SILENT HILL DA STEPHEN KING A DAVID LYNCH
Nel 1999 leggevo suPsm(internet ce l’avevo già, ma era un’epoca ancora perlopiù analogica) del giocoSilent Hill, prodotto daKonami. Non era un vero e proprio articolo su Silent Hill, ma poco più di un trafiletto d’anteprima.In Giappone, si diceva, il gioco sarebbe uscito a marzo, mentre da noi, nel vecchio continente, ad agosto. Mi incuriosiva molto ‘sto Silent Hill. A partire dal titolo: “Collina Silenziosa”, strano nome per un videogame. Tanto più per unsurvival horror. In quelle due foto pubblicate ce n’era una in cui si vedeva questo personaggio, fermo, vicino a una barella per ambulanze logora e completamente ricoperta di sangue. La barella si trovava in un vicolo di una città completamente avvolta dalla nebbia. All’epoca, avevo già lettoLa nebbia(The Mist) diStephen King. L’analogia di fondo, pensai fosse un caso. A ogni modo, da come se ne parlava, si capiva che c’era qualcosa di strano. Che Silent Hill fosse, fondamentalmente, qualcosa di diverso. Abbiamo già visto com’era la situazione del periodo nell’articoloVideogame anni ottanta: l’evoluzione del gore e dello splattere inDove, come, quando è perché è nato il “survival horror”, dunque non è che i survival horror fossero ‘sta gran novità. All’epoca chiedersi se i videogame fossero o meno “arte” per me era una cosa da sclerati.“Come no, i videogiochi so’ arte, c’hai ragione”, rispondevo con una risatina di pietà mista a tenerezza. Tuttavia a un certo punto le cose, così come le mie idee, cominciarono a cambiare. L’avvento del compact disc come formato standard del settore videoludico diede agli sviluppatori la possibilità di rendere i giochi decisamente più complessi e profondi. Una vera rivoluzione che introdusse riprese, dialoghi e filmati in Fmv. Tutte cose impossibili da realizzare sui vecchi sistemi a cartucce. Chi per primo arrivò a capire e sfruttare al meglio le possibilità offerte dalla nuova tecnologia fuCapcomconResident Evil. Un prodotto che sfoggiava caratteristiche cinematografiche del tutto sconosciute, con cui è stato in grado di trascendere il videogioco così come inteso fino a quel momento. La linea di confine fra vecchio e nuovo, dunque, era stata definitivamente tracciata. Ciò significa, come successo pochi anni prima conL’attacco dei cloni di Street Fighter II, che lo sciame di cavallette imbruttite cominciava a impazzare. Chi più chi meno, tutti s’affannavano nelvoler dire la propria: nel 1999, anno in cui come detto uscì Silent Hill, ci s’annegava in un fottìliardo di survival horror. Nessuno si aspettava però, che a soli tre anni dall’uscita diResident Evil, Silent Hill avrebbe tracciato una nuova linea di confine. Resident Evil era sì un prodotto rivoluzionario, ma nella forma, non nella sostanza. Lo zombie che t’agguantava all’improvviso da dietro un angolo, per dire. Oppure, gli stramaledetti cani che sfondavano a tradimento la finestra, con il rischio di farti venire un coccolone letale, funzionavano alla grande. Ma funzionavano grazie e soprattutto all’immersività del media. Questo è il punto: la stragrande maggioranza dei giochi faceva affidamento su grossolanijumpscare, cliché e dinamiche tipiche deib movieamericani degli anni ottanta. Ciò che portò a un divario enorme tra Silent Hill e tutti gli altri survival horror fu l’approccio all’orrore. Basandosi su elementi che andavano al di là dello spavento improvviso e momentaneo, Silent Hill giocava con un orrore più subdolo. Studiato per mettere costantemente a disagio il giocatore. Per farla breve, l’ispirazione è il sentimento che spinge un individuo a dar vita a un’opera. L’ispirazione è qualcosa che tutti, in un modo o nell’altro, abbiamo avuto. Tuttavia ispirarsi non significa altro che copiare da chi è meglio di te. Personalmente, tendo a diffidare di opere“troppo ispirate”. Semplicemente perché il confine che separa la citazione, l’omaggio, dalla semplice copia è molto sottile. In altre parole, da ispirazione a ridicolo pastone ultra-derivativo è un attimo. Pure i gamberetti del West Bengala sanno che i nomi delle strade di Silent Hill sono in realtà citazioni a grandi autori. TipoIra Levin,Richard Matheson,Ray Bradburye via dicendo. Chiaro anche che la più ovvia e palese influenza degli sviluppatori riguardi proprioStephen King. Anche se lì in alto non c’era quellaBachman Road, riferimento aRichard Bachman, il famoso pseudonimo di King. La somiglianza conLa nebbiaera tutto tranne che un’impressione mia. Nel romanzo di King, a seguito di una violentissima quanto innaturale tempesta, una cittadina del Maine si ritrova coperta da una fitta coltre di nebbia. Un gruppo di persone si asserraglia in un supermarket nel tentativo di sfuggire alla nebbia che, del resto, nasconde ogni genere di mostruose e aberranti creature. A un certo punto i sopravvissuti cominciano a dividersi in diverse fazioni. Tutte con idee contrastanti sulla nebbia e su cosa bisognerebbe fare. Uno di questi gruppi è guidato da Mrs. Carmody, una fanatica religiosa. La quale convince gli altri che la fine del mondo è arrivata e l’unico modo per purificare i loro peccati è attraverso il sacrificio umano. Chiunque abbia giocato almeno una volta a un qualsiasi capitolo di Silent Hill saprà della radio. Una radiolina portatile che i protagonisti si portano dietro, e che emette un suono di statica ogni volta che unacreaturasi trova nei paraggi. E sì, pure ‘sta cosa è presa di peso daLa nebbiadi King. Dove la presenza dellecreatureporta un disturbo nei segnali radio. “Ho intenzione di lasciare queste pagine sul bancone, forse un giorno qualcuno le troverà e le leggerà”, diceva David Drayton, il protagonista deLa nebbia. Nel primo Silent Hill i punti di salvataggio sono rappresentati da taccuini. Su cui Harry Mason, il protagonista del gioco, scrive alcuni appunti. Come si può evincere dal testo che appare a schermo (“Un giorno, qualcuno potrebbe sperimentare questi eventi bizzarri. Spero possa trovare utili i miei appunti”), questa è un’altra bella citazione al romanzo. Anche se sono del parere che il vero tocco di classe di tutta ‘sta manfrina sia un altro. E viene da Stephen King, che nelle note diSkeleton Crewdiceva che l’idea perLa nebbiagli venne da un’esperienza reale. Il giorno dopo un terrificante temporale andò al supermercato per comprare panini e hot dog insieme al figlio. Mentre cercava la roba, s’immaginò un grosso volatile preistorico che svolazzava nel negozio. Ecco, quando Harry Mason si sveglia nel Cafe 5to2 all’inizio del gioco, il primo mostro che affronta è un Air Screamer. Una creatura simile a uno pterosauro che si schianta dentro attraverso una finestra. Vicino al bancone c’è un flipper, lo stesso a cui sta giocando Malachia inGrano rosso sangue. Oltre al poster con su scritto “Study Dammit!”, lo stesso che realizzò King ai tempi del college per “ispirare” gli studenti a studiare.Dulcis in fundo, il Cafe 5to2 è lo stesso locale che appare all’inizio del filmNatural Born Killers. Insomma, tutto è un’enorme citazione. I punti di contatto fra Silent Hill e Stephen King non si limitano a un soggetto e qualcheeaster eggbuttato qua e là. Ulteriore fonte d’ispirazione per il gioco proviene da altri due suoi lavori:CarrieePet Sematary. Nel primo, Carrie è una ragazza dotata di enormi poteri psichici, ma triste e sola. Vittima di costanti soprusi e angherie a opera della madre fanatica religiosa e dei bulli della scuola. InPet Sematary, Louis Creed si trasferisce con la famiglia, moglie e due figli, nella piccola città di Ludlow. Louis stringe una forte amicizia con il suo vicino di casa, il vecchio Jud Crandall. Quando Church, il gatto della figlia di Louis, muore, per sdebitarsi di aver salvato sua moglie, Jud decide di rivelare a Louis il segreto di Ludlow, mostrandogli il sentiero che porta al vero“cimitero degli animali”. La zona un tempo era abitata dagli indiani mi’kmaq. I quali seppellivano lì i loro morti sapendo che, in un modo o nell’altro, sarebbero ritornati grazie al potere di quel luogo. Alla fine i mi’kmaq abbandonarono la zona, forse perché, a differenza di Louis, capirono che ciò che è morto è meglio che rimanga morto. Ecco, questo è ciò che mi affascina di Silent Hill. Il fatto cheKeiichiro Toyama(direttore e sceneggiatore del gioco) e il Team Silent hanno sì preso ispirazione da un fottìo di roba, ma certo non si sono limitati a schiaffarla assieme. No, da questa roba hanno tirato su una vera e propria mitologia. Nel corso del tempo la storia del gioco è diventata sempre più profonda, stratificata. Parte dal 1500, quando il territorio nei pressi del Lago Toluca era abitato da una tribù di nativi americani di cui non si conosce il nome. Cento anni dopo il sito viene occupato da coloni europei, che in seguito, proprio come i nativi, lo abbandonano. Stavolta a causa di una misteriosa epidemia. Fortemente influenzati dal bizzarro culto dei nativi che li hanno preceduti, i coloni costituiscono“L’Ordine”. Il quale, come la Santa Inquisizione, persegue donne innocenti mettendole al rogo con l’accusa di stregoneria. I successivi trecento anni sono un susseguirsi di misteriosi fatti di sangue. Verso la fine dell’Ottocento vengono scoperte delle miniere di carbone e così il territorio intorno al lago Toluca, conosciuto come Devil’s Pit, viene acquistato da privati che fondano la città di Silent Hill. L’Ordine è sempre presente ma, a causa di uno scisma interno, pochi anni dopo le famiglie Shepherd, Holloway, Bartlett e Fitch si distaccano fondando la città di Shepherd’s Glen (dov’è ambientatoSilent Hill: Homecoming). Arriviamo verso la fine degli anni settanta. Quando Dahlia Gillespie, sacerdotessa de L’Ordine, sacrifica sua figlia Alessa bruciandola viva. Il piano de L’Ordine è quello di accelerare la venuta del dio su cui si basa il loro culto. Alessa, quindi, sarebbe una specie di tabernacolo grazie al quale il dio Samael potrà nascere su questa Terra. Tuttavia Alessa viene salvata in extremis da Travis Grady (protagonista diSilent Hill: Origins). In ospedale il primario Michael Kaufmann dichiara Alessa ufficialmente morta. In realtà, la ragazzina viene segregata nel seminterrato dell’ospedale e ridotta in uno stato semicomatoso.