SILVER SURFER, L’ARALDO DI KIRBY CORRETTO DA LEE

Silver Surfer

È stato detto spesso che i supereroi costituiscono “una mitologia moderna” e che l’universo Marvel, più di altri, ha saputo richiamare e rendere evidente questa circostanza. Se tutto ciò corrisponde al vero il merito va attribuito principalmente a Jack Kirby.

Tutto comincia a prendere forma grazie alla passione di Kirby per i racconti mitologici, che si evidenzia sin dal suo primo lavoro per la Marvel (all’epoca si chiamava Timely) intitolato “Mercury”, sul numero unico di Red Raven Comics del 1940.

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Mercury è naturalmente il dio greco-romano Mercurio, che in questo fumetto scende sulla Terra per combattere Plutone, dio degli inferi, mentre in Europa infuria la Seconda guerra mondiale.

Da questa sua passione per il mito, Kirby trasse l’abitudine di rappresentare i conflitti morali e filosofici usando personaggi divini simbolicamente contrapposti. Kirby ha la tendenza a creare famiglie di personaggi che rafforzano e allo stesso tempo confondono le differenze tra il bene e il male.

Buoni e cattivi appartengono a una grande famiglia ramificata e sovrumana. Le loro relazioni intrecciate e spesso violente risultano confuse ma avvincenti.
Questo è il motivo per cui i fumetti di supereroi della Marvel degli anni sessanta sono senza tempo e profondamente risonanti come lo sono i miti e le leggende.

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Questo avviene in particolar modo nella serie dei Fantastici Quattro, che utilizza le radici fantascientifche del gruppo per esplorare una vasta gamma di mondi nascosti, realtà alternative, razze non umane e super-esseri cosmici.

In effetti è stata questa testata che per prima e più chiaramente ha annunciato al mondo il nuovo approccio fuori misura di Kirby al genere dei supereroi. Uno degli esempi più fulgidi è la celebre “trilogia di Galactus” nei numeri 48, 49 e 50 dei Fantastic Four (marzo-maggio 1966), che introduce per la prima volta i personaggi seminali di Galactus e Silver Surfer. Allo stesso tempo mette in scena uno dei più epici conflitti kirbyani di sempre.

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L’entità chiamata Galactus, quasi una forza della natura amorale e impersonale, deve affrontare la ribellione del proprio araldo Silver Surfer, che vuole impedirgli di “nutrirsi” della energia vitale del pianeta Terra.

In questa saga i potenti Fantastici Quattro sono quasi costretti a vestire i panni degli spettatori davanti a un gruppo di figure “divine” rappresentato da Galactus, Silver Surfer e il pacifico Osservatore. Figure che giocano una partita con in palio il destino dell’umanità.

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All’inizio Jack Kirby non è probabilmente consapevole dell’importanza decisiva dell’episodio, che per altro spicca per la mancanza di una struttura formale definita. Come del resto accade in altre storie dello stesso in quel periodo.
Non è quindi una trilogia coesa creata sulla base di una architettura predefinita, quanto una avventura che si sviluppa liberamente in tre numeri inseriti all’interno di una continuity più ampia.

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I Fantastici Quattro n. 48 prende il via con la fine della lunga saga degli Inumani, che aveva occupato i precedenti numeri. Solo a pagina 7, con l’arrivo dell’araldo di Galactus, inizia la muova storia. Che termina a pagina 13 del n. 50, dato che poi si concentra sugli avvenimenti domestici nelle vite del quartetto. Come le tensioni tra gli sposi novelli Reed Richards e Sue Storm, e il primo giorno all’università di Johnny Storm.

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Questa storia sensazionale, pur con un inizio e una conclusione sfilacciati, pone alla nostra attenzione due personaggi assolutamente inconsueti per il mondo dei fumetti di allora.

Il primo è Galactus. Un personaggio davvero unico, dato che intende divorare “l’energia” della Terra non per malvagità, ma semplicemente per nutrirsi. E per lui gli abitanti della Terra sono come delle formiche.

Il secondo personaggio inconsueto è Silver Surfer, creazione obliqua di un Jack Kirby particolarmente ispirato che arriverà a ribellarsi al suo signore pur di salvare l’umanità.

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La storia comincia con un evidente richiamo biblico. L’arrivo di Galactus è preannunciato dalla comparsa di segni apocalittici: un cielo pieno di fiamme, poi di rocce fluttuanti o “detriti”, che terrorizzano la gente di New York.

Quando compare Silver Surfer, dal terreno biblico passiamo ai miti greci. Nella versione originale di Jack Kirby, Silver Surfer è un personaggio che si ispira alla mitologia pagana, un’ennesima incarnazione di Ermes/Mercurio, il messaggero degli dei, un intermediario tra il divino e l’umanità.

Stan Lee, nel libro “Son of Origins of Marvel Comics” (1975), riconosce a Kirby il merito di avere creato il surfista. Secondo Lee, Kirby ha disegnato a matita il primo capitolo della storia dopo un incontro informale, in cui i due concordarono sul fatto che il prossimo nemico dei Fantastici quattro dovesse essere un gigantesco essere divino “capace di distruggere interi pianeti”. Un concetto piuttosto generico da sviluppare.


La cosa più interessante del ricordo di Lee è la rievocazione della sua sorpresa quando Kirby gli consegna le pagine del primo capitolo della trilogia e vede una figura che vola su una tavola da surf. Kirby gli spiega che un essere potente come Galactus deve avere un araldo, un’avanguardia che lo preceda e gli spiani la strada.

Questo ci conferma come Lee non abbia fornito alcun contributo nella progettazione iniziale del personaggio, ma anche che non aveva il minimo controllo sulla narrazione, dal momento che il surfista è fondamentale per la struttura drammatica del primo capitolo della storia.

A questo punto Stan Lee, affascinato dalle potenzialità che intravede, trasforma il personaggio con i suoi dialoghi. Il personaggio di Kirby, sostanzialmente freddo ed enigmatico, diventa una figura nobile e generosa, capace di sfidare il suo mentore per amore degli umani.


Lee racconta, sempre in Son of Origins: “Quando ho iniziato a scrivere i dialoghi del n. 48 mi sono reso conto che Silver Surfer aveva il potenziale per essere molto più di un semplice e pittoresco personaggio di supporto. Studiando i disegni, vedendo il modo in cui Jack lo aveva rappresentato, ho colto la nobiltà del suo portamento e la qualità quasi spirituali del suo essere”.


Nel n. 49 hanno luogo due “viaggi iniziatici”.
Silver Surfer, come un novello Dante guidato dalla figura femminile di Alicia Masters, che ricorda quella di Beatrice, compie un viaggio dentro se stesso. Fino al raggiungimento di una consapevolezza nuova che lo porta a decidere di ribellarsi a Galactus.
Johnny Storm, come un novello Gilgamesh del famoso poema epico mesopotamico, grazie alle indicazioni dell’Osservatore compie un viaggio attraverso le zone più oscure dell’universo alla ricerca di un oggetto misterioso che salvi l’umanità dalla minaccia di Galactus: il “nullificatore definitivo”.


Nel n. 50 la storia trova la sua conclusione: la battaglia tra Galactus e Silver Surfer permette di guadagnare il tempo necessario alla Torcia Umana per tornare dal suo viaggio con il nullificatore.

A questo punto Silver Surfer incarna la figura mitologica di Prometeo, il titano che osò sfidare gli dei portando la conoscenza del fuoco agli uomini. E come Prometeo viene punito.
La vendetta di Galactus, come tutte le vendette divine è terribile: il surfista d’argento viene confinato per sempre sulla Terra, insieme agli esseri umani che ha voluto con tutto se stesso salvare.

Con i suoi dialoghi, Stan Lee trasforma il personaggio creato da Jack Kirby ispirandosi agli dei pagani in una figura dalle suggestioni messianiche, in grado di guardare all’umanità con animo compassionevole e di sacrificarsi per essa (una versione “cristiana”, pur essendo Lee ebreo come Kirby, che verrà approfondita nel 1968, quando gli dedicherà una travolgente serie disegnata da John Buscema: per la quale vedi qui – NdR).

Creato da Kirby e messo a punto da Lee, questo personaggio originalissimo, nato come un semplice espediente narrativo per drammatizzare l’arrivo di Galactus, assume una vita propria che lo porta a rubare la scena ai Fantastici Quattro, per assurgere al ruolo di mattatore della storia.

 

 

 

2 commenti

  1. Due geni al lavoro, producono capolavori.
    Senza Kirby sicuramente Silver Surfer (come tanto altro) non sarebbe mai nato, ma senza Lee forse sarebbe anche lui diventato solo un personaggio di contorno (vedi OMAC per esempio). Io sono sempre più convinto che fu la squadra a creare il risultato. Nessuno dei due senza l’altro ha dimostrato di poter raggiungere quelle vette. Potrei citare molti esempi al riguardo. Kirby e Lee erano uno complementare all’altro, per una strana alchimia, unica e irripetibile. Forse solo quando si placherà il risentimento, giustificato, che porta a vedere Lee come il furbacchione che è stato, si capirà la MAGIA del binomio. Comunque complimenti per l’articolo come sempre ben fatto e piacevole.

  2. Buonasera.
    Ma come si ritrova questa storia?
    È stata ripubblicata?
    Oppure bisogna recuperare i tre vecchi albi?

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