“Ti licenzio perché non sai lavorare”: arriva la sentenza per tutti i dipendenti | Possono licenziarti senza motivo da oggi

Licenziamento, non serve più la giusta causa - giornalepop.it - 20251013

Licenziamento, non serve più la giusta causa - giornalepop.it (foto freepik)

Il licenziamento per giusta causa non è l’unica condizione possibile quando si perde il lavoro: ecco cosa ha stabilito la Cassazione.

Nel nostro Paese, la procedura che porta al licenziamento è definita da una serie di leggi: in primis la Legge 604/1966, ma vi sono anche una serie di condizioni stabilite dallo Statuto dei Lavoratori, dalla Legge 108/1990, dalla Legge 223/1991 per i licenziamenti collettivi e dal Jobs Act.

Le norme che determinano la perdita di lavoro prevedono la possibilità di recedere dal contratto per motivi oggettivi o soggettivi, che devono essere specificati per iscritto.

I motivi economici, organizzativi o di soppressione della posizione lavorativa rientrano nel “giustificato motivo oggettivo”, mentre comportamenti scorretti o inadempienze rientrano nel “giustificato motivo soggettivo” o nella “giusta causa”.

La Cassazione, tuttavia, ha stabilito che non sono più indispensabili queste due motivazioni per perdere il lavoro: massima attenzione a come ci si comporta.

Licenziamento per giusta causa: quando avviene

Si sente parlare spesso di licenziamento per giusta causa, che determina l’immediata interruzione del rapporto di lavoro senza preavviso. Esso avviene in seguito a gravi comportamenti da parte del dipendente, che non consentono la prosecuzione nemmeno temporanea del contratto. Il licenziamento per giusta causa si verifica, ad esempio, per furto, violenza, insubordinazione, falsificazione di documenti o grave negligenza, che compromettono irrimediabilmente la fiducia tra datore di lavoro e dipendente.

In altre situazioni, invece, possono verificarsi il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, che dipende dalla rottura del legame fiduciario, o il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, che è la conseguenza di ragioni organizzative o produttive. Il licenziamento collettivo, invece, riguarda la risoluzione del rapporto di lavoro di più dipendenti. La Cassazione, tuttavia, ha stabilito che un’azienda ha il potere di licenziare un dipendente o un manager anche nel caso in cui si dovesse verificare un’altra situazione.

Sentenza della Cassazione sul licenziamento - giornalepop.it - 20251013
Sentenza della Cassazione sul licenziamento – giornalepop.it (foto freepik)

Licenziamento: la decisione della Cassazione

La sentenza nasce in seguito al ricorso da parte di un manager, licenziato dalla propria aziende in seguito alla perdita di una gara d’appalto. Sebbene lui abbia imputato tale risultato all’inefficacia del suo team di lavoro, la Cassazione ha stabilito – con una sentenza del 2 ottobre 2025 – che un dirigente può essere licenziato anche senza responsabilità diretta, ma in base a una mancanza di vigilanza o di controllo sul gruppo di lavoro.

In questa situazione specifica, la condotta del dirigente è stata valutata insufficiente per continuare il rapporto di lavoro. Quindi, “se il comportamento del dirigente è tale da incrinare definitivamente la fiducia che il datore ripone in lui, il licenziamento è legittimo“.