ALLA SPINA NON C’È SOLO LA BIRRA, MA ANCHE LA SPESA!
Mezzanotte. Domani è sabato e devo sbrigarmi a portar fuori il solito sacco diplastica: passano coi camioncini la mattina presto, quando la maggior parte della gente dorme ancora. Ma da dove è uscito, questo sacco, se la settimana scorsa non ho quasi fatto spesa?Senza contare lebottigliedivetro. Quelle vanno via come il pane, di mercoledì. A costo zero anche questo.Lacartala raccolgono una settimana sì e una settimana no.E guai se tutto non è infilato in bei sacconi trasparenti (tassativo!) e meticolosamente suddiviso: fioccano multe se trovano della plastica nella carta e viceversa, non parliamo del vetro infilato, magari per sbaglio, nel sacco delsecco. Qui la flagranza di reato è luminosa come una lampadina a 100 watt!Insomma, un lavoraccio quello della spazzatura per le massaie, donne o uomini che siano (per una volta tanto non possiamo sbagliarci, anche volendo fare par condicio: il massaio ancora non esiste nel vocabolario italiano, perlomeno, non nel senso di massaia).Un’altra cosa che mi lascia sempre perplessa è questa: ma come, ti do gratis carta, vetro, plastica, perfino l’umidocon cui ci fai concime, te lo faccio trovare bell’e pronto e inscatolato, mi pago pure i sacchi con cui te lo imballo, mi ricordo anche di lasciartelo fuori sul cancello, e non c’è un solo dipendente pagato nelle discariche comunali? No, sono tutti volontari. Io mi dico che se dovesse sparire il volontariato per un solo giorno il Paese cadrebbe a pezzi. In qualche paese d’Europa, per ogni vuoto raccolto ti danno qualche spicciolo. Come facevano una volta: le bottiglie tornavano al venditore, il vuoto valeva qualcosa e veniva ripagato. Oggi lo si distrugge per tornarlo a ricostruire. E l’ultima ruota della filiera, cioè il consumatore, lo paga come nuovo ogni santa volta.In più paga anche la tassa dei rifiuti, sempre più cara.Sì, sto parlando della raccolta differenziata. Gran cosa, eccome!, perlomeno dove si fa. Solo che questo processo illogico ormai comune, ma molto remunerativo per pochi, in cui si distrugge per poi tornare a ricostruire e vendere, lo si potrebbe evitare: è solo uno spreco di materiali, energia, e fonte di ulteriore inquinamento. Oltre che un impoverimento per il classico consumatore.Basterebbe trovare il modo di non fargli più trovare il sacco della differenziata davanti al cancello (il che non significa buttarlo nei boschi o lungo la strada, come qualche volta mi succede di vedere). O fargliene trovare sempre un po’ di meno. E qualche soluzione si comincia a vedere.C’è la seguente notizia dell’ottobre 2014 (TuttoGreen.it), in cui si dice che a Berlino è stato apertoil primo supermercato senza confezioni. Si tratta di un supermercato dove la merce è venduta sfusa. Qui ne parla anche ilCorriere della Sera:Nasce in Germania il supermercato a imballaggi zero. “L’obiettivo è quello di incentivare unoshoppingche siaecologico a lungo termine e non solo nell’immediato.” (…) “Se si diffonderà la filosofia d’acquisto ‘alla spina’, si elimineranno tutti glisprechi associati agli imballaggi: niente involucri di alluminio, scatole di cartone e tetrapack.Ognuno porterà da casa i suoi contenitori e li riempirà tutte le volte che vuole e nelle quantità che più desidera.” Nella pagina dell’articolo pubblicato da TuttoGreen esistono anche diversi link con consigli di immediato utilizzo per una spesa di cui anche le future generazioni ci ringrazieranno: per esempio,Come si ricicla la plastica che stiamo buttando?, oppureRiciclare la plastica al 100% è possibile, anche in Italia, o ancora16 modi di ridurre lo spreco di plastica. Seguendo i vari link che rimandano a ulteriori link di approfondimento, già si comincia con un buon approccio alla spesa. In verità, sembra che fin da molto prima alcuni giovani di Torino avessero aperto negozi alimentari a basso impatto ambientale, come si desume da un altro articolo del giugno 2014, suIl Fatto Quotidiano:Addio imballaggi e buste nei supermercati. In Italia crescono i ‘negozi leggeri’. “Tra i primi esperimenti di negozi d’alimentari a basso impatto ambientale, dove è il cliente a decidere quanta merce acquistare e la plastica e gli imballaggi sono stati aboliti, c’è una realtà avviata dieci anni fa a Torino per mano di cinque giovani neolaureati.” Da un’ulteriore ricerca, vedo anche che, nell’arco di poco tempo, altri hanno colto la necessità di abbattere illoop dello spreco.In Italia sono stati aperti più punti di vendita secondo questa filosofia di basso impatto ambientale. E nelle seguenti pagine, c’è una bella lista di luoghi dove poter fare una spesa futuristica. Il portaleIl fatto alimentare.itdà alcuni indirizzi alla paginaSupermercati senza imballaggi: in fondo all’articolo sono menzionati Negozio Leggero, Pesonetto, Ari ecoidee, Borgo Etico. In ogni sito sono riportati indirizzi e modalità dei punti di vendita, alcuni sono in franchising e arrivano in più punti nel territorio nazionale. E poi vale proprio la pena di dare un’occhiata, magari di mettere il sito nei preferiti, al portale diNon sprecare.itdove, alla paginaNegozi alla spina e senza imballaggi:ecco dove trovarli. Regione per regione, c’è una bella lista esauriente di punti vendita. “Acquistare alla spina permette di ridurre il numero di imballaggi e rifiuti, evitare sprechi di alimenti e risparmiare sui costi dei diversi prodotti.” GIORNALE POP cerca articolisti e redattori.Chi fosse interessato scriva a info@giornalepop.it La collaborazione sarà di tipo volontaristico. […] cresce la quantità della spazzatura, ma con l’educazione e la volontà si può imparare a riciclare e a danneggiare meno l’ambiente. Alcune città ci sono […]