ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEE

ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEE

Roy Thomas è un predestinato: passare da fan della Marvel ad autore Marvel in 15 minuti, dopo avere incontrato per la prima volta Stan Lee all’età di 25 anni non è da tutti.

Nel 1965, durante il fine settimana seguente all’incontro, Thomas scrive, non accreditato, i dialoghi per un fumetto a metà strada tra la commedia e il romanticismo con protagonista una bionda chiamata Millie the Model, una serie iniziata negli anni quaranta e che continuerà fino ai settanta.

Ma non è un caso fortuito, Lee conosceva bene Thomas, il giovane che veniva dallo stato del Missouri, come autore di molte lettere inviate alle testate Marvel e come autore di Alter Ego, una delle prime fanzone dedicate al fumetto.

ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEE

Dopo aver co-firmato insieme a Stan Lee alcuni brevi episodi autoconclusivi per Tales of Suspance e Strange Tales, la prima storia che Roy Thomas firma da solo è “Armageddon”, apparsa sul n. 29 di Sgt. Fury and his Howling Commandos nell’aprile del 1966.

Thomas subentra nella serie a Stan Lee, che aveva scritto i 28 episodi precedenti, i primi 7 in coppia con Jack Kirby e i restanti assieme a Dick Ayers.ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEE

Stan Lee lascia a metà una storia che vede come avversario di Nick Fury il barone Von Strucker. Niente paura, il pupillo del Sorridente (questo il soprannome di Lee) dimostrerà di sapersela cavare egregiamente.

ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEE
Roy Thomas resterà alla Marvel fino al 1981, quando ai ferri corti con Jim Shooter, che vorrà rendere incompatibile il ruolo di sceneggiatore con quello di editor, deciderà di lasciare la marvelliana Casa delle idee per la Dc Comics.
È ancora attivo al giorno d’oggi come sceneggiatore (qui la sua intervista a Giornale POP), anche se le sue collaborazioni si sono molto diradate.

Il meglio di sé Thomas l’ha dato nei 16 anni passati alla Marvel, contribuendo a renderla grande scrivendo storie che, spesso, sono rimaste nei cuori dei lettori.

ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEE

La poetica di Thomas, nelle sue storie migliori dal 1968 al 1973, si sviluppa seguendo due direzioni.
Da un lato tende a costruire le storie attorno a un nucleo centrale costituito prevalentemente da forti contenuti emozionali. Sono le intense emozioni come la rabbia e la disperazione a determinare lo sviluppo dell’intreccio.

ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEE
Dall’altro lato l’autore inserisce delle tematiche di base sempre più complesse, come il razzismo, il rapporto figli-genitori, la diversità in generale, che contribuirono al passaggio del fumetto americano dalla Silver age alla Bronze age.

Analizziamo brevemente quelle che riteniamo essere le sue storie più belle.

 

“Behold the vision” Avengers n. 57 (Agosto 1968)

Roy Thomas arriva sulle pagine dei Vendicatori nel dicembre 1966, sul numero 35. Lo fa quando i Vendicatori sono il quinto titolo Marvel più venduto, dopo l’Uomo Ragno, i Fantastici Quattro, Thor e Devil.

Di “Mancò la luce” Thomas scrisse principalmente i dialoghi di una trama ideata da Stan Lee e Don Heck (per lo più da Heck). Inizierà a scrivere autonomamente le storie dal numero successivo e continuerà a farlo fino al 1972.

ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEE

Contribuisce a dare anima a un gruppo che ancora non l’aveva, del quale scriverà alcune delle storie più belle a cominciare dal dittico composto da “Osservate la Visione” e “Anche un androide può piangere”, disegnato da John Buscema.

Si tratta di una pietra miliare nella storia della Marvel, se non altro perché introduce un personaggio che diventerà uno dei Vendicatori più amati: l’androide Visione. In questo è aiutato da Stan Lee, che gli suggerisce di rifarsi a un personaggio della Golden age creato da Joe Simon e Jack Kirby.

ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEE

L’inizio è maestoso, con la Visione che sorvola la città sotto la pioggia. La tensione si alza quando la Visione attacca la vendicatrice Wasp. Poi subentra il mistero quando l’androide crolla a terra senza motivo.

Si materializza infine la minaccia di Ultron, il malefico robot costruito da Henry Pym, a sua volta creatore di Visione. Si tratta di un duplicato della classica storia della creatura che si ribella al suo creatore: Ultron si ribella a Henry Pym e Visione si ribella a Ultron.

Nel finale leggiamo nelle didascalie la famosa poesia “Ozymandias” di Percy Bysshe Shelley, mentre un ragazzino gioca svogliatamente con la testa di Ultron.
Un finale che lasciò a bocca aperta molti giovani lettori di fumetti dell’epoca.

 

“Do or die baby” Uncanny X-Men n. 59 (Agosto 1969)

Thomas inizia a sceneggiare le storie degli X-Men dal n. 20 del maggio 1966. Per lungo tempo scrive svogliatamente al servizio dello sgraziato Werner Roth, mentre il titolo perde sempre più lettori.
Tutto cambia con l’arrivo di Neal Adams, almeno dal punto di vista qualitativo.ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEE
Sul n. 54, disegnato da Don Heck, Roy Thomas aveva introdotto il Faraone Vivente e Alexander Summers, il fratello di Ciclope.
Con il n. 56 le matite passano a Neal Adams, che realizza un lavoro superbo. La storia intanto diventa sempre più interessante: Alex Summers scopre di essere anche lui un mutante dai poteri stupefacenti, prendendo il nome di Havok.ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEEThomas gioca molto sullo sconcerto di un ragazzo ventenne alle prese con poteri che vanno al di là della sua immaginazione. Ne fa un personaggio tragico, quasi shakespeariano, portando l’intero gruppo degli Uomini X in una dimensione diversa dalla solita.

ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEEIn “Agisci o muori”, Bestia, Ciclope e Marvel Girl riescono a introdursi nella base delle robotiche Sentinelle per liberare i loro compagni tenuti prigionieri. Anche Havok partecipa allo scontro, ma i robot giganti vengono sconfitti definitivamente soltanto da uno stratagemma logico inventato da Ciclope. L’astuzia prevale sulla forza, dai tempi di Ulisse in poi.

 

“And a child shall lead us” Captain Marvel n. 17 (Ottobre 1969)

Stan Lee aveva creato Capitan Marvel sulle pagine di Marvel Super Heroes n. 12, ma non era riuscito a dargli un senso, anche perché invece di Jack Kirby e Steve Ditko il suo coautore era Gene Colan, un disegnatore non molto versato come co-sceneggiatore.

Quando a Captain Marvel viene dato un titolo tutto suo, Lee lasciò volentieri a Roy Thomas l’onere dei testi. Thomas scrisse i primi quattro numeri, sempre per le matite di Gene Colan, poi subentrarono lo sceneggiatore Arnold Drake e Don Heck.
Il titolo continuava a perdere lettori, così Stan Lee decise di riaffidarlo a Thomas.

ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEE

Roy Thomas racconta che aveva già preparato la trama di Capitan Marvel n.17 e l’aveva praticamente consegnata nelle mani di Don Heck, quando Gil Kane entrò nel suo ufficio. Si era già accordato con Stan Lee per lavorare su Capitan Marvel.

Quando Roy Thomas vide la splash page iniziale di Kane fu elettrizzato. In seguito Kane gliela regalò e Thomas ancora oggi la possiede: Capitan Marvel fluttua nell’iperspazio, ripreso dall’alto, immobile ma con tutti i muscoli del corpo in tensione. Un inizio con il botto.

ROY THOMAS, I CAPOLAVORI DEL BRACCIO DESTRO DI STAN LEE

Qui Thomas introduce una forte novità nel personaggio. Uno dei punti deboli di Capitan Marvel era la mancanza di un’identità segreta. Niente identità segreta, niente super problemi. Veniva a meno uno dei punti fermi del “metodo Marvel”.

Thomas riesce a trovare il modo di dare a Capitan Marvel un alter ego, imprigionandolo in una doppia identità con Rick Jones, l’ex giovane partner di Hulk e poi di Capitan America. La complessa relazione tra questi due uomini coraggiosi che si scambiano continuamente di posto tra Terra e “zona negativa” mediante lo sfregamento di due bracciali Kree innalza l’asticella delle identità problematiche.

 

The Killing of Brother Brimstone” Daredevil n. 65 (Giugno 1970)

Quando il disegnatore Gene Colan tornò su Devil n. 53, dopo essere stato assente per tre numeri, al posto di Stan Lee trovò Roy Thomas. Colan si era abituato a costruire una storia a partire dalle minimali indicazioni del Sorridente date a voce, telefonicamente o davanti a un sandwich e a un caffè.

Con Thomas le cose cambiarono. Lui la storia la scriveva.


Anche se, benché scritti, i soggetti continuarono a essere poco più che sintetici spunti dai quali partire per sviluppare una storia compiuta di una ventina di pagine. Se il Decano, così veniva chiamato Colan, non seguiva ogni riga scritta da Thomas il numero due della Marvel non se la prendeva più di tanto.

Spesso, infatti, succedeva che Gene Colan piegasse lo storytelling alle proprie esigenze di rappresentazione grafica. In pratica, le storie venivano costruite sulla base di ciò che il Decano preferiva disegnare. Alla fine i dialoghi di Thomas riuscivano sempre a salvare la situazione.

“Un uomo chiamato Brimstone” è un episodio enigmatico e tenebroso, che ricorda i film noir degli anni quaranta, una storia che ci permette di osservare da vicino il particolare metodo di lavoro di Roy Thomas.
Allo sceneggiatore del Missouri piaceva prendere spunto da romanzi o da film e mescolarli insieme per ottenere qualcosa di nuovo. Gli spunti alla base di questa storia sono due.


Il primo è la serie gotica televisiva Dark Shadows, di cui Thomas era un accanito spettatore a causa del vampiro Barnabas Collins, interpretato da Jonathan Frid, che aveva un aspetto davvero tenebroso.

Il secondo spunto è il film di Robert Aldrich del 1968, L’assassino di Sister George, che narra come la vita di un’attrice di soap opera aveva iniziato a sgretolarsi quando il sospetto che la produzione volesse cancellare il suo personaggio dalla serie si era insinuato nella sua mente.

Karen Page, ex segretaria e fidanzata di Matt Murcock, sta lavorando come attrice a Los Angeles in una soap opera dove compare un malvagio chiamato Fratello Brimstone. All’improvviso da personaggio di finzione diventa reale, e comincia ad accanirsi contro i componenti della troupe.

La vicenda cattura la nostra attenzione per un’atmosfera di mistero carica di tensione, grazie anche al grande lavoro fatto da Gene Colan alle matite.

Il merito maggiore della run di Thomas su Devil è stato quello di aver iniziato a costruire una identità autonoma a un personaggio di cui Lee aveva fatto un clone dell’Uomo Ragno un po’ più vecchio e raffinato.
Con Thomas iniziano a comparire le atmosfere cupe e le note malinconiche che troveranno il loro compimento anni dopo con Frank Miller.

 

“The tower of the elephant” Conan the Barbarian n. 4 (Aprile 1971)

All’inizio Conan the Barbarian è solo uno dei tanti titoli non supereroistici messi in campo dalla Marvel nei primi anni settanta per cercare di contrastare il calo di vendite che aveva colpito i fumetti di supereroi.

Per fare coppia con Roy Thomas viene scelto il giovane e promettente Barry Smith, anche perché era il disegnatore che costava meno.
Sicuramente molto meno di John Buscema. Il disegnatore di origini italiane che avrebbe preso in seguito il personaggio era il più pagato alla Marvel e, aggiungendo al suo cachet i costi dei diritti per il personaggio di Robert E. Howard, si sarebbe arrivati a una cifra troppo alta per una testata che Stan Lee pensava avrebbe comunque chiuso prima del decimo numero.

Le cose non vanno così. La maggior parte di coloro che si sono innamorati del barbaro di Robert Howard afferma che ciò è avvenuto dopo aver letto “La torre dell’elefante”.
Barry Smith disegna una città di ladroni immersa nella notte. In una taverna zeppa di strani avventori spicca un viscido ladro grasso e prepotente. Sarà la prima vittima di Conan.

Quindi, insieme a Taurus di Nemedia, Conan uccide i leoni che fanno la guardia alla Torre dell’elefante. Poi arriva l’enorme ragno che protegge il tesoro, in un tripudio di immagini uniche e geniali.

Ma è nel finale della storia che il pathos arriva al culmine e il livello dei disegni si innalza ulteriormente, consegnando ai posteri un capolavoro. La narrazione mischia toni surreali a dialoghi capaci di emozionare.

Il disegno asseconda la trama diventando sempre più spirituale e lisergico. Il commovente racconto dell’alieno-elefante imprigionato nella torre tocca l’animo del barbaro, che lo aiuta a vendicarsi dello stregone Yara, in un’esplosione di forme e colori che sa di psichedelia.

 

“A monster called Morbius” Amazing Spiderman n. 101 (Ottobre 1971)

Uno dei punti di forza dell’Uomo Ragno sono i suoi nemici, soprattutto quelli creati da Steve Ditko. L’Avvoltoio, il Dottor Octopus, Lizard e Goblin sono senz’altro tra gli avversari più singolari, ma anche strampalati, della storia del fumetto.

John Romita inventò solo un criminale all’altezza di questi: il poderoso Kingpin, il resto era fuffa.
Roy Thomas, quando Stan Lee gli passa temporaneamente il testimone dell’Uomo Ragno, mette a segno uno dei suoi colpi migliori. Tra tutti i nemici che hanno combattuto Spider-Man, Morbius il vampiro vivente è sicuramente uno dei più strani e interessanti.

Thomas ha rivelato in un’intervista che la prima fonte di ispirazione per Morbius furono i film di vampiri della Universal. Ha anche spiegato che il personaggio fu creato a quattro mani con Gil Kane, che lo dotò di un costume abbastanza generico e di un viso da “pipistrello umano”.
L’iconico nome Morbius, deriva dal personaggio interpretato da Walter Pidgeon nel film Il pianeta proibito (1956).
La storia inizia con la scena scioccante dell’Uomo Ragno dotato di sei braccia, che con le due gambe fanno otto arti come quelli di un vero aracnide.
Morbius si mostra per la prima volta all’equipaggio di una nave come un novello Dracula.

Il primo episodio d’elettrizzante battaglia tra l’Uomo Ragno e Morbius si conclude con Morbius che sta per gettarglisi addosso e mordergli il collo, mentre è svenuto dopo una caduta. In quel momento Lizard, l’uomo lucertola, interviene sulla scena.

Non è un caso che Lizard sia della partita, il suo alter ego, il dottor Connors, è uno scienziato buono che mentre cercava un modo per riavere il braccio perso si trasforma in un essere orrendo e malvagio come Morbius.

Morbius è un personaggio complesso che mette in scena il classico connubio scienziato-animale tipico di certi film degli anni cinquanta, come La Mosca, portandolo alle estreme conseguenze.

 

“The Andromeda swarm” Avengers n. 96 (Febbraio 1972)

La saga della guerra galattica tra i popoli alieni Kree e Skrull, uno degli archi narrativi ancora oggi più amati dai fans, inizia sul n. 89 dei Vendicatori, disegnato da Sal Buscema, fratello di John.

Con la fine provvisoria delle avventure degli X-Men dovuta alle scarse vendite che neppure lui era riuscito a rialzare, Neal Adams si assume l’onere di disegnare il gruppo di eroi “più potente della terra” dal n. 93, quando l’arco narrativo è quasi a metà.

La forza della saga sta nelle numerose idee che Roy Thomas mette in campo, alcune delle quali stanno ancora riverberando nei fumetti attuali, ma anche i disegni di Neal Adams non sono invecchiati di un giorno.

Adams adottò uno stile decisamente cinematografico in varie meravigliose sequenze, come quella famosa del viaggio di Ant-Man all’interno del corpo di Visione.
Thomas cercò di trasformare i Vendicatori in un gruppo di outsider che lotta contro il sistema.

Scritta all’inizio degli anni settanta, la saga risente della situazione politica interna piuttosto cupa del periodo. Il disegno ultrarealistico di Adams fu funzionale all’introduzione di tematiche più complesse e adulte.

La saga si presenta come un crescendo: prima i Kree, poi gli Skrull, quindi gli Inumani, i Mandroidi, Maximus il pazzo, Ronan l’accusatore e l’Intelligenza Suprema: ogni numero aggiunge qualcosa di nuovo, sia pure attingendo il più delle volte ai personaggi creati da Jack Kirby nel decennio precedente.

La trama si infittisce, si complica e si arrotola su se stessa, mentre il disegno si fa via via sempre più magniloquente.
È impossibile raccontare lo stupore che coglie il lettore all’inizio del n. 96, quando Neal Adams ci mostra la flotta spaziale degli Skrull in tutta la sua soverchiante potenza.
I Vendicatori si battono come leoni, ognuno in preda a emozioni intense e riflessioni profonde. Nel cuore dell’androide Visione comincia a nascere un sentimento apparentemente impossibile per Wanda.
Il finale è ancora una volta destabilizzante, con Rick Jones intrappolato nella zona negativa.

Purtroppo, per divergenze tra Adams e Thomas, l’ultimo capitolo venne concluso in modo frettoloso e la saga non potè fregiarsi di un finale all’altezza delle premesse.

 

“And men shall call him Warlock” Marvel Premiere n. 1 (Aprile 1972)

L’intuizione di associare la figura di Gesù alla cultura hippie appare, con il senno del poi, quasi scontata. Dopotutto entrambi predicavano a modo loro peace and love”. Eppure fece scalpore, nel 1970, l’uscita del concept album Jesus Christ Superstar, un’opera rock composta da Andrew Lloyd Webber con testi di Tim Rice.

Fu la omonima produzione teatrale che debuttò l’anno successivo a Broadway a ispirare a Roy Thomas la creazione di un supereroe messianico sulle orme di Silver Surfer. Con la differenza che non sarebbe stato argentato, ma dorato.

Thomas decise di riprendere e sviluppare un personaggio creato qualche anno prima da Jack Kirby nei numeri 66 e 67 dei Fantastici Quattro. Si trattava di Lui (Him), un essere umano “perfetto” creato da un gruppo di scienziati.

Dalla copertina del primo numero di Marvel Premiere, un albo che presentava diversi personaggi a rotazione, apprendiamo che finalmente Lui ha un nome, adesso si chiama Warlock e come dice la scritta in copertina è una specie di “nume risorto”.
Il parallelo cristologico viene reso visivamente dalla splendida posa sulla copertina del primo numero, che ricorda la crocifissione.


La storia inizia con la figura dell’Alto Evoluzionario, uno scienziato diventato una specie di Dio Padre che crea la Controterra, un mondo “perfetto” libero dagli istinti omicidi e dal male, che si muove in un’orbita esattamente opposta rispetto alla nostra Terra alla quale è quindi invisibile.

Quando l’Alto Evoluzionario ha quasi terminato la sua opera arriva una figura diabolica, una specie di “angelo ribelle” nelle fattezze dell’Uomo Bestia, che porta il male anche sulla Controterra.

L’Uomo Bestia era stato creato dall’Alto Evoluzionario rendendo antropomorfo un lupo, il quale gli si ritorce contro ingaggiandolo in una mortale battaglia interrotta dalla comparsa di Warlock.

Atterrito dalla possibilità che la sua Controterra sia corrotta dal male, l’Alto Evoluzionario invia Warlock (una specie di Gesù) sul neopianeta per la salvezza di tutti gli uomini.

 

“The song of Red Sonja” Conan the barbarian n. 24 (Marzo 1973)

Quello della giovane donna guerriera è l’immagine archetipica di un certo tipo di personaggio femminile con un carattere forte e coraggioso. Qualità che, secondo la concezione comune di un tempo, appartengono al genere maschile.

La tradizione letteraria medioevale è ricca di “vergini guerriere”, spesso di sangue nobile, che assumono provvisoriamente una funzione maschile di comando. Requisito indispensabile perché la donna potesse essere accettata in questo ruolo era il rispetto della sua condizione di verginità, perché la perdita della innocenza sessuale l’avrebbe privata del carisma.

Roy Thomas dovette avere in mente qualcosa del genere quando sul n. 23 di Conan fece esordire Red Sonja, la “diavolessa con la spada”.
Questa guerriera dai capelli rossi è ispirata al personaggio di Red Sonya, con la ipsilon, protagonista di una breve storia di Robert E. Howard intitolata “The Shadow of the Vulture” (1934).
La giovane guerriera è co-protagonista anche del numero successivo “The song of Red Sonja”, l’ultimo disegnato da Barry Smith.

La storia inizia con un’immagine sensuale di Red Sonja che balla. Per disputarsi le sue grazie Conan e un tizio di nome Jax il Grosso vengono alle mani.
Conan vorrebbe possederla, ma Red Sonja ha una missione da compiere e convince il cimmero che prima viene il dovere e poi il piacere.

I due salgono assieme su un’alta torre dove trovano tesori immensi. Devono anche combattere contro un mostro terrificante, ma alla fine ottengono il loro scopo.
Red Sonja però beffa Conan nel finale e se ne fugge nella notte. Il piacere dovrà essere rimandato. Tanto sappiamo che la rivedremo.

 

Red nails” Savage Tales n. 2 (Ottobre 1973)

Conan era ormai un successo indiscutibile. La coppia Thomas-Smith sembrava aver raggiunto il suo apice con il n. 24, “La canzone di Red Sonja”, ma mancava ancora un tocco finale per rendere la loro versione del personaggio definitiva, quella che sarebbe rimasta per sempre.

Quel tocco era la ferocia tipica dell’era Hyboriana così come era stata immaginata dal suo creatore Robert E. Howard nelle pulp degli anni trenta.

Sebbene fossero stati compiuti sforzi nella serie principale per rappresentare anche gli aspetti più crudeli e sanguinosi delle avventure di Conan, gli albi a colori dovevano pur sempre fare i conti con la censura del Comics Code.

Così la Marvel si inventò Savage Tales, una rivista in bianco e nero adatta a un pubblico più adulto per pubblicare storie dove sesso e violenza potevano essere rappresentati in modo più esplicito.
Negli stessi anni settanta questa rivista fece da battistrada a parecchie altre, soprattutto di genere horror per fare concorrenza a quelle della Warren, la casa editrice dello Zio Tibia.

Per questo esordio Thomas non avrebbe potuto scegliere una storia migliore di “Red nails”, una delle più lunghe e strane di Howard.

Piena di orrore, violenza, torture e tensione erotica, questa storia si è rivelata un banco di prova perfetto per esprimere tramite un fumetto la ferocia e la stravaganza che Howard aveva evocato nei suoi racconti.

Si tratta di uno degli adattamenti più elaborati di Thomas, che nel tentativo di mantenersi fedele all’originale raggiunse una lunghezza tale da dover essere diviso su due numeri.

L’episodio si apre con Conan che cerca di approcciare una statuaria guerriera dai capelli rossi di nome Valeria, introducendo fin da subito una forte tensione sessuale nel racconto.
La comune lotta contro uno stegosauro cementa la relazione tra i due che, una volta attraversato un deserto, arrivano presso la misteriosa città di Xuchotl.

Da qui in poi la storia si trasforma in un vero e proprio horror infarcito di simbologie di morte e presenze malvagie, morti viventi, sadismo e abiezione…

 

 

 

 

2 commenti

  1. E’ molto bello il consiglio dato Da Lee a Thomas per la creazione di Vision … copiare da Kirby (e Simon).

  2. Bel articolo per un periodo che ho avuto la possibilità di gustare “live”. Ritengo Thomas uno dei migliori autori Marvel e costruttore delle fondamenta dell’universo Marvel

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati con *

Dichiaro di aver letto l'Informativa Privacy resa ai sensi del D.lgs 196/2003 e del GDPR 679/2016 e acconsento al trattamento dei miei dati personali per le finalità espresse nella stessa e di avere almeno 16 anni. Tutti i dati saranno trattati con riservatezza e non divulgati a terzi. Potrò revocare il mio consenso in qualsiasi momento, integralmente o parzialmente, con effetto futuro, ed esercitare i miei diritti mediante notifica a info@giornalepop.it

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

*