I MOSTRI MARINI IN 10 FILM DA VEDERE

I MOSTRI MARINI IN 10 FILM DA VEDERE

No, sul serio, a chi non piacciono i mostri marini? C’è un’infinità di storie e leggende di ogni tipo al riguardo: da Tiamat a Jormungandr, passando da Scilla e Cariddi fino al Leviatano. Da millenni si parla e si racconta di mostri marini pressoché in ogni cultura del mondo.

A pensarci un attimo, il sentimento più forte e più antico dell’animo umano è la paura, e la paura più grande è quella dell’ignoto, diceva H.P. Lovecraft, no? Pure per questo la città di R’lyeh, dove il morto Cthulhu attende sognando, è andato a sbatterla nel Pacifico.

 

Mostri marini – La prima frontiera…

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Tra parentesi, Lovecraft non l’aveva buttata manco a casaccio la posizione. Collocava R’lyeh nel polo dell’inaccessibilità: il punto dell’oceano più lontano da qualsiasi terra emersa. Il fatto, però, non riguarda e non si limita a una semplice questione di distanza.

Il punto è che gli oceani costituiscono circa il 70% della superficie terrestre. Metti che solo il 5% degli oceani del pianeta è stato mappato, questo significa che il 65% del pianeta su cui viviamo è ancora inesplorato e sconosciuto.

A questo punto, se lo spazio è l’ultima frontiera, diceva il capitano Kirk, allora l’oceano dev’essere per forza la prima. Il lato positivo è che c’è ancora parecchio spazio  per l’immaginazione.

 

Piraña (Piranha – 1978)

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Parlando di film sui mostri marini uno dovrebbe, quasi necessariamente, partire da Lo squalo di Steven Spielberg. Dovrebbe. Però no, perché il film di Steven Spielberg rappresenta il modello di ciò che in seguito è stato definito blockbuster.

Insieme a Guerre Stellari, Apocalypse Now, L’esorcista e via dicendo, Lo squalo è contemporaneamente l’apogeo di un’era, definita New Hollywood, e il punto di partenza per un’altra. Cioè, l’epoca dei blockbuster, appunto. Non che sia sbagliato, eh, ma di ‘sto film si parla ovunque in lungo e in largo.

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Perciò meglio partire dall’alternativa relativamente meno conosciuta: Piranha di Joe Dante. Ecco, Piranha è interessante, non tanto per la storia in sé. Tipo i piranha modificati geneticamente dall’esercito per usarli come arma biologica.

Come al solito, succede l’incidente, i piranha scappano e si riversano nel lago dove la gente va a villeggiare. No, casomai il fatto interessante è che all’epoca, dopo l’uscita de Lo squalo, film del genere te li tiravano appresso pochi cent la tonnellata.

Ce n’erano talmente tanti che questo manco volevano farlo uscire. Alla fine, lo stesso Spielberg disse di aver visto Piranha e di averlo trovato un film bello e divertente, ispirato ma non copiato. Comunque, uno dei pochi film dell’epoca diventato un classico.

 

Creepshow 2: La zattera (Creepshow 2 – 1987)

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The Raft non è propriamente un film sui mostri marini. Si tratta della seconda storia, su tre, di Creepshow 2. Tutto il baracchino, cioè Creepshow progetto, nasce dalla voglia di Stephen King e George A. Romero di fare qualcosa insieme.

Tutto molto bello, certo. Il problema, anzi, i problemi di questo seguito sono che, punto primo: a differenza del film originale uscito nel 1982, King qua non appare manco da lontano. Punto secondo: Michael Gornick viene messo alla regia e Romero passa alla sceneggiatura.

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Ancora ancora ci può stare. Il grave sta nel punto numero tre: un clamoroso taglio al budget che ha portato le storie, adattate dalla raccolta Scheletri (Skeleton Crew), dalle cinque previste come nel primo Creepshow a tre soltanto.

A ogni modo, la storia di quattro ragazzi bloccati in mezzo a un lago sperduto nel niente a un tiro di sputo dalla riva, che non possono raggiungere a causa di una mostruosità, specie di blob informe in agguato nell’acqua, consente di accumulare una grande tensione.

Il punto è che in una mezz’oretta concentra tutti i tropi, tutti gli archetipi dell’horror anni ottanta, e per quanto Creepshow 2 sia in generale una roba così così, The Raft non solo è il più solido dei tre episodi, ma pure una storia valida ancora oggi a trentacinque anni di distanza.

 

Creatura degli abissi (Deep Star Six – 1989)

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Sì, Lo squalo ha dato il via a una moda. Di film a tema acquatico/mostri marini, che cercavano di capitalizzare sulla scia del film di Spielberg, nell’arco di una decina d’anni sono usciti a fottiliardi.

La maggior parte non valeva la pellicola che avevano usato per girarli e dall’acqua sono finiti direttamente all’aceto. Deep Star Six, nonostante sia l’ennesimo film ispirato a Lo Squalo, ma anche ad Alien, è riuscito a ritagliarsi un suo spazio.

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Perché fondamentalmente è divertente. L’obiettivo principale era scimmiottare Ridley Scott e James Cameron, e ci riesce pure. Certamente è scontato e pieno di difetti, ma ha i suoi momenti. Alcuni, pure abbastanza alti.

Punti bonus: il design del mostro, talmente sopra le righe da essere originale, e le morti dei vari personaggi. No, perché sono tra le più assurde e stupide di sempre. Per dire, ne ammazza più l’incompetenza che il mostro in sé: vedere per credere.

 

Leviathan (Leviathan – 1989)

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Il punto d’esacerbazione, prima che i film sui mostri marini venissero definitivamente a noia, si è raggiunto più o meno verso la seconda metà degli anni ottanta. Abissi profondi, Lords of the Deep, The Abyss, Deep Star Six e compagnia cantante, sono usciti tutti nel 1989.

Che te lo dico a fare: The Abyss di Cameron è stato l’unico del teatrino subacqueo ad aver avuto successo. Però, giusto un pelino sotto a livello qualitativo c’è Leviathan, anche se andò male al botteghino. In sintesi, non era altro che l’ennesimo film a tema mostri marini.

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Ciò non toglie che in Leviathan l’insieme è più della somma delle singole parti: metti che la sceneggiatura sia di David Webb Peoples e Jeb Stuart. Cioè quelli che hanno scritto, rispettivamente, Blade Runner e Die Hard. Il regista era George P. Cosmatos, che aveva diretto Rambo II e Cobra con Stallone.

Nel cast, poi, c’erano Peter “RoboCop” Weller, Richard Crenna, Hernie Hudson e pure Daniel Stern. Degli effetti speciali e della creatura se n’è occupato Stan Winston. Alla fine che vuoi di più da un film?

Si puntava in alto, forse troppo, con questo film. Il problema è che Alien, La Cosa, Lo squalo, Il ritorno dei morti viventi… sì, avevano provato a ficcarci dentro veramente troppa roba. Troppa per una storia semplice e pure troppo abusata. Tuttavia, trent’anni dopo rimane il fatto che Leviathan è uno dei b-movie migliori di sempre.

 

Deep Rising – Presenze dal profondo (Deep Rising – 1998)

Anche Deep Rising all’uscita l’hanno devastato. Perché questi film sono più o meno tutti uguali, tanto più che Deep Rising è praticamente Alien. Solo ambientato su una nave da crociera in mezzo al mare, anziché su un’astronave nello spazio.

La cosa buffa è che Stephen Sommers, sceneggiatore e regista di Deep Rising, non si è limitato a copiare Alien. Anzi. Si nota che ha fatto un certo sforzo per buttarci dentro gli assets di Predator e pure una certa dose d’umorismo.

Certo, uno potrebbe pure chiedersi a che pro tutto questo. Nel senso di quanto tempo, soldi e sforzi ci vogliono per tirar su un film del genere, per poi fare cosa di preciso? Messa così il dubbio è lecito. Però, a guardare la situazione nel suo insieme…

Se ti piacciono i film sui mostri marini, Deep Rising è sicuramente il più esilarante e allegro di tutti: un trionfo di battute sceme, momenti di puro cringe, volgarità, morti fantasiosamente orribili e, in generale, un senso del gore di tanto così sopra le righe. Tra parentesi, Deep Rising è stato sviluppato per essere un prequel di King Kong.

Anziché La mummia, con cui è diventato poi famoso come regista, Sommers avrebbe dovuto occuparsi di un reboot, sempre scritto e diretto da lui, di King Kong mai andato in porto. Infatti, nella scena finale di Deep Rising, i protagonisti naufragano proprio nella famosa Skull Island del gorillone.

 

Sfera – Il terrore può essere ovunque (Sphere – 1998)

Questo non è proprio un film sui mostri marini nel senso stretto del termine. Magari, sarebbe più corretto definirlo un thriller ambientato negli abissi. Sfera non sarà in assoluto il miglior romanzo di Michael Crichton, ma di sicuro è uno dei più intriganti.

Una squadra di specialisti messa insieme dal governo, composta da uno psicologo, un matematico, un biochimico e un astrofisico, viene portata in gran segreto in un punto sperduto dell’Oceano Pacifico. All’inizio gli dicono che c’è stato un disastro aereo e, ovviamente, nessuno di loro ci crede.

Ci mettono di più, però, a credere al vero motivo per cui li hanno portati lì: sul fondo dell’oceano hanno trovato una gigantesca astronave aliena. Si trova lì da circa trecento anni, secondo i rilevamenti, ma è ancora intatta e apparentemente funzionante.

Una volta dentro all’astronave scoprono un’enorme sfera, specie di manufatto alieno. Senza girarci intorno più di tanto, il film di Barry Levinson non arriva manco a spicciargli casa al romanzo originale di Crichton.

Il film si disintegra in scene piatte e monotone, in cui i personaggi si perdono in un bla bla continuo. Ciò non toglie che la prima parte tiene discretamente banco e, in generale, gli interrogativi intrinseci della storia riescono a tenere in piedi un film altrimenti disastroso.

 

Virus (Virus – 1999)

Come nel caso di Sfera, Virus non è strettamente un film di mostri marini, visto che tratta di alieni.

Per sommi capi, diciamo che Jamie Lee Curtis, protagonista del film, considera Virus come il punto più basso della sua carriera. Effettivamente all’epoca questo film è stato preso a sputi e pernacchie in ogni modo possibile e immaginabile. Andate pure a vedere su Rotten Tomatoes le vecchie recensioni di Virus.

Tutti lamentavano il fatto che fosse, in senso dispregiativo, un incrocio fra Terminator e Alien. Sì, ok. Però… per quale motivo questo dovrebbe essere un problema? Capiamoci: Alien e Terminator sono film che immediatamente si sono posti come pietre angolari, definendo gli standard del settore.

Se un film ne riprende le dinamiche, riprendere e non copiare, perché dovrebbe essere un male? In fin dei conti Virus è pieno di special f/x e prosthetic makeup di alta fattura. C’è sangue come se buferasse, violenza a tutto spiano… è divertente e pure bello da guardare.

 

Lei, la creatura (She Creature – 2001)

She Creature è interessante, ma non tanto perché in generale è un buon film. Quanto per via del fatto che fa parte di un progetto il cui obiettivo era realizzare una serie di film per la tv: Creature Features, arrivata pure da noi con il titolo Le creature del brivido.

Stan Winston, sì, quello Stan Winston, era uno dei produttori e si è occupato degli effetti speciali. Di altissimo livello tra l’altro, e impressionanti ancora oggi. Soprattutto considerando che si tratta di un film a basso budget per la tv. Anzi, l’intero setting è molto suggestivo.

La storia segue una coppia, marito e moglie, che incontra un saltimbanco durante uno dei suoi spettacoli. Il quale, una volta fatta amicizia, gli rivela la prossima, grande attrazione dello spettacolo: una sirena. Una vera sirena. Allora la coppia, anche se la moglie non è d’accordissimo, decide di rapire la sirena.

Impostato come un film d’epoca, con toni a metà tra la favola e l’horror, è piuttosto atipico per il genere mostri marini. Proprio perché c’è una sirena. Il fatto, poi, che il film sia ambientato quasi per intero sulla nave, con cui i due hanno intenzione di portare la sirena in America, lo rende ancor più efficace e teso.

 

The Bay (The Bay – 2012)

Sono passati anni da Sfera e Barry Levinson ci riprova con The Bay. La storia di una piccola comunità balneare del Maryland che viene travolta da una misteriosa, quanto letale, epidemia. Eh… e che c’entra questo con i film sui mostri marini?

Levinson, a parte qualche scivolata, rimane un gran regista e per quanto all’epoca il found footage circolava più della sifilide in un bordello del Settecento, ha saputo sfruttarlo più per diffondere un messaggio verde che per metter su un semplice film horror.

La storia è ambientata tra il 4 e il 5 di luglio, quando la gente ha cominciato ad ammalarsi. Si scopre che le persone cadevano a pezzi, tipo lebbrosi, a causa di un parassita nell’acqua. Nella fattispecie si tratta del Cymothoa exigua, per gli amici “pidocchio mangia lingua”.

Questo coso esiste davvero, si tratta di un parassita simbiotico che penetra nella bocca. Una volta lì, stacca e si sostituisce alla lingua dell’ospite fondendo il proprio corpo al moncone. I pesci parassitati passano il resto della loro vita con il parassita che gli fa da lingua.

Immagina questa specie di scarafaggio che, al posto dei pesci, si attacca e divora le persone. Ovviamente nel film sono decisamente più grandi che nella realtà. Questo succede perché lo sversamento illegale in acqua di rifiuti tossici, e residui di mangime per pollame corretto a steroidi, ha fatto mutare queste già normalmente orribili bestie.

 

Sea Fever – Contagio in alto mare (Sea Fever – 2019)

Sea Fever è un piccolo film indie girato da un’esordiente, la regista irlandese Neasa Hardiman, con un budget che a Hollywood non ci paghi manco il catering. Distribuzione rasoterra. Promozione uno schifo. Eppure, si tratta di uno dei migliori film visti negli ultimi cinque anni o giù di lì.

La cosa buffa è che, a differenza di molti film horror, qui l’orrore non è il punto principale del discorso. In un certo senso, passa quasi in secondo piano. Tutto si basa sull’atmosfera che, sì, paga il suo pegno a La Cosa di Carpenter e non solo.

La suspense cresce e man mano sfocia nella paranoia, anche a causa dell’ambiente claustrofobico in cui sono bloccati i protagonisti. Puoi metterla come vuoi, ma se sai sfruttarla sarà sempre più efficace di qualunque effetto speciale.

Sea Fever è un bell’incubo scritto come si deve riguardo i parassiti degli abissi e, sicuro, ci sono almeno tre sequenze d’impatto. Di cui una veramente orribile se sei impressionabile a certi fatti. Questo film avrebbe meritato di sicuro una distribuzione migliore, ma che vuoi farci…

 

Ebbene, detto questo, credo sia tutto sui film sui mostri marini.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

 

 

 

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