I RONIN DAI MANGA A FRANK MILLER FINO AL CINEMA
History is littered with hundreds of conflicts over the future of a community, group, location or business that were “resolved” when one of the parties stepped ahead and destroyed what was there. With the original point of contention destroyed, the debates would fall to the wayside. Archive Team believes that by duplicated condemned data, the conversation and debate can continue, as well as the richness and insight gained by keeping the materials. Our projects have ranged in size from a single volunteer downloading the data to a small-but-critical site, to over 100 volunteers stepping forward to acquire terabytes of user-created data to save for future generations. The main site for Archive Team is atarchiveteam.organd contains up to the date information on various projects, manifestos, plans and walkthroughs. This collection contains the output of many Archive Team projects, both ongoing and completed. Thanks to the generous providing of disk space by the Internet Archive, multi-terabyte datasets can be made available, as well as in use by theWayback Machine, providing a path back to lost websites and work. Our collection has grown to the point of having sub-collections for the type of data we acquire. If you are seeking to browse the contents of these collections, the Wayback Machine is the best first stop. Otherwise, you are free to dig into the stacks to see what you may find. The Archive Team Panic Downloadsare full pulldowns of currently extant websites, meant to serve as emergency backups for needed sites that are in danger of closing, or which will be missed dearly if suddenly lost due to hard drive crashes or server failures. “I bushi sono immortali! Dunque ci incontreremo ancora se siete immortali anche voi”.Da “Kozure Okami” di Kazuo Koike e Goseki Kojima. Nonostante il Giappone sia il maggior produttore mondiale di fumetti, i manga hanno impiegato molto tempo per essere esportati in Occidente a causa delle differenze culturali, non ultima delle quali il senso di lettura delle storie, che, come la scrittura, in Giappone va da destra a sinistra. A causa del crescente militarismo del Giappone, negli anni trenta del Novecento furono lanciati diversi personaggi devoti alle autorità e dedicati alle imprese belliche, come il samuraiHinomaru Hatanosukedi Kikuo Nakajima o il cane soldatoNorakurodi Suihou Tagawa.Invece le storie del piccolo re pacifistaBoken Dankichidi Keizo Shimada furono fatte finire nel 1939. Hinomaru Hatanosuke Alla fine della Seconda guerra mondiale, con l’occupazione americana, i fumetti di eroici e invincibili samurai vennero censurati e Boken Dankichi fu recuperato per illustrare ai bambini le regole della nuova amministrazione. Nello stesso periodo furono importati in Giappone i disegni animati della Disney e dei fratelli Fleischer (Betty Boop e Braccio di Ferro), che influenzarono in modo determinante il giovane fumettistaOsamu Tezuka. Questi, affascinato dalla vitalità di quelle pellicole, dal 1947 rinnovò grafica e montaggio dei fumetti giapponesi, rompendo con la staticità che li aveva contraddistinti fino a quel momento. L’elemento principale della sua rivoluzione consistette nel raccontare il più possibile con le sole immagini, evocando ritmi cinematografici con un sapiente uso delle inquadrature e impiegando se necessario anche molte pagine per rappresentare una singola azione. Allo stesso tempo introdusse un nuovo stile di disegno mutuato dai cartoon statunitensi (riprendendo ad esempio i grandi occhi oblunghi degli animali Disney), uno stile più curato e gradevole di quelli dei manga precedenti, pur essendo impiegato soprattutto in storie avventurose. Il successo dei manga di Osamu Tezuka fu di tale portata (il primo libro di Tezuka vendette mezzo milione di copie) che nel giro di pochi anni l’intera produzione giapponese a fumetti si uniformò alle sue innovazioni e al suo stile. Anche i samurai apparsi nei manga degli anni cinquanta, di cui quello di maggior successo fu probabilmenteAkado Suzunosukedi Eiichi Fukui, furono disegnati con uno stile che in occidente sarebbe stato considerato umoristico. Circa dieci anni dopo la rivoluzione di Tezuka, in Giappone ne cominciò una seconda a opera di un gruppo di autori della zona di Osaka. I quali, con il nome di gekiga (“immagini drammatiche, forti”, termine coniato dal fumettistaYoshiro Tatsumiper contrapporlo a manga, che si può tradurre anche come “immagini leggere, disimpegnate”), inaugurarono un modo di fare fumetti più introspettivo e calato nella realtà. Questi autori rivendicavano una maggiore indipendenza stilistica e traevano ispirazione, tra l’altro, dai disegni del teatro Kamishibai, caratterizzato da storie drammatiche di vendetta, d’orrore e di morte. Anche nei gekiga, il tipo di narrazione visuale introdotto da Tezuka venne mantenuto, e spesso portato anzi a livelli di dinamismo ancora più estremi attraverso l’esasperata frammentazione e rapidità d’esecuzione delle linee, ma fu usato per raccontare storie da cui furono banditi gli elementi comici, storie quasi senza censure nei contenuti, a tratti crude e violente, con protagonisti, tra gli altri, ninja o samurai calati in contesti ricostruiti in modo verosimile, oppure le loro controparti moderne, ovvero gangster e sicari. Le storie non erano più raccontate sempre dalla parte delle autorità o di un eroe dalla bontà un po’ ingenua (come era tradizione sia nei manga sia nei fumetti occidentali), gli eventi potevano anche essere mostrati da vari punti di vista, acquistando così un maggiore spessore narrativo, ed era abolito l’obbligo del lieto fine. Mentre i tipici manga dallo stile tondeggiante, morbido e pulito inizialmente erano rivolti ad un pubblico più o meno infantile, le storie nervose e abbozzate rapidamente dei gekiga erano più serie, più tragiche, a volte persino impegnate, e si rivolgevano a un pubblico maturo. Costituirono un cambiamento che in Italia si potrebbe paragonare all’arrivo dei fumetti neri per adulti nelle edicole degli anni sessanta, dominate da eroi western e surrogati disneyani, o all’apparizione dei fumetti horror per lettori maturi nel mercato Usa dei primi anni cinquanta. Anche i gekiga furono aspramente osteggiati dalle associazioni di genitori e insegnanti, ed ebbero i loro guai con la magistratura giapponese, ma altri apprezzarono il loro sforzo di mostrare violenze e tragedie umane portando in evidenza anche temi sociali. Le riviste gekiga non ebbero quasi mai lo stesso riscontro di vendite di quelle propriamente manga e, se i fumetti di questo tipo raggiunsero una certa diffusione, all’inizio fu grazie alle “biblioteche” kashihon, che prestavano libri e fumetti a pagamento insieme a opere letterarie considerate scabrose o d’avanguardia. In seguito, quando gli editori si resero conto che i manga non erano acquistati solo da bambini, ma sempre di più anche da adolescenti e adulti, si capì che esisteva un grande mercato potenziale anche per questo genere di pubblicazioni e nacquero riviste comeGaro, in cui il fumetto era trattato come una forma artistica e gli autori lasciati liberi di esprimersi senza vincoli. In un certo senso, pur limitandosi alla pubblicazione di storie giapponesi, si può dire che Garo, nata nel 1964, abbia battuto sul tempo l’italiana Linus, che nel 1965 inaugurò le riviste europee di fumetti d’autore per adulti. Rivolgendosi ad una fascia di élite, Garo arrivò a vendere “appena” 30.000 copie, mentre i manga ne vendevano milioni, ma qualcosa si stava muovendo. Lo stesso Osamu Tezuka, con alcune opere più tarde comeBlackjack,Dororo,AyakoeAdolf Ni Tsugu, partecipò in parte alla nuova tendenza, attenendosi più strettamente alla drammaticità di situazioni descritte con crudezza, pur senza modificare troppo lo stile di disegno. Uno dei primi maestri dei gekiga e tra i più apprezzati dai giovani “ribelli” giapponesi, fuSanpei Shirato, pseudonimo di Noburo Okamoto, figlio di un pittore tradizionale di sinistra e a sua volta ex illustratore di Kamishibai, specializzatosi in fumetti di ninja. A due anni dall’inizio della carriera di fumettista, nel 1959, Sanpei Shirato realizzò la sua prima opera di ampio respiro conNinja Bugeicho Kagemaru Den(Il manuale di lotta ninja del racconto di kagemaru), un fumetto realizzato per il mercato del kashihon, da cui fu tratto anche un film che si ispirava allo stile del teatro Kamishibai. In questa serie, il cui protagonista guida i contadini alla rivolta denunciando le loro difficili condizioni di vita e i soprusi dei signorotti locali, Shirato iniziò a mostrare la propria abilità nel rappresentare le scene di lotta.La discriminazione, lo sfruttamento e l’oppressione dei popoli, sono temi ricorrenti in molti suoi lavori insieme alle affascinanti panoramiche di scenari naturali. Un altro importante gekiga di Shirato fuKamui Den(Il racconto di Kamui), pubblicato dal 1964 sulla rivista Garo e ambientato nel Giappone del Quattrocento, in cui un orfano addestrato in una scuola di ninjutsu (l’arte di uccidere in silenzio dei ninja), rifiutando di continuare a compiere violenze, si ribella e fugge, inseguito e perseguitato dagli altri adepti della setta. I fumetti di Shirato, incentrati su eroi tutt’altro che idealizzati, ma determinati a ribellarsi ad un sistema ingiusto anche contro ogni speranza, furono anche oggetto di discussioni nelle università giapponesi e, nel loro piccolo, contribuirono sia a far maturare la locale narrativa per immagini che a diffondere la coscienza politica nel paese. Kamui proseguì per otto anni e, dopo una lunga pausa, riprese nel 1982 con il titoloKamui Gaiden(L’altro racconto di kamui).Mentre la versione degli anni sessanta è realizzata con un disegno spoglio ed essenziale, tipico dei fumetti giapponesi dell’epoca, la seconda serie è caratterizzata da una grande cura nei dettagli e da una verosimiglianza delle forme, accompagnate da un dinamismo esasperato e da una fortissima espressività drammatica. D’altronde Shirato non poteva fingere che nel frattempo non fosse apparsa la saga che può essere considerata il capolavoro della scuola gekiga: Kozure Okami (Il lupo con il cucciolo). Nel 1970, quando i primi episodi diKozure Okamiapparvero sul settimanale Manga Action, l’autore dei testi,Kazuo Koike, era professore all’Università d’arte di Osaka, mentre il disegnatore,Goseki Kojima, era diventato fumettista a tempo pieno tre anni prima, dopo essere stato pittore di cartelloni cinematografici. Evidentemente entrambi, benché nell’ambito del fumetto fossero dei novizi, avevano una cultura storica e visiva che, spaziando dal mondo della pittura a quello del cinema, permise loro di adottare un approccio alla narrazione a fumetti più adulto e impegnativo, rispetto a ciò che era stato fatto in precedenza. La loro ricostruzione del Giappone dell’epoca Edo dominato dalla dinastia Tokugawa (che va dal 1600 al 1867) è impeccabile, non solo nelle rappresentazioni della vita di corte o nelle intense scene di battaglia ma anche negli usi e costumi della gente più umile, e il realismo storico dei racconti si accompagna a un realismo delle immagini sempre più pronunciato. Per calare il lettore nel preciso contesto storico, i dialoghi contengono anche termini antichi, oggi spesso conosciuti ai giapponesi, mentre lo stile dei disegni è affine alle antiche stampe giapponesi. Il protagonista della serie è il samuraiItto Ogami, l’ex boia imperiale, che, caduto in disgrazia a seguito di un intrigo di corte in cui è rimasta uccisa sua moglie, gira il Giappone accompagnato dal figliolettoDaigoro, in attesa di avere i mezzi per attuare la sua vendetta contro i responsabili: il clan Yagyu, guidato dal patriarca Retsudo. Per ottenerli diventa unronin, un samurai senza padrone, in pratica un assassino a pagamento, mettendo la sua maestria nell’arte del combattimento al servizio di chi è disposto a pagare una forte somma. Itto Ogami per raggiungere i propri scopi si è immerso metaforicamente col figlio nel Meifumado, l’inferno buddista, e ha rinunciato al proprio onore, dal momento che rifiutando di uccidersi si è ribellato allo shogun, il “gran generale” del paese. Assolve quindi i propri sanguinari incarichi da assassino senza troppi scrupoli, eppure sotto altri aspetti resta fedele al proprio codice di samurai e, non solo non si abbandona mai a crudeltà inutili e manifesta pietà per i nemici che uccide, ma, quando ne ha la possibilità, se non rischia di compromettere la sua missione di vendetta, prende le difese dei poveri e dei derelitti che incontra. A loro volta questi ultimi spesso lo aiutano, lo ospitano e lo rifocillano.