nel primo episodio la giovane e intelligente Laureline, una ragazza dell’XI secolo così indipendente da vagare per i boschi in abiti maschili, decide di seguire Valérian nel futuro non per diventare la fidanzata in perenne attesa del ritorno dell’eroe, ma per arruolarsi anch’essa come agente spazio-temporale.

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Da quel momento Laureline fa coppia fissa con Valérian, prima nel lavoro e poi nella vita privata, dopo aver colmato rapidamente ogni sua lacuna culturale diventando una donna preparata e riflessiva, pur senza mai rinunciare ai sentimenti.

Per il personaggio di Laureline pare che Christin si sia ispirato alla scrittrice Simone de Beauvoir, il che deve sicuramente aver contribuito a conferirle il suo carattere deciso e per niente succube delle autorità maschili.

Laureline contravviene spesso agli ordini, prodigandosi in difesa di popoli alieni colonizzati dai terrestri o comunque facendosi guidare soprattutto dai propri principi etici e di giustizia sociale, e più volte ciò la mette in urto col compagno Valérian, più ligio al dovere e alle consegne ricevute.

Il tecnocratico impero terrestre del XXVIII secolo, la cui capitale Galaxity era la base di partenza delle missioni di Valérian e Laureline, nei fumetti degli anni ottanta è improvvisamente eliminato dallo spazio-tempo e quindi dalle loro storie, lasciando così ai due protagonisti molta più libertà d’azione.
Nel nuovo millennio si decide di intitolare le loro avventure a entrambi, non più al solo protagonista maschile.

Infine, nell’ultimo episodio del 2010, Valérian e Laureline riescono a far riapparire la Terra futura di Galaxity, solo per accorgersi che dopo le tante esperienze vissute liberamente in altri mondi ed epoche non possono più riconoscersi negli scopi e nella disciplina razionale, insensibile e asettica di quella megalopoli, dove l’umanità passa il tempo tra doveri meccanici strettamente programmati e spensierati sogni virtuali (e che rassomiglia fin troppo alla società digitale globalizzata verso cui stiamo andando…).

Per non rinunciare a ciò che hanno raggiunto insieme, i due compagni dovranno escogitare un modo per ricominciare una nuova vita da zero, in un luogo e un tempo a loro scelta.

Fino alla fine si conferma come il disciplinato, impulsivo e spericolato Valérian e l’acuta, accorta e diplomatica Laureline abbiano dei caratteri complementari che si integrano perfettamente, ma ciò fa anche sì che sia lei a dirigere le azioni del compagno e a toglierlo spesso dai guai.

È certo anche grazie all’influenza di Laureline se Valérian subisce un’evoluzione caratteriale che lo porta a non accettare più di sottomettersi agli ordini di Galaxity, decidendo di fuggire con lei.

A saga conclusa, il regista Luc Besson, che ha dichiarato d’essere stato innamorato di Laureline da bambino, sembra aver realizzato un sogno d’infanzia dirigendo nel 2017 il film Valérian e la città dei mille pianeti, tratto da uno dei primi episodi.

Due anni dopo l’apparizione di Laureline, sulla stessa rivista francese Pilote la disegnatrice satirica Claire Bretécher creò una serie comica incentrata su una donna, la principessa femminista medievale Cellulite.

Negli stessi anni anche su un altro periodico per ragazzi, il settimanale belga Spirou, apparvero delle protagoniste adulte dotate di evidenti attributi femminili, come l’hostess Natacha, creata da François Walthery nel 1969, la cui maliziosa sensualità accentuata da un seducente abbigliamento solo dieci anni prima sarebbe stata impensabile in quel contesto editoriale.
E la giovane scienziata Yoko Tsuno, un’esperta giapponese di elettronica coinvolta in storie fantascientifiche creata da George Leloup nel 1970.

Tra le successive protagoniste del fumetto francese troviamo altre eroine del prolifico Jean-Claude Forest, come la ricca adolescente Hypocrite, da lui creata per i giornali quotidiani nel 1971 in storie fantastiche ancora più folli delle precedenti. O come le due rivali in amore Valerie e Mara, comprimarie della serie di fantascienza I naufraghi del tempo, avviata con i testi di Forest e disegnata da Paul Gillon dal 1974.

Altre due atipici fumetti al femminile esordirono nel 1976: Le straordinarie avventure di Adèle Blanc-Sec, in cui l’autore Jacques Tardi fa vivere a una scrittrice di romanzi degli anni dieci del novecento delle situazioni bizzarre, da cui nel 2010 sarà tratto un film di Luc Besson.
E la storia della buffa e aggressiva avventuriera Lili Fatale, creata dall’autore satirico Gérard Lauzier, che in una parodia delle storie di spionaggio alla 007 rielabora in modo spassoso e senza tabù le componenti politiche e sessuali di quel sottogenere.

 

Isabella e i passeggeri del vento

Un terzo momento di evoluzione fondamentale per i fumetti francesi al femminile fu la pubblicazione sulla rivista Circus, dal 1979, della serie Les Passagers du Vent (I passeggeri del vento) di François Bourgeon.

Dipinta ad acquerello con sfumature realistiche sempre più accurate, quest’opera che ha per protagonista la giovane Isabeau (Isabella) de Marmaye, detta Isa, è una versione postmoderna per immagini dei classici feuilleton francesi, i romanzi d’appendice sul genere di quelli di Alexandre Dumas padre, in cui avventure di fantasia e storia reale sono sapientemente miscelate.

In questo caso c’è in più un’eroina talmente realistica e indipendente da sembrare tratta da un romanzo di De Foe o di Zola e sono affrontati temi sociali come l’emancipazione delle donne e degli schiavi, messi a confronto in un costante parallelo non certo casuale. Il modo in cui l’autore accosta durante tutta la serie queste due giuste aspirazioni umane ancora oggi non del tutto soddisfatte, può anche essere visto come una metaforica condanna di ogni discriminazione.

Il primo ciclo de I passeggeri del vento è ambientato tra il 1780 e il 1782: il titolo si riferisce al fatto che buona parte della storia si svolge per mare, a bordo delle navi a vela dell’epoca.

All’inizio del primo episodio la sedicenne Isabella viaggia su una nave francese vestita da uomo e si innamora del marinaio Hoël Tragan, a cui confida d’essere nata nobile con un altro nome, ma che la sua identità le è stata sottratta con un tipico scambio di persona da feuilleton, e di essersi imbarcata per vendicarsi di un ufficiale che l’aveva violentata.

Al di là dei risentimenti che la animano all’inizio, a fare di Isa una femminista ante litteram sono le decisioni con cui prende ripetutamente in mano la sua vita per tentare di darle la direzione che desidera, affrontando con coraggio ogni rischio anche in circostanze avverse e riuscendo a riprendersi dopo ogni momento difficile, in un’epoca in cui la maggior parte delle donne godevano di poca considerazione, potere o autorità.

Quando, dopo uno scontro navale ed essere naufragati, il suo amante Hoël è imprigionato in Inghilterra, è Isa a prodigarsi per liberarlo con la complicità della giovane gentildonna Mary Hereford, che, incinta dell’ufficiale inglese John Smolett, vuole fuggire dal paese insieme a loro per poter tenere il suo bambino sottraendosi all’ira paterna.

Le due coppie si imbarcano quindi alla volta della Francia e di lì per le Americhe, sperando di iniziare una nuova vita al di fuori delle convenzioni oppressive delle rispettive famiglie e società, ma senza saperlo si sono imbarcati su una nave negriera che farà scalo in Africa per rifornirsi di schiavi.

Il soggiorno forzato prima nel regno africano del Dahomey, poi di nuovo sulla nave negriera, dove una rivolta di schiavi è repressa nel sangue, e infine presso una piantagione di Santo Domingo, dà modo a Isa di approfondire la conoscenza delle ambiguità della natura umana e di districarsi tra nuovi pericoli e difficoltà, dando prova di sangue freddo e presenza di spirito ed esprimendo tutto il suo disgusto per lo schiavismo esercitato con crudeltà dagli europei, ma anche per le altrettanto spietate usanze di certi re africani.

 

Alla fine del primo ciclo di avventure, composto da cinque episodi usciti al ritmo di circa uno all’anno fino al 1984, l’appena diciottenne Isabella de Marmaye si ritrova sola su una spiaggia, dopo aver perduto per vari motivi tutti i suoi compagni.
Anche se privata dei vecchi scopi che guidavano la sua vita, superato un attimo di sconforto Isa si riprende d’animo e con una risata si appresta a cercarne di nuovi…

Oltre agli aspetti femministi del racconto e alla sapienza, complessità e sensibilità della trama da un punto di vista umano, in quest’opera Bourgeon ha dato prova di un’eccezionale meticolosità nella ricostruzione del contesto storico, degli usi e costumi dell’epoca e in particolare delle strutture interne ed esterne delle navi del Settecento, nonché di molti dettagli storici relativi alla tratta degli schiavi tra Africa e Americhe.

L’autore aveva disegnato un’eroina simile a Isa in una precedente serie medievale per ragazzi, Brunelle e Colin, e negli anni successivi ha realizzato altri due cicli a fumetti incentrati su figure femminili.

Nella sua saga La Compagnia del Crepuscolo, la popolana Mariotte viaggia al seguito di un cavaliere in un medioevo accuratamente ricostruito, ma in cui la Storia sconfina di continuo nella leggenda.

Invece nel fantascientifico Ciclo di Cyann, realizzato in collaborazione con Claude Lacroix, la giovane e viziata rampolla dell’élite che domina una civiltà aliena deve guidare una spedizione nello spazio a capo di un equipaggio di sole donne.

A distanza di venticinque anni, Bourgeon ha poi ripreso I passeggeri del vento con un secondo ciclo in due episodi intitolato La ragazza Bois-Caïman, pubblicato tra il 2009 e il 2010. La storia è ambientata nella Louisiana di ottant’anni dopo, durante la Guerra di secessione americana.

Nella prima parte del sesto album la protagonista è la pronipote di Isa, anch’essa chiamata Isabeau ma soprannominata Zabo. Dopo essere rimasta orfana si mette in viaggio tra i pericoli della guerra per raggiungere la piantagione in cui vive l’ormai novantottenne bisnonna Isabella, che le narrerà la propria vita da dove si era interrotto il ciclo precedente.

I lettori scoprono così come e perché Isabella si era trasferita in Louisiana, come era diventata un’illustratrice riproducendo dal vero per un’enciclopedia la fauna e la flora locali, come aveva avuto nel frattempo una figlia mulatta con i rischi che un tale fatto scandaloso comportava all’epoca, come aveva trovato marito nel medico Jean Murrait, figlio dell’enciclopedista per cui lavorava, e come era rimasta sfigurata per tentare di salvare la figlia dalla schiavitù.

Si potrebbe dire che il momento in cui a trentatré anni il volto di Isa viene irrimediabilmente deturpato segni, come una metafora indelebile incisa nella carne, l’inevitabile conclusione della sua gioventù. Alla fine sembra che il suo racconto abbia qualche influenza sulla pronipote sudista, che all’inizio dimostrava idee molto meno progressiste di quelle della bisnonna.

Dopo l’uscita del primo ciclo de I passeggeri del vento, dato il successo internazionale ottenuto, nel 1985 l’editrice Glénat varò la rivista Vécu (Vissuto), nata allo scopo di pubblicare a puntate altri romanzi storici a fumetti.

Vi apparvero altre eroine femminili decise e indipendenti, come la giovane spadaccina mascherata Ariane de Troïl, protagonista della serie Le sette vite dello Sparviero e poi dei cicli collegati Masquerouge e Piuma al vento.

Apparvero anche anche la colona francese Louise Dieudonné e la guerriera indiana Grida nel Vento, comprimarie della serie I pionieri del Nuovo Mondo.
Tra i fumetti storici più recenti della Glénat, si può ricordare anche la serie del 2009 I pirati di Barataria, la cui protagonista Artemis Delambre viene inviata nelle Americhe da un padre molto famoso per metterla al sicuro.

Anche nei fumetti fantasy francesi pubblicati da altre case editrici non mancarono delle giovani e coraggiose eroine, come Pelisse, protagonista della serie La ricerca dell’uccello del tempo pubblicata dal 1982 sulla rivista Charlie, e la principessa Sioban nella saga degli anni novanta Il lamento delle Terre Perdute.

Oltre agli autori francesi come Forest, Pichard e Bourgeon, anche in Italia fumettisti come Milo Manara, Cinzia Ghigliano, Luciano Secchi, Vanna Vinci e Luca Enoch hanno finito un po’ per specializzarsi in storie con protagoniste femminili.
Inoltre, la serie mensile della Bonelli intitolata a una donna, la criminologa Julia, scritta da Giancarlo Berardi, riscuote un discreto successo dal 1998.

Insomma, nonostante le fumettiste rimangano ancora in minoranza, qualche passo in avanti nella rappresentazione delle donne nel fumetto è stato fatto.

 

 

(Da Segreti di Pulcinella).

 

 

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