LANDO BUZZANCA, SPECCHIO DI UNA PROMESSA

History is littered with hundreds of conflicts over the future of a community, group, location or business that were “resolved” when one of the parties stepped ahead and destroyed what was there. With the original point of contention destroyed, the debates would fall to the wayside. Archive Team believes that by duplicated condemned data, the conversation and debate can continue, as well as the richness and insight gained by keeping the materials. Our projects have ranged in size from a single volunteer downloading the data to a small-but-critical site, to over 100 volunteers stepping forward to acquire terabytes of user-created data to save for future generations. The main site for Archive Team is atarchiveteam.organd contains up to the date information on various projects, manifestos, plans and walkthroughs. This collection contains the output of many Archive Team projects, both ongoing and completed. Thanks to the generous providing of disk space by the Internet Archive, multi-terabyte datasets can be made available, as well as in use by theWayback Machine, providing a path back to lost websites and work. Our collection has grown to the point of having sub-collections for the type of data we acquire. If you are seeking to browse the contents of these collections, the Wayback Machine is the best first stop. Otherwise, you are free to dig into the stacks to see what you may find. The Archive Team Panic Downloadsare full pulldowns of currently extant websites, meant to serve as emergency backups for needed sites that are in danger of closing, or which will be missed dearly if suddenly lost due to hard drive crashes or server failures. Nella primavera del 1970 la Rai trasmise un inusuale spettacolo di intrattenimento in sette puntate basato sulle vicende di una coppia di sposi che, leggo sui giornali di oggi, avrebbe dovuto essere il prototipo del matrimonio moderno, da canzonare bonariamente,Signore e Signora. Qualche balletto, qualche conversazione teatrale tra i due, sketch con Paola Borboni, la suocera, qualche canzone che sarebbe rimasta nei decenni seguenti: “L’amore non è bello se non è litigarello…“. A me bambino di dieci anni piaceva tantissimo, e dovetti essere così perentorio nel mio desiderio di non perderne neanche una puntata che al sabato mi era stato concesso di portare in camera mia il pesante televisore della sala perché potessi guardarmi in santa pace il programma. Quando anni più tardi vidi i film che avrebbe poi fattoLando Buzzancami domandai come mai non avesse seguito la strada aperta daSignore e signora, fatta di un umorismo semplice e leggero, molto elegante. Quel programma fu per me, romantico già da ragazzino di contro ai miei amici che nell’adolescenza parlavano solo di fica e tette grosse, un segnavia estetico a quella che sarebbe stata la mia vita adulta, ben diversa da quelle dei genitori e dei nonni. Delia Scala, l’altra protaginista del programma televisivo, era sempre bellissima e spigliata con i suoi collant colorati che a quei tempi le riviste femminili progressiste regalavano alle lettrici. I personaggi maschili dall’aria rilassata portavano talora maglioncini aderenti come quelli che vedevo sui campi di golf di Courmayeur, frequentati da persone non ricche ma che certamente potevano godersi quel poco o tanto che la vita può dare senza esasperarsi per i problemi di bollette. Un contrasto rassicurante con il vecchiume circumfamigliare in cui troppo spesso mi ritrovavo, vecchi professoroni letterati nati già morti, macchine come le Bianchine famigliari che diffondevano atmosfere fantozziane ante litteram, coppie sposate senza amore con matrimoni indissolubili e disperati che sfociavano troppo spesso in violenze contro i figli. Prediche sulla vita come una condanna al dolore, discorsi sulla buona qualità dei matrimoni senz’amore, l’amore sarebbe arrivato dopo, mi dicevano. Discorsi angoscianti, fin quando Lando Buzzanca e Delia Scala mi raccontarono che poteva essere tutt’altro e io ne fui entusiasta. Rivedendo oggi lo sceneggiato mi rendo conto che in verità la fantasia romantizzava in eccesso la realtà delle esili trame, ma mi rendo improvvisamente anche conto che le ambientazioni erano una specie di aticipazione astratta ed entusiasmante di quello che sarebbe stato riconosciuto anni più tardi come ildesign italiano, e che come tale sarebbe rapidamente ammuffito in un manierismo che avrebbe avuto niente a che fare con il design delle origini, quello di Flos, Artemide, De Padova, delle prime cose Kartell e Danese e quelle misconosciute di Casa Kit e del reparto arredamento di Croff e della Rinascente. Degli scaffali Lips Vago e dei mobili di Joe Colombo. Design che non è stato solo un nuovo stile, ma anche una nuova, potente e vitale filosofia dell’esistenza. Anche gli abbigliamenti rispecchiavano o sarebbero stati addirittura idealmente ripresi nell’emergente mondo della moda italiana, ed entrambi gli elementi sarebbero riemersi due anni più tardi nella serie ingleseSpazio 1999. E dunque, Lando Buzzanca con quel programma aveva espresso la promessa di un mondo interessante, libero dalla pesantezza ottocentesca che ancora dominava l’Italia, promessa che mi ero fatto per nome suo, e cui avevo dato fede. Oggi vivo in un incubo di roba Ikea, alla fine non mi sono sposato, ma non è detto che non lo faccia, e la modernità così come l’avevo sognata nei termini di un mondo tecnologico costruito attorno alla persona e al suo servizio sta annegando in una palude di ecologismi d’accatto che predicano il ritorno alla vita rurale, alla paccottiglia d’artigianato, ai pavimenti di cotto finto antico in appartamenti finto Caccia Dominioni nelle periferie dei centri commerciali. Tutto il contrario delle case stilizzate diSignore e signora. Per questo accenno di motivi, mi dispiace che Buzzanca sia morto, soprattutto empaticamente perché i suoi ultimi anni devono essere stati terribili, ed egoisticamente per me che perdo il primo testimone di qualcosa che avrebbe potuto e dovuto essere e non è stato, ma che ancora sogno. (Andrea Antonini, Berlino – Immagine di apertura: particolare di una copertina del fumetto tascabile “Il Montatore”, disegnata dal giovane Milo Manara).