NON SI AFFETTANO COSÌ ANCHE I SALAMI? LA TRISTE FINE DI JACOVITTI

NON SI AFFETTANO COSÌ ANCHE I SALAMI? LA TRISTE FINE DI JACOVITTI

Chi ha fatto fuori Benito Jacovitti (1923 – 1997), il più grande autore di fumetti italiano?Proviamo a tornare nel clima della Milano degli anni settanta. Nel 1968 è iniziata la contestazione studentesca (che durerà fino al rapimento Moro) e per tutto il decennio si sentirà l’eco della bomba esplosa nel 1969 a piazza Fontana facendo 17 morti. Inizialmente le indagini sull’attentato vengono orientate verso i gruppi anarchici, perché è ancora forte il ricordo di una strage anarchica, anche peggiore per numero di morti, avvenuta nel 1921 sempre a Milano. E perché un taxista di fede comunista giura di avere visto Pietro Valpreda, un ballerino anarchico, portare una valigetta nera nella banca. Il fatto che sia stato imprigionato un uomo di sinistra crea il putiferio tra i contestatori: si inventa che, per esempio, durante un “confronto all’americana” Valpreda fosse l’unico vestito in maniera sportiva (la foto che dovrebbe provarlo, però, era stata scattata in tribunale e non c’entra con il riconoscimento). A giudicare da quello che si legge sulla Wikipedia, l’interpretazione dietrologica di questo grave errore giudiziario persiste ancora. Digressione: dopo che era stato scarcerato, con altri ragazzini incontrai casualmente Valpreda in via Dante, in attesa di un tram che non poteva arrivare perché avevamo bloccato il centro di Milano con una manifestazione. Credendo di essere spiritosi, gli dicevamo:“Come? Vai ancora in giro con una valigetta nera? Ma allora ami il rischio!”. (Penso facesse il rappresentante per la Feltrinelli). Un anarchico amico e supposto complice di Valpreda, Giuseppe Pinelli, muore precipitando da una finestra della questura di Milano dopo essere stato interrogato dagli uomini del commissario Luigi Calabresi. Anche se Gerardo D’Ambrosio (un magistrato comunista che nei primi anni novanta diverrà noto per le indagini di “Mani pulite” insieme ad Antonio Di Pietro) stabilisce che nessuno ha buttato Pinelli giù dalla finestra, ogni milanese in vista e “per bene” sottoscrive la petizione che accusa il commissario Calabresi di essere il suo assassino. Una campagna di stampa alimentata dalle solite tesi complottiste che porterà all’omicidio dell’innocente Calabresi da parte dell’organizzazione di estrema sinistra Lotta Continua. Per saperlo non ho dovuto aspettare il processo ad Adriano Sofri, perché negli anni settanta gli esponenti milanesi di Lc si vantavano apertamente di avere fatto fuori l’odiato commissario “assassino” (almeno con me). Negli anni settanta a Milano, quindi, ibuonicredevano che la bomba ce l’aveva messa lo Stato, e che pure Pinelli era stato ucciso per fermare la grande rivoluzione in atto. Per costoro lo Stato era in procinto di instaurare un regime dittatoriale, come certo era nelle velleità di alcuni militari (quando non erano occupati a fregare nei vettovagliamenti) e del massone intrallazzatore Licio Gelli. Invece icattivinon credevano che i vertici dello Stato stessero ordendo complotti, pensavano che tutte queste storie di rivoluzioni e di colpi di stato fossero fantasie onanistiche di estremisti rossi e neri fortunatamente incapaci di realizzare alcunché. I buoni avevano una crescente influenza sulla grande editoria e sulle agenzie pubblicitarie, mentre i cattivi contavano sempre meno nel mondo della comunicazione. Anni dopo, Giorgio Gaber gli dedicherà il brano“Quando è moda è moda”. Questa lunga premessa per dire che Benito Jacovitti, il più grande autore italiano di fumetti dell’epoca e delle successive, scelse ingenuamente di stare dalla parte dei cattivi. Quelli che non credevano alla rivoluzione imminente e agli omicidi organizzati dallo Stato per bloccarla con un golpe imminente. La corsa di Jacovitti verso il baratro inizia alla fine degli anni sessanta, quando porta i suoi celebri personaggi nel “Corriere dei Piccoli”. Cocco Bill, nato nel decennio precedente ne “Il Giorno dei Ragazzi”, inserto settimanale del quotidiano “Il Giorno”, era l’unico personaggio dei fumetti del quale si potevano vedere i cartoni animati nelle pubblicità televisive. Jacovitti era l’anti-Disney. Da bambino, dei Beatles e dei Rolling Stones non mi importava niente: per me la lotta era tra gli eversivi cartoni animati del Braccio di Ferro di Max Fleischer contro i perbenisti personaggi della Disney. In Jacovitti vedevo l’incarnazione a fumetti dei cartoni anarcoidi di Fleischer. Secondo me lo stesso Jac, da piccolo, rimase colpito dai cartoni di Fleischer che suo padre, proiezionista al cinema, doveva avergli fatto vedere. Sostengo questo anche se Jacovitti come fonte di ispirazione citava solo il Braccio di Ferro dei fumetti, quello di Elzie Segar, e anche se gli elementi surreali di Jacovitti si evidenziarono in maniera definitiva solo alla fine della guerra attraverso la parodia del metafisico De Chirico (stranamente, non del surrealista Dalì). Jacovitti era l’autore più amato del “Corriere dei Piccoli”, che all’inizio degli anni settanta diventa“Corriere dei Ragazzi”mentre una versione infantile del “Corriere dei Piccoli” tornava in edicola sdoppiando il settimanale. Altro punto di forza del CdP/CdR erano i personaggi francobelgi, ma anche i fumetti comici italiani non erano da meno. C’erano le strisce di Zio Boris di Alfredo Castelli e Carlo Peroni. Castelli scriveva anche Otto Krunz, con i disegni di Daniele Fagarazzi, e la rubrica Tilt, disegnata da Bonvi e altri. L’Omino Bufo, invece, Castelli se lo disegnava da sé. C’erano Altai & Jonson di Tiziano Sclavi e Giorgio Cavazzano, il fumetto più divertente in assoluto del CdR. Quindi il micidiale Lupo Alberto di Silver, Nick Carter di De Maria e Bonvi, lo Zoo Pazzo di Gomboli e Mattioli, la Contea di Colbrino e Ulisse di Carnevali. Tutti personaggi azzeccati e magnificamente realizzati. Soprattutto, c’erano sempre gli impareggiabili fumetti di Jacovitti. Ma se la maggioranza degli autori del CdR era da annoverare tra i buoni, quelli che “sapevano” del complotto dello Stato per instaurare la dittatura, Jacovitti aveva esordito nel CdP con una maestra che insegue armata di lazo gli alunni discoli mentre Cocco Bill ride a crepapelle dicendo:“Un bel Movimento Studentesco!”. Eresia! Attaccare anche blandamente il Movimento Studentesco negli anni settanta voleva dire essere espulsi dal consesso civile milanese(lo dico io che di quel movimento, dal 1974 al 1978, ho fatto parte in qualità di studente liceale). Peggio ancora, durante le campagne elettorali Jacovitti realizzava vignette in favore del partito moderato al governo, la Democrazia Cristiana, per “La Notte”, un quotidiano del pomeriggio considerato fascista o poco meno. Quando spararono alle gambe di Indro Montanelli, il direttore de “Il Giornale”, furono in molti a brindare: per un fumettaro come Jacovitti bastava meno. Forse Jacovitti comincia a essere osteggiato all’interno del Corriere dei Ragazzi. Di certo, viene messo in discussione dal punto di vista professionale. Siccome con la sua improvvisazione creativa (alla Totò) sembra sempre meno in grado di gestire lunghe storie a puntate, cominciano a venirgli commissionati solo episodi brevi come questo di Zorry Kid. Per leggerlo meglio, ingrandire le pagine cliccandoci sopra. Alla richiesta di storie ancora più brevi, Jacovitti risponde con la nuova serie di Jak Mandolino, il gangster sfigato. Nella quale, in effetti, può esibire il proprio talento umoristico al massimo grado. Mentre nella successiva misera doppia pagina di Cip l’Arcipoliziottto (con tre “ti”), la fantasia di Jacovitti viene sicuramente sacrificata. A un certo punto Jacovitti non lavora più per il Corriere dei Ragazzi. Perché? L’hanno indotto ad andarsene sminuendo continuamente il suo lavoro? C’è da dire che anche diverse serie comiche di altri autori vengono interrotte. Iniziativa del direttore o dell’editore? In ogni caso, negli anni settanta ben pochi lettori apprezzano la spocchia del CdR ereditata dal vecchio CdP (che però veniva comprato dalle mamme). Il pubblico preferisce storie grintose con il colpo di scena finale, come quelle argentine pubblicate dai “Lanciostory” e “Skorpio” dei tempi d’oro. Jacovitti è ormai isolato. Prova a lanciare una serie su Linus, sostenuto dal direttore Oreste Del Buono, che secondo me aveva conosciuto al quotidiano “Il Giorno” alla fine degli anni cinquanta (ho visto le foto di loro due assieme nella redazione di questo giornale). Del Buono, però, è un direttore debole perché, per quello che ho potuto vedere io in quei tempi, invece che nella redazione di Linus stava sempre negli uffici di un’altra casa editrice a occuparsi di romanzi in qualità di editor. Può far poco quando alcuni lettori, collaboratori e redattrici reagiscono male agli sfottò trasversali che Jacovitti rivolge al movimento degli studenti (“raglia raglia, giovane Itaglia”scrive nel suo fumetto). In precedenza, si era comportata così anche la redazione del Corriere dei Ragazzi? Mah. Non piovono più commissioni per Jacovitti, mentre prima c’era la fila anche per il merchandising. Una sua storia viene pubblicata dal “Corriere dei Ragazzi”, forse grazie al cambio di direttore, ma ormai questa testata, che aveva incautamente rinunciato a lui, ha i mesi contati. A un certo punto, pur di lavorare, Jac si imbarca in iniziative equivoche dal punto di vista finanziario o suicide da quello dell’immagine, come un Kama Sutra umoristico e una serie di vignette erotiche per il mensile scollacciato “Playmen” (una imitazione di “Playboy”). Alla fine Jacovitti porta Cocco Bill nel settimanale cattolico “Il Giornalino”, ma quando esce la sua produzione erotica la collaborazione cessa per “incompatibilità”. Viene espulso anche dal diario scolastico Vitt, un tempo vendutissimo, sempre a causa dei fumetti porno di Jacovitti, che disturba pure questo altro editore cattolico. Dopo l’estrema sinistra fighetta, Jacovitti si aliena così anche il mondo cattolico tradizionalista, che pure lo aveva svezzato e lanciato alla fine degli anni trenta nelle pagine del glorioso settimanale “Il Vittorioso”. Nei primi anni ottanta, la creatività di Jacovitti subisce un tracollo. “Linus”, dopo avere riallacciato la collaborazione in seguito al clima politico più disteso, gli blocca un nuovo personaggio, Joe Balordo, ma stavolta per motivi più che fondati. Ecco alcune impubblicabili tavole sparse a mo’ di esempio. Dice bene il critico Vittorio Sgarbi, quando definisce l’arte di Jacovitti come quella di un bambino mai cresciuto: con i pro e i contro, aggiungo io. In tarda età sono decisamente di più i contro. A metà anni ottanta arriva il definitivo tracollo a causa della malattia, che gli impedisce di disegnare decentemente. Ormai Jac dovrebbe ritirarsi, invece insiste nel produrre fumetti di livello sempre più infimo, come il Cocco Bill per la Bonelli. In conclusione, Jacovitti, trovatosi escluso dagli ambienti giusti negli anni settanta, aveva finito per perdere la bussola e, alla fine, per ragioni naturali, pure il talento. Digressione. Quando nel 1978 lavoravo alla progettazione dell’agenda “Smemoranda”, mi proposero di inserire l’intervista a un noto autore satirico perché iscritto alla nostra organizzazione. Siccome sapevo che era tra quelli che avevano richiesto la cacciata di Jacovitti da “Linus” perché “fascista”, lasciai perdere l’intervista. Jacovitti è stato davvero espulso dal giro grosso, quando era al massimo delle sue potenzialità e della popolarità, perché considerato “reazionario” e perché nuovi autori “rivoluzionari” erano più bravi di lui? Ah, saperlo. Io penso che il demonio, Belzebù, abbia i suoi agenti segreti sparsi sul nostro pianeta. Uno di questi, quello con la licenza preceduta da due zeri consecutivi, è certamente Sauro pennacchioli!! Ne sono convinto anche perchè io viceversa sono un agente della forza contraria a quella dei demoni infernali, ossia Il Bene, con la classificazione gerarchica di “Arcangelo”!! Lo so che voi torbidi lettori di Manus libera siete scettici e non mi credete. Va beh, sinceramente non me une importa uma mazza.Comunque per restare in tema con l’articolo di Sauro su Jac sfigato, ritorno agli inizi anni ’80: Jacovitti in quel momento è ancora amareggiato per alcuni incomprensibili pregiudizi su di lui che hanno ancora una volta  impedito a suoi lavori di essere pubblicati sul mensile “Linus” e sono quindi  in parte rimasti nel cassetto. Alcune cose appaiono sporadicamente su supplementi di questo o quel giornale, come nell’allegato estivo del “Messaggero” che pubblica in bianco e nero una storia “ecologica” di Cocco Bill, mentre sul “Corriere dei Ragazzi” diminuito di formato  ecco ancora Cocco Bill alla prese con gli indiani Scioscioni, mentre “Il Giornalino” dei Paolini ad iniziare dal 1985  inizia a ristampare all’interno di supplementi interni a “Il Giornalino” storie di Cocco Bill firmate Jac 78!!Ho trovato scartabellando nel mio misero archivio qualcosa su  Fulvia Serra  direttrice di Linus nel 1983  nel momento dell’inghippo con Jacovitti  e  tutto questo nell’ambito di una scheda di Simone Stenti basata su un’ intervista al Nostro, che riassumo qui di seguito con la risposta di Jac : “ Oreste del Buono, quando era direttore di Linus, decise di pubblicarmi, ma dopo un paio di numeri mi chiamò per dirmi che il pubblico protestava: non voleva i fascisti. Sua figlia in Università era stata addirittura schiaffeggiata. ln redazione, però, arrivarono non più di 20-30 lettere su una stima di circa 400.000 lettori. Questo perché disegnando Linus con una bandiera sovietica al posto della coperta, dichiaravo che la testata era comunista. Era la metà degli anni Settanta, ed io sfottevo sia la destra che la sinistra. Del Buono mi disse di non sfottere la sinistra. Il clima non era adatto. Io tolsi sia le sfottiture della destra che della sinistra. Ma poi me ne andai. Due anni dopo mi richiamarono. Tornai con le avventure di Gionni Peppe. Mi arrivarono, questa volta, perfino delle telefonate minatorie. Sfottevo il movimento studentesco: “Raglia, raglia giovane itaglia”, era una delle battute che fece imbestialire più di un lettore Alla fine del ’74  non mi rimase altro che andarmene . Dopo qualche anno, la nuova direttrice  Fulvia Serra, mi richiamò, ma arrivarono subito altre telefonate e lettere. l lettori non volevano i fascisti, ma intanto a Roma, proprio i fascisti, mi minacciavano di morte perché pubblicavo su “Linus”  il primo episodio della storia di “Joe Balordo”, un detective coinvolto in  una indagine a sfondo metapsichico, quindi nessuna relazione con la politica!!  Perché questi giovani antifascisti se la prendevano con me??’ Per partito preso?Così disegnai  verso la fine del 1982, appena terminata la collaborazione con “Plaimen,  firmando Jac 83 in previsione della pubblicazione nell’anno successivo, anche il secondo episodio delle avventure di Joe Balordo e forse sulla scia dell’erotismo grottesco che avevo creato per il settimanale per adulti  e anche  per reazione a tutta una situazione conflittuale con l’editrice San Paolo che non capivo appieno ( mi accusavano di essere un pornografo e quindi incompatibile con la loro linea editoriale cattolica), sterzai  con le avventure del nostro detective verso il genere Hard boiled, specialmente ispirandomi, per l’atmosfera narrativa, ai  film tratti dai romanzi  che presentavano anche sequenze con atmosfera a luci più o meno rosse. Ma avevo anche in mente certi personaggi  degli episodi del famoso tenente Colombo, quello con l’impermeabile tutto stropicciato  senza però eccedere nei rimandi, non volevo di certo copiare, anche perché ne “Il tenente Colombo” non c’era nessuna allusione al sesso.  Comunque  la storia non piacque a Fulvia Serra o a qualcuna delle sue redattrici o chissà a chi della proprietà ; di fatto      non ci fu una motivazione precisa per il rifiuto  e la signora Serra non tornò più sull’argomento. Poi è anche vero che  alcune redattrici erano femministe scatenate e mi odiavano dal tempo di Gionni Lupara e forse anche per questo la storia  non fu pubblicata!!Altre spiegazioni al   fatto   non riesco ad immaginarle. Quelli    erano tempi grami per i disegnatori umoristici perché il mercato era invaso da pubblicazioni mensili a fumetti dette “d’autore”, e il loro impegno era portare avanti di fumetti disegnati in stile realistico che avessero la dignità di romanzi, anche se poi tanti romanzi gialli avevano le caratteristiche di sempre . Ricordo solo che io riuscii a farmi accettare su “Etenauta “ qualche storiella di fantascienza e che il disegnatore umoristico Panebarco riusciva a pubblicare le sue tavole   comiche su “Orietr Express” : fu un periodo strano, quando perfino storie di Cocco Bill non apparvero se non anni dopo su “Il Giornalino”. Dopo l’ostracismo dei tempi di “Playmen”,   nella seconda metà degli anni ’80  avevo lasciato il filone sexy e così mi si  spalancarono di nuovo le porte dell’editoria cattolica: tirai in tale maniera un poco di fiato”.Ecco, leggendo questa intervista  forse  si può capire qualcosa dei meccanismi editoriali che in quegli anni  misero in difficoltà il Nostro e anche altri disegnatori umoristici. Beh, ognuno ha le proprie opinioni e le esprime come ritiene più opportuno. Sulle opinioni politiche di Jacovitti non mi pronuncio, lontano anni luce dalle mie, anche se è vero che fu osterggiato da una parte editoriale, ma questo vale anche per il contrario, autori in simpatie sinistrorse erano osteggiati da certa stampa, non ci vedo niente di scanadaloso, così gira il mondo ci piaccia o meno. Per quanto mi riguarda ho letto pochissimo della sua produzione, quelle vignette inserite in tavole ricolme di dettagli, spesso inutili, non mi hanno mai entusiasmato, ci si perdeva dentro, come in un labirinto e le sue storie sono state solo una sequenza di sketch spesso non sostenute da una sceneggiatura vera e propria, insomma una lettura difficoltosa, anche indigesta. Nel 68 avevo solo 15 anni, e lo ho vissuto da adolescente, le vicende che narri sono comunque plausibili, ho respirato quell’atmosfera negli anni successivi, ho conosciuto elementi facenti capo a Lotta Continua e su una cosa non sono del tutto certo: definire il commissario Calabresi innocente. Su Jacovitti è stato scritto di tutto e da quasi tutti i suoi ammiratori e detrattori. Di tutto ma non “tutto”!! Oreste del Buono , coetaneo di Jacovitti perché anche lui nato nel 1923, conosceva il Nostro molto bene fin dai tempi dell’oratorio!! I due si frequentavano e si stimavano.Del Buono sapeva molte cose di Jacovitti giovincello quando a Firenze era ricercato da nazifascisti che lo volevano ammazzare; per questo e per tante altre cose quindi lo stimava! Poi, quando Del Buono era diretttore di “Linus” stava dalla parte di Jacovitti perchè sapeva che non era fascista, semmai liberale prestato ai democristiani fin dal tempo delle famose elezioni del 1948, quando in tanti che non erano democristiani votarono ugualmente per la DC per timore di una non improbabile deriva della nostra bella Italia all’estrema sinistra di fatto in mano ad esaltati amici di Stalin!! Si temeva che il nostro paese diventasse un satellite dell’Unione Sovietica alla guisa dei paesi dell’est europeo come La Cecoslovacchia e simili!! Viste le cose in questa prospettiva ( naturalmente discutibile) si può condannare Jacovitti perchè allora (1948) si schierò dalla parte della DC?? Come del resto, mi pare, fecero in molti, compreso Oreste del Buono!! Se voi cari lettori silenti avete le prove del contrario, ebbene, parlate ora oppure recatevi in quel famoso paese dei poveri sordomuti per scelta e non per sventurata circostanza!!Va beh, la voglio prendere lla lontana per perorare la mia causa che sostiene il fatto di Jacovitti non fascista!!I Avevo solo sette anni e dell’estate del 1944 di preciso non ricordo proprio un bel nulla con l’eccezione di alcuni albi di Jacovitti fra i quali “ Un marinaio nella stratosfera Comunque nella realtà di allora Jacovitti che combina?? Ehh, lo sanno ormai anche i sassi, si nasconde fino alla liberazione di Firenze, ultimi giorni di Agosto 1944. Poi che fa? Come si trova nella Firenze libera dalla tirannide nazi-fascista??Ehh, il Nostro a proposito ne ha raccontate di tutte i colori, perfino che in Settembre ogni tanto andava da Firenze a Roma con mezzi di fortuna dove nella redazione de “Il Vittorioso” c’era grande fermento fra disegnatori ,scrittori e soggettisti, anche se il direttore Gedda – si dice in tandem con l’allora cardinale Montini che, diciamolo inter-nos, con Il Vittorioso ufficialmente proprio nulla aveva a che fare, raccomandava piedi di piombo, perché la guerra non era finita e la situazione interna italiana era assai sdrucciola. Chi incontra Jacovitti giunto fortunosamente in redazione nella Roma retta da Charles Poletti??? ( I fatti della storia, collana diretta da Renzo de Felice. La Roma di Charles Poletti- Giugno 1944/ Aprile 1945. Autrice Fiorenza Fiorentino, edizione Bonacci, Roma 1986). Il Nostro fra le altre cose dichiarò anche che in redazione incontrò Caesar che, a parte la differenza di età ( 15 anni), aveva la sua stessa corporatura [ e questo particolare, altezza 1.85, peso in tempo di magra, 75 kg. e di piena 85/90, ebbe fondamentale importanza qualche tempo dopo nell’ “ ZETA A, Affare Alto Adige ” quando a Roma nella sede dell’Azione Cattolica di via della Conciliazione , Jacovitti indossò la divisa di Caesar e ne fece la controfigura, mentre Caesar si recava in incognito ad un incontro con alcuni rappresentanti della “Resistenza” romana., (documentazione tratta da: Marino Viganò. “E Mussolini ordinò: Date armi ai partigiani”. Storia in rete n° 54, Aprile 2010]), il quale da dichiarato antinazista odiava ovviamente “quel pazzo” di Hitler . Caesar nel febbraio del 1941 viene richiamato alle armi ( quindi aveva in precedenza già ottemperato al regolare servizio di leva in Germania) e va in Africa, come interprete e disegnatore di guerra del generale Rommel, dove rimane sino al settembre del ’42. Rimpatriato fa la spola fra Berlino, Roma e Vengono con quale compito preciso non si sa bene, anche se gli incontri berlinesi con l’ Ammiraglio Canaris ( il quale. poveretto fece poi una fine atroce per mano delle SS.) qualche barlume di supposizione ce lo potrebbero suggerire; nel ’43 inizia a far parte del Comando della Werhmacht di Verona.Devo continuare?? ditemelo voi. Grande articolo bravo Sauro, se posso esprimere il mio giudizio a proposito di Chiappori ma nemmeno lontanamente poteva sostituire Jacovitti, noi ragazzi e ragazze degli anni sessanta e settanta siamo cresciuti col Diario Vitt quanti ricordi quanto buonumore questo signore ci ha regalato e poi si sa’ come funziona qui in Italia devi per forza leccare il padrone di turno sennò non lavori. Per me Jacovitti rimane il più grande disegnatore satirico di sempre Ricordo bene Jacovitti sul CdP e CdR era bambino e mi faceva ammazzare dalle risate. Da adulto ho pensato che fosse un anarchico di destra indomabile e a quei tempi non poteva essere apprezzato per le distorsioni ideologiche che alteravano anche i giudizi artistici. Peccato. Comunque l’ultima produzione e’ davvero triste e scadente.P.S. Playmen era una schifezza porno Playboy Italia manteneva una certa classe. Non so se il mio per Jacovitti sia stato amore reale o effetto del suo plagio involontario della mia quotidianità, di bambina prima e di ragazzina poi: tutto era Jacovitti, quaderni, fumetti, astucci e gadget, quel mondo avulso dalla realtà in cui per fortuna ogni bambino si muove senza farsi scalfire dalle brutture del mondo. In tal senso questo articolo, bellissimo e coinvolgente come sempre, è un bel tuffo in quel mondo a cui potrei guardare con nostalgia e che invece tu mi fai rivivere unendo la consapevolezza dell’età adulta alla poesia dell’infanzia. Mi piacciono moltissimo i tuoi articoli, perché li leggo da una prospettiva diversa rispetto a quella che caratterizza in generale gli intenditori, sempre a caccia del dettaglio o dell’eventuale (non è mai il tuo caso) dimenticanza. A questo si aggiunge il fatto che da un punto strettamente stilistico e tecnico, ogni volta trovo spunti e suggerimenti utili per migliorare il mio modo di scrivere: d’altronde credo che l’unica via utile per progredire nella scrittura sia leggere molto e prestare attenzione a chi scrive meglio di noi, osservando tutto, quello che si legge e, soprattutto, fermandosi a riflettere su ciò che sta a monte di un articolo, quindi le motivazioni, i presupposti, la progettualità, e ciò che sta a valle, quindi il risultato in termini di messaggio e il dove l’autore ha deciso di andare a parare. Ed è qui che in questo specifico caso nascono le perplessità che mi spingono a muoverti una critica: di solito ti si può leggere a strati, scegliendo di restare in superficie o lasciandosi sprofondare in poltrona e godersi una lezione interdisciplinare, mai pedante e sempre intelligente, in cui il fumetto diventa un valido espediente per parlare di storia, di arte, di costume, assolvendo al top la missione POP a tutto tondo che personalmente vedo come colpo di genio del Giornale. Questa volta mi resta un retrogusto amaro e riguarda la contestualizzazione del pezzo, che mi sento di criticare non nel merito ma nel metodo, che trovo volutamente troppo easy e che nell’intento di non far torto a nessuno facendo (giustamente) un passo in dietro, riduce fino a minimizzare una delle pagine più drammatiche della nostra storia, quella che molti dei nostri lettori non conoscono, perché non c’erano e perché difficilmente la studiano a scuola. La strage di Piazza Fontana con i suoi 16 morti ha avuto un’eco e un prezzo in termini di devastazione molto più ampia, molti dei sopravvissuti convivono con le gravi conseguenze fisiche e psicologiche di quell’evento, con l’aggravante di non aver mai avuto giustizia per quello che hanno subito. Di quegli anni terribili siamo stati entrambi testimoni, in città diverse, tu a Milano e io a Genova, ma anche se io ho ben quattro anni meno di te, credo che le nostre emozioni siano state analoghe e che raccontarle sia un atto di responsabilità dovuto nei confronti delle nuove generazioni. Non possiamo ridurre tutto a quattro balletti, quando sappiamo entrambi cosa fossero l’angoscia e la paura con cui vivevamo i nostri anni più verdi, quelli in cui da liceale essere sfigato e disadattato si traduceva nel non essere schierato, nel dover scegliere “i buoni e i cattivi” e da che parte stare. Non possiamo insinuare il fraintendimento che gli errori di quegli anni fossero giustificati: Calabresi è stato ucciso in un atto esecrabile di giustizia sommaria da parte di chi si è arrogato il diritto di condannare a morte un uomo, cosa che in un contesto di civiltà non può e non deve avvenire, oggi, ieri e mai! Calabresi andava perseguito per la sua evidente responsabilità (che è un concetto molto diverso dalla colpa), giudicato in modo ordinario e condannato secondo le leggi, non ucciso da gente che assassinava i nemici pensando che corrispondesse a fare giustizia sociale. Ecco Sauro, questo aspetto dell’articolo non solo non mi piace, ma mi permetto di dirti che trovo la tua “prudenza” e la tua “semplificazione” estremamente fuorvianti, riduttivi, poco utili se non dannosi in relazione al target dei lettori del Giornale. La tua competenza, la tua empatia, la tua maestria e la tua consapevolezza storica, diretta e indiretta, sono risorse, un patrimonio inestimabile: usalo al meglio, sempre, soprattutto quando i fatti del passato di cui parli hanno ripercussioni nella vita di oggi di tanta gente, che non può e non deve essere ignorata. Siamo adulti, sappiamo bene che non esistono i buoni e i cattivi e quando raccontiamo la storia non possiamo fare i bambini, altrimenti facciamo come Jacovitti, per dirla alla Sgarbi… Chiaramente possiamo scegliere di non parlare di certe cose e fermarci al resto, ma se lo facciamo, facciamolo bene e in modo responsabile. La storia, le stragi, il sangue, i morti volati dalle finestre, gli anni di piombo… non possono essere liquidati, non è tempo di SALDI. Qualcun altro potrebbe obiettare che ho parlato troppo dei fatti di cronaca politica in un articolo dedicato a un autore di fumetti. Su piazza Fontana e Calabresi si dovrebbe scrivere un articolo o un libro a parte, se non vogliamo essere superficiali. Concordo, magari in un percorso interdisciplinare, anche, perché no, partendo proprio dall’espressione di quegli anni attraverso il fumetto per un libro e per quello mi offro per un lavoro a quattro mani quando ti pare ( sarebbe esaltante) . Un editoriale senza un aggancio specifico all’attualità o, come in questo caso a un argomento che funga da espediente, temo che di questi tempi non interesserebbe nessuno. L’ultima produzione realmente tutta di mano di Jacovitti è quella che porta la sigla Jac 83, già nel 1984 su “L’Eternauta ” Jacovitti sofferente ha bisogno di una mano che lo aiuti.Perchè non ritirarsi dalla scena e vivere di ricordi? Ehh, la sua situazione famigliare non glielo permette, soprattutto a causa della moglie gravemente ammalata che abbisogna di cure costose.Jacovitti non si era arricchito con il suo lavoro, pur producendo una mole enorme di fumetti, pubblicità, illustrazioni, strisce e vignette singole ecc, ecc..Fondamentalmente era pagato poco rispetto alla qualità e quantità di cose prodotte.Un destino non insolito per i disegnatori di fumetti attivi ad iniziare dagli anni 40.Quindi tenetene conto e guardate gli anni della sua giovinezza, da “Il Vittorioso” fino al “famigerato “Joe Balordo, due episodi che andrebbero valutati in continuity, senza puntare lo sguardo solo sul secondo racconto, quello che Sauro ha presentato qui.POi sul fatto che il periodo storico degli anni di piombo non è stato in questo contesto del Giornale Pop sviscerato, nemmeno quanto prodotto da Jacovitti in quegli anni lo è stato.Ma se nascesse una collaborazione fra lei e Sauro, chissà . Anche se io non la vedo nei panni di una acculturata jacovittologa: mi stupisca!! Non ho ambizioni da jacovittologa infatti e non mi riferivo esclusivamente a Jacovitti ma al fumetto in generale come espediente per fare un percorso interdisciplinare sulla storia, la società e il costume di quegli anni, per arrivare soprattutto a un pubblico giovane. Non esiste solo la cultura del fumetto comunque e non sempre basta quella per scrivere un libro di storia: io non ho pregiudizi culturali in tal senso, ma comprendo che possano averli gli altri. Si, certo, la sintesi di Sauro su quel periodo storico/jacovittesco è di certo di origine diabolica e di questo Tiziana d’Amico ha subito preso atto!!! Essendo nata nel 1965 ( ha 5 anni di meno di Sauro) avrà cominviato a leggere il “Corriere dei Piccoli/Ragazzi suppongo all’inizio degli anni ’70, quando io ormai purtroppo avevo già la barba che imbiancava.Mah, chissà nel decennio anni’70 che avrà letto di Jacovitti? avrà avuto l’intuizione che sarebbe indispensabile tener conto della contemporaneità di storie prodotte da Jacovitti nel periodo fine anni’70 , prima metà ’80? Le sarebbe saltato all’occhio che insieme a storie brevi Jac ne produce anche di lunghe, come non solo l’introvabile “Cipzagmapù”del 1977 ( commissionatagli dall’editrice Maga Publicitas”, mai pagata e con vendita abusiva degli originali ad un noto editore amatoriale genovese, che poi la pubblicò nella collana “Anni trenta” senza dare una lira a Jacovitti);le altre ( tre) storie lunghe, ad esempio quelle apparse sui diari VItt dal 1977/78 al 79/8o, oppure la lunga storia di Cocco Bill,24 puntate pubblicata sul settimane allegato al “Resto del Carlino”nel 1981, intitolato “Strisce e musica”. Poi il primo episodio, composto di 24 tavole, di Joe Balordo apparso a puntate su “Linus” allora in formato libretto,fra la fine del 1981 e l’inizio del 1982. In quell’anno di grazia Jac andò per la prima volta a Parigi invitato da Wolinsky[ ho l’intervista video del 1993]) Poi nel 1983 il secondo episodio di Joe Balordo di genere “sboccato”, volutamente e consapevolmente di cattivo gusto, rivolto forse all’area della cultura becera ; ma non è che la causa fosse il presunto fatto ( Da Sauro nelle vesti di oracolo) Jacovitti avesse perso la tresibonda, poiché contemporaneamente per il “Corriere dei Piccoli” disegnò parecchie mini storie di “Checco”, rivolte ai bambini, ben calibrate , graziose, delicate….Poi andando avanti ecconel 1982/83 13 episodi brevi di Cocco Bill apparsi su “TV Junior”, che come suggerisce l’intitolazione sono rivolte ai fanciulli, quindi senza nessun accenno di volgarità.Il 1884 fu l’anno nel quale Jacovitti fu ospedalizzato…….. la sua mano perde per sempre il suo tocco. grazie per avermi tolto un anno, io sono del 1964 Leggo solo ora la risposta di Tiziana D’Amico: quindi non ne potevo tenere conto nel mio intervento delle ore 21,23. Non è la prima volta che accade un fatto simile, dipende dal sistema automatico che ordina gli interventi.Cara D’Amico, sei più o meno coetanea di mia figlia, quindi posso tentare di immaginare quelle che sono state le tue letture di bimba e ragazza. Mia figlia in verità nell’età della frequentazione delle scuole elementari prediligieva gli albi Corno dei Supereroi e di Jacovitti non si interessava. Ovviamente la regola è sempre quella della diversità, anche in fatto delle letture di evasione delle fanciulle, quindi il fatto di avere una figlia tua coetanea non vuol dire che io possa pensare di sapere come eri tu da ragazzina o ragazza.Beh, un discorso generale sulle valenze del fumetto, anche diviso in decenni per usare un metodo di approccio cronologico “ordinato”, non è cosa da poco, poiché la materia fumetto è di una vastità e complessità a volte sconcertante.Ti auguro buon lavoro e, se ne sentirai l’esigenza, nel limite delle mie possibilità sarò disponibile a mettere a tua disposizione le mie conoscenze.In bocca al lupo! Gentile Tomaso Prospero, sono lusingata e onorata della tua disponibilità. Considero un patrimonio inestimabile la conoscenza e l’esperienza di chi, come te, sia profondo conoscitore di un argomento e lo abbia esplorato in un ampio spazio temporale. Chi può dirlo? Sarebbe bello se nascesse un progetto in tal senso e nel caso, sapere di poter contare sulla tua disponibilità sarebbe un grande motivo di orgoglio e un vero conforto. Grazie per la fiducia. Mah, folle di adolescenti cresciute in età scolastica con il il Diario Vitt di giorno in cartella e di notte sotto al cuscino??? io non ci credo, sono scettico, sono un povero miscredente in odore di lapidazione: è l’aura che circonda gli interventi scritti di Tiziana d’Amico che mi fa strigere lo stomaco e un poco raggela il mio sgangherato entusiasmo: è come se quelle parole, quelle frasi fossero dette a denti stretti per qualche incomprensibile rabbia. Ma comunque l’epopea trentennale (1949/1980) del Diario resta. Ripercorrerne la storia – come in un sogno ad occhi aperti fece Goffredo Fofi nelle puntuali chiose alle varie edizioni – che vuol dire??Mah, io ho letto con piacere i Diari che contengono storie complete, a partire da (Pi,Pi,Pi a Parlachiaro) per finire con l’abusato Cocco Bill. Topor ripone il bel volume or ora uscito nelle librerie francesi “ Topor Voyageue du livre”, parte seconda 1981/88, edizione “ Les cahiers/Dessiés. Fuma con voluttà, sorride, ridacchia. ” Si si, sarebbe interessante sentire quello che sa e che ha da dire Tiziana sugli anni 80 con Jacovitti alle strette, le sue visite in Francia dove la critica lo apprezzava e Wolinsky che lo odorava . Io invece non avevo problemi, abituato ad una grande popolarità a molto lavoro ma a pochi soldi in saccoccia…. Jacovitti non fu superato, non era questa la causa delle sue difficoltà con l’editoria italiana, checché ne dica il nostro impetuoso Sauro, non è stato mai in ritardo sui tempi, perchè la sua arte era ed è ancor oggi atemporale. Percorre una corsia parallela ma zigzagante che solo lui è in grado di vedere. Quando ci incontrammo a Milano e poi a Bologna mi disse sempre le stesse cose: ” mi piacerebbe tornare a Parigi e insieme a te ritornare in quella brasserie dalle parti di Montparnasse”. Poi si lamentava che la sua salute declinava, che la moglie poveretta era messa peggio di lui….e guardandomi beffardo mi bisbigliava all’orecchio:” Roland, tu sei sempre stato in anticipo sull’avanguardia, ti dovevi fermare e aspettare il resto della brigata, e ogni volta quelli poi ti superavano. Chi crede di conoscere la cultura del Novecento dovrà riconsiderare le proprie certezze riguardando le tue opere. I manuali, le storie dell’arte hanno perpetuato il malinteso. Una mistificazione epocale ci ha tenuti all’oscuro della verità!!”. Due uomini solamente possiedono il bandolo della matassa, due autentici geni. Io, caro il mio Tomaso, che sono -nonostante tutto e gli insuccessi dei miei interventi sulla morale comune- sempre con te e ti appoggio nei tuoi insensati interventi che hanno prprio nel nonsense il loro significato (!!). POi, lo ripeto a tutti, con pazienza, che dovete tener conto che esiste l’eminenza grigia, il marionettista che opera dietro tutte le quinte, che tira colpi mancini, che ci spinge di lato e ci fa precipitare giù per la tromba dell’ascensore; così, senza nessun motivo apparente. Quindi non vi illudete, il Fato, o il caso se volete, non è quasi mai benigno”.Io sono d’accordo, poiché Topor è nelle mie mani un “simulacro” dickensiano ( Philip K. Dick) che poi si anima , prende vita e mi mette da parte per recitarla lui la sua “parte”. Questo Tiziana certamente lo sa, e sarebbe interessante sentirlo dire e vederlo scritto da lei stessa.”Ma Tiziana mi suggerisce anche qualcosa di indecifrabile, qualcosa profferito a denti stretti, come per contenere una rabbia congenita. Ma di certo son io che come al solito vaneggio.Topor e Jacovitti sorridono e intonano una strana cantilena nell’argot del nono arrondissement, una sorta di ninna nanna che intercala con costanza la parola “rififì”, che fa rima con bibì, mimì, ici…… che bello dormire. L’orologio della Gare scocca sonoramente le sue ore, ma io non odo i rintocchi perchè le finestre dell’albergo hanno tripli vetri, qui a lato della piazza delle nuvole vaganti . Poi, è vero, da qui alla gare di Saint Lazare ora rimodernata e con il sottosuolo diventato un grande mercato quindi colmo di brusii di ogni natura, ci saranno in linea d’aria quattro o cinque chilometri: difficile anche volendo sentire quei rintocchi. Dice: ( ma chi parla non si sa) “Jacovitti!!”. E subito, a meno di essere teen-agers, appaiono immagini che rimandano agli spazi colmi all’inverosimile di pittori fiamminghi prezzolati dalla borghesia mercantile, ma perseguitati da visioni di apocalittici castighi infernali. Ne fissiamo alcune: un paio di scarpe abbandonate e il suo proprietario che vola mollemente anticipando le figure di un Chagall ispirato.. Uomini tagliati nel mezzo a metà, indipendenti l’una dall’altra, nei movimenti così come nella volontà. O ancora innumerevoli giochi lessicali legati all’Immaginario dell’epoca.Gente che vola ancor oggi??cresciuta con certezze in età scolastica – il Diario Vitt??? Sempre nella cartella e di notte sotto al cuscino io non ci credo, sono scettico! Ancora una volta i commenti appaiono non in ordine di esecuzione, in modo tale da dar l’impressione – che poi, chissà forse è reale- che il sottoscritto sia un mezzo rimbambito che balbetta a caso cose senza capo nè coda.A Tiziana dico che, sinceramente, se avrò le conoscenze del caso in merito a quanto mi sarà richiesto, farò il possibile. Direi che andrebbe definito l’argomento nei suoi limiti temporali e nella dimensione da dare al contesto, il suo approfondimento in quali direzioni.Questo lo dico perché nei saggi già usciti su Jacovitti, di lunghezza variabile e dovuti ad autore singolo oppure ad un gruppo di autori come nel caso di Bellacci, Boschi ,Gori e Sani ( Toscanacci, vil razza dannata!) il contesto storico è sempre stato predominante con una scelta di dare importanza all’influenza avuta dal cinema ( pensate a Fofi), naturalmente ii fumetti e loro autori più conosciuti contemporanei all’area storica e in alcuni casi la letteratura d’evasione e non , con autori legati al mondo dell’Appendice fino a scrittori più vicini a noi quali Calvino o ai classici melville, Conrad e compagnia bella.Veramente un piano di studi e competenze interdisciplinari.Tralascio chi ha tirato in ballo la pscicanalisi per spiegare certe supposte simbologie, e questo perchè per me la psicoanalisi non è certo scienza ma non di rado voluta o non voluta ciarlataneria!! A Raymond chiedo. ” Ma Zazie è poi cresciuta?? è poi riuscita ad entrare e viaggiare con il metro? Raymond ha fama di uomo taciturno, laconico , e tale si riconferma. “Ma caruccio” faccio io, in ascolto c’è pure Tiziana, non vorrai deluderla??” Queneau ssspira e detergendosi il sudore dall’ampia fronte bisbiglia:” Ti delego in toto” e se ne va! Che ci possiamo fare, potremmo chiederlo ad Italo Calvino che ora abita qui a Parigi in un quartiere anonimo del 14° arrondissemant, in una via di comune aspetto e di difficile raggiungimento mimetizzata com’è com’è fra tante abitazioni dall’identico aspetto, “sua casa di campagna” come la definisce lui! Mah, Calvino è peggio di Raymond in fatto di linqua parlante, meglio soprassedere. Comunque,col passare del tempo, romanzo, film e alla fine con grande ritardo il fumetto si possono considerare “datati”, superati dall’evolversi del gusto comune??Si dice che i capolavori non invecchiano mai, anzi diventano dei classici che tutte le generazioni possono apprezzare.Jacovitti, Topor, Queneau, Craveri, Hergè , Disney classico e la sua officina, il regista Malè, e gli attori Philippe Noiret, Hubert Deschamps, Catherine Demongeot, Antoine Roblot, Jacques Dufilho, Vittorio Caprioli.Titolo originale Zazie dans le métro. ecc, ecc, sono stati superati, stanno scivolando nel dimenticatoio??La folla oceanica che in attesa sotto al balcone del palazzo stile Liberty che ospita “l’Hotel du carriere noir” di una stella rosicata, qui in place des Nuages attende da ore la parola del grande Guro che incurante delle attese passa il tempo pregando, facendo le parole crociate, friggendo salcicce in padelline con la bomboletta a gas, leggendo fumetti. Mi avvicino a uno di loro che appunto sta leggendo un albo a fumetti e chiedo:”Signore, ehi, Signore, che sta leggendo?? L’uomo alza gli occhi e sorridendo mi mostra la copertina dell’albo. Perbacco!!! si tratta dell’Almanacco estivo di Eureka del 1969 e la storia letta è di Jacovitti!!!Ma allora Jac non si è dissolto nel nulla, non è caduto nel dimenticatoio!!!Mi allontano sollevato.Quella storia, quella che leggeva quel signore sull’Almanacco di Eureka in realtà risale al 1958/59 e apparve a puntate sul supplemento del martedì del “Giorno della Donna” a partire dall’estate del 58, quando io stavo svolgendo il servizio militare a Napoli, su al Vomero.Per una serie di ragioni se acquistavo il quotidiano “Il Giorno” con l’allegato, poi dovevo lasciarlo in camerata perchè tutti potessero, se volevano, usufruirne.Capite che non era possibile collezionare l’inserto, che finiva in casa del maresciallo Gambardella che aveva moglie e figlie.Di questi allegati del martedì non ne ho molti: caduti per la Patria!!Va beh, tanto…… Ah, la storia in questione si intitola “La famiglia Spaccabue”ed è formata, in origine su “Il giorno della donna”, da due lunghe strisce che formano un miniepisodio conclusivo.Come già detto inizia sul supplemento del martedì de “Il Giorno”, a partire dal 15 Luglio del 1958 per terminare il 7 Aprile 1959.C’è comunque un piccolo mistero, forse chiarito, riguardante la prima puntata del 15/7/1958.All’inizio il supplemento era grande come un foglio del quotidiano, questo fatto fece credere a Jacovitti di poter disporre di molto spazio, tanto che inviò al “Giorno” la prima puntata composta di ben 4 strisce.Ma Jac aveva frainteso, lo spazio a sua disposizione non era tanto da consentire la pubblicazione di 4 strisce, ma solo di due. Allora Jacovitti mandò la seconda puntata di due strisce e la prima venne ridotta da 4 a 2 strisce con una drastica azione di sforbiciamento,Jacovitti comunque si tenna la versione originale a 4 strisce che poi fu utilizzata in fotocopia nell’occasione di questa “Famiglia Spaccabue” apparsa rimpaginata in verticale.sul supplemento di “Eureka” 1969.Quando l’editore amatoriale Carlo Conti ristampò la detta storia in albo utilizzò i supplementi del “Giorno della donna”, che pur avendo pubblicata la storia per primi, avevano la prima puntata originale mancante di 11 quadretti e mezzo.Se non sono stato chiaro potete chiedere qualsiasi cosa in merito, se non ve ne interessa un bel nulla, beh…. pazienza, io ho fatto il mio dovere di filologo. Jacovitti intanto fra la fine del 1958 e l’inizio del 59 pubblica sul settimanale umoristoco romano “Il TRavaso delle idee” diretto dalla “belva umana”Guasta, pubblica la canizza parisienne “Pasqualino rififì” sulla lunghezza delle 12 puntate.Alle spalle di questo lavoro, prima libro e poi film, c’è “Le rififi” del regista Louis Malle e ” Ne touchez pas le grisbi” con la regia del grande Becker!!Jacovitti si scatena con l’argot parigino mettendo a disposizione dei lettoti un glossario Argot-Italiano. Probabilmente Jac si rifece allo scrittore di polar Albert Simonin autore del romanzo uscito nel 1953 ed intitolato””Touchez pas au gisbi” che alla fine presentava un vocabolarietto di argot!! Bhe signori, io sono un pochino più giovane della maggior parte di voi (credo)E per me Jacovitti è abbastanza poco noto. Certo, i quaderni co le sue illustrazioni, come dice Tiziana,I puzzle.Ma all’inizio degli anni 90, ad una bimba non capitavano in mano i suoi fumetti.Quindi io leggendo questo articolo mi trovo in una posizione strana. La storia l’ho studiata, tante le cose le so, mentre è di Jac che bevo avidamente notizie e fatti. E ieri sera me lo sono bevuta il questo articolo articolo, l’ho trovato grandioso.La biografia di Jacovitti raccontando la nostra storia…. Per me che son giovine poi, è bellissimo leggere la “storia” in una maniera parallela a quella dei libri storici. Piazza Fontana, anni di manifestazioni, sono stata, diciottenne, al funerale di Valpreda, conosciuto poco tempo prima al Cso Vittoria, ma quello che non trovavo da nessuna parte, se non filtrato dagli estremisti di lotta continua, era la percezione del popolo di quell’evento.E qua dentro c’è.