GLI ULTIMI FUMETTI DI JACK KIRBY

GLI ULTIMI FUMETTI DI JACK KIRBY

Analizzare l’attività di Jack Kirby è sempre motivo di straordinario interesse. La lunghezza inusitata della sua carriera fa sì che su qualsiasi periodo ci soffermiamo possiamo sempre rimanere affascinati da nuovi e diversi spunti di riflessione. Che dire dell’ultimissimo Kirby? Si tratta del periodo poco frequentato che va dal 1980 al 1994.

Alla fine del 1978 la Marvel non gli rinnova il contratto di tre anni che gli aveva fatto nel 1976. Le occasioni di lavoro calano drasticamente come la produzione di tavole. Grazie alla sua velocità nel disegnare Jack Kirby aveva sostenuto negli anni ritmi produttivi sbalorditivi, che lo avevano portato a realizzare durante gli anni sessanta anche 100-120 tavole al mese. Fino a quattro tavole al giorno!

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Nel 1982 realizza 225 tavole all’anno, meno di una al giorno. E cosa dire della qualità?
Un calo della acuità visiva, associato a una forte artrosi delle dita delle mani, non gli hanno permesso di continuare a disegnare ai livelli che lo avevano reso famoso.GLI ULTIMI FUMETTI DI JACK KIRBY

L’ultimissimo Kirby, svincolato da qualsiasi preoccupazione estetica e di scrittura, è semplicemente andato “là dove lo portava il cuore”. Non si fece alcun problema di storytelling, seguendo una specie di “flusso di coscienza” che lo portava da una battaglia a una riflessione sulla vita e sulla morte fino a un altra battaglia ancora, senza alcuna soluzione di continuità.
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Esasperò alcune caratteristiche del suo stile, mettendo in mostra un disegno sempre più stilizzato, infarcito di forme geometriche al limite con l’astrazione. Come ricorda il suo vecchio assistente Mark Evanier, “Kirby trascorse gli ultimi dieci anni della sua vita a essere adulato”.
Era ormai un pensionato, ma ricevere riconoscimenti era diventato per lui quasi un lavoro a tempo pieno.

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Nel 1985 gli vennero dedicati i Kirby Awards, i premi più ambiti per gli addetti ai lavori dell’industria del fumetto. Questi “Oscar” furono consegnati per soli tre anni, prima di dissolversi in una assurda disputa sulla paternità tra gli organizzatori della premiazione.

Qui ricordiamo i fumetti che Jack Kirby realizzò negli ultimi quattordici anni della sua produzione, fino a ridosso della morte avvenuta nel 1994.

 

Black Hole (1980)

Tra il settembre 1979 e il febbraio 1980 esce nell’inserto domenicale di molti quotidiani un adattamento in 26 parti di Black Hole, un film live action della Disney.
Le tavole facevano parte della strategia commerciale per il lancio del film, che nelle intenzioni e nel budget avrebbe dovuto essere la risposta della Disney a Star Wars.

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Jack Kirby per Black Hole utilizza il suo solito stile visivo con alcune inevitabili limitazioni. Il formato non gli permette di realizzare le potenti splash page che erano diventate un po’ il suo marchio di fabbrica nel decennio precedente.
La Disney, inoltre, vuole realizzare un prodotto classico e pertanto tiene a freno certe sperimentazioni grafiche tipiche di Kirby in quegli anni.
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Nonostante tutto il fumetto di Kirby è un prodotto abbastanza riuscito, diversamente dal film. Nel tratto non cogliamo grandi tentennamenti e debolezze. Immagini potenti e dinamiche si rincorrono in una specie di lunga sarabanda.

 

Captain Victory (1981)

Furono i fratelli Schanes della Pacific Comics a realizzare il sogno di Jack Kirby, riconoscendogli i diritti d’autore e pagandogli regolarmente le royalties. Kirby li ricambia creando per loro il personaggio di Captain Victory. Un anno dopo Black Hole, Kirby torna nel proprio terreno e a sperimentare.

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La narrazione (se c’è) procede per splash page colme di tecnologiche forme astratte, circondate da un oceano di brulicante energia. Kirby aveva sempre disegnato partendo dall’angolo in alto a sinistra e scendendo gradualmente fino a raggiungere l’angolo in basso a destra.
Durante il percorso dava forma al suo “inconscio”. In questa fase il suo inconscio si libera definitivamente dalla cornice di una storia sensata.

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Vuole solo ampliarsi, spaziare. Per questo la lettura di Captain Victory è spiazzante per chi cerca un fumetto tradizionale. Il più grande visionario della storia del fumetto aveva deciso che avrebbe continuato a cavalcare i suoi sogni, ovunque lo portassero.
Kirby disegna 13 numeri della serie.

 

Destroyer Duck (1982)

Lo sceneggiatore Steve Gerber, il creatore di Howard the Duck, aveva lasciato la Marvel perché non aveva preso bene il rifiuto di concedergli la proprietà artistica del personaggio. Si impegnò così in una lunga e costosa causa civile.
La Eclipse Comics, nel 1982, gli mise a disposizione un albo a fumetti i cui proventi sarebbero stati in gran parte devoluti al sostenimento delle sue spese legali.

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Jack Kirby, che con la Marvel aveva avuto gli stessi problemi su più larga scala, si offrì di disegnare il nuovo personaggio: Destroyer Duck. Diciamo subito che non si trovava molto a suo agio con il fumetto comico, che pure aveva frequentato soprattutto ai tempi di Not Brand Echh.

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Il fumetto è pieno di personaggi dal corpo umano e dal volto animale, ma il re non riesce a ripetere la magia di Kamandi. Soprattutto, il disegno è quasi ingiudicabile a causa della inchiostrazione pesante del filippino Alfredo Alcala, che con lo stile di Kirby c’entra come i cavoli a merenda.
Cinque sono i numeri disegnati da Kirby.

 

Battle for a 3D World (1982)

Jack Kirby si era già occupato di fumetti 3D nel 1953, con Captain 3D per la Harvey Comics. Nel 1982 si ripete con un one-shot edito dalla 3D Cosmic Publications, nel tentativo di cavalcare la moda del revival dei film 3D inaugurata nel 1981 con i film Venerdì 13 III e Halloween II.GLI ULTIMI FUMETTI DI JACK KIRBY

Kirby venne scelto dalla editor Susan Pinsky per il suo stile che già normalmente è molto tridimensionale e presenta spesso figure che sembrano uscire dalla pagina.
La storia fantascientifica di 15 pagine, scritta da Ray Zone e inchiostrata da Mike Thibodeaux, tratta di mondi a due dimensioni e mondi a tre dimensioni.

Per l’occasione Kirby crea alcuni personaggi abbastanza riusciti come Stereon (padrone del tempo e dello spazio), Videora e Circe, sulla falsariga della sua epica saga New Gods. Lo stile qui è ancora centrato e non presenta reali cedimenti.
Negli anni questa è diventata una pubblicazione piuttosto ricercata dai collezionisti.

 

Silver Star (1983)

Dopo la buona partenza di Captain Victory (il primo numero ha venduto 100mila copie) la Pacific chiede a Kirby un secondo titolo.
Kirby rispolvera un personaggio che aveva pensato nel 1975, per cui aveva fatto parecchi schizzi nel 1977 quando si stava prospettando la possibilità di realizzarne un film.

Non sappiamo se Silver Star fosse stata concepito fin dall’inizio come una serie autoconclusiva in 6 episodi o se Kirby dovette concluderlo a causa della bancarotta della Pacific.
All’inizio il disegno è sfolgorante, risulta evidente rispetto al recente passato l’aumento delle zone in ombra ad accentuare la tridimensionalità del disegno, esaltato dal lavoro pulitissimo del pennino di Mike Royer.

Solo negli ultimi numeri compaiono le incertezze, il segno si fa più pesante, le proporzioni si perdono, le inquadrature cominciano a diventare ripetitive. Mentre dal punto di vista dei testi gli albi sviluppano l’ennesima variante della storia del supersoldato.

 

Even Gods Must Die (1984)

Se a Jack Kirby rimaneva un rimpianto, era quello di non avere concluso la sua saga forse più amata: The New Gods, quando nel 1972 la Dc Comics la sospese a causa delle scarse vendite.
Nel 1984, la Dc stringe un accordo commerciale con la Kenner Products per la produzione di action figure dei suoi principali personaggi.


La Kenner insiste per avere anche i diritti per produrre Darkseid e gli altri personaggi di New Gods. La Dc allora ristampa gli 11 numeri originali di The New Gods in una serie limitata di sei numeri, con due episodi ciascuno, e chiede a Kirby di realizzare una storia di 24 pagine per concludere la serie.
Kirby rilancia proponendo una storia di 48 pagine intitolata “Even Gods Must Die”, che in realtà non conclude veramente la saga.

Il numero si apre con una splash page kirbyana al 100%, piena zeppa di attrezzature tecnologiche. Purtroppo agli inchiostri il semplificatore Bruce Berry ha preso il posto dell’ottimo Mike Royer, che se ne è andato alla Disney.
Una delle prime cose che notiamo è l’impoverimento degli sfondi nelle vignette di Kirby, non dovuto solo alle chine di Berry. E dire che era diventato famoso per la sua abitudine di ricoprire ogni centimetro quadro di una vignetta, lasciando solo raramente degli spazi bianchi.

Qui invece ci troviamo spesso di fronte a immagini che sembrano galleggiare nel nulla. Inoltre, anche le figure principali sono risolte con un numero minore di segni rispetto al passato. Questo porta a una perdita di potenza e di dinamicità. Alcune splash page rimandano echi della passata magnificenza, ma ci troviamo di fronte a un altro artista.

 

Super Powers n. 5 (1984)

Sempre nell’ambito della collaborazione con la Kenner Products, la Dc chiede a Kirby di scrivere il soggetto di una miniserie in cinque numeri che metta a confronto la Justice League of America (Batman, Superman, Wonder Woman, The Flash, Green Lantern, Hawkman e compagnia) contro le forze di Darkseid, signore di Apokolips.
La serie dovrebbe sancire così l’ingresso definitivo dei personaggi dei New Gods all’interno della continuità Dc.

Kirby disegna il numero finale avendo l’opportunità di misurarsi con tutti i più famosi personaggi Dc.
Vediamo il volto di Superman senza le modifiche di Al Plastino, una Wonder Woman che sembra Big Barda smagrita e un Hawkman che appare troppo massiccio per volare con la leggiadria che gli è propria.

Chi la fa da padrone sono i personaggi di New Gods: Darkseid, Metron e gli altri sono raffigurati in tutta la loro brutale magnificenza, benché penalizzati dal lavoro di Greg Theakston agli inchiostri.

 

Hunger Dogs (1985)

L’episodio finale della saga dei New Gods trova spazio in una graphic novel di 64 pagine.

Kirby avrebbe voluto uccidere tutti i suoi personaggi in una specie di epico e indimenticabile giorno del giudizio. La Dc, che aveva constatato l’accresciuto interesse del pubblico verso quei personaggi, aveva invece altri piani.

Alla fine ne esce una specie di puzzle costituito in gran parte dalla storia che Kirby aveva pensato e disegnato, con inserti, tagli e revisioni varie imposte dalla casa editrice.

Fin dall’inizio si respira un’atmosfera da fine del mondo. I temi che Kirby mette in campo, le riflessioni, le ambivalenze, le metafore, tutto quanto sembra andare al di là delle sue stesse possibilità.

La storia non è particolarmente originale, i disegni sono solo l’ombra del Kirby che fu, soltanto la forza dei dialoghi sembra in qualche modo sostenere l’autore in questa titanica impresa.

Quando ci troviamo in presenza di frasi come “non importa se la nozione di olocausto è stata portata su ali di drago o di farfalla”, oppure “come una primavera la cui luce sfuma di fronte all’arrivo di tempi più oscuri”, non si può non scomodare la parola poesia.

Armato solo di questa fragile poesia, che scaturisce da un racconto che gronda sangue, sudore e lacrime, Kirby affronta la sua storia definitiva offrendoci una speranza di rinascita nel finale.

 

DC Comics Presents n. 84 (1985)

DC Comics Presents era una serie pubblicata dalla Dc Comics dal 1978 al 1986, per un totale di 97 numeri, che vedeva Superman accoppiato di volta in volta a un altro personaggi della Dc.

Nel n. 84 Superman combatte accanto ai Challengers of Unknown, un gruppo creato da Kirby per la Dc alla fine degli anni cinquanta. Julius Schwartz, l’editor della serie, ebbe l’idea di chiamare Kirby a disegnare l’incontro.

I risultati non sono memorabili. Se Kirby bene o male se la cava con i volti dei quattro Challengers, non ne azzecca una con il volto di Superman, i cui lineamenti cambiano in continuazione.

Inoltre, sembra che il disegnatore abbia seri problemi con le proporzioni delle parti del corpo umano. Spesso le facce e le mani risultano più piccole o più grandi rispetto al resto.
Alcune pagine sono disegnate da Alex Toth, ma nemmeno lui ci fa una bella figura.

 

Super Powers Second Series (1985)

La seconda miniserie di 6 albi dedicata ai Super Powers, scritta da Paul Kupperberg, disegnata da Jack Kirby, e inchiostrata da Greg Theakston, è stata pressoché ignorata dalla critica.
Eppure è senz’altro superiore alla prima perché il posto di Kirby ai testi viene preso da Paul Kupperberg, che, bene o male, riesce a dare vita a un prodotto omogeneo e perché Kirby disegna tutti e sei gli episodi, non solo l’ultimo come nella serie precedente.

Fin dall’inizio Darkseid si è rivelato uno dei malvagi meglio riusciti dell’universo DC. Anche se disegnato da altri raramente sembra minaccioso e mortale come nelle illustrazioni di Kirby.

Gli episodi sono tutti disegnati passabilmente, anche se qualsiasi confronto col passato è improponibile.
La “telecamera” di Kirby, una volta mobilissima e audace, sembra essersi trasformata in una telecamera fissa, di quelle piazzate in strada per riprendere quello che passa.

 

Heroes against Hunger (1986)

L’idea per Heroes against Hunger viene dal Live Aid, l’evento planetario multimediale organizzato da Bob Geldof nel 1985. Tutti, a quanto pare, erano determinati a fare la propria parte a favore dei bisognosi del mondo.

Dovette pensarla così anche Dick Giordano, vice presidente della Dc Comics, quando ricevette la visita di Jim Starlin e Berni Wrightson, che portarono nel suo ufficio un elenco completo di scrittori e artisti, una trama di 48 pagine e schizzi dei personaggi.

Era Heroes against Hunger, il contributo degli autori della Dc Comics contro la fame nel mondo. Si tratta di una bella storia che non promette una soluzione definitiva per un problema grande e complesso come la carestia che in quel periodo aveva colpito l’Africa. Tuttavia, offre una speranza e questo a volte può essere importante.

Il progetto vide il contributo di ben 24 sceneggiatori, 24 disegnatori e 24 inchiostratori, tra i quali Jim Starlin, Roy Thomas e Marv Wolfman come sceneggiatori; Bernie Wrightson, Walt Simonson e Dave Gibbons sono alcuni dei disegnatori. E Tony De Zuniga, Alfredo Alcala e Klaus Janson alcuni degli inchiostratori.
C’era naturalmente anche il più grande di tutti, Jack Kirby, che disegnò due pagine, la 36 e la 37, con Superman che vola in mezzo ai Kirby-crackle scoppiettanti di energia.

 

Satan’s Six (1993)

“Si tratta un gruppo di ragazzi che cercano di entrare nell’inferno, ma il diavolo non li vuole perché non sono abbastanza malvagi. Quindi cercano di dimostrare al diavolo di essere cattivi facendo cose cattive che si rivelano buone!”.
Questo è Jack Kirby che parla della sua nuova serie edita dalla Topps Comics nel marzo del 1993.

I Sei di Satana erano una squadra di agenti creati da Jack con lo scopo di portare il caos sul pianeta terra. I membri includono Brian Bluedragon, un cavaliere della corte di Artù; Hard Luck Harrigan, un giocatore d’azzardo; il dottor Mordius, un aspirante Henry Jekyll; Kuga l’Ammazzaleoni, guerriero di origine africana; Dezira, dell’antica Babilonia; e Frightful, il demone.

Kirby disegna 8 pagine su 22 del primo numero di una miniserie di 4 albi. Gli inchiostratori che si alternano sulle sue pagine sono cinque, tra i quali gli storici Joe Sinnott e Mike Royer e gli special Guest Steve Ditko e Frank Miller.
Si tratta, nel complesso, di una specie di parodia.

 

Phantom Force (1993)

Originariamente destinato a essere pubblicato dalla Genesis West, Phantom Force alla fine è uscito per la Image Comics. È un po’ un pasticcio, con otto diversi inchiostratori che lavorano sulle 23 pagine dell’artwork (una copertina, 20 pagine di storia e due pinup).
La maggior parte di loro, c’era da aspettarselo, non funziona troppo bene, anche se Jerry Ordway fa un buon lavoro sulle sue due pagine e Jim Lee è sempre bravo nella sua pagina e nella pin up.

La storia, scritta in collaborazione da Kirby con Michael Thibodeaux e Richard French, è un lavoro raffazzonato, con la seconda metà tratta da una proposta degli anni settanta che Kirby fece per un fumetto su Bruce Lee.
Qualcosa di decente qua e là si intravede, in particolare le scene di arti marziali, ma l’effetto generale è quello di qualcuno che fa l’imitazione di Kirby.

Questo Phantom Force sembra più un fatto simbolico che un fumetto. Perché sette giovani artisti erano riusciti a realizzare il sogno d’indipendenza che aveva ossessionato Kirby per tutta la vita con la Image Comics, e ora lo stavano accogliendo tra di loro.
Lui per molti di loro era stata la ragione per cui avevano preso una matita in mano. Il cerchio si chiude.

 

 

 

3 commenti

  1. GLI ULTIMI FUMETTI DI JACK KIRBY … sono brutti!
    L’articolo è comunque interessante, però, detto da un super fan del “Re” che ha amato tutte le sue opere sino all’ultimo periodo Marvel, in cui creo gli Eterni, non c’è quasi niente da salvare. Sono appena passabili i primi albi di “Captain victory” e “Silver star” tanto da pensare che li abbia fatti anni prima e che siano rimasti chiusi in un cassetto ma il resto … Poi per di più sono spesso male inchiostrati e rimaneggiati da altre mani. Meglio ricordarlo nei suoi anni d’oro che per nostra fortuna sono tanti. L’unica eccezione è la storia breve “Street code”, il disegno è un po’ storto però la storia è significativa.

  2. Non conoscevo gli ultimissimi lavori di Kirby. Grazie per la presentazione.

  3. Come tutti i grandi artisti, il meglio lo ha dato negli anni giovanili, per finire poi a fare Kirby più che a esserlo. È il destino dei grandi geni, che inevitabilmente osannati finiscono per perdersi nella gloria. Ma questo nulla toglie alla grandezza del RE!

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