FIERRO, L’ULTIMA CHANCE DEL FUMETTO ARGENTINO

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Il 1983 segnò la fine della dittatura argentina instaurata nel 1976. Il ritiro dei militari, dopo la sconfitta nellaguerra delle Falkland, lasciò in eredità al governo democratico di Raúl Alfonsín un paese in precario equilibrio sociale e in balia di una profonda crisi economica. Questo periodo di passaggio fu attraversato da molteplici fermenti politici e culturali che siintersecarono e si intrecciarono. Si verificò un fenomeno simile a quello successo nella Spagna post-franchista, chiamato “scoprimento”.La ripresa democratica segnò un’importante trasformazione della produzione culturale, che evidenziò il pluralismo e la libertà di espressione come valori principali. Venne sviluppato un programma di alfabetizzazione di massa, fu abrogata la la censura cinematografica, fu approvata la legge sul divorzio e si tentò di promuovere un clima di assoluta libertà di opinione.Questi cambiamenti furono accompagnati dalla voglia di trasgredire i limiti di ciò di cui si poteva parlare e trasmettere in tv, radio e giornali. In questa atmosfera di euforia collettiva nasce nel 1984, pubblicata dalla casa editriceLa Urraca, la rivista a fumettiFierro, che recava il significativo sottotitolo “storie per sopravvissuti”.Juan Sasturainera a capo della redazione eAndrés Casciolisvolgeva funzioni di direzione editoriale.La copertina del primo numero era una sorta di manifesto ideologico. Realizzata daOscar Chichoni, presenta una androide nuda imprigionata tra i metalli arrugginiti di una struttura meccanica, mentre riceve un lampo nell’inguine da quella che sembra un’arma o una fiamma ossidrica. Fierro nasceva dall’esigenza di recuperare il tempo perduto, promuovendo in Argentina un tipo di fumetto legato a nuove riviste come la franceseMetal Hurlant, la nordamericanaHeavy Metale l’italianaFrigidaire. Più che da nuovi autori il rinnovamento fu portato avanti da un gruppo di nomi già noti nell’ambiente del fumetto argentino che modificarono, in parte o del tutto, le loro modalità espressive.Vediamo alcuni dei fumetti più significativi apparsi su queste pagine. Il termine “sudaca”, presente nel titolo, è un modo dispregiativo per dire “sudamericano”. Il fumetto fa il ritratto di una serie di sudamericani espatriati in Europa per rifarsi una vita. È impossibile non notare in questi malinconici racconti una profonda nota autobiografica che emerge in ogni singola pagina. La serie inizia sul n. 1 di Fierro nel settembre del 1984, ma era già apparsa suFrigidairen. 19 del giugno 1982. Eppure sembra fatta apposta per Fierro e per la rinascita del popolo argentino. Incentrata com’è sull’”argentinità” mantenuta più intensa e pura negli emigranti che si portano dietro la nostalgia e la idealizzazione del loro paese. Per esprimere tutto questo lo sceneggiatore Carlos Sampayo utilizza una tecnica particolare. Costruisce la trama attraverso singole frasi, dialoghi interrotti, scritte sui muri, frammenti di conversazioni, parole ascoltate alla radio, inserti di sceneggiature. Lascia al lettore il compito di ricostruire la storia o meglio le storie che popolano questo racconto corale nella tradizione diHector German Oesterheld. Alla fine della lettura si fa strada, netta ed evidente, la sensazione che i tanti personaggi presentati non si rassegnino a limitarsi a vivere oltre i ristretti limiti del racconto a fumetti, ma ambiscano a qualcosa di più.José Muñozaggiunge sostanza al racconto radicalizzando le note grottesche del suo disegno, dando vita a una galleria di freak che sembrano usciti dalle foto di Diane Arbus. Tra il 1957 e il 1962 Evaristo Meneses fu a capo della Divisione rapine e furti della polizia federale argentina. In quel breve periodo si costruì il suo mito di poliziotto duro, meticoloso, audace ed efficiente, e riuscì a debellare numerose cosche organizzate durante la cosiddetta “età d’oro della criminalità”. Tra il 1983 e il 1987 sulle riviste Superhumor e Fierro, Carlos Sampayo e Solano López fecero la loro rilettura del mito.In Italia Evaristo è stato pubblicato dalla rivistaL’Eternautaa partire dal numero 14 dell’aprile 1983. Su Fierro appare dal n. 3 nel 1984, con l’episodio “La leggenda del pistolero ferito”. Evaristo ha due particolarità. La prima è di trovare la propria forza più nei personaggi che nelle vicende.Esistono personaggi che discendono da un intreccio e personaggi da cui invece gli intrecci derivano. Un fisico corpulento, che ricorda quello dell’infernale Quinlan di Orson Wells, il borsalino in testa e una calibro 45 in pugno, Evaristo è un personaggio con un suo modo d’essere che non può essere contenuto in una logica precisa. La seconda particolarità è l’interpretazione molto personale che Solano Lopez dà della Buenos Aires degli anni cinquanta. Si tratta di una città disegnata a memoria, senza alcuna documentazione grafica.È una Buenos Aires idealizzata non nel senso di cercare di renderla migliore di quella che era, piuttosto nel senso di coglierne l’essenza più intima e vera e offrirci una città pura in un momento riconoscibile della sua storia. Una città che un nativo può riconoscere attraverso i propri ricordi, fatta di chitarre, scarpe da donna col tacco alto, cappelli da uomo e manifesti appiccicati sulle pareti. Sul n. 5 di Fierro del gennaio 1985 inizia “Il cacciatore del tempo”, realizzato per i disegni da Enrique Breccia e i testi da un certo D. Marquez, che qualcuno sostiene sia uno pseudomino sotto il quale si nasconde lo stesso disegnatore. Un cacciatore di taglie sta vagando nel deserto dell’Arizona alla ricerca di un criminale. Lo raggiunge per tendergli un’imboscata, spara e…puf!la preda scompare nell’aria. Non ha nemmeno il tempo di stupirsi, che si ritrova trasportato in mezzo a un ammasso di oggetti cenciosi.Il collezionista Re Ameris lo ha convocato per chiedergli la testa del Signore della Notte, il suo nemico. Il cacciatore non riesce a portare a termine il compito e diventa egli stesso una preda.Si tratta di una favola simbolica nel solco di certo realismo magico tipicamente argentino. Il disegno di Enrique Breccia è ai massimi livelli. Linee sottilissime di pennino delineano un desolato paesaggio dell’anima, un deserto esteriore che evoca una precisa emozione interiore. La storia si riempie ben presto di personaggi fantastici, curiosi e deformi come in un film di Federico Fellini. La seconda parte della storia si fa più cupa e misteriosa, mentre i neri sempre più incombenti prefigurano un destino ineluttabile.Il cacciatore del tempo è stato serializzato in Italia per la prima volta a partire dal n. 34 dell’Eternauta, nel febbraio 1985. Realizzato nel 1980 perLanciostorye poi rieditato dalla rivista Fierro nei numeri 8 e9 del 1985, questo fumetto di fantascienza lungo 30 pagine racconta la battaglia degli umani contro gli alieni krarvos per difendere una astronave che trasporta due “androidi di compagnia”, essenziali per gli uomini che difendono un settore perduto dell’universo, l’avamposto del settore Omega 48.Come sempre a Ricardo Barreiro, l’immaginazione di un mondo futuro serve per riflettere sulla condizione umana presente: la solitudine essenziale, la disperazione, il coraggio, il ridicolo. Battezzata da Giménez come una storia di“machine fiction”e considerata da Barreiro come“la nostra storia di aviazione definitiva”, è anche la sua migliore sceneggiatura. Gli stupendi bianchi e i neri di Gimenez fanno rimpiangere il suo passaggio al colore. Le astronavi, assolutamente realistiche, contribuiscono a immergere completamente il lettore nell’atmosfera fantascientifica.Gimenez ha un diploma di perito industriale, il che lo portava nei primi anni della sua carriera a esagerare con il disegno tecnico nel quale si sentiva più sicuro, ma che rischiava di diventare maniera. Con “Avamposto” riesce finalmente ad armonizzare tutti gli elementi del suo stile, dando vita a tavole di grande suggestione. Concepito nel 1983, Perramus viene pubblicato prima in Italia sulle pagine diOrient Expressnel luglio del 1984, in Francia su Circus nel novembre dello stesso anno e infine in Argentina sul n. 11 della rivista Fierro nel luglio del 1985. Perramus va letto sulla falsariga delle grandi storie che attraversano la cultura argentina, nel doppio senso della parola. Grandi per la loro qualità e anche per quello che cercano e riescono a includere: narrazioni, spiegazioni e interpretazioni del mondo comprese. Perramus è classico e doloroso come certi tanghi. Perramus è forse uno dei migliori fumetti argentini. La storia segue lo schema classico della caduta seguita da una lenta risalita. Tra questi due estremi c’è l’oblio come unica possibilità di salvezza. Perramus è l’Argentina della ripresa democratica che non riesce a dimenticare gli anni della guerrasucia(sporca) e dell’orrore.Nelle vignette di Alberto Breccia gli oppressori stanno dappertutto, rappresentati con potenza grafica devastante come teschi con l’elmetto. Breccia sceglie di dare vita al mondo di Perramus attraverso una serie infinita di grigi. L’unico colore adatto a rappresentare la repubblica del guano che basa sugli escrementi dei volatili la propria precaria economia. Infine, unica ancora di salvezza in questa traversata infinita, appare la sapienza, la cultura, la poesia, incarnata nella persona del grande scrittore Jorge Luis Borges.Unfaro nella notte, una guida infallibile per l’Argentina che verrà. Prendendo spunto dall’arcinoto capolavoro di George Orwell,1984, Carlos Trillo con Custer dimostra le sue doti di sceneggiatore. Prima dell’esplosione deireality showcome il Grande Fratello (non a caso ispirato nel titolo all’opera di Orwell), prima del film di Peter WeirThe Truman Show, l’autore argentino concepisce la storia di una donna che ha concesso a una rete televisiva di filmare ogni attimo della sua vita. Ripresa dalle telecamere 24 ore su 24 per soddisfare la curiosità del pubblico televisivo, la giovane vive una vita artificiale resa perfetta per andare incontro alle esigenze dell’audience. Le parti “non adatte” vengono tagliate, solo le migliori inquadrature sono mandate in onda, la realtà dei fatti viene costantemente manipolata, arrivando a inventare intere sequenze mai accadute. Il primo episodio, “Missione ad Alphaville”, è un sentito omaggio al film di Jean Luc GodardAgente Lemmy Caution: missione Alphaville. All’inizio del racconto la protagonista si reca all’incrocio tra via Godard e via Constantine (nome dell’attore che interpreta l’agente Lemmy Caution nel film di Godard). La formula pseudofantascientifica del film e la dittatura tecnocratica rappresentata al suo interno sono certamente state tra le fonti di ispirazione per il fumetto.