OFF-SIDE: FUORIGIOCO CON CREPAX E BONVI

OFF-SIDE: FUORIGIOCO CON CREPAX E BONVI

Prima diOff-Sidevi fuLinus.Fino a quel momento, in Italia i fumetti erano stati ospitati in due tipi di pubblicazione: i “giornali per l’infanzia” comeil Vittorioso, ilCorriere dei Piccolieil Giorno dei ragazzi, e i normali “giornalini” nei formati più diversi. Ma i fumetti non erano mai stati pubblicati in una “seria” rivista indirizzata in modo specifico a un pubblico adulto.Non starò a farvi la storia della nascita diLinus, né la lista dei suoi “padri” intellettuali. Ci basta sapere che quella nuova testata ebbe successo e, inevitabilmente, fu imitata.Nello stesso periodo, all’inseguimento del successo diDiabolik, si moltiplicavano anche i fumetti neri che non eranorivoltiagli adulti, mariservatia essi, ruzzolando abbastanza velocemente verso lo sdoganamento del sesso esplicito nel mondo delle vignette… ma questa è un’altra storia. Le riviste a fumetti, dicevo.Linusse la tirava un po’, come fanno quasi sempre quelli che arrivano per primi (si parla del 1965). Alla ricerca del fumetto “adulto”, aveva potuto (e saputo) scegliere il meglio che offriva il panorama internazionale. Gli imitatori si erano dovuti accontentare di quello che restava. Luciano Secchi, già lanciatissimo nel segmento dei fumetti neri, fu tra i primi a buttarsi sul nuovo fronte. Con i materiali che trovò ancora disponibili e secondo i propri gusti, prima conEureka(Sauro Pennacchioli ne ha parlatoqui) e poi con l’effimeroTommy.A quelli venuti dopo non restò che raccogliere le briciole delle strisce sindacate (cioè distribuite dai “syndicates” dei quotidiani statunitensi e britannici), o mettere al lavoro un po’ di autori italiani. Il formato, per tutti (centimetro più, centimetro meno), era quello classico da rivista utilizzato daLinus. Anche i contenuti cercavano di adeguarsi all’originale: un mix più o meno azzeccato di strisce umoristiche, nuove o classiche, e racconti brevi o a puntate.Cercarono di distinguersi, caratterizzandosi con l’uniformità tematica dei contenuti, dichiarata già nella testata,Horrordell’editore Gino Sansoni ePsycodell’Editrice Naka, entrambe destinate a vita abbastanza breve. Al timone della prima c’erano Pier Carpi e Alfredo Castelli, coadiuvati al disegno da autori come Marco Rostagno, Sergio Zaniboni, Carlo Peroni e Giovanni Cianti, con qualche ciliegina del veterano vignettista Coco. Anche la seconda ha tra i principali collaboratori Castelli e Peroni, autori tra l’altro della non entusiasmante serie fissa incentrata sul “detective del soprannaturale” Van Helsing, ma ospita prima “Galassia che vai” di Francesco Guccini e Franco “Bonvi” Bonvicini e, poi, tiene a battesimo il “fumetto d’autore”, pubblicando nel suo sesto e ultimo numero “La rivolta dei racchi” di Guido Buzzelli. Tra le altre riviste che videro la luce, tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta, vale la pena ricordareComics & QuizeHumour, prettamente umoristiche nonché autarchiche,Napoleone, riempita quasi completamente dal tiramolliano Umberto Manfrin con una breve appendice di “prezzemolo” Bonvi, e l’inconsuetaEvvivache, sotto la dicitura “I fumetti del passato”, replicava la formula linusiana, ma con contenuti e personaggi di ormai quasi dimenticati giornalini comeIl piccolo sceriffooRadar, e storie come “Sciuscià”, “Nat del Santa Cruz” e persino il Ridolini di Paolo Piffarerio.Di assoluta qualità la pubblicazione della CenisioWhisky & Gogoche, oltre ai due divertenticharactercreati da Bottaro e Chendi per i giornalini delle Edizioni Alpe, ospitano il western Kendall di Del Castillo, la scanzonata strip Rick O’Shay e Bugs Bunny. Il tentativo di portare in rivista da adulti personaggi nati per l’infanzia è però poco plausibile e ha breve vita. Nel maggio del 1969, l’unico a tentare di uscire dal gregge grazie al formato (e all’uso della bicromia) fuOff-Side, “Giornale Fuorigioco”, come recitava il sottotitolo. Con i suoi circa 28 centimetri di larghezza per 40 di altezza, usciva dalla categoria delle riviste (alle quali, comunque, si accomunava per i contenuti) per ascendere a quella dei “giornali” di cui parlavo all’inizio, anche se non più per ragazzi.Dei quotidiani in formato tabloid adottava anche la carta, la stampa in offset e il prezzo, 90 lire (contro le 150 diTopolinoeDiabolike le300di Linus).Grande (e scomodo) formato, con le pagine vivacizzate da un unico colore quasi fluorescente (cangiante su fronte e retro da un sedicesimo all’altro, passando dall’arancione, al giallo, al verde, al viola…) che andava ad abbellire il bianco e nero di fumetti e redazionali, e un’anima a metà tra la rivista tradizionale e il giornaleunderground.Non è un caso se, nel tentativo di resuscitarla qualche anno dopo in casa Dardo, Bonvicini la ribattezzòUndercomics(il tentativo non andò oltre il numero zero). Come detto, gli ultimi arrivati si dovevano accontentare dellestrip“minori” o crearne di casalinghe. I redattori diOff-Sidedimostrarono però buon gusto, scegliendo personaggi tutt’altro che risibili.Si andava da L’arca di Olaf I di Addison, primo nome di Mort(on) “Beetle Bailey” Walker, a Hi & Lois (la Ciccibùm delCorriere dei ragazzi, da dove proviene anche il Tiger di Bud Blake) sempre di Walker e Dik Browne, per finire con l’accoppiata Biggelow e Bristow di Frank Dickens. Discrete anche The small society di Morrie Brickman, The Willets di Walt Wetterberg, Short Ribs di Frank O’Neal, Mick & Mack di Howie Schneider, e Narice Rossa di Gordon Bess. Sul fronte delle produzioni autoctone, la redazione (romana) diOff-Sideebbe la fortuna di imbattersi in uno dei pochi autori italici di strisce, Franco Bonvicini, in arte Bonvi, che dal 1967 si era conquistato uno spazio sul quotidiano pomeridiano della capitalePaese Seracon le sue Sturmtruppen, dopo aver vinto un concorso del giornale.L’autore modenese si impose come vera colonna portante diOff-Side: oltre alle strisce, si esibì in una serie di racconti brevi interpretati da un suo alter ego cartaceo, impegnato di volta in volta in situazioni mutuate dalla fantascienza classica o di geniale invenzione del fumettista (con la complicità, pare, dell’amico cantautore Francesco Guccini), come il western “La vera storia di Buddy The Kid”, “Seezza della quasità” e, vera perla,“Andiamo all’Havana!” che vedeva il protagonista tentare il dirottamento a Cuba di… un tram! Altri autori italiani furono coinvolti. Del linusiano Guido Crepax furono acquistati i diritti della storia lunga “L’astronave pirata”, già pubblicata in volume da Rizzoli nel 1968, che nella riproposta a puntate sul giornale si avvantaggiò del grandissimo formato e della inedita colorazione. Il disneyano Marco Rota si cimentò, su testi di Ercole Arseni, nella piacevolestripRingo il vichingo. Il sottoscritto ebbe l’occasione di debuttare, diciannovenne fresco di diploma, con Dante, parodia della Divina Commedia recentemente approdata dopo mille peregrinazioni editoriali all’edizione “definitiva” della Shockdom. Alla ricerca di nuovi (e magari più economici) talenti, il giornale già dal primo numero chiedeva ai lettori non solo pareri e critiche, ma anche di proporre racconti e fumetti.Non era un trucco per rimpolpare il numero dei lettori con qualche manciata di aspiranti fumettisti: il mio stesso Dante fu “assunto” dopo essere stato inviato alla rubrica “La pagina dei lettori” insieme alla striscia Pier Giorgio (pubblicata nel n. 8). Pure Panebarco si affacciò timidamente nel mondo dei fumetti su quella pagina con la striscia “Gli Adami”. Nei confronti degli aspiranti autori c’era un atteggiamento un po’ compagnesco, un po’ paterno.Tramite il redattore Carlo Basile mi arrivavano anche i consigli di Bonvi.