I DISEGNATORI DEI FUMETTI AMERICANI ESPOSTI AL MUSEO

Nel lungo processo ancora in corso di riconoscimento del fumetto come forma d’arte autonoma ricoprono una certa importanza le mostre che hanno permesso l’accesso dei fumetti a spazi solitamente riservati all’arte “seria”.
Nel lontano 1951 cinque ragazzi brasiliani appassionati di fumetti ebbero l’idea di scrivere ad alcuni disegnatori americani per chiedergli di inviare alcune tavole originali in modo che potessero vedere come funzionava il loro lavoro: la carta usata, il tipo di pennello, le dimensioni eccetera.
Scrissero ad Alex Raymond, Hal Foster, Milton Caniff, Al Capp, Will Eisner e altri. Un disegnatore, non si sa più chi, rispose che era la prima volta che qualcuno gli chiedeva un originale da appendere al muro.
I cinque ragazzi si resero conto che stavano facendo la prima mostra di fumetti. La chiamarono Exposição Internacional de Histórias em Quadrinhos. La mostra venne inaugurata il 18 giugno 1951 al Centro cultura e progresso di San Paolo.
Passarono quasi vent’anni prima di poter vedere una mostra equiparabile. Nell’aprile del 1967 venne inaugurata, in un’ala del Louvre di Parigi, la mostra Bande dessinee et figuration narrative e si capì subito che sarebbe stata un evento decisivo per il riconoscimento del fumetto come forma d’arte a sé stante.
L’artefice del progetto, Pierre Couperie, definiva il fumetto una “arte narrativa figurativa”, e lo inseriva in una linea di sviluppo storico che risaliva ai rilievi istoriati egizi, romani e assiri, ma anche all’arte medievale dall’arazzo di Bayeux al Miracolo dell’ostia profanata di Paolo Uccello.
La mostra più importante dedicata al fumetto è stata certamente quella tenutasi tra il novembre 2005 e il marzo 2006 all’Hammer Museum della Università della California a Los Angeles e al Museum of Contemporary Art sempre di Los Angeles, intitolata Masters of American Comics.
Vi furono esposti oltre cinquecento originali di quindici disegnatori che, secondo il comunicato stampa, “hanno plasmato lo sviluppo del fumetto e della cultura americana nel secolo scorso”.
Non uno, ma ben due musei dedicati alle belle arti aprivano così le loro sacre sale a disegnatori e a un medium la cui associazione con la cultura popolare e i mass media li avevano storicamente relegati in una sorta di ghetto creativo.
La lista dei maestri presentati è al di là di ogni discussione: Winsor McCay, Lyonel Feininger, George Herriman, E.C. Segar, Frank King, Chester Gould, Milton Caniff, Charles M. Schulz, Will Eisner, Jack Kirby, Harvey Kurtzman, Robert Crumb, Art Spiegelman, Gary Panter e Chris Ware.
Per essere definito un “maestro”, spiegano i curatori, “dovevi combinare due cose: un altissimo livello di maestria artigianale e tecnica unita al riscontro di una effettiva innovazione formale”.
L’opera di questi quindici autori, caratterizzata da una visione personale e da un’elevata capacità di espressione emozionale, è stata considerata di sicuro valore artistico.
Cerchiamo di capire perché.
Winsor McCay
Winsor McCay è uno dei primi fumettisti il cui lavoro può essere considerato arte. Con il suo Little Nemo in Slumberland, pubblicato sulle pagine del supplemento domenicale dei quotidiani dal 15 ottobre 1905 al 23 luglio 1911, riesce a creare dal nulla un mondo incantato.
L’autore guarda a New York con stupore infantile rendendola un luogo magico.
Little Nemo è una sorta di catalogo onirico, una profusione di immagini fantasiose rese con una definizione così nitida che il sogno viene catturato in tutta la sua esattezza surreale. I dettagli che l’autore riesce a cogliere sono quelli che solo i bambini sono in grado di vedere. L’arte di McCay sta nell’aver saputo dare vita a una poetica del sogno come luogo fantastico lontano dalla realtà banale, ripetitiva, confusa e noiosa di tutti i giorni.
Lyonel Feininger
La parabola di Lyonel Feininger testimonia meglio di altre la vicinanza di fumetto e arte. Conosciuto in tutto il mondo come uno dei maggiori pittori del Novecento, Feininger iniziò come fumettista. Sebbene questa carriera sia stata breve, Feininger ha effettivamente lasciato il segno con le tavole domenicali d’avanguardia di The Kin der Kids e del meno fumettistico Wee Willie Winkie’s World.
The Kin Der Kids è un’opera sulle buffe gesta di un gruppo di giovani avventurieri che girano il mondo in una vasca da bagno, inseguiti dalla opprimente zia Jim Jam.
Wee Willie Winkie’s World, serie priva di balloon, è un tour de force visivo nell’affascinante mondo fantastico di un bambino.
Feininger riesce a essere un artista anche quando disegna fumetti grazie alla sua capacità di mettere sulla carta mondi fantasiosi e surreali.
George Herriman
George Herriman è l’autore di Krazy Kat, che prende il via il 28 ottobre del 1915 sulle pagine del New York Evening Journal. Il giornale era di proprietà del famoso editore William Randolph Hearst, che fin dall’inizio, e per tutta la sua durata, fu un fan sfegatato della striscia malgrado il suo scarso successo commerciale. Krazy Kat è un riassunto di tutto ciò che il fumetto è in grado di esprimere.
Il critico Gilbert Seldes ebbe a dire: “Questo è un lavoro che l’America può ben vantarsi di aver prodotto. È ricco di qualcosa di cui abbiamo tutti fin troppo bisogno. È saggio con compassionevole ironia; ha delicatezza, sensibilità e una bellezza ultraterrena. Gli alberi strani, snervati e distorti, il linguaggio non umano e non animale, gli eventi così logici e così selvaggi, sono tutti tappeti magici e polvere fatata, tutti elementi carichi di irrealtà”.
Elzie Crisler Segar
Sebbene Thimble Theatre di Segar fosse al suo decimo anno quando Braccio di Ferro fece il suo debutto, il 17 gennaio 1929, il marinaio divenne rapidamente il personaggio principale della striscia. E Thimble Theatre divenne una delle proprietà dell’agenzia King Features più popolari nel corso degli anni trenta.
Tra i motivi che fanno di Segar un vero artista c’è sicuramente l’aver saputo creare un personaggio di una forza tale da diventare in breve tempo un’icona della cultura popolare e un simbolo della cultura americana.
Fu un personaggio tra i più amati da pittori come Roy Lichteinstein e Andy Warhol, quando all’inizio degli anni sessanta inventarono la pop art saccheggiando il mondo del fumetto.
Segar modellò il suo eroe su un certo Frank “Rocky” Fiegel, un buttafuori da bar.
Frank King
Frank King è l’autore di Gasoline Alley, striscia nata nel 1918 ancora oggi pubblicata, anche se in Italia praticamente non si è vista.
Si tratta di una saga familiare che dura da oltre cento anni. La tavola domenicale a colori è stata per circa quaranta anni il luogo privilegiato dove King poté dare sfogo alla sua passione per la sperimentazione grafica.
Spesso l’autore trattava una pagina intera come se fosse una singola scena, ripresa dall’alto e suddivisa in dodici vignette.
Il fumettista Chris Ware afferma che l’arte di Frank King sta nel fatto che “cerca di catturare la filigrana della vita mentre questa lentamente, inesorabilmente trascorre”. Inoltre, “c’è in lui una malinconia appena percettibile, impossibile da inquadrare, ma costantemente presente a livello periferico, come un barlume di luce nel cielo notturno che scompare quando cerchi di osservarlo”.
Chester Gould
Nei decenni passati Dick Tracy ebbe un clamoroso successo in America. Le sceneggiature hanno una coerenza superiore a molte altre strisce continuative e la parte grafica presenta notevoli bizzarrie grafiche.
Nelle storie è onnipresente una componente violenta, con spargimenti di sangue, torture, sofferenze, fame e mutilazioni. Non manca una lombrosiana quanto ineguagliabile galleria di cattivi.
Le trame sono spesso giocate su un equilibrio precario tra la commedia e il poliziesco. Il disegno non è meno insolito. Utilizzando linee pesanti e audaci per i contorni, vaste campiture di nero pieno per le zone in ombra e tratteggi incrociati per i mezzi toni, Gould è riuscito a trascendere la sua forse limitata abilità nel disegno accademico, realizzando una creazione artistica potente e originale.
Milton Caniff
Milton Caniff non ha inventato il fumetto di avventura, né ha introdotto il realismo nel disegno fumettistico. Altri lo fecero, ma Caniff andò oltre.
Terry e i pirati parte come uno fumetto d’avventura tipico del periodo, caratterizzato da storie fantasiose e bisogno di evasione. Poi Caniff se ne va per conto suo. Inizia a istillare massicce dosi di realismo all’interno del genere, raggiungendo durante gli anni della Seconda guerra mondiale un equilibrio incredibile tra gli aspetti legati all’attualità e quelli fantasiosi, dando vita a qualcosa di mai visto prima.
Riuscì a fare altrettanto per la parte grafica, dove giunse a fondere, attraverso una perfetta alchimia, disegno stilizzato e disegno realistico in uno stile unico che ebbe da subito un enorme successo, diventando un punto di riferimento per molti altri fumettisti.
Charles Schulz
Scrisse Umberto Eco nell’introduzione alla prima raccolta italiana dei Peanuts: “Se poesia vuol dire capacità di portare tenerezza, pietà, cattiveria a momenti di estrema trasparenza, come se vi passasse attraverso una luce e non si sapesse più di che pasta sian fatte le cose, allora Schulz è un poeta”.
Charlie Brown è “il bambino più sensibile mai apparso in un fumetto, capace di variazioni di umore di tono shakespeariano” (Becker).
La matita di Schulz riesce a rendere queste variazioni con un’economia di mezzi che ha del miracoloso. Con poche linee sghembe rivela le minime sfumature psicologiche dei propri personaggi. La sua striscia vive di questo, i suoi bambini hanno tutti i patemi degli adulti e sono le riduzioni infantili delle nevrosi della civiltà industriale.
Will Eisner
Dal punto di vista stilistico, Will Eisner mostra tutte le carte che ha in mano durante i dieci anni passati a disegnare l’inserto settimanale di The Spirit, dal 1940 al 1950.
Era riuscito ad aggiungere al suo tratto, piuttosto realistico agli inizi, qualcosa di cartoonesco e a creare uno stile molto personale e innovativo. Dal punto di vista narrativo riusciva a raccontare molto più di quanto le sette pagine a sua disposizione sembrava potessero contenere.
Quando negli anni settanta ritorna al fumetto, dopo la perdita della figlia, Will Eisner vuole avere molto più spazio per le proprie storie, nelle quali ora intende metterci anche il cuore. Inventa così il formato graphic novel. Le lacrime che non aveva mai pianto per la sua adorata Alice diventarono la pioggia implacabile nelle pagine di apertura di “Un contratto con Dio”.
Jack Kirby
La carriera fumettistica di Jack Kirby è una delle più lunghe nella storia del fumetto,
e negli anni sessanta sembra raggiungere la piena maturità. Le sue muscolature, i macchinari, le rocce, quasi tutto diventa uno spazio da riempire con le texture più bizzarre che si possano immaginare.
Inoltre, influenzato dalla nascente cultura psichedelica, con le avventure dei Fantastici Quattro nella “zona negativa” e di Thor su Asgard, realizzò alcune delle storie preferite dai giovani hippie dei campus universitari.
Le sue tavole cominciarono a riempirsi di forme geometriche astratte, che diedero al disegno fumettistico una rinnovata coscienza artistica e una sofisticata identità grafica. Sentendosi finalmente libero da ogni vincolo rappresentativo, Kirby compì in quegli anni il suo salto stilistico definitivo che lo portò a diventare un vero artista pop. Dopo che ne era stato un precursore.
Harvey Kurtzman
Nel 1986, quando il mercato delle tavole originali non era ancora molto sviluppato, destò impressione il fatto che Steven Spielberg (sì, proprio lui) avesse pagato 15.500 dollari per aggiudicarsi il disegno della copertina del numero uno di Mad. I più pensarono che l’avesse fatto perché Mad era ormai diventato un pilastro della cultura pop americana, per il suo valore simbolico eccetera.
Pochi compresero che, invece, Spielberg l’aveva fatto perché la copertina di quel numero era stata disegnata da Harvey Kurtzman e che Harvey Kurtzman era un grande artista.
Kurtzman non arriva a uno stile personale dopo l’introduzione di elementi stilizzati in uno stile altrimenti realistico. Non acquisisce capacità narrative complesse con la maturità. Kurtzman nasce artista completo sia dal punto di vista grafico sia narrativo fin dall’inizio.
Robert Crumb
Se, come sostiene Stephen King, l’artista è colui che riesce a mettere le proprie ossessioni su carta allora nessuno lo è più di Robert Crumb.
“Da giovane ero ossessionato dal desiderio sessuale, fantasticavo continuamente sul sesso, sulla masturbazione, cercavo di scopare tutte quelle che mi capitavano a tiro. È stato orribile”, ha raccontato più volte Crumb.
“Fortunatamente ho trovato un modo per esprimere questa turbolenza interiore nei miei fumetti, altrimenti sarei potuto finire in prigione o in un istituto mentale”.
Disegnare donne con culi grossi e gambe forti è stato per lui una catarsi, un modo per elaborare le sue personali risposte al caos del mondo, la porta d’ingresso per la cultura contemporanea. Vale anche per lui ciò che Picasso disse di sé: “Ho messo tutte le cose che mi piacciono nei miei quadri, se alle cose non sta bene, peggio per loro!”.
Art Spiegelman
Maus è il fumetto preferito da coloro che non leggono fumetti e l’unico romanzo grafico ad aver vinto un premio Pulitzer.
Maus è un opera d’arte complessa, in parte ricordo di famiglia, in parte atto di documentazione, in parte storia del rapporto tra un padre e un figlio intriso di riflessioni sulla creazione artistica.
A un certo punto del libro, Art Spiegelman appare disperato: “Mi sento così inadeguato”, dice a sua moglie, “sto cercando di ricostruire una realtà che è peggiore dei miei incubi e sto provando a farlo con un fumetto! Forse ho fatto il passo più lungo della gamba”. Ovviamente non era così.
Figlio di una scena underground che si vantava di infrangere ogni tabù, Spiegelmann finì per infrangere l’unico vero tabù rimasto in piedi: osò definirsi un artista e chiamare il suo medium una forma d’arte.
Gary Panter
Gary Panter è forse il primo fumettista americano a superare consapevolmente il divario tra le belle arti istituzionali e il greve territorio commerciale della cultura popolare.
Capace di passare da un racconto a fumetti come Jimbo in purgatory a quadri acrilici più tradizionali, anche se realizzati con colori squillanti, Panter esprime nel proprio lavoro la facilità con cui un artista contemporaneo può muoversi oltre i limiti precedentemente contrastanti tra forme artistiche elevate e basse.
Panter lo fa con disinvoltura e senza alcun intento dissacratorio, semplicemente mette sullo stesso piano Picasso e Kirby come possibili fonti di ispirazione per il proprio lavoro. Quando fa arte il suo approccio è da fumettista, quando fa fumetto il suo approccio è da artista.
La costante necessità di raccontare è la sua marcia in più.
Chris Ware
Chris Ware è nato nel 1967. Molti lo considerano uno dei più grandi fumettisti viventi. Il suo approccio al graphic novel può essere definito postmoderno. Ha le radici ben salde nel fumetto popolare, ma abbraccia anche convenzioni e formule narrative moderniste.
La sua poetica è ben rappresentata nel suo capolavoro del 2000: Jimmy Corrigan: The Smartest Kid on Earth. Lo stile di disegno impiegato è ambiguo, da una parte è certamente artigianale e dall’altra sembra meccanico.
Ware mescola influenze popolari ed elitarie, e sviluppa uno stile peculiare riducendo tutto all’essenziale: una linea di contorno che racchiude spazi di colore piatto.
“Cerco di appiattire il modo in cui sperimentiamo la vita, il continuo intrecciarsi di presente, passato e futuro sulla pagina, in modo che il lettore possa vedere, sentire e percepire il più possibile di tutto questo”.
Abbiamo passato in rassegna quindici maestri accomunati da uno stile stilizzato che rifugge il realismo più estremo, quello fotografico, per mantenersi ancorati a un’idea di fumetto già chiara al momento della nascita del medium. Si tratta di un viaggio all’interno del concetto di fumetto come mezzo espressivo che, nelle mani di autori ispirati, offre la possibilità di creare autentiche opere d’arte.