BARBARA BOUCHET, LA BIONDA VENUTA DAL NORD

BARBARA BOUCHET, LA BIONDA VENUTA DAL NORD

Barbara Bouchet, all’anagrafe Bärbel Gutscher, è una bella tedesca di Reichenberg (oggi Liberec), città dove è nata il 15 agosto del 1944 in piena Seconda guerra mondiale, in seguito naturalizzata italiana per meriti di spettacolo.In realtà la nazionalità originaria di Barbara è cecoslovacca perché la sua città natale, oggi in Repubblica Ceca (un tempo Cecoslovacchia), era abitata da tedeschi.Alla fine della guerra la sua famiglia viene espulsa dalla Cecoslovacchia diventata comunista, la quale vede nei tedeschi degli invasori. Dopo essersi rifugiata in un campo profughi tedesco, la famiglia si trasferisce negli Stati Uniti, prima a Five Points in California, quindi a San Francisco. Barbara cresce come una ragazza nordamericana, tenta persino la carta di Hollywood come attrice modificando un troppo duro cognome germanico in un più gradevole e francesizzante Bouchet.Lavora per la televisione statunitense dal 1959 al 1967, partecipando anche a un episodio della serieStar Trekcome bionda aliena Kelinda. La Barbara Bouchet attrice che conosciamo meglio e che ci interessa più da vicino è quella che sconvolge per bravura e bellezza gli spettatori italiani. La commedia sexy non sarebbe tale senza i suoi occhi azzurri, il suo fisico slanciato, i suoi lunghi capelli biondi.Prima ancora non avrebbero avuto lo stesso conturbante sapore certi drammi erotici psicanalitici, ildecamerotico, la commedia alta, di costume, persino politica, per tacere degli horror e dei thriller all’italiana con Fulci e Fernando di Leo. Barbara Bouchet frequenta le riviste erotiche patinate, la televisione, il mondo delle palestre e dellefiction, che ancora oggi la vedono protagonista. Anche un regista-attore di successo come Checco Zalone, la pretende come simbolo di un passato da non dimenticare. Barbara Bouchet sposa Luigi Borghese, dal matrimonio nascono due figli: Massimiliano e Alessandro (chef di successo).Parlare in maniera diffusa di tutti i suoi film è impossibile. I primi lavori sono statunitensi e ci limitiamo a citarli:I guai di papà(1964) di Jack Arnold;La signora e i suoi mariti(1964) di J. Lee Thompson;I due seduttori(1964) di Ralph Levy;Scusa, me lo presti tuo marito?(1964) di David Swift;Donne, v’insegno come si seduce un uomo(1964) di Richard Quine;A braccia aperte(1965) di J. Lee Thompson;Prima vittoria(1965) di Otto Preminger;Agente H.A.R.M.(1965) di Gerd Oswald;James Bond 007 – Casino Royale(1967) di autori vari;La mano che uccide(1967) di Selth Holt (1967);Fino allo spasimo(1969) di Wray davis;Sweet Charity – Una ragazza che voleva essere amata(1969) di Bob Fosse. Barbara Bouchet inizia a recitare nei film italiani nel 1970, esplodendo nel 1972 su ben dieci pellicole. Vediamo le più interessanti. Il film diFranco Rossettiè il primodecamerotico, girato sull’onda del successo deIl Decamerondi Pier Paolo Pasolini. Ildecameroticoprende spunto da un modello colto, lo volgarizza e insiste soltanto sugli elementi farseschi ed erotici. Barbara Bouchet è la presenza più intrigante della pellicola nel ruolo dellacavalla nuda, ripreso da una novella del Boccaccio, che resta indelebile nell’immaginario dei ragazzini di quei tempi. Ildecameroticoè l’antesignano della commedia sexy e in questo film la presenza di Renzo Montagnani, Don Backy e Leopoldo Trieste porta un tocco fresco di comicità.Franco Rossetti è di Siena e spinge per una recitazione in toscano che ravviva la pellicola. Diretto e sceneggiato daFernando Di Leo, ispirandosi ai racconti di Scerbanenco. Fotografia di Franco Villa, montaggio di Amedeo Giomini, commento musicale di Luis Enriquez Bacalov, che compone una colonna sonora indimenticabile, eseguita dai New Trolls e dagli Osanna.Interpreti: Gastone Moschin, Barbara Bouchet, Mario Adorf, Lionel Stander, Philippe Leroy, Frank Wolff, Ivo Garrani, Mario Novelli e Luigi Pistilli. Di Leo legge Scerbanenco, ne assorbe l’ambientazione tra i navigli e le strade di Milano, racconta storie di piccoli malviventi senza futuro, di puttane, di tradimenti, violenza e inganni nel mondo della malavita.Alcune scene erotiche tra la Bouchet e Moschin, un ballo sensuale nel night, completano una notevole trama poliziesca ricca disuspense. Due uomini e una donna sono sospettati di aver fatto sparire trecentomila dollari, per questo motivo vengono torturati e fatti saltare in aria da alcuni malavitosi.Ugo Piazza (Moschin) esce di galera e la polizia lo sorveglia perché è sospettato anche lui di essersi appropriato dei soldi. Rocco (Adorf), braccio destro del boss che si fa chiamareL’Americano(Stander), trova Ugo e lo fa picchiare a sangue. Ugo chiede protezione al vecchio boss Don Vincenzo (Garrani) e al suo braccio destro Chino (Leroy), ma accetta di lavorare per conto dell’Americano.Nel frattempo frequenta Nellie (Bouchet), una vecchia fiamma che ritrova nel night dove lavora. Si verifica un conflitto a fuoco durante un agguato teso a Don Vincenzo, Ugo si rifiuta di sparare ma il vecchio boss rimane ucciso. Nel frattempo spariscono altri trentamila dollari, sottratti all’Americano. Chino si vendica e con l’aiuto di Ugo ammazza L’Americano e parecchi suoi uomini, ma alla fine viene ucciso anche lui. Ugo si riprende i trecentomila dollari che aveva davvero fatto sparire nascondendoli in una casa diroccata. Il finale è a sorpresa, perché si scopre che Nellie faceva il doppio gioco: era d’accordo con il suo amante Luca (che si era impadronito dei trenta milioni) per uccidere Ugo e prendersi i soldi.Non è finita. Ugo viene ucciso da Luca, ma prima di morire uccide Nellie con un pugno e alla fine Rocco ammazza di botte Luca.La polizia conclude la faida arrestando il malavitoso superstite. Di Leo scriveMilano calibro 9elaborando una trama autonoma ispirata dalla lettura diStazione centrale ammazzare subito, uno dei racconti della raccolta dello scrittore di Kiev. Se si vuole, il film risente di altre ispirazioni che derivano daVietato essere felicieLa vendetta èil miglior perdono. Tutto qui. Di Leo è autore in senso stretto, originale e autonomo da ogni tipo di influenza narrativa, per questo legge Scerbanenco, ma dopo lo rielabora e tira fuori un suo prodotto. Il debito con lo scrittore ucraino è soprattutto di atmosfera e di argomenti, perché entrambi raccontano storie di piccola criminalità ambientate a Milano. Di Leo compie un’operazione difficile ma perfettamente riuscita come quella di trasportare le atmosfere violente del western nel noir metropolitano. La cosa migliore del film è una perfetta ambientazione milanese, tra piazza del Duomo, navigli, notturni suggestivi e risvegli nebbiosi in una città grigia e fredda. La fotografia di Villa immortala una Milanoby nightcupa e viziosa, nelle mani di una malavita sempre meno romantica. Il pregevole commento musicale di Bacalov sottolinea i momenti topici della pellicola, realizzando un crescendo di tensione. Le scene girate in interni sono molte, la teatralità è una caratteristica dei lavori del regista pugliese che utilizza gli studi della Dear Film per le scene con dialoghi non sempre convincenti. Le scene di violenza efferata la fanno da padrone, vedendo protagonista soprattutto Mario Adorf, killer al servizio di un boss che agisce dietro le quinte. Tra gli attori spicca un grande Gastone Moschin, perfetto come Ugo Piazza, un duro destinato alla disfatta, un uomo del nord, freddo, calcolatore e imprevedibile. Mario Adorf è altrettanto bravo ed è il suo opposto meridionale, un uomo forte, violento, brutale (doppiato da Stefano Satta Flores), forse il vero protagonista del film.Barbara Bouchet è una stupenda ballerina di night che, in una scena memorabile, danza coperta soltanto da un vestito di perle. Alcuni anni dopo di Leo scriverà un romanzo tratto da questo film:Da lunedì a lunedì, l’arco di tempo in cui si svolgono le gesta di Ugo Piazza che va incontro al suo destino.Fernando di Leo dice in una intervista aNocturno Cinema:“Moschin aveva fatto solo film comici. Adorf me lo inventai. Leroy aderì subito al personaggio e la Bouchet ebbe l’ambiguità necessaria … lavorammo bene fin da quando mi innamorai del titolo e acquistai il romanzo … ma di Scerbanenco c’è poco, qualche spunto; scrissi io tutto il plot, i dialoghi, le psicologie, l’ambientazione”.Per il regista Stelvio Massi questo film è il capostipite di tutto il filone delpoliziesco all’italiana. Brunello Rondiè un altro regista interessante che la Bouchet incontra e che la guida prima in un intenso dramma psicologico comeValeria dentro e fuori, poi in undecameroticodi buon livello (Racconti proibiti… di niente vestiti). Valeria dentro e fuoriapprofondisce un tema che caratterizza tutta l’opera di Rondi, perché è incentrato su problematiche intimistiche e sul carattere di una donna. Interprete principale (nei panni della svedese Valeria) è una stupenda Barbara Bouchet, forse nel film più scabroso della sua carriera, che passerà in televisione solo in una versione tagliata. La bella attrice non è molto considerata dalla critica che la giudica interprete leggera, da commedia sexy, ma per questo film fa un eccezione, Biraghi suIl Messaggeroscrive:“Una Bouchet che non è mai stata così espressiva giungendo a dare di Valeria un ritratto completo, dai turbati smarrimenti alle torve convulsioni da ossessa”. La stessa Bouchet ama moltoValeria dentroe fuorial punto di confessare a Pulici & Gomarasca su99Donne:“Quello era un film con scene erotiche ma assolutamente drammatico, io interpretavo una pazza, e potevo anche dar prova delle mie qualità recitative, non solo mostrare il mio corpo…”.Mereghetti aggiunge:“Resta convincente la prova della Bouchet che si spoglia, ma accetta anche di imbruttirsi, e possiede un’energia di rado mostrata nella sua carriera”. Barbara Bouchet è un’attrice affascinante e brava che dà il meglio di sé nel genere comico erotico, ma in questo caso regala un’interpretazione insolita che si ricorda con piacere.Da segnalare che in futuro rifiuterà i ruoli erotici lasciando che attrici come Corinne Clery e Stefania Sandrelli interpretino al posto suo film di successo comeHistoire d’O(1975) di Just Jaeckin eLa chiave(1983) di Tinto Brass. Pier Paolo Capponi è un credibile marito, compositore d’avanguardia che non vuole figli a ostacolare il successo e finisce per far impazzire completamente la moglie. Rondi tratteggia bene un carattere cinico ed egoista sin dalle prime sequenze. Capponi obbliga la moglie a fare la lampada perché non la vuole troppo bianca e pretende che parli in svedese mentre fanno l’amore perché si eccita in questo modo. Il regista padroneggia bene la tecnica delflashbackche utilizza per far capire le frustrazioni infantili di Valeria. La donna è ossessionata dal sesso fin da bambina, ha visto i genitori mentre facevano l’amore ed è rimasta turbata. La musica sperimentale e lugubre di Bixio accompagna il crescendo di follia di Valeria, pervasa da orribili sogni e desideri irrisolti. La donna è vittima della sua frustrazione, diventa ninfomane, si concede a un operaio, a un collega giapponese del marito e persino al cognato in ascensore. Rondi abbonda in dissolvenze e immagini oniriche della Bouchet che sogna un delicato rapporto distesa in un prato con un uomo in kimono, ma anche in primissimi piani sugli intensi occhi azzurri dell’attrice. Il crescendo di follia è descritto con abilità, la Bouchet dà prova di grandi capacità recitative nella scena del bicchiere rotto, ma pure quando uccide un pesce rosso e mette candele davanti alla foto del marito. I suoi occhi sono spiritati, la risata folle, il carattere tratteggia improvvisi alti e bassi di umore. La parte girata in manicomio è la migliore per realismo e intensità narrativa.Le suore infermiere rappresentano il lato negativo del potere, ma Rondi punta il dito anche su medici ottusi che non lavorano sulla psicologia preferendo farmaci e punizioni. Le parti oniriche sono ottime, rappresentano il sogno di maternità frustrato di Valeria che vede se stessa vestita di bianco, incinta e donatrice di esistenza.Erna Schurer (Emma Costantino) interpreta un’altra malata di mente vittima di oscuri sogni e immagini di uomini che entrano in camera per violentarla. La sua interpretazione è ottima ed è una perfetta spalla della Bouchet all’interno di un manicomio che presenta una serie di tipologie psichiatriche ben caratterizzate. La Bouchet è imbruttita dal trucco, giorno dopo giorno la sua follia peggiora a contatto con un ambiente dove può solo degradarsi. Il cinico marito va a farle visita, la spia da una vetrata, non deve farsi vedere per ordine del medico, in realtà non gli interessa più di tanto. Per lui la vista del manicomio è solo fonte di ispirazione musicale,è il male puro, senza attenuanti, senza ipocrisia. Il marito ha un’altra donna nella sua vita e la moglie è soltanto un problema. Il manicomio è descritto con crudo realismo e il regista riesce a fare un serio discorso contro le cure psichiatriche praticate in una struttura semicarceraria. Un degente si eccita con le bambole, un’altra recita da soprano, altri ancora mangiano ridendo con occhi spenti ed espressioni allucinate. Valeria decide di fuggire, fa l’amore sopra un camion con altri uomini, finisce per dormire come una bestia tra mattoni, terra e cani. Alla fine viene ritrovata dagli infermieri, lacera e sporca, ridotta a una larva incapace di reagire in mezzo alla follia dei degenti. La desolazione del manicomio è ben descritta, tra persone annullate nella loro volontà, assurde punizioni, camicie di forza e punture lombari. Rondi porta la lezione neorealista all’interno di un ospedale psichiatrico e la contamina con un discorso politico-sociale. La sequenza di lotta in giardino tra la Schurer e la Bouchet è perfetta come indice di totale follia e vede protagoniste due donne che si contendono il ruolo di Madonna.Nel finale vediamo Valeria costretta a restare in manicomio, ma una dissolvenza onirica mostra la donna che stringe in braccio un figlio e abbandona sorridendo l’ospedale. La pellicola vede tra gli interpreti Claudio Gora, Umberto Raho, Maria Mizar, Liliana Pacinotti e Rosemarie Lindt.Brunello Rondi sceneggia con la collaborazione dello psicologo Aldo Semerari, che lo aiuta nella costruzione del carattere di una donna repressa dal marito nel desiderio di maternità. Rondi prosegue un discorso critico nei confronti della borghesia italiana, ma fa pure una denuncia nei confronti degli ospedali psichiatrici. Mereghetti concede una stella e mezza a un film che giudicairrisolto, enfatico, gridato, sensazionalista, ambiguo nelle premesse (tradizionaliste) e negli effetti (Valeria rimane sempre un oggetto sessuale e nulla più).Ottime le musiche sperimentali di Franco Bixio, ma anche la fotografia di Claudio Racca non è da sottovalutare. Il titolo originale del film doveva essere semplicementeValeria, ma la produzione pensò bene di aggiungere un ammiccantedentro e fuoriper richiamare un pubblico maggiore.