L’IMPREVEDIBILE SUCCESSO DI “SANTA COSPLAYER”

Come l’orgasmo, il successo è un concetto difficilmente analizzabile. Se ne possono descrivere le conseguenze, i danni o i benefici, ma le modalità spesso ci sfuggono: lo accettiamo e basta. Sappiamo che quel tale personaggio è famoso, ma non ci soffermiamo troppo a chiederci perché. Le persone di successo ci vengono imposte, anche se in fin dei conti noi stessi di quel successo siamo gli artefici (il pubblico, altro grande mistero). Ma non c’è un solo tipo di successo. Così, all’ingrosso, ne distinguerei almeno due grandi categorie: il “successo semplice” e il “Successo Assoluto”, con le maiuscole. Moltissimi personaggi hanno goduto del successo in una stagione della loro vita, e ora giacciono del tutto dimenticati o casualmente ricordati (successo semplice). Altri, pochissimi, gli eletti, si sono guadagnati un Successo stabilizzato nel tempo, indiscusso, addirittura eterno, dunque Assoluto. Il capofila di questa esigua schiera è indubbiamente Gesù, con un buon paio di millenni di permanenza al primo posto di ogni classifica. E il ragazzo non sembra aver intenzione di scendere dal gradino più alto. Ci resterà per altri millenni, di sicuro, anche se scomodamente appeso a una croce (il famoso “prezzo del successo”). La classica iconografia del Cristo Ultimamente un altro personaggio di grande impatto mi ha incuriosito: la strabilianteThérèse Martin, cioèSanta Teresa di Lisieux, conosciuta comeSanta Teresa del Bambin Gesùe, per buona misura, pure del Volto Santo, vissuta dal 1873 al 1897 in Normandia. Molti la chiamano affettuosamente Santa Teresina, anche per non confonderla con l’altra grande Teresa, quella d’Avila, o con la più recente Madre Teresa. Ma non mi ci sono imbattuto per caso, nella Teresina, no: l’avevo già incontrata al tempo in cui, con lo pseudonimo di “G”, imperversavo alla radio in un programma intitolato “Il Sondazzo”, basato su telefonate che chiamavo “provocazioni telefoniche”. Altri li chiamavano scherzi. Scatenato come solo un timido può scatenarsi davanti a un microfono, per provocare i miei disgraziati interlocutori mi inventavo personaggi a ruota libera, e uno di questi era proprio una certa Suor Teresina del Bambin Gesù, che con accento veneto telefonava alle famiglie per dar loro la lieta novella della nascita di un bambino, figlio di ignari signori i cui nomi volta per volta prendevo a caso dall’elenco telefonico. Si può immaginare lo scompiglio che ciò creava in quelle case, quando le mogli apprendevano dalla garrula monachella che il proprio marito aveva messo incinta una giovane di 19 anni e che era appena diventato papà…. A questo punto, invece di placare gli animi, rincaravo la dose: Suor Teresina passava loro il Professor Cazzantico, primario dell’improbabile clinica di Gerontopedofilostetricia dove il parto era avvenuto, uomo dal parlare serio e professionale, credibile, e lui, per la mazzata finale, lasciava le malcapitate mogli sconvolte nelle mani dell’incazzatissima Assuntina Patalluocco, madre della puerpera, che in un pesante accento pugliese prometteva sfracelli se il padre del bambino non si fosse preso le proprie responsabilità. In realtà ero sempre io. Tutto in diretta. Ed era solo una delle mille spietate situazioni che mi sono inventato giornalmente in quasi 40 anni di carriera di rovinafamiglie, in un’epoca in cui la libertà di espressione non era ancora stata castrata dal medievale “politicamente corretto”. Gli ascoltatori, sempre pronti a uno sganasciato sadismo quando non toccava a loro, si scompisciavano dalle risate, e questo può servire a spiegare le ragioni del mio successo: “semplice”, tengo a precisare, “semplicissimo”, cioè temporaneo, caduco, passeggero, prima o poi dimenticabile, anche se molti mi avrebbero volentieri messo in croce come il Numero Uno di tutti i personaggi famosi. “G” alla radio nel 1992 Questa premessa era necessaria per spiegare il mio approccio con la santa di cui avevo tante volte usurpato il nome, semplicemente per sentito dire. Con il passare degli anni e a Sondazzo archiviato, mi è presa una sorta di rimorso, e, volendo scusarmi con la vera Teresina, mi sono messo a studiarne la biografia. E ho scoperto un mondo che non mi aspettavo.I Santi stanno sul calendario, e della maggioranza di essi non sappiamo niente, sono nomi e basta, a volte anche parecchio strani. Ma quando mi sono avvicinato a Teresina ho sentito un brivido che mi ha suggerito alcune domande.Subito colpisce la sua giovane età alla morte: 24 anni. Poi stupisce apprendere che questa ragazzina è patrona di Francia, Belgio, Russia e pure Australia. E incuriosisce come sia stata definita“la più grande santa della nostra epoca”da Pio X prima ancora che Pio XI la santificasse chiamandola“la stella del mio pontificato”, assurta addirittura, terza donna nella storia ecclesiastica, all’altissimo rango di Dottore della Chiesa per volere di Giovanni Paolo II, ciò volendo significare che ogni sua parola è dottrina. Non avendo più niente di lei da santificare, Papa Francesco ha fatto santi i suoi genitori. Sbalordisce questa predilezione papale nei confronti della “mia” Teresina. Vedere poi i santuari che le sono stati innalzati fa impressione. Il santuario di Santa Teresa del Bambin Gesù a Lisieux, il secondo più visitato di Francia dopo Lourdes Lo scenografico interno della basilica di Santa Teresa a Lisieux In Italia molte basiliche e chiese sono state dedicate a Santa Teresa del Bambin Gesù. Una tra tutte quella di Verona Nella basilica di Verona la statua di cera di Teresa indossa un velo realmente appartenuto alla santa, e sul petto porta un reliquiario contenente una sua vertebra “Questa qui deve essersi data parecchio da fare”, mi sono detto di fronte a tutte queste eccellenze,“chissà quali dotti trattati ha scritto, quali azioni di grande merito ha compiuto, che miracoloni ha fatto…”.Ho pensato a qualcosa di simile alla sua omonima di Calcutta. Poi scopro che si tratta di una semplice, piccola suora di clausura, una carmelitana, e pure scalza, che non è mai uscita dal convento in cui è stata rinchiusa negli ultimi nove anni della sua brevissima esistenza. E comincio a chiedermi i primi perché. Il Carmelo di Lisieux come si presentava al tempo in cui vi fu rinchiusa Suor Teresa Il chiostro del Carmelo di Lisieux con le Carmelitane. Tra loro c’è anche la prossima Santa Teresa, non a caso la più in alto di tutte, quella abbracciata al crocifisso La seconda mossa di un curioso come me è stata quella di ricercare qualche immagine particolareggiata della Teresina. Al suo tempo, fine Ottocento, esisteva già da decenni la fotografia:“Magari una o due foto da vicino, di straforo, anche nella clausura gliene avranno fatte”, ho pensato. Di straforo? Altroché: soltanto sua sorella Céline, monaca anch’essa, ne ha scattate più di cinquanta in cui lei compare. E le guardo: Teresa sta attenta allo scatto, si mette in posa sia di fronte che, preferibilmente, di tre quarti, mostrando il lato migliore, quello sinistro. Esibisce un visetto pienotto che non definirei propriamente bello, ma piacevole, sereno, a volte enigmaticamente sorridente, stranamente attraente. La Teresina novizia a 16 anni La foto di Suor Teresa considerata “ufficiale”, scelta per la gigantografia esposta a S. Pietro quando fu proclamata Dottore della Chiesa da Giovanni Paolo II nel 1997, a cento anni dalla morte Un’espressione risoluta di Teresa. Si noti la posizione del viso: era attenta a esporre all’obbiettivo il tre quarti sinistro, da lei evidentemente ritenuto il migliore: un atteggiamento che ritroveremo più volte Una posa accuratamente studiata della futura santa, con le mani in evidenza intrecciate in atteggiamento di preghiera Una classica foto “da santa” di Teresa, sempre molto attenta alla postura e alla scenografia delle proprie immagini Teresa volle associare la propria figura ad alcuni precisi oggetti-simbolo, come la croce e, in questo caso, la clessidra. La sua espressione rende bene l’inesorabilità del tempo che passa Ancora di tre quarti, Teresa si fa fotografare con altri oggetti-simbolo: le immagini di Gesù Bambino e del Volto Santo, elementi integranti del suo nome prima da suora, poi da santa Accenna un sorriso quasi “monnalisiano”, Teresa, ed è sempre una suora molto elegante quando c’è in giro una macchina fotografica Guarda lontano, Teresina, in uno scatto particolarmente ben riuscito. Molte delle sue immagini, come anche questa, sono particolari di foto più ampie E fin qui tutto regolare, con qualche concessione forse alla fotogenia. Ma il bello è che non sempre la si trova vestita da suora. In una serie di foto la vediamo addirittura nelle avventurose vesti diGiovanna D’Arco, sua grande passione, con lunghi capelli fluenti che non ti aspetti, a cui evidentemente non aveva rinunciato, e un figurino non proprio da monaca di clausura. Armata di una spada, quindi idealmente pronta a combattere, persino a uccidere, appare come quella che potrebbe essere oggi una ragazza in costume per una rievocazione storica o un’impersonificazione fantasy. Avrebbe potuto benissimo partecipare comecosplayera Lucca Comics, se ci fosse stato, senza affatto sfigurare.In realtà questa trasformazione è dovuta alla messa in scena di uno degli otto lavori teatrali da lei stessa scritti e recitati all’interno del convento, di cui curava personalmente costumi e scenografie. Per la precisione su Giovanna D’Arco Teresa scrisse e interpretò due drammi, degli otto totali: il primo nel 1894 sulla missione della santa guerriera e le sue “voci” interiori, il secondo nel 1895 sul suo martirio. Tra le sante doveva essere proprio la sua prediletta.Infaticabile e più forte di come qualcuno ebbe a descriverla, disse di lei Papa Pio XI rimproverando l’arcivescovo di Bajeux:“Voi dite e fate dire che si è resa un po’ troppo insipida la spiritualità di Teresa. Com’è maschia e virile, invece! Santa Teresa del Bambin Gesù, di cui tutta la dottrina predica la rinuncia, è un grand’uomo!”. Parole forti. Stupisce Suor Teresa vestita da Giovanna D’Arco, qui in catene, per una rappresentazione in convento. Capelli sciolti, lunghi, da donna L’espressione è triste, Giovanna è incatenata, e forse anche Teresa Fiera e armata di spada accanto alla bandiera, con gigli di Francia sparsi dappertutto, anche sul costume da lei stessa cucito, Teresa è completamente immersa nel ruolo di Santa Giovanna Teresa-Giovanna in un’altra foto. Sulla destra la coroncina di fiori che le finirà sul capo Una Giovanna D’Arco attuale e meno castigata, ma in posa non troppo dissimile da quella di Teresa (“sexy” costume di Giovanna D’Arco in vendita online a € 40,99. Spada a parte per 4,99) “Teresa D’Arco” col diadema floreale e un’insolita concessione al tre quarti destro Un’intensa ed estatica espressione di Teresa, ancora in versione Giovanna D’Arco Teresa, la pacifica ma vivace suorina che predica l’amore, la semplicità, l’annullamento, impersona Giovanna D’Arco, l’intrepida guerriera tutt’altro che portata a rinchiudersi in un convento. La reclusa venera Giovanna considerandola forse una proiezione di se stessa su un campo di battaglia solo sognato, senza sapere che per uno strano gioco del destino di lì a pochi anni condividerà con lei il patronato di Francia. O… sapendolo già? Frugando tra gli scritti dell’ineffabile Teresina colgo infatti alcune perle di voluta santità. “Desidero essere santa, ma sento la mia impotenza e vi domando, mio Dio, di essere voi stesso la mia santità”. “Mio Dio, scelgo tutto. Non voglio essere una santa a metà”. “Sempre ho desiderato essere santa, ma – povera me! – sempre ho constatato, nel raffrontarmi ai santi, che tra loro e me esiste la stessa differenza che c’è tra una montagna la cui vetta si perde nel cielo e il granello di sabbia scuro calpestato dai passanti. Lungi dal perdere coraggio, ho detto a me stessa: Il buon Dio non può ispirare desideri irrealizzabili. Dunque, nonostante la mia piccolezza, posso aspirare alla santità. Diventare grande, è impossibile; devo allora sopportarmi così come sono, con tutte le mie imperfezioni, ma voglio trovare un mezzo per andare in Cielo per una via piccola ma ben diritta, ben breve, una piccola via interamente nuova”. Piccola via, piccola santa. Ma al padre tanto amato dice: “Cercherò di essere la tua gloria diventando una grande santa”. Bingo! Un raro biglietto di accesso alla cerimonia di beatificazione di Teresa in Vaticano, avvenuta nel 1923. Due anni dopo sarebbe arrivata la santità 17 maggio 1925: Teresa è proclamata santa. L’interno di S. Pietro gremito durante la cerimonia di canonizzazione Lei voleva essere santa, piccola o grande ma santa. Preferibilmente grande. Già sapeva, già si predisponeva alla canonizzazione e non ne faceva mistero. Questo atteggiamento può anche apparire un tantino presuntuoso, velleitario, da ragazzina esaltata, ma come imputare a una piccola giovanissima suora rinchiusa in una casa senza telecamere un arrivismo simile a quello di una qualunque dimenticabile aspirante divetta chiusa nella casa del “Grande Fratello”? Doveva esserci qualcosa di più, molto di più in Teresa per passare attraverso le sbarre della clausura e uscire da protagonista nel mondo senza muoversi dal monastero. L’amore. Ecco, l’amore, che la piccola suora ha sempre proclamato come sua propria caratteristica totale. “Nel cuore della Chiesa io sarò l’Amore”. Affermazione alquanto immodesta, perentoria, più da Figlio di Dio che da carmelitanuccia.Ma a proclami di tale portata Teresa alternava semplici slanci verso entità da presepio come Gesù Bambino. Roba quindi da preghierina infantile inginocchiati al letto prima di dormire? Evidentemente no, in lei c’era un fervore superiore, lungi da lei l’abitudine. Confessava di addormentarsi durante il Rosario, di non riuscire a terminare le preghiere. In altre parole il monotono biascichio monacale l’annoiava, lei covava ben più alti pensieri. In convento il suo carattere ribelle aveva incontrato ardui scogli: tra le sue consorelle allignava la stessa pochezza umana che si ritrova in ogni ambiente chiuso. Ma lei, la più giovane, risolse con l’amore: decise di amare chi più la sottoponeva ad angherie, e vinse.Da piccola era stata una bambina bizzosa e difficile: si buttava in terra e urlava, piangeva, faceva dannare i suoi santi genitori (canonizzati entrambi forse proprio per la pazienza avuta nel sopportarla). A scuola ebbe problemi di bullismo che le causarono periodi di depressione. Le venne una malattia definita “strana”, con forti mal di testa e dolori dappertutto, somatizzazione di un disagio che la rendeva intrattabile. Oggi la definiremmo una bambina problematica. La decisione di sua sorella maggiore, Pauline, di chiudersi in convento poi l’atterrì: avrebbe perso la sua “piccola madre”, essendo prematuramente scomparsa quella genetica. E allora fu lei stessa a voler vivere in clausura, e ci riuscì a soli 15 anni, anziché ai 18 minimi richiesti dalla regola carmelitana. Sentiva forse di dover fare presto, perché di tempo ne avrebbe avuto poco. Credo che abbia sempre saputo tutto, Teresa, soprattutto sapeva quello che voleva, e l’ha sempre ottenuto. In fondo voleva solo diventare santa…