LA SPLASH PAGE COME MOMENTO DI ROTTURA

LA SPLASH PAGE COME MOMENTO DI ROTTURA

Per dirla in breve, lasplash pageconsiste in una tavola occupata da una sola vignetta. Si tratta di una pagina dal forte impatto visivo che, se inserita al punto giusto di una storia, può aggiungere un intenso carico emozionale alla narrazione. Diciamo anche cosa non è. Non è una copertina. Qui sotto, una splash page diJohn Buscema:“Anche un androide può piangere”. La copertina ha soprattutto una funzione di sintesi. Di solito riassume in una sola immagine il contenuto di un albo. Non è una prima pagina. La prima pagina deve introdurci, magari in modo spettacolare, nella storia. Ben note sono le splash page diWill Eisnerdi The Spirit che hanno influenzato generazioni di disegnatori.Einser, peraltro, integrava anche il logo di Spirit nell’atmosfera dell’episodio: in questo caso diventa “orientaleggiante”. Possiamo considerarle una specie di incrocio tra una copertina e una prima pagina, che Eisner utilizzò per rendere il suo mini comic book scopertinato più visibile tra le tavole in grande formato dei supplementi domenicali dei quotidiani di allora. Non sono tutte realizzate da lui, la mia preferita è opera dell’assistenteJerry Grandenetti. Jack Kirbyera stato autore di grandi splash page su due pagine nel primo Capitan America del 1941, forse su richiesta del suo socio di alloraJoe Simon. Kirby fa della splash page un punto di forza nella Marvel degli anni sessanta, a partire dai Fantastci Quattro. Queste non sono più solo introduttive, perché si trovano anche nel bel mezzo dell’azione. La Dc Comics dell’epoca non “osava” tanto.L’introduzione della splash page all’interno dell’episodio usata con continuità è, dunque, il vero momento di rottura rispetto alla precedente tradizione grafica del fumetto. MentreSteve Ditkole realizza per l’Uomo Ragno, che disegna e inchiostra da solo (lui non vorrebbe gli effetti sonori e non li disegna, ma Stan Lee li fa fare al calligrafo).Steve Ditko è anche autore di fantastiche splash page per il Dottor Strange. Per un certo periodo Jack Kirby utilizza la tecnica delcollage. Tra i vari primati detenuti da Kirby c’è infatti anche quello di aver introdotto questa arte nel fumetto. Prima di lui, si conta solo una tavola del solito Will Eisner nel suo The Spirit (The Story of Gerhard Shnobble, del 1948: la preferita dall’autore). Con l’utilizzo del collage, Kirby si inserisce a pieno titolo tra gli sperimentatori della pop art di quegli anni comeJames Rosenquist. Kirby attingeva dalle riviste, ritagliando immagini che ricomponeva per realizzare visioni stranianti e psichedeliche dello spazio o di altre dimensioni. Jim Sterankosembra quasi un Kirby sotto l’effetto dell’Lsd. Nei suoi inizi marvelliani si rifaceva come tutti al disegno di Kirby, che piano piano trascinò verso territori inesplorati. Ha saputo unire lo stile geometrico e ipercinetico del suo maestro alla psichedelia e la op art (abbreviazione dioptical art), con tecniche miste come il collage, la fotocopia di immagini reali e un abbondante utilizzo di splash page. Libero di sperimentare alla Marvel, diede vita a un ciclo di episodi esaltanti. Nel numero 167 di Strange Tales dell’aprile 1968 esagerò, creando una splash page su quattro pagine, ma riuscì a farlo, rimanendo comunque nel pieno rispetto delle regole dello storytelling fumettistico. Alla fine degli anni sessanta la splash page è ormai diventata un punto fermo della narrazione a fumetti e spesso la troviamo a enfatizzare i passaggi cruciali delle storie. Come l’iconica pagina 8 di Spider-Man n. 50 “Non più Uomo Ragno” del luglio 1967, ad opera diJohn Romitasenior. Le splash page furono indispensabili per rendere in tutta la sua grandezza psico-fantascientifica la folle saga lisergica del Warlock diJim Starlin, uno dei pochi apici creativi della Marvel negli anni settanta. Negli anni ottantaFrank Millerbasò interamente su una serie impressionante di splash page l’estetica postmoderna del suo Dark Knight. Concludiamo con un’epica splash page di John Romita junior per Devil.