ALFREDO CASTELLI ROVINATO DAL CORRIERE DEI RAGAZZI

Alfredo Castelli è la persona più simpatica di questo mondo e uno dei maggiori sceneggiatori italiani, per cui possiamo anche criticarlo. Diversamente da altri sceneggiatori di moda oggi, che ti farebbero trovare la testa mozzata di un cavallo tra le coperte. Ordunque, se un personaggio interpretato da Alberto Sordi “l’aveva rovinato la guerra”, anzi, “la guera” in romanesco, Castelli è stato rovinato dal Corriere dei Ragazzi. Tutto inizia nel lontano 1908 con il primo numero del Corriere dei Piccoli, supplemento settimanale del prestigioso Corriere della Sera, un giornalino rivolto ai primi della classe figli di papà. Acquisiti i diritti dei maggiori fumetti americani dell’epoca, il Corrierino li aveva privati delle nuvolette e “arricchiti” di leziose didascalie con le rime baciate. I fumetti così ridotti erano alternati ad articoli stucchevoli. La nefasta tradizione delle riviste con fumetti mescolati ad articoli di varia natura, perlopiù didattici, era tipica dell’Europa: i più scafati editori americani e giapponesi si sono ben guardati dal mettere insieme il sacro (i fumetti) con il profano (gli articoli “educativi”). Praticamente tutte queste riviste bislacche hanno chiuso e anche in Francia, oggi, i fumetti vengono venduti soprattutto in albo. Ve li immaginate dei dischi che, tra un brano musicale e l’altro, vi ficcano un pippone educativo? O un film, tra il primo e il secondo tempo? Con il tempo, per meglio contrastare la concorrenza, il Corriere dei Piccoli si è lentamente, troppo lentamente, modernizzato. Finché, negli anni cinquanta, ha introdotto i fumetti avventurosi con le nuvolette: per rovinare pure questi, sono stati fatti disegnare a degli insigni illustratori, cioè a ricalcatori di fotografie privi di fantasia e refrattari alle scene di movimento. Intanto continuavano gli articoli didattici, come se i bambini, diversamente degli adulti, non avessero diritto allo svago puro e semplice. Una svolta più decisa avviene negli anni sessanta, grazie al nuovo direttore generale delle riviste del Corriere della Sera: Mario Oriani. Oriani, che ho conosciuto personalmente, aveva fatto parte della Decima Flottiglia Mas di Junio Valerio Borghese, l’unico corpo armato della Repubblica Sociale Italiana (lo stato fantoccio dei tedeschi) che abbia combattuto davvero. All’inizio degli anni sessanta, Oriani lancia Amica, il primo settimanale femminile moderno italiano, e nella seconda metà del decennio ristruttura profondamente il Corriere dei Piccoli, che ormai si vede superare alla grande dai fumetti in stile americano di Topolino. Il direttore responsabile del Corrierino era Carlo Triberti, considerato con sufficienza da Oriani mentre me ne parlava in tempi più recenti. La rivoluzione di Oriani consiste nel pubblicare il grande fumetto franco-belga del periodo d’oro, quando Oltralpe sceneggiatori ed editor contavano ancora parecchio e i disegnatori non facevano quelli che gli pare: i Puffi, Luc Orient, Michel Vaillant, Bernard Prince e così via. Oltre al grandissimo Jacovitti, del quale ho parlato in“Non si affettano così anche i salami?”, il più grande autore italiano di sempre. Grazie a queste innovazioni, il Corriere dei Piccoli ritorna a vendere 250.000 copie. Nel 1972, Oriani cambia il nome del settimanale in Corriere dei Ragazzi, realizzando un prodotto per gli studenti delle scuole medie, mentre il Corriere dei Piccoli, pensato per i bambini delle elementari, tornerà in edicola poco più avanti come settimanale separato. Redattori e collaboratori del Corriere dei Ragazzi nel 1972 Purtroppo, con il cambio dei direttori, il Corriere dei Ragazzi fa marcia indietro. I grandi fumetti francofoni vengono via via abbandonati, mentre aumentano i fumetti fotografici italiani. E ora, oltre agli “articoli educativi”, assistiamo all’inconcepibile vergogna dei… “fumetti educativi”! I dirigenti della Rizzoli, la casa editrice che nel frattempo ha comprato il Corriere della Sera e i suoi settimanali, cercano in tutti modi di spiegare ai direttori che si alternano alla guida del Corriere dei Ragazzi che i loro lettori non si fanno più comprare il giornalino dalla mamma come i bambini del Corriere dei Piccoli, ma lo scelgono personalmente in edicola, ergo, non compreranno mai delle robe educative. Già la famiglia e la scuola bastano a “educare”. Niente da fare, la redazione non ci sente da questo orecchio. Nei meandri del web ho appena pescato le scansioni dei numeri del Corriere dei Ragazzi usciti nel dicembre del 1975: prendo, a caso, alcune pagine del primo di questi per dare l’idea. In copertina non ci sono fumetti o una ragazza scollacciata (tipo Skorpio prima maniera), ma la foto di due… schermidori!La serie dei “Grandi nel giallo” mi faceva morire. Una volta hanno pure messo Giacomo Leopardi nei panni del detective. Minchia, quel gobbetto di Leopardi! Come sprecare il talento di Mino Milani e Sergio Toppi. C’erano pure i processi a fumetti: qui si dice che Attila è stato condannato dai lettori. Grazie al cavolo! Mentre quella gatta morta di Elena di Troia, mollemente disegnata da Milo Manara, è stata assolta: su questo verdetto non ero e non sono d’accordo! Ma, un momento, stiamo leggendo fumetti o siamo ancora a scuola? La posta dei giovani trendy inizia con un ritratto inedito del poeta ermetico Eugenio Montale e “due denunce sulla scuola d’oggi”. Una “storia vera” a fumetti, con il consueto stile fotografico. Recensione di un critico cinematografico famoso, che inizia il pezzo parlando dell’eccidio nazista alle Fosse ardeatine per fare vedere che siamo impegnati. Segue articolo pallosissimo sulla scuola italiana. Diverse pagine dedicati agli attori di teatro… io, che in vita mia avevo visto solo il teatrino delle marionette all’età di quattro anni (“Arlecchin, mi te copo!”), ero vicino al suicidio. Per fortuna potevo rifarmi con i fumetti Marvel pubblicati dalla Corno. Mino Milani, firmandosi con uno pseudonimo, riduce a fumetti un romanzo ottocentesco rompendo le balle per un’infinità di puntate e mandando in vacca la maestria di Guido Buzzelli, vero autore di fumetti senza ricalco di fotografie. Nella divertente serie televisiva “Big Bang Theory”, quel pazzoide di Sheldon si inventa la rubrica intitolata “conosciamo le bandiere” solo per farci capire che è del tutto fuori dalla realtà. Be’, il Corriere dei Ragazzi questa rubrica la presentava seriamente.L’articolo della rubrica “Noi e il folklore” inizia con “scritte murali e slogan operai”: non commentiamo per amor di Satana. Come promesso dalla copertina, si parla finalmente di uno sport molto popolare.Ecco Micheluzzi, un autore sopravvalutato di cui ci si dimentica le storie mentre ancora le si stanno leggendo. Il suo personaggio è un fotoreporter impegnato a descrivere le brutture del mondo. Un Corto Maltese realistico e sfigato dei tempi moderni. Non capisco perché nel colophon c’è il nome del redattore Ferruccio De Bortoli, futuro direttore del Corriere della Sera, ma non quelli di Alfredo Castelli e Tiziano Sclavi. In breve, i lettori cresciuti con i fumetti francofoni del Corriere dei Piccoli della seconda metà degli anni sessanta fuggono pian piano davanti a questa roba, tanto che il Corriere dei Ragazzi scende a 90mila copie (quando i due principali settimanali a fumetti concorrenti ne vendono 400mila e 500mila). Dato che la redazione snob del Corriere dei Ragazzi non vuole staccarsi dal didatticismo, l’editore prende un direttore esterno che riporta la testata sulle 250mila copie. Ormai il settimanale si chiama CorrierBoy e presenta fumetti di autori meno bravi, anche se più svegli (vedi il mio articolo:“I fumetti italiani erano i più venduti del mondo”). I redattori si ribellano. Tiziano Sclavi cerca di andare a Linus, ma non lo vogliono. Castelli si rifiuta di fare vedere le tette nei suoi fumetti e sfoga la rabbia facendo il sindacalista della redazione. Alla fine troveranno entrambi lavoro da Sergio Bonelli, per il quale creano Martin Mystère e Dylan Dog. Un editore che rappresenta la negazione completa del modo di lavorare che hanno imparato nel Corriere dei Ragazzi, dato che realizza albi senza redazionali e didatticismo: solo fumetti. Castelli e Sclavi avevano avuto l’occasione di anticipare Lanciostory e Skorpio (quelli fighi degli anni settanta), ma l’hanno sprecata. Del resto quei fumetti non li avrebbero saputi fare: anche perché, tette a parte, si sono sempre rifiutati di scrivere storie brevi con il colpo di scena finale o a puntate seguendo un soggetto ben definito. Per capire bene quale sia l’errore di Alfredo Castelli accennato nel titolo, oltre alla storia del Corriere dei Ragazzi occorre riassumere la sua biografia. Siccome sono pigro, invece di scriverlaex novola riprendo dal mio vecchio blog ormai morto e sepolto. Sono anni che raccolgo con infinita pazienza elementi compromettenti per incastrare una volta per tutte Alfredo Castelli, il piacione impunito del fumetto italiano. Nel frattempo, per dare una copertura rispettabile alle mie febbrili ricerche, presento un post sul Castelli umorista perché di Martin Mystère, diciamoci la verità, ne abbiamo tutti piene le scatole. Prendendola alla lontana, partiamo dal Castelli critico fumettistico, professione che ha inventato lui stesso per intrufolarsi nelle redazioni a elemosinare collaborazioni. In seguito imitato da tanti altri autori all’inizio della carriera (perché guardate me?). Alla Corno lo prendono sul serio e, nel lontano 1967, pubblicano le sue amenità fumettologiche nel primo numero di “Eureka”. Così, a Linus che due anni prima era uscito con un saggio di Umberto Eco, il clone Eureka risponde con un altro autore di spessore. Dopo avere curato la rivista “Horror” (insieme al piduista Pier Carpi) dell’editore Gino Sansoni, marito separato di Angela Giussani (la quale grazie agli introiti di “Diabolik” pagava i suoi debiti con tipografi e distributori), Castelli raggiunge l’apogeo artistico nella prima metà degli anni settanta come redattore e sceneggiatore del “Corriere dei Piccoli” diventato “Corriere dei Ragazzi”. Per lavorare facendo il minimo di fatica, attingerò a una introduzione che ho scritto per un libro curato da Castelli. Il tono apologetico è dovuto solo al fatto che ero stato pagato (come al solito) con una cifra notevole, naturalmente versata su un conto estero offshore. … Tra i vari superpoteri che ho, quello meno illegale è sapere riconoscere lo stile degli sceneggiatori. Un babbano qualsiasi è già tanto se distingue un disegnatore da un altro. Mentre a me, quando da piccolo leggevo Topolino, bastavano un paio di balloon per riconoscere una sceneggiatura del grande Guido Martina (all’epoca gli autori non firmavano le storie Disney), e solo in quel caso continuavo la lettura. Comunque a Topolino preferivo il Corriere dei Piccoli, che pubblicava fumetti francobelgi come i Puffi, Lucky Luke, Luc Orient… e qualcosa di Castelli. Ora, le sue prime storie erano robetta. Tipo brevi episodi storici scopiazzati da film americani documentariamente poco affidabili. Avevo nove anni ed ero all’acme della mia potenza intellettiva, in seguito completamente scemata, quando rimasi fulminato dallo stile terso della scrittura alfrediana. I migliori sceneggiatori dell’epoca, il citato Martina, Max Bunker/Luciano Secchi di Kriminal e Guido Nolitta/Sergio Bonelli di Zagor, non scrivevano altrettanto bene dal punto di vista formale. Era la stessa concatenazione delle frasi di Castelli a lasciarmi attonito. Semplici ed efficaci, senza appesantimenti gergali o di altro tipo. Una scrittura cristallina, ripeto. Quasi non importava la storia, mi bastava mangiare quelle frasi perfette. Ti basta così, Alfredo? Castelli trovò una dimensione compiuta come sceneggiatore nelle storie umoristiche a partire da Scheletrino, in appendice a Diabolik, e, soprattutto, nei fumetti divertentissimi del Corriere dei Piccoli: le strisce di Zio Boris disegnate da Peroni; le tavole del Professor Kruntz (plagio quasi completo, sin dal nome, del personaggio di Paolo Villaggio), con i disegni di Fagarazzi (a proposito, Faga, da quanto non ci si vede?); e la rubrica a fumetti Tilt, insieme a Bonvi e il solito Faga. Castelli si misurava quindi con tre format ben distinti: la strip, la tavola e la doppia pagina alla Mad, dimostrando una padronanza assoluta delle relative tecniche narrative. A mio modesto parere, Castelli sarebbe dovuto morire in quei primi anni settanta. Così sarebbe stato ricordato come una sorta di Jim Morrison del fumetto, il più grande autore italiano di tutti i tempi. Invece ha voluto esagerare facendo anche il disegnatore, si fa per dire, con l’Omino Bufo. Qui ha subito il cattivo influsso di Schulz, l’autore di Charlie Brown, che con il suo segno apparentemente semplice ha dato l’illusione a cani e porci di poter disegnare. Ma stranamente, nella sua bruttezza iconica, l’Omino Bufo faceva schiattare dalle risate. Va be’, a un certo punto Alfredo ha strafatto, disegnando (se non ricordo male) un intero calendario e un diario scolastico in allegato alla rivista. Suppongo che proprio dopo aver visto questi sovrabbondanti disegni abominevoli, la Rizzoli abbia deciso di togliere l’umorismo dalle storie del Corriere dei Piccoli, diventato, nel frattempo, dei Ragazzi. Rimasero i fumetti realistici dove Castelli non brillava altrettanto bene. Riusciva ancora a fare fuochi d’artificio con gli Aristocratici, che però erano una via di mezzo tra il comico e il realistico. In quest’ultimo genere raggiungerà livelli altissimi solo alla Bonelli, rispolverando il format a lui congeniale della letteratura avventurosa per ragazzi dell’ottocento. Dopo la falsa partenza su Zagor, Castelli spesso uguagliava Sergio Bonelli su Mister No. Proprio nelle pagine di Mister No aveva iniziato a scrivere le storie misteriose che trovarono sbocco, nel 1982, nella creazione di Martin Mystère. Intanto approdava anche all’Editoriale Corno con l’amico Silver. I due avrebbero dovuto riportare la creatività nella casa editrice dopo la fuoriuscita di Luciano Secchi. Silver e Castelli avevano lanciato una bellissima versione di Eureka, che stracciava Linus in tutti sensi. L’errore era stato di avere fatto una rivista completamente diversa dalla precedente, così i pochi vecchi lettori rimasti se ne erano andati disgustati e di nuovi non erano arrivati per diffidenza nei confronti della logora testata. Fu in quell’epoca che, incredibilmente, Castelli mi telefonò per invitarmi in redazione a fare due chiacchiere. Interrotte da Bonvi che, con un grande colbacco calcato in testa, saliva e scendeva freneticamente dal bar. Senza neanche conoscermi (avevo scritto solo un paio di storie per Lanciostory e alcune altre per fanzine e simili), mi propose di scrivere una storia lunga per Eureka e, addirittura, di prendere in mano Martin Mystère: “Tanto chiuderà tra poco. Pensa che non ha venduto bene nemmeno il primo numero, cosa mai successa alla Bonelli”. Si noti la studiata ipocrisia con la quale tesso lodi sperticate al mio committente. Stordito dal tintinnio dei soldi che mi venivano promessi, conclusi il pezzo con questo auspicio:Prima che si ritiri in pensione, vorrei però che Alfredo Castelli riprendesse a scrivere quelle storie comiche che, mi diceva, per la Bonelli era impossibile realizzare. Che so, uno special con Martino ‘O Misterioso. Per dimostrare ai lettori di oggi che è un autore umoristico al livello del Goscinny di Asterix, anche per la comune influenza di Mad. Ho riportato ampi stralci di questo testo come monito per i giovani d’oggi, affinché non scendano anch’essi a un livello morale così basso pur di arricchirsi in maniera smodata come ho fatto io. A questo punto non mi resta che aggiungere alcuni esempi di fumetti umoristici realizzati da Castelli per il “Corriere dei Ragazzi” nella prima metà degli anni settanta. Li ho ciulati al sitohttp://corrierino-giornalino.blogspot.it/, del quale ringrazio il curatore per l’involontaria quanto preziosa collaborazione. Peraltro, essendo queste storie già piratate, spero che poi non verranno a menarla a me perché le ho ripubblicate. Cominciamo da Tilt, una rubrica di satira sociale ispirata a Mad, la rivista americana della Ec Comics. La rubrica riprende il nome e la struttura del mensile omonimo pubblicato dalla casa editrice Sgt. Kirk, per il quale Castelli aveva lavorato poco prima. La tecnica umoristica è perfetta, i disegni sono di Bonvi, quello delle Sturmtruppen. Vediamo ora Alfredo Castelli in versione striscia, con una scopiazzatura della Famiglia Addams. A Carlo Peroni, primo disegnatore di Zio Boris, seguì Daniele Fagarazzi (con il quale anch’io ho lavorato successivamente, per una serie di fumetti pubblicitari delle merendine). Castelli, in passato, ha cercato in tutti modi di vendere una sua strip alle agenzie dei quotidiani americani, senza mai riuscirci. Und ora ekko a foi ein tafola der krante profezor ti Cermania Otto Kruntz. L’usanza di fare parlare gli scienziati con un forte accento tedesco è precedente a Paolo Villaggio, pare risalga ai docenti universitari ebrei scappati in America dopo l’avvento di Hitler: uno per tutti, Albert Einstein. L’umorismo si coniuga con l’avventura nelle storie degli Aristocratici. I disegni sono del troppo fotografico Ferdinando Tacconi, il quale, una volta, chiedendo di scrivere sulla propria carta di identità la professione di illustratore, si sentì rispondere dall’impiegato comunale:“Illustratore, sì… ma di preciso, cosa lustra?”. Gli Aristocratici ricordano molto l’Alan Ford di Luciano Secchi/Max Bunker e Magnus. Non solo i personaggi sono simili: il capo degli Aristocratici, il Conte, a volte racconta le poco credibili vicende della propria gioventù esattamente come fa il Numero Uno del gruppo Tnt. A una mia domanda, Castelli rispose che sia lui sia Secchi si erano ispirati a un film degli anni sessanta: “Sette uomini d’oro”. E ora preparatevi a una delle esperienze più estreme della vostra vita, che vi farà sembrare ilbukkakeuna onesta attività da educande: è arrivato il momento di godervi qualche pagina del calendario dell’Omino Bufo. Illustrato personalmente dal Giotto del fumetto italiano: Alfredo da Milano. Per il Corriere dei Ragazzi, Castelli non scriveva solo storie comiche, ma anche meno riuscite avventure drammatiche, come “L’Ombra”, con i disegni del fotografico Cubbino. Nel 1976 si conclude l’esperienza del “Corriere dei Ragazzi”, che cambia nome in “CorrierBoy”. Ormai non spero più che Alfredo Castelli torni ai fumetti comici (tra l’altro, in passato scrisse anche alcuni episodi per Topolino), gli piace troppo condurre la vita comoda di autore miliardario di Martin Mystère e del resto alla Bonelli, con i suoi personaggi sempre più seriosi e nichilisti, non sembra esserci spazio per l’umorismo. Ora che avete letto il testo del mio vecchio blog, possiamo tornare al discorso iniziale sul nesso tra il Corriere dei Ragazzi e il motivo per cui Martin Mystère è sempre andato male, malgrado esca ininterrottamente dal 1982. Trentacinque anni di vita per un fumetto che va male non sono certo pochi (Mister No di Sergio Bonelli/Guido Nolitta andava benissimo con 150mila copie vendute, ma è durato meno). Anche vendendo solo 16mila copie sembra che Martin Mystère, con gli alti prezzi di copertina di oggi, possa continuare a uscire come bimestrale. Inoltre è uscita anche una miniserie a colori. Castelli come sceneggiatore ha dimostrato di saper costruire storie umoristiche perfette. La cosa che sa fare meno bene è scrivere avventure realistiche. Per ovviare a questo limite, ha provato con una via di mezzo: le storie avventuroso-brillanti degli Aristocratici. Il problema è che in Italia, a un certo punto, l’unico editore italiano a dare lavoro ai fumettari era rimasto Sergio Bonelli con i suoi personaggi avventurosi. Sì, anche la Disney e Diabolik, ma questi due editori richiedono la stesura dei soggetti che stressano Castelli, il quale, come Bonelli Junior e Senior, preferisce scrivere seguendo una vaga idea.