IL CINEMA FANTASCIENTIFICO ITALIANO DEGLI ANNI SESSANTA
Il cinema italiano di fantascienza è, con alcune eccezioni, un cinema di serie B. Nato sulla scia dei grandi successi della fantascienza americana degli anni cinquanta, si tratta di un cinema caratterizzato da budget estremamente ridotti, che se da una parte limitavano molto l’utilizzo di effetti speciali dall’altra avevano il pregio di esaltare la creatività e l’ingegnosità degli autori costretti a supplire con la loro fantasia le scarse risorse economiche. Quello che molti ritengono il primo film italiano di fantascienza giunge relativamente tardi, nel 1958:La morte viene dallo spaziodiPaolo Heusch, sulla minaccia portata alla Terra da una pioggia di asteroidi.Non che negli anni precedenti il filone fosse stato completamente ignorato dai cineasti italiani, ma le poche pellicole che vengono alla mente sono da considerare più come dei tentativi malriusciti di creare qualcosa di simile a un film di fantascienza, che compiuti esempi del genere. DopoLa morte viene dallo spazio, il cinema di fantascienza inizia a prendere piede pure in Italia, anche se il numero di pellicole rimarrà sempre piuttosto risicato, frutto più di singole intuizioni, che non di una operazione di metodico sfruttamento del filone.Il cinema fantascientifico italiano dà il meglio di sè negli anni sessanta, durante l’età d’oro del nostro cinema, quasi contemporaneamente al boom degli spaghetti western, dei quali per un po’ si illude di poter bissare il successo. Ciò non avverrà proprio a causa dell’estrema povertà degli effetti speciali, ai cast frequentemente zeppi di nomi sconosciuti, alle sceneggiature spesso ingenue e traballanti e soprattutto alla mancata comprensione della filosofia del genere, che nella maggior parte dei casi portò a realizzare pedisseque riproposizioni degli schemi e dei cliché della fantascienza americana. Nondimeno l’avventura del cinema italiano di fantascienza rimane un capitolo interessante, sia per la produzione di alcuni piccoli gioielli del genere sia per le incursioni nel settore da parte di alcuni registi di serie A, i quali trovarono nei temi fantascientifici un’affinità con le questioni da loro trattate in altre opere. Il registaVittorio Cottafaviraggiunse una certa fama quando diresse, nel 1972, il fortunato sceneggiato fantascientifico in cinque puntateA come Andromeda. Per il resto, le sue opere sono scarsamente diffuse e il suo valore è riconosciuto più in Francia che nel nostro Paese, dove sin dagli anni sessanta è presente un nutrito gruppo di suoi sostenitori. Operazione Vegaè un film per la tv con Arnoldo Foà, Gastone Moschin e Aldo Giuffré. Racconta la visita di alcuni ministri terrestri sul pianeta Venere, per stringere un’alleanza in vista di una futura guerra. Una volta arrivati a destinazione, i terrestri scoprono che i venusiani non hanno uno Stato organizzato e, forse per questo, vivono felici. Tratto dall’omonimoradiodrammadiFriedrich Dürrenmatt(nella traduzione diItalo Alighiero Chiusano), il film non venne particolarmente apprezzato ai tempi della sua uscita e ancora oggi è molto difficoltoso da reperire anche su Dvd. Sì, il cinema italiano commise il grave errore di non prendere la fantascienza troppo sul serio. Non entrò mai nello specifico, più che altro si limitò a utilizzare l’ambientazione fantascientifica per fare satira sociale. Come succede in questo film diUgo Gregoretti, dove un alieno prende possesso del corpo di un operaio della Fiat. “Omicronera un film sulla fabbrica, o meglio, sulla Fiat, tant’è vero che la sua base documentaria è l’inchiesta sulla Fiat fatta da Giovanni Carocci e comparsa sulla rivista Nuovi Argomenti, diretta da Alberto Moravia, che analizzava le difficili questioni sindacali all’interno degli stabilimenti Fiat dopo la creazione di una polizia segreta che vigilava sul lavoro nelle fabbriche”, ricorderà Gregoretti. “Ugo Gregoretti affronta, inOmicron, un tema impegnativo, quello del condizionamento e della alienazione operaia nella fabbrica neocapitalistica, mediante lo schermo di un paradosso fantascientifico. Viene tuttavia il sospetto di una scarsa serietà, di una angolazione superficiale, se non divertita, di un interesse non sufficientemente decantato per l’attualità del tema e le sue possibili variazioni”, A. Ferrero in “Cinema Nuovo” n. 165, settembre/ottobre 1963. Il dottor Robert Morgan cerca di contrastare una misteriosa epidemia che sta gradualmente sterminando il genere umano trasformando gli uomini in vampiri. Quando si è ormai convinto di essere rimasto l’unico uomo a non esser stato contagiato scopre che forse non è proprio così… Questa interessante pellicola, diretta dall’americanoSidney Salkowinsieme all’italianoUbaldo Ragona, è tratta dal romanzoI vampiridi Richard Matheson (1954). Per più di quarant’anni in Italia è stato trasmesso a tarda notte per la gioia di un pugno di appassionati. Oggi, che ha raggiunto lo status dicult, la Ripley’s Home Video ne produce i Dvd, l’ultimo dei quali uscito nel 2017. Ciò che non finisce di affascinare in questo film è l’estrema cura messa in ogni singola immagine girata. Tutto tende alla creazione di un’atmosfera cupa, insana e notturna, inquietante e claustrofobica, grazie anche alla forte presenza degli esterni quasi metafisici girati nel famoso quartiere Eur di Roma. In uno spazio desertico, trasfigurato dalle livide luci utilizzate dalla fotografia di Franco Delli Colli, vagano figure spettrali, corpi affannosamente deambulanti che si riflettono negli sguardi allucinati del protagonista, il leggendario Vincent Price. In un futuro dove le guerre sono state abolite, viene organizzato un gioco che legalizza la caccia all’uomo per dare libero sfogo all’aggressività dell’individuo. Questa idea, ripresa poi nei fortunati romanziRunning mandi Stephen King eHunger Gamesdi Suzanne Collins, è parto originario dello scrittoreRobert Sheckley,nel raccontoThe seventh victimpubblicato dalla rivistaGalaxynel 1953. “Dal 1962 avevo un’idea per un film di fantascienza tratto da un racconto di Robert Sheckley, però nessuno lo voleva fare. Poi piacque a Marcello Mastroianni e alla fine Carlo Ponti accettò di produrlo. Non voleva fare un film con me, né un film di fantascienza, faceva delle smorfie orrende durante le riunioni, ma voleva fare un film con Marcello. Da principio il mio fiancheggiatore fu Tonino Guerra, poi entrò nel team Ennio Flaiano”, racconterà il registaElio Petri.