UN UOMO UN’AVVENTURA, LA BONELLI DEI GRANDI AUTORI

Un uomo un’avventuraè una collana di grandi albi cartonati a colori con storie autoconclusive, pubblicata daSergio Bonellidal 1976 al 1980. Collana che rimane ancora oggi ununicumall’intero del panorama fumettistico nazionale. Un omaggio senza precedenti alla splendida epopea del fumetto avventuroso classico realizzato dai massimi autori italiani. Una operazione nel solco della tradizione di un genere nato negli anni trenta sulle pagine di settimanali comeL’AvventurosoeL’Audace, quest’ultimo pubblicato a un certo punto da Gian Luigi Bonelli. Proprio in quegli anni fumetti come “Il Garage Ermetico” di Moebius, “HP e Giuseppe Bergman” di Milo Manara e “Pentothal” di Andrea Pazienza sembravano mettere in discussione il concetto stesso di avventura per ricercare nuovi approcci narrativi. Ma l’idea di Sergio Bonelli è differente: non vuole esplorare i territori inesplorati della sceneggiatura, rischiando magari di cadere nell’ermetismo. Intende, invece, dare a grandi autori la possibilità di esprimersi liberamente, senza sentirsi prigionieri di personaggi creati da altri. Bonelli affida a ognuno dei migliori sceneggiatori e disegnatori italiani un diverso capitolo di un puzzle che è una specie di grandioso tributo affettuoso al mondo dell’avventura tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, quando gli Stati occidentali avevano colonizzato praticamente tutto il mondo.Il risultato è una serie ricca di piccoli gioielli, alcuni dei quali costituiscono degli apici nelle carriere dei singoli autori. In sostanza, il tentativo di Bonelli è quello di collegare la tradizione popolare della sua casa editrice con le “riviste di prestigio” sulla scia diSgt. Kirk, l’elegante rivista diFiorenzo Ivaldiche alla fine degli anni sessanta aveva lanciatoCorto Maltese.Ecco, Corto Maltese è la più celebre materializzazione fumettistica del periodo storico in cui si affermò il genere avventuroso riproposto da Un uomo un’avventura. La collana non poteva che iniziare conSergio Toppi, su testi diDecio Canzio.Sergio Bonelli aveva un debole per il disegnatore milanese. Era solito affermare che“quando, da perfetto sconosciuto quale sono, grazie al cielo, al di fuori del piccolo mondo fumettistico italiano, mi presento a qualche manifestazione dedicata ai comics (a New York come a Buenos Aires, Barcellona come ad Angoulême), mi basta una semplice dichiarazione per suscitare l’interesse e la stima dei miei interlocutori: Mi chiamo Sergio Bonelli, pubblico fumetti in Italia e sono l’editore di Sergio Toppi”.La partenza è sicuramente con il botto, il Sudan di Toppi è magico e misterioso. La storia narra un celebre episodio del colonialismo britannico, l’assedio di Khartoum dal marzo 1884 al gennaio 1885. Gino D’Antonioracconta la battaglia di Isandlwana che ebbe luogo il 22 gennaio del 1879 nei pressi dell’omonima montagna del Sudafrica orientale, tra inglesi e indigeni zulu. L’impari scontro vide una forza britannica di 1.800 uomini, tra truppe regolari e coloniali, confrontarsi con l’armata principale del regno Zulu, forte di 20mila guerrieri… mal armati. Con questo numero ci troviamo di fronte a un capolavoro fumettistico, frutto della ormai ampiamente raggiunta maturità artistica diDino Battaglia. Viene raccontata una storia priva di facili eroismi dove la Legione straniera francese combatte i ribelli algerini tra le infuocate dune del deserto del Sahara.Battaglia fa un uso magistrale degli spazi bianchi che di volta in volta diventano non solo lo spazio divisorio tra le vignette, ma il cielo, il suolo, lo sfondo o le figure stesse. Nel farlo ottiene una armoniosa contrapposizione fra vuoti e pieni, che diventa qui la sua cifra stilistica. Arriva il grandeHugo Prattcon unaspy storyalla Graham Greene ambientata nel Mar delle Antille. Non una delle sue meglio riuscite.“L’uomo dei Caraibi fu un’opera che per concluderla mi ci vollero cinque anni. Me la presi comoda, come dicono, e la disegnai poco per volta”, ricorderà l’autore.Della discontinuità realizzativa della storia si accorse anche Sergio Bonelli, che racconta:“Beh, è stato il primo a rifilarmi una storia che aveva già da un po’ nel cassetto e che ha finito in un battibaleno: L’uomo dei Caraibi. Se tu guardi bene, si vede che il suo segno a un certo punto cambia, perché una parte ce l’aveva già pronta. Sai come era Hugo, no? Gli mancavano cinque pagine, e allora una sera mi dice:Aspetta, Sergio, ho quasi finito, domattina te le porto…”. Storia ambientata durante la Prima guerra mondiale, costruita daGino D’Antoniosoprattutto per dare modo aFerdinando Tacconidi sbizzarrirsi nel disegnare vecchi biplani in lotta tra di loro, nel cielo che sovrasta il deserto arabico ai tempi di Lawrence d’Arabia. Alarico Gattiaambienta la sua storia ecologista e crepuscolare durante la corsa all’oro negli ultimi anni dell’Ottocento. Fu questo un periodo di febbrile migrazione di cercatori disperati in aree nelle quali si era verificata la scoperta di pepite del metallo prezioso, nei fiumi Klondike (nel Canada Nord-occidentale) e Yukon (tra Canada Nord-occidentale e Alaska). Ritorna l’accoppiata Canzio-Toppi con una storia ambientata in Messico nel tumultuoso decennio che va dal 1910 al 1920, dove spicca la figura del rivoluzionario Emiliano Zapata. Notevole la rappresentazione delle divise dei soldati e dei sombreri deicampesinos, resi da Toppi attraverso una sottile rete di segni sempre diversi.Indimenticabile il finale avvolto nella struggente poesia della notte messicana. Si ricompone per l’occasione la coppia Gino D’Antonio-Renato Polese, già affiatata dal comune lavoro sulla serie bonelliana “La Storia del West”. I due realizzano un racconto collocato nel periodo della rivolta dei boxer, nella Cina tra il 1899 e il 1901. La sollevazione popolare contro la crescente colonizzazione occidentale delle città costiere, per il controllo dei commerci cinesi, ebbe come base le scuole di arti marziali che utilizzarono il nome di «pugili della giustizia e della concordia», chiamati dai missionari cristiani «boxer». “Ho sempre preferito il western crepuscolare, perché già ti fa capire quali saranno i vinti e i vincitori e personalmente sono più dalla parte dei vinti, di quelli che devono sopravvivere”. Queste parole di Sergio Bonelli (il quale firmava le sceneggiature con lo pseudonimoGuido Nolitta) sono alla base di questa bella storia illustrata dal grandeGalep, il disegnatore di Tex, che si struttura come una dolente riflessione sull’assurdità e l’ingiustizia del genocidio indiano. “C’èEnric Sió, che però ci ha rifilato una cosa per metà già fatta che aveva nel cassetto”, ricorda Sergio Bonelli di questa storia ambientata nel periodo delle grandi scoperte archeologiche, nell’Egitto dei primi decenni del Novecento.Lo spagnolo Sió realizza un’avventura abbastanza classica, decisamente più tradizionale rispetto ad altre sue opere, ma comunque dotata di un certo fascino.