PROMETHEUS COME SAREBBE DOVUTO ESSERE?

PROMETHEUS COME SAREBBE DOVUTO ESSERE?

Prometheus. Allora, ehm… sì. Ehm… Dunque, lo dice la parola stessa, uhm… Prometheus è: quando uno o più persone si mettono a fare cose, beh… cioè che si sfidano, insomma. Più o meno…

Nel momento stesso in cui pensi al “Prometeo” di Ridley Scott, a come approcciarlo, come parlarne, inevitabilmente partono questi “flash scolastici”. Quelli di quando da ragazzino non sapevi una beata mazza di niente e le tue frasi erano per tre quarti composte da “ehm”, “uhm” e “beh-sì-insomma-cioè”: più temporeggiavi e più le domande incalzavano, assumendo un tono sempre più inquisitorio.
A quel punto il dado era tratto e non c’erano barbabietole da zucchero e transumanza che tenessero.

Con questa delirante analogia intendo dire che Prometheus è un film estremamente particolare: bello, sì. Da vedere, senza dubbio. Dulcis in fundo, è montato e tagliato alla cazzomannaggia, tanto che si è tirato giù una valanga di fischi e pernacchie. Insomma uno che ha le capacità, ma non s’impegna.

(Siccome ho l’intenzione di approfondire bene il discorso, ciarlerò pure delle scene tagliate. Va da sé, quindi, che si spoilererà a bestia, ok?).

PROMETHEUS, COME AVREBBE DOVUTO ESSERE?

Il film inizia con una carrellata di paesaggi di un mondo apparentemente alieno e deserto. Tra ampie vallate, laghi e montagne, sul ciglio di una cascata vediamo un enorme disco volante in procinto di partire. Forse il posto non offriva tutto questo gran divertimento e attrazioni come diceva la brochure trovata nella buca della posta, vallo a sapere.

PROMETHEUS, COME AVREBBE DOVUTO ESSERE?

In ogni caso, almeno a uno il posto è piaciuto e vuole restare. Perciò i tipi a bordo lasciano a piedi questo tizio che, rimasto solo, decide di farsi un sorso di questa robaccia nera che pare “L’Orzo Pupo”, il meglio tarocco dell’Orzo Bimbo.
Probabilmente non è stata un’idea proprio geniale: infatti, una volta ingerito, l’Orzo Pupo inizia a disgregare il corpo del tizio, che, cadendo di sotto nella cascata, dà il via a una reazione biogenetica con il proprio Dna.

PROMETHEUS, COME AVREBBE DOVUTO ESSERE?

Stacco, pianeta Terra. Per la precisione Isola di Skye, Scozia, anno 2089.  La coppia di archeologi Elizabeth Shaw e Charlie Holloway scoprono in una grotta un pittogramma piuttosto bizzarro che parrebbe dar credito a tutte quelle, come dire, “menate” sulla teoria degli antichi astronauti e robe simili.
Perciò, sulla base di una semplice intuizione, cioè che quei disegnini siano una mappa stellare indicante il punto da cui provengono quelli che avrebbero creato la vita sulla Terra, che battezzano con il nome di “Ingegneri”, si imbarcano in questa missione costata infiniti denari. Finanziata dal vecchio Peter Weyland, fondatore e presidente della Weyland Corporation.
Scopo della missione è raggiungere il pianeta degli Ingegneri, comodamente situato a qualche anno di coma dalla Terra.

PROMETHEUS, COME AVREBBE DOVUTO ESSERE?

Stacco, anno 2093. Grazie al soldo cacciato da Weyland, l’astronave Prometheus, non più un sogno ma una solida realtà, è finalmente in vista della Luna LV-223, ovvero il posto che Shaw e Holloway hanno dedotto essere il punto d’origine degli Ingegneri.
Per tutto il viaggio l’unico a rimanere sveglio è Michael Fassbender, cioè David. Cioè un leccatissimo androide che passa il suo tempo a pettinarsi, giocare a palla, stare con le ciabattine infradito e a scimunirsi guardando a nastro Lawrence D’Arabia.

PROMETHEUS, COME AVREBBE DOVUTO ESSERE?

Quando David va a svegliare tutti dalle camere d’ibernazione facciamo la conoscenza del resto dell’equipaggio. Tra un convenientissimo flashback di approfondimento e l’altro, viene introdotta Meredith Vickers, ovvero Charlize Theron, una donna che la puoi coprire di melma e stracci e rimane comunque bellissima.
Sulla Prometheus lei è l’autorità massima, il supervisore di tutta la baracca. Perciò è una tipa tutta d’un pezzo. Tanto che per farcelo capire, mentre tutti stanno da schifo cercando di riprendersi dal viaggio-coma, lei si fa una serie di flessioni.

PROMETHEUS, COME AVREBBE DOVUTO ESSERE?

Ora che tutti sono ben svegli e pimpanti, parte il pippon-briefing. Il succo è semplice: un riassunto imboccato con il cucchiaino di tutto quello che più o meno si era già capito. Ergo, i disegni con i tizi che indicano le pallette in cielo oltre che in Scozia sono stati trovati anche in altri luoghi, realizzati da popolazioni distanti tra loro nello spazio e nel tempo.

PROMETHEUS, COME AVREBBE DOVUTO ESSERE?

Pertanto si è giustamente arrivati alla deduzione che le “pallette” altro non siano che una specie di mappa stellare. E così, eccoci su uno scoglio deserto che fluttua nello spazio.
Dimenticavo: in videoconferenza interviene pure Peter Weyland, ovvero un Guy Pearce truccato talmente da vecchio che Mrs. Doubtfire pare una donna vera.

Terminata questa parte, finalmente il gruppo esce e va a esplorare i ruderi alieni trovati in loco. Quindi seguono alcune cosucce.

Primo: durante l’esplorazione della struttura, viene trovato il corpo di un ingegnere decapitato, poco lesto nell’oltrepassare una porta che stava per chiudersi.

Secondo: vengono trovate alcune iscrizioni con cui David si mette a trafficare, facendo apparire un video-ologramma in cui si vedono un fracco di questi cosiddetti ingegneri scappare da qualcosa di presumibilmente brutto.

Terzo: come volevasi dimostrare, c’è un bel mucchio di cadaveri di questi cosi. Il comune senso della logica, a questo punto, imporrebbe di voltare la testa al cavallo e fare dietrofront il più velocemente possibile. Dato che quelli che credevi i tuoi “creatori” stanno lì a marcire, uccisi da qualcosa che forse potrebbe ammazzare pure te nel giro di un rutto.

PROMETHEUS, COME AVREBBE DOVUTO ESSERE?

Invece no, si va avanti. Raccolta la testa dell’ingegnere morto, si continua l’esplorazione fino a trovare questa stanza in cui capeggia un gigantesco testone, riferimento ai Moai su Rapa Nui (i testoni di pietra sull’Isola di Pasqua), piena di una specie di vasi canopi.
All’insaputa di tutti, David si frega uno di questi cilindri, provocando la fuoriuscita di un liquido nero, probabilmente lo stesso Orzo Pupo che abbiamo visto all’inizio, che infetta un gruppo di vermi che stava lì a bazzicare per i fatti propri.

Da qui in poi, in un crescendo carico di aspettative, coerente di un infognante che levati, succede che: Ridley Scott la mattina si è alzato cadendo di testa oppure non so cosa, perché quanto fatto per rendere il film saldo, compatto e potente in fase di script e di girato, è stato preso e buttato alla cazzomannaggia.

Dunque, iniziamo dalla sequenza iniziale, che in origine era un tantino più lunga e mostrava come l’ingollare quella schifezza nera fosse parte di un rituale. Nella scena estesa, c’è questo ingegnere anziano che porge la tazza al tipo che vediamo anche nel cut finale, più tutta una serie di, insomma, “confratelli” che assistono alla “cerimonia”.

Tutto ciò lascerebbe spazio a svariate ipotesi sul significato di un gesto sacrificale compiuto per motivi “mistico-religiosi”, rendendo de facto gli ingegneri simili agli uomini anche nel comportamento oltre che nell’aspetto. In ogni caso, la scena venne girata e poi tagliata, per dare a questi tizi un’aria più misteriosa.

Altro enorme “va beh” del film riguarda Guy Pearce. Giustamente ti chiedi perché prendere un attore quarantenne e truccarlo a schifo, per farlo sembrare una vecchia cariatide vicina ai cento? Perché probabilmente, pensi, ci sarà una sequenza in cui verrà mostrato giovane, no? No. Nel montaggio finale non c’è nulla di tutto questo.

Verso il finale scopriamo che Weyland era stato sempre a bordo della Prometheus, ok? E questo è quanto. In questa scena eliminata, nonché una delle primissime girate, invece, c’è David che prima di tutto va a svegliare proprio Weyland per informarlo che erano quasi arrivati.
Dopodiché, Weyland ordina di non svegliarlo finché non avessero trovato ciò che cercano, cioè un Ingegnere vivo, e torna a dormire. Dopodiché c’è una sequenza in cui si “entra” nel sogno di Weyland che si rivede giovane, maledicendo pure David che l’aveva svegliato prematuramente.

Per quanto possa sembrare superflua, questa sequenza ne avrebbe reso molto più chiara un’altra, che tra l’altro, pure è stata azzoppata malamente.

Altra scena tagliata che avrebbe reso meno confusi gli eventi riguarda un breve dialogo fra Shaw e Holloway prima della sequenza del briefing. In pratica la dottoressa Shaw dice che li prenderanno per pazzi quando diranno dei disegni e delle pallette.
Holloway la rassicura dicendo che andrà tutto bene. Subito dopo, in un scambio di battute tra Fifield e la Shaw in merito alla ricostruzione della mappa, viene fuori che “Non è una mappa. Ma un invito”.

Ennesima scena eliminata che avrebbe giovato alla comprensione generale, riguarda Millburn. Nel film, dopo che trovano la stanza col testone, le urne con la melma nera, la testa dell’ingegnere e via dicendo, sopraggiunge una tempesta che fa ripiegare tutti al più presto sulla nave.
Indietro restano  Fifield e Millburn, separatisi dal gruppo e rimasti isolati all’interno del “mausoleo” alieno.

Qui i due si imbattono nelle creature denominate “Hammerpede”, e una di queste li assale. Ok fino a qui? Bene. Nella scena eliminata, si vede Millburn trovare precedentemente uno di quei vermetti alieni entrati in contatto con la melma dei vasi, ed è tutto preso malissimo perché quella sarebbe la prima forma di vita extraterrestre scoperta dall’uomo più grande di un batterio.

Tutta questa pappardella, quindi, avrebbe chiarito perché quando si trovino davanti un Hammerpede Millburn sta a fare il giocherellone e temporeggiare con la bestia. Oltre che chiarire il fatto che i vermi siano una specie autoctona di LV-223 e la melma la causa della mutazione.

E sempre a proposito del caro Fifield, infettato dal verme alieno, si trasforma in una specie di, beh… una specie di zombie, e parte all’attacco degli altri, giusto? Giusto.
La differenza, visibile nei contenuti speciali del Blu-ray è questa nella foto. Nella prima scena girata, infatti, Fifield assumeva un aspetto molto più simile a quello dello Xenomorfo “classico”.

Per la serie last but not least, perché ci sono un’infinità ancora di scene eliminate (ma penso che sia pure giunto il momento di staccare la pippa), arriva una delle scene peggio azzoppate di sempre.

Poco più sopra si diceva di come nella scena tagliata di lui “giovane” si rendesse palese come Weyland volesse raggiungere solo i suoi sporchi scopi, infischiandosene altamente di tutti gli annessi e connessi possibili riguardanti la scoperta di una civiltà aliena.
Alla fine della fiera, quando il suo scopo, cioè incontrare un ingegnere vivo, diventa realtà, nel montaggio finale vediamo David che farfuglia qualcosa nella lingua dell’essere, ma di punto in bianco questo si imbruttisce malamente, stacca la testa a David, ammazza Weyland e parte alla rincorsa della dottoressa Shaw. Fine.

In realtà, nella scena girata per intero, l’ingegnere uscito dalla capsula di crio-stati si rivolge agli uomini e chiede loro perché siano venuti fin su LV-223. A questo punto Weyland chiede a David di spiegare all’alieno che la sua razza è la chiave per realizzare il suo sogno di vivere per sempre.
Inizialmente l’ingegnere sta a sciropparsi la filippica, ma poi Weyland attacca con David, dicendo che quest’ultimo è un sintetico creato dal nulla, un prodotto della sua società e si paragona all’ingegnere dicendo che essi sono simili: sono come dèi, e gli dèi non possono e non devono morire.
A questo punto l’ingegnere si incazza di brutto e segue la scena del montaggio finale.

Dopo questa interminabile pappardella, cerchiamo di stringere il brodo e passare alle considerazioni finali, con il classico quanto ovvio domandone di routine, cioè com’è questo Prometheus.

Premesso che dal 1979 Ridley Scott ha avuto un ruolo sempre più marginale per quel che concerne Alien, trasformatosi nel franchise di proporzioni stellari raggiunte nel corso dei decenni, per anni ha accarezzato l’idea di riappropriarsi della sua creatura.
Alla fine della fiera, come l’ha fatto? Per me, nel modo più ingegnoso possibile. Ovvero, con una sorta di prequel di Alien, che in realtà è un’esplorazione, un ampliamento di ciò che non è stato detto della vicenda raccontata nel 1979.

Prometheus è un magnifico film di fantascienza, tanto più interessante perché solleva domande circa l’origine della vita umana senza fornire le risposte.
Naturalmente il verso a 2001: Odissea nello Spazio è chiaro: Prometheus, infatti, inizia con una scia di indizi sulla Terra che prende e porta i protagonisti a diventare esploratori dello spazio, oltre che a chiedersi cosa ci sia “oltre”.
Questo fatto mi infogna a bestia, sinceramente parlando. Ma, purtroppo, questa è anche la nota dolente del film.

Al di là di tutte le scene tagliate, gli script rimaneggiati e quant’altro abbia contribuito a creare cagnara, il problema principale di Prometheus resta quello di aver creato, appunto, un’infinità di aspettative. Le quali sono andate poi a scontrarsi con due cosucce.
A) Le implicazioni “fanta-psico-mistico-religiose” che Scott vuole elaborare nel suo personalissimo pantheon, ma impossibili da tirare giù in due ore.
B) Le aspettative del fan tipo.

Tradotto in parole economicamente svantaggiate, da un lato c’è Ridley Scott, forse un uomo arrogante che pretende di fare il passo più lungo della gamba, mettendo in scena un quadro di orrore esistenziale andando a parare sui grandi temi teologici e cosmologici.
Dall’altro lato, questa cosa si è scontrata con la mentalità del fan tipico, che si aspettava di vedere il caro, vecchio e ritrito gioco al massacro con l’alieno cattivo. Invece si è trovato davanti a un’accozzaglia di riferimenti psico-esistenziali. Per giunta caotici.

Alla fine della fiera, per come la vedo io, Prometheus è un film da guardare. Non discuto sul fatto che possa piacere o meno, questo è sottinteso. Quello che più apprezzo di questo film è il suo “quadro generale”, come Ridley Scott abbia avuto il coraggio di affrontare la situazione.

Quando si tratta di mettere mano a franchise di una certa importanza, molti rinunciano a priori oppure, se ci provano, lisciano malamente. Perché le pressioni sono troppe da ogni parte, e perciò si perde il coraggio di osare.
Ciò significa anche il far scomparire del tutto la differenza, la linea, che separa il rimando che ci si aspetta, che deve esserci, dal ripetersi proponendo in continuazione la stessa brodaglia riscaldata a non finire

Se Prometheus non fosse stato tirato fuori così come lo conosciamo, come sarebbe dovuto essere per venire apprezzato? Magari l’ennesima, “originalissima” storia di un gruppo di tizi che si deve scontrare con il mostro e fine?

 

Ebbene, credo che con questo sia tutto.

Stay Tuned, ma sopratutto Stay Retro.

 

 

 

2 commenti

  1. Ciao Retronauta.
    Il film l’ho visto una sola volta. A tratti mi è piaciuto, in altri momenti mi è parso un telefilm a perdere (dozzinale, come la scena dell’astronave che si ribalta e sfiora il personaggio interpretato da Noomi Rapace, come nelle comiche).
    Hai accennato alla sequenza della tempesta; è proprio lì che ho visto la scena chiave del film: la citazione, nella scenografia, de L’Isola dei Morti di Arnold Bocklin. Una copia la possedeva A. Hitler e se ricordi i vaneggiamenti di David, spiega la possibile lettura conclusiva di Prometheus.

    • Ho commesso un errore grossolano: la scena che cito è nel seguito Alien: Covenant. Ho rivisto Prometheus e ho realizzato l’equivoco.
      Insieme e con dialoghi più misurati avrebbero composto un film accettabile.

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