Il tuo post ferisce i sentimenti della gente: SEI IN ARRESTO | Attento a cosa condividi, finisci in galera
Social network, da oggi l'uso improprio può portare in prigione - Giornalepop.it (Foto Pexels)
I social network possono essere armi affilate: stop ai contenuti lesivi, arriva il giro di vite del Governo.
Com’è davvero la vita al tempo dei social? L’avverbio fa tutta la differenza del mondo, perché non sempre la soggettività può rappresentare un discrimine valido. La realtà è una sola: i nuovi mezzi di comunicazione logorano anche chi non li ha. O non li usa.
Sono ormai trascorsi 25 anni da quando Facebook ha fatto irruzione nelle nostre vite. Per scoprire quale fosse la sua finalità originaria basta affidarsi all’etimologia del nome, che deriva da una vecchia abitudine dei college statunitensi.
Qui esistevano gli “Yearbook”, annuari contenenti le fotografie e i nomi degli studenti e del personale accademico. Insomma, Facebook nasce come un mezzo per provare a rimettersi in contatto con vecchi amici persi di vista, divenuti rintracciabili nell’apparentemente infinito agorà dell’online.
Va da sé che le sue finalità siano cambiate piuttosto rapidamente, così un quarto di secolo dopo Facebook è, al pari degli altri social, non solo per alcuni uno strumento di lavoro e di guadagni anche consistenti, bensì un mezzo attraverso cui fare opinione.
Stop alla deriva social: un post può portare in prigione
Il mestiere dell’influencer oggi non è solo quello di veicolare i propri pensieri ma, appunto, come dice il termine, di condizionare quelli degli altri. Per cercare di conquistare followers bisogna saper essere particolarmente convincenti e persuasivi.
Ma fin dove si può spingere tutto questo? Purtroppo il limite è già stato superato, facendo diventare i social uno strumento per imporle, le proprie idee, e non più per trasmetterle o “condividerle”. Anche a costo di offendere orgoglio e reputazione del prossimo. Una deriva inaccettabile, alla quale si è finalmente deciso di porre un freno.

‘Disagio social’: la nuova accusa fa tremare milioni di italiani
“Qualcuno ha provato disagio a causa del tuo post sui social. Ecco perché sei in arresto”. Questo si è sentito rispondere un utente social apparentemente innocuo dopo aver visto le manette finire ai propri polsi per una “semplice” condivisione. È successo nel Regno Unito, dove l’utilizzo improprio di queste piattaforme è anche superiore rispetto all’Italia. Almeno fino ad oggi.
Già, perché l’arrestato si è difeso sostenendo di non aver pubblicato nulla autonomamente, essendosi limitato a condividere un post di un altro utente. Obiezione respinta, perché ciascuno è responsabile di ciò che compare sui propri profili, a meno di hackeraggi, che potrebbe pertanto urtare la sensibilità di “amici” che magari altri non hanno. Da oggi in UK ferire i sentimenti di qualcuno anche involontariamente e anche se quel qualcuno non lo conosciamo neppure di persona può costare qualche notte in gattabuia. Paradossale, ma pur sempre un corollario della nuova realtà virtuale.
