I DIECI PICCOLI INDIANI ERANO 10 PICCOLI NEGR*TTI

I DIECI PICCOLI INDIANI ERANO 10 PICCOLI NEGR*TTI

Un paio di giorni fa ho tirato fuori dalla libreria Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, uno dei miei romanzi preferiti, nonché uno dei più venduti della storia.

Prima di tutto partiamo dal titolo originale del 1939, che non è Dieci piccoli indiani. Bensì Ten Little Niggers, ovvero Dieci piccoli negretti. Titolo da subito considerato sconveniente, dato che “niggers” è una espressione insultante.

Possiedo due edizioni di questo romanzo. Una, abbastanza recente, intitolata appunto, Dieci piccoli indiani. Mentre l’altra, risalente agli anni settanta, è intiotolata … E poi non rimase nessuno.
Questi sono anche i tre titoli che, nel tempo, si sono alternati nei paesi anglosassoni.

I DIECI PICCOLI INDIANI ERANO 10 PICCOLI NEGR*TTI

Le vicende del romanzo ruotano attntorno a una filastrocca.

Dieci poveri negretti se ne andarono a mangiar: uno fece indigestione, solo nove ne restar.
Nove poveri negretti fino a notte alta vegliar: uno cadde addormentato, otto soli ne restar.
Otto poveri negretti se ne vanno a passeggiar: uno, ahimè, è rimasto indietro, solo sette ne restar.
Sette poveri negretti legna andarono a spaccar: un di lor s’infranse a mezzo, e sei soli ne restar.
I sei poveri negretti giocan con un alvear: da una vespa uno fu punto, solo cinque ne restar.

Cinque poveri negretti un giudizio han da sbrigar: un lo ferma il tribunale, quattro soli ne restar.
Quattro poveri negretti salpan verso l’alto mar: uno un granchio se lo prende, e tre soli ne restar.
I tre poveri negretti allo zoo vollero andar: uno l’orso ne abbrancò, e due soli ne restar.
I due poveri negretti stanno al sole per un po’: un si fuse come cera e uno solo ne restò.
Solo, il povero negretto in un bosco se ne andò: ad un pino si impiccò, e nessuno ne restò.

(Le immagini che corredono l’articolo sono tratte dalla trasposizione della Bbc realizzata nel 2015).

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Il primo personaggio introdotto nel romanzo è l’ex giudice in pensione Lawre Wargrave. Perso nei suoi pensieri dopo aver ricevuto uno strano invito qualche giorno prima. Una sua vecchia conoscenza, certa Lady Culmington, di cui aveva perso i contatti da una decina d’anni, aveva deciso di farsi sentire all’improvviso.

Per riallacciare i rapporti, invitava Wargrave a trascorrere qualche giorno nella sua nuova residenza: una lussuosa e modernissima villa costruita su Nigger Island. Un’isoletta tidale dalla curiosa forma simile alla testa di un nero.

Mi pare che Nigger Island abbia cambiato nome più volte col passare degli anni e degli adattamenti. Se non sbaglio oggi dovrebbe essere conosciuta come Soldier Island.

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Su un altro scompartimento dello stesso treno sul quale sta viaggiando l’ex giudice c’è la giovane segretaria Vera Claythorne.
La ragazza, alla ricerca di un impiego estivo, ha ricevuto una lettera dell’agenzia di collocamento femminile. L’agenzia la informava che una certa Lady U.N. Owen è alla ricerca di una figura professionale in linea col suo profilo.
Senza tanti preamboli, Lady Owen le comunica per lettera che il suo nuovo impiego sarebbe iniziato i primi di agosto presso la residenza della stessa a, guarda un po’, Nigger Island.

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Vengono introdotti poi gli altri personaggi, che, per farla breve, sono l’ex capitano Philip Lombard, l’anziana puritana Emily Brent, il dottor Edward Armstrong, l’ex generale in pensione John Macarthur, il giovane Anthony Marston, rampollo di una nobile e ricca famiglia, e l’ex poliziotto Henry Blore.

Tutte persone che non hanno nulla in comune e che non sono mai incontrate prima. L’unica cosa che unisce questi perfetti sconosciuti è l’avere ricevuto una lettera firmata, a seconda dei casi, dalla signora o dal signor Owen che, per un motivo o per l’altro, prega i destinatari di raggiungerlo/a a Nigger Island.

I DIECI PICCOLI INDIANI ERANO 10 PICCOLI NEGR*TTI

Una volta giunti a destinazione, gli invitati trovano ad attenderli i coniugi Rogers, i domestici. Sono le uniche persone presenti nella magione.
I Rogers, come gli invitati, non hanno ancora avuto il piacere di incontrare i proprietari della villa, i famosi signori Owen.

I proprietari poi, comunicano di un “ritardo imprevisto” e che sarebbero giunti in un secondo momento, o non appena possibile, Subito dopo l’arrivo del gruppo di ospiti il tempo si guasta rendendo perciò impossibile raggiungere o contattare la terraferma.

Presa coscienza della situazione e del fatto che per alcuni giorni saranno costretti a restare sull’isola, i visitatori si separano dirigendosi alle proprie camere. In ognuna delle stanze alla parete è affissa la macabra filastrocca dei Dieci piccoli negretti/indiani.

Inoltre, come se una filastrocca in cui i Dieci piccoli indiani morivano uno alla volta non fosse abbastanza inquietante, al centro della tavola nella sala da pranzo c’è un set di statuette di porcellana raffigurante proprio i personaggi della filastrocca.

Scesa la sera, tutti si riuniscono per la cena. Gli ospiti conversano affabilmente, fanno conoscenza e via dicendo. A un certo punto, mentre si intrattengono tra una portata e l’altra, una voce li zittisce.

La voce, presumibilmente quella del fantomatico signor Owen proviene da un disco (all’epoca si poteva registrare solo su disco – NdR). La voce accusa uno dopo l’altro tutti i presenti di essere dei criminali, colpevoli di aver compiuto uno o più omicidi.

Scioccati da ciò, gli ospiti iniziano a discutere animatamente tra loro. All’improvviso il giovane Marston stramazza a terra morto a causa un cocktail corretto al cianuro.
Da qui in poi, giorno dopo giorno, gli ospiti muoiono uno a uno, seguendo la macabra filastrocca dei negretti.

A questo punto credo sia il caso di passare direttamente a “La Domanda”: com’è Dieci piccoli indiani? Visto che non siamo più a scuola, mi sembra alquanto inutile passare all’analisi dell’opera in toto. Stile, forma, figure retoriche e compagnia cantante. Pertanto, tagliamo corto.

Dieci piccoli indiani è un romanzo che ho sempre voglia di rileggere. Questo perché, al di là del “mistero”, fulcro della narrazione gialla, è l’atmosfera inquietante di cui l’intero testo è permeato a prendere il sopravvento.

Tanto per capirci senza fare spoiler, il punto è questo: dieci sconosciuti, chi per interesse, chi per motivazioni personali, chi per “affari”, si trovano insieme in un luogo totalmente isolato. Sono in grave pericolo e senza alcuna possibilità di ricevere aiuto dall’esterno.

Il luogo in cui agiscono i personaggi, la villa degli Owen, non è descritta come un cliché di facile sfruttamento. Non è un vecchio e lugubre maniero medievale, con sotterranei bui e polverosi e scale a chiocciola scricchiolanti.

La villa è una struttura moderna e luminosa. Bella e quasi asettica. Un posto perfetto per trascorrere una vacanza. In questo senso, il contrasto tra l’aspetto del luogo e ciò che sta accadendo risulta ancor più marcato e perciò angosciante.

In secondo luogo, alcuni personaggi possono sembrare “deboli”, forse un po’ stereotipati, se si vuole cercare il pelo nell’uovo prendendoli uno a uno. Però, attenzione, il leitmotiv non è focalizzato sul singolo personaggio. Fanno tutti parte di un unico schema generale, in cui tutto poi perfettamente funziona.
Agatha Christie ha utilizzato l’enigma della camera chiusa in maniera magistrale.

Altro particolare originale di Dieci piccoli indiani è l’assenza del deus ex machina. Ovvero l’ispettore, il detective, il tizio di turno che svolge le indagini arrivando a risolvere il caso facendo le veci dell’autore.

Non è facile cercare di spiegare il tutto senza spoilerare. Tentare di far capire il senso di impotenza e claustrofobia provato dai personaggi, che man mano diventa sempre più intenso e palpabile.

Il sospetto e la paranoia si alzano sempre di più, perché tra loro deve esserci per forza un maniaco che li sta uccidendo uno alla volta.

Un’ultima cosa. Dieci piccoli indiani nel corso degli anni è stato fonte d’ispirazione e omaggi. Dai fumetti ai film, fino ai cartoni animati compresi gli anime giapponesi. C’è, per esempio, un divertente episodio di Lamù che fa la parodia proprio di Dieci piccoli indiani.

Lamù e i suoi amici si mettono d’accordo per portare Ataru su un’isola con l’intento di mettere su una specie di terapia d’urto per guarirlo dall’ossessione verso le donne…

 

Ebbene, detto questo credo sia tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

 

 

 

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