ANTONELLA FALCIDIA SCRIVE IL NOME DELL’ASSASSINO CON IL SANGUE

ANTONELLA FALCIDIA SCRIVE IL NOME DELL'ASSASSINO CON IL SANGUE

La professoressa Antonella Falcidia è una donna di 44 anni, nota nel suo ambiente per essere una persona molto decisa. Grazie ai buoni contatti della sua famiglia, che possiede un’importante clinica a Catania, è diventata una ginecologa di successo e una docente universitaria.
Invece il dottor Vincenzo Morici, suo marito e coetaneo, non ha avuto la possibilità di fare carriera, è ancora un medico che sta cercando di farsi strada come chirurgo.

Antonella e Vincenzo si sono conosciuti all’università quando erano studenti e si sono sposati subito dopo la laurea. Hanno un figlio, Riccardo, di 18 anni. La sera del 4 dicembre 1993, di ritorno dal lavoro, Vincenzo tira fuori la chiave per aprire la porta blindata della casa di famiglia, in via Rosso di San Secondo a Catania.

Appena mette piede nell’appartamento, l’uomo sobbalza sbarrando gli occhi. Sul pavimento del salotto, accanto al divano, il corpo inerte di sua moglie Antonella giace in una pozza di sangue. I carabinieri, chiamati subito dal marito, iniziano le prime indagini sul luogo del delitto. Ci sono diversi particolari interessanti.

Antonella Falcidia è stata uccisa con 23 coltellate e in un pugno stringe ancora una ciocca di lunghi capelli tinti di biondo, evidentemente appartenuti alla persona che l’ha aggredita. Ben stampate sul tappeto zuppo di sangue, poi, ci sono tre impronte nitide di piccole scarpe da donna. Sembrerebbe il tipico delitto dei romanzi gialli: la porta chiusa a chiave, le finestre sigillate e le tracce lasciate dall’assassino che devono essere interpretate. La parola “giallo” tornerà altre volte in questa vicenda.

Gli inquirenti escludono subito il marito e il figlio dalla lista dei sospettati (anche se i familiari sono spesso tra i primi a essere indagati nei casi di omicidio), e affermano con sicurezza di avere imboccato la strada giusta: «L’assassino ha lasciato molte tracce, sin dal primo momento abbiamo avuto buoni indizi. Possiamo dire che sappiamo chi è, anche se non riusciamo ancora a dimostrarlo, ma non è escluso che entro poche ore possano maturare grosse novità».

Sospettano di una donna, sebbene non ne facciano il nome. Una signora che conosceva molto bene la vittima perché quest’ultima l’aveva ricevuta in vestaglia aprendo la porta, dato che la serratura non risulta scassinata. Inoltre, il volto di Antonella presentava due grossi ematomi: l’aggressore l’ha stordita con due pugni, prima di accoltellarla. Proprio in quel momento la vittima deve essersi aggrappata ai suoi capelli, strappandogliene una ciocca.

Per tutti questi elementi è convinzione generale che il caso verrà chiuso presto, con le manette strette ai polsi dell’assassino, anzi, dell’assassina. E a un certo punto il caso viene effettivamente chiuso, ma senza che si sia riusciti a indicare un colpevole. All’improvviso, infatti, tutti quegli elementi erano sembrati sospetti.

Non è che l’assassino avesse cercato di depistare le indagini? C’è un particolare di una certa importanza che non combacia con gli altri. La persona che ha dato quei potenti pugni sul volto della vittima doveva essere molto forte, quindi ben difficilmente potrebbe essere stata una donna.

Nove anni dopo, lo scrittore Carlo Lucarelli, conosciuto anche per i suoi programmi televisivi, scrive un celebre libro sugli omicidi insoluti. Nel 2006, dopo aver letto il libro di Lucarelli (che in sé non contiene alcuna nuova rivelazione), il pubblico ministero Salvatore Faro si sente ispirato. Sa bene che anche nella provincia sotto la sua giurisdizione, Catania, c’è un famoso caso insoluto. Decide così di riaprire le indagini sull’omicidio della professoressa Antonella Falcidia, utilizzando le più sofisticate tecnologie moderne che nel frattempo sono state messe a disposizione dalla tecnica.

Un’iniziativa che pare subito azzeccata, perché sulla foto di una macchia di sangue trovata all’epoca alla base del divano, viene fatta una scoperta clamorosa. Utilizzando un potente scanner che ingrandisce le immagine senza sgranarle, messo a disposizione dei carabinieri dall’università di Trieste, i tecnici della scientifica hanno evidenziato tre lettere in stampatello tracciate con il sangue: «ENZ».

Enzo, come Antonella chiamava solitamente suo marito Vincenzo? Dove, se non nei romanzi gialli, le vittime indicano i loro assassini con una scritta fatta con il proprio sangue? Il magistrato non ha dubbi, la donna, in punto di morte, ha voluto inchiodare l’aggressore. Ad aggravare la posizione di Morici c’è l’ultima coltellata che ha reciso di netto la giugulare della vittima. La quale è stata sferrata con la precisione di un chirurgo, appunto.

Il 14 marzo 2007, il dottor Morici, che nel frattempo ha finalmente fatto carriera diventando primario all’ospedale di Taormina, viene condotto in prigione con l’accusa di omicidio. La decisione degli arresti viene presa perché il medico sarebbe una persona “pericolosa, glaciale e perfida, perfettamente in grado di commettere altri delitti”.

Il giudice per le indagini preliminari non ne è altrettanto convinto e, dopo che Morici ha passato un mese dietro le sbarre, lo fa scarcerare. Il medico potrà affrontare il processo da uomo libero. Ma quali sono le accuse di Faro e dei magistrati che lo hanno affiancato nelle nuove indagini?

Per gli inquirenti Antonella Falcidia era una donna molto gelosa. Le ragioni per esserlo non le mancavano, dato che era perfettamente a conoscenza dei tradimenti del marito. Ma lui, a un certo punto, aveva promesso che avrebbe rigato dritto e lei gli aveva concesso un’altra possibilità.

Però quella sera, sempre secondo i magistrati, Antonella avrebbe controllato di nascosto la memoria del cellulare del marito, scoprendo il numero di una delle donne che lui le aveva promesso di non sentire più. Dopo la reazione rabbiosa della moglie, sarebbe seguito un violento litigio tra i due, conclusosi con l’uccisione di Antonella.

Purtroppo, gli esami fatti a suo tempo sugli oggetti trovati sulla scena del delitto, dopo un sopralluogo per la verità piuttosto sommario, sono stati buttati via e così non è più possibile stabilire se questa ricostruzione dei fatti regga davvero. Ma ci sono alcuni episodi del passato che alimentano i sospetti nei confronti del dottor Morici.

Solo un mese dopo l’uccisione di Antonella, il padre Giuseppe era morto per infarto e il suo medico curante era proprio il genero. Due anni dopo, morì anche lo zio Enrico, mentre veniva operato allo stomaco sempre da Morici.

Già allora, il criminologo Francesco Bruno, pure lui noto per le apparizioni televisive, dopo aver chiesto inutilmente alle autorità catanesi di accertare quali farmaci erano stati somministrati a papà Giuseppe, aveva dichiarato: «Il killer della Falcidia doveva essere in stretti rapporti familiari con la vittima, che venne sorpresa all’improvviso dall’aggressione. Doveva essere un maschio tra i 40 e 50 anni, avere buone cognizioni di chirurgia, visto come e dove aveva assestato i colpi. Doveva essere una persona lucida, in grado di depistare le indagini, e nutrire un odio profondo verso la vittima colpita con 23 coltellate». Insomma, pur senza nominarlo espressamente, sembra aver fatto il ritratto di Morici.

Di parere opposto è un altro criminologo, Carmelo Lavorino, secondo il quale non si può dire che l’assassino sia un chirurgo perché una delle 23 coltellate è stata sferrata con grande precisione. E le altre 22 coltellate, molto imprecise, chi le ha inferte?

Un medico, poi, si sarebbe ben accertato di avere ucciso la donna, senza darle il tempo di scrivere alcunché. Infine, Antonella Falcidia, ferita com’era, non poteva avere assolutamente la lucidità di scrivere il nome dell’assassino, oltretutto con la mano sinistra non essendo lei mancina (con la destra stringeva la ciocca di capelli).  

Mentre divampano le polemiche tra innocentisti e colpevolisti, il dottor Morici torna tranquillamente a lavorare nell’ospedale San Vincenzo di Taormina. «Cos’altro avrei dovrei fare dopo 34 anni di professione?», risponde seccato ai giornalisti che lo importunano con le loro domande, «Molti pazienti volevano essere operati solo da me, mentre ero in carcere il reparto è rimasto quasi vuoto. Riguardo a quel divano, non c’era sopra la scritta con il mio nome, ma semplicemente una macchia di sangue. Voglio ricordare che i miei rapporti con la famiglia Falcidia sono sempre stati stupendi: la mia attuale moglie ha partorito nella loro clinica e per qualunque problema chirurgico io resto il loro punto di riferimento».

Ma secondo i magistrati, era la moglie che “portava i pantaloni in casa”, nel senso che era lei a dare i soldi contati al marito. Il delitto è avvenuto al culmine di una prolungata frustrazione, proprio perché Morici viveva all’ombra di una donna autoritaria che apparteneva a una famiglia potente in grado di ricacciarlo nell’anonimato dal quale proviene. «Affermazioni prive di riscontro», replica lui, «le origini della mia famiglia non hanno nulla da invidiare a quella dei Falcidia. Inoltre, sono diventato primario solo quattro anni dopo la tragedia, quindi, all’epoca, non avevo certo beneficiato di favori particolari».

Per il processo bisogna aspettare fino al 2011, diciotto anni dopo il delitto. L’accusa chiede una condanna a trent’anni di reclusione, ma il 3 marzo il giudice Grazia Caserta decreta l’assoluzione di Vincenzo Morici. Il medico può così riabbracciare la sua seconda moglie e il figlio avuto da lei, un bambino di dieci anni.

L’assassino (o l’assassina) di Antonella Falcidia rimane senza nome.



(In apertura: foto di Max Kleinen su Unsplash).


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