DRUILLET NEL PIANETA SADOMASO

DRUILLET NEL PIANETA SADOMASO

Philippe Druillet, nato a Tolosa (Francia) nel 1944, alla fine degli anni settanta era considerato, un po’ esageratemente, tra i massimi autori del fumetto mondiale.

Il primo libro di narrativa di Umberto Eco, per fare un esempio, non è stato il giallo medievale “Il nome della rosa” (1980), ma, a quanto ricordo, il racconto fantascientifico “Stelle e Stellette” (1976) riccamente illustratato dai disegni di Druillet. Un volume dal formato enorme che avevo posizionato tra i dischi 33 giri perché nella mia libreria non ci stava.

Druillet lo scoprii da piccino, nel 1973, in un volume formato Asterix della Mondadori. Sfogliando questo fumetto di Lone Sloane, serializzato dalla rivista francese “Pilote” alcuni anni prima, capii subito che Druillet non sapeva disegnare. Cercava di darsi un tono imitando le costruzioni fantastiche di Jack Kirby ed evitando di inserire troppe figure umane, per le quali occorre conoscere almeno uno straccio di anatomia (se non altro non ricalcava le fotografie, come fanno quasi tutti oggi). L’immagine dell’astronave posta qui sopra credo sia ricavata da una vignetta kyrbesca di Thor dell’episodio con Tana Nile (sono troppo pigro per controllare).

Ciononostante, i disegni qualche suggestione la procurano. Anzi, molte. I testi, invece, sono inconsistenti.

Malgrado i suoi limiti di disegnatore (come sceneggiatore manco lo prendo in considerazione), Druillet riuscì ad affinare il proprio stile caratterizzato da figure elaborate e spropositate. Anche più spropositata di questa.

Ecco, adesso ci capiamo meglio. Pazzesco, vero?

Per rimediare ai testi disastrosi, probabilmente lo stesso René Goscinny, direttore di “Pilote”, impose a Druillet uno sceneggiatore professionista per il terzo episodio di Lone Sloane.

La scelta cadde su Jacques Lob (1932-1990), conosciuto in Italia soprattutto per avere scritto l’Ulysse disegnato da Georges Pichard. Eccolo qui, tratto dal primo numero di “Alterlinus” del 1974.

Una interessante versione fantascientifica dell’Odissea, quella di Lob e Pichard, che magari un giorno esamineremo bene.

Pubblicandolo a puntate nei numeri 651-666 di “Pilote” del 1972, Lob e Druillet realizzarono il loro capolavoro assoluto: Delirius.

Lo lessi nelle pagine de “Il Mago”, una rivista di fumetti dal formato gigantesco che la Mondadori aveva fatto uscire nel 1972 in risposta a “Linus”.

Delirius uscì a puntate negli ultimi numeri del 1974 e nei primi dell’anno successivo, quando, da gennaio, “Il Mago” assunse il triste formato magazine, meno dispendioso per la casa editrice. E fu così che ci fottemmo una grande rivista, in tutti i sensi

 

Delirius dimostra, tra le tante cose, quanto il fumetto dell’epoca fosse avanti rispetto al cinema (oggi si limita a inseguirlo). “Blade Runner”, il film del 1982 di Ridley Scott, per me è inferiore all’altrettanto distopico fumetto che Lob e Druillet hanno realizzato dieci anni prima.

Per analizzare Delirius abbiamo la necessità di mostrare alcune pagine del fumetto: userò l’edizione spagnola, così poi andrete a comprare la versione italiana per leggerlo.

La seconda edizione italiana di Delirius, dopo quella realizzata in bianco e nero da “Il Mago”, è stata presentata in volume nel 2003 da Grifo Edizioni/Vertige. La Magic Press ha pubblicato una nuova edizione nel 2013, purtroppo in un formato troppo piccolo per poter apprezzare appieno l’arte di Druillet.

Passiamo alla storia. In fuga da Shaan, il tiranno galattico, Lone Sloane e i suoi viaggiano tra le stelle sulla loro astronave.

Intanto diamo un’occhiata fugace a Delirius, la Las Vegas dello spazio.

Si noti il monumento ricoperto di escrementi dedicato al primo uomo sceso sulla Luna nel 1969. Sì, siamo nel futuro: senza inventare poco credibili alieni senzienti, una storia interplanetaria basta ambientarla in una galassia colonizzata dai terrestri.

Tra i vari dettagli di questa doppia pagina dalla creatività jacovittesca, mi piacciono i due ottovolanti in alto a destra: le giostre sparano l’una contro l’altra e il perdente esplode. Una mia vecchia idea che vorrei brevettare. Dalla finestra della modesta casa a destra, che deve essere un bordello a giudicare dall’insegna fallica, due clienti si accoltellano allegramente sotto gli occhi di una mignotta. Morte e perversione aleggiano su questo pianeta, malgrado l’atmosfera da Gardaland.

Lone Sloane dagli occhi rossi riceve una richiesta di incontro da parte di alcuni prelati di Redenzione Rossa: non sono transfughi di Rifondazione Comunista, ma adepti di una setta assassina assetata di sangue. Come una organizzazione mafiosa, Redenzione Rossa esige la tangente dai locali di Delirius, che altrimenti finiscono per bruciare “misteriosamente”.


L’incontro avviene nell’astronave di Lone Sloane. I pretacci spiegano a lui e all’amico Yearl che, una volta al mese, le tasse sugli incassi degli affollati locali del pianeta Delirius vengono fatte prelevare dal governatore per essere in seguito spedite a Shaan, il tiranno della galassia.

Il deposito, in stile Zio Paperone, si trova nei sotterranei del palazzo del governatore, dove è difeso da macchine micidiali. Ma quelli di Redenzione Rossa sanno come arrivare ai quattrini e portarli via. Hanno solo bisogno di uno con i controcoglioni come Lone Sloane per andare a prenderli, in cambio di un quarto del bottino.

Atterraggio dei nostri eroi in un astroporto di Delirius.

Appena scesi a terra, inaspettatamente i prelati denunciano Lone Sloane e il suo amico Yearl.

In prigione, il nostro eroe riceve una comunicazione attraverso un minuscolo apparecchio che qualcuno gli ha messo in testa. La vocina gli spiega come evadere prendendo un’arma nascosta in una cavità segreta della cella.

In effetti è quello che succede da lì a poco.

Finalmente… si sorvola Delirius!

Da piccolo mi colpirono i robot giganti che combattono nell’arena a sinistra, ma nell’angolo in basso a destra la signora presa da tergo (o almeno così mi pareva) aveva anch’essa il suo perché. Non mi spiegavo bene le pillole sospese in aria dell’insegna pubblicitaria: equilibrismo magnetico?

Atterraggio tra i rifiuti.

Rimasi sconcertato alla vista dei pistolini di Lone Sloane e di Yearl: Batman e Robin non andavano mai in giro nudi! E neppure credo che si inchiappettassero a vicenda, come calunniava l’infame psichiatra Fredric Wertham negli anni cinquanta.

Arrivati in città, Lone Sloane e l’amico vorrebbero distendersi in un locale specializzato in orge (sullo sfondo della terza vignetta si intravede che ci danno dentro), ma siccome non hanno i 100 crediti necessari, vengono letteralmente rimbalzati.

Come giornalista nell’esercizio delle mie funzioni, una volta sono entrato in un locale per scambisti. Avevo scelto un’ora in cui solitamente non c’era ancora nessuno, invece un gruppetto era già lì. Mentre sorseggiavo il succo di frutta alla pera offertomi dal proprietario, mi si è avvicinata una tizia carina dall’aspetto viziosissimo. Peccato fossi in servizio.

Dopo avere schivato un lanista che li voleva ingaggiare per farli partecipare ai giochi dell’arena (anche alcuni gladiatori dell’antica Roma erano dei volontari squattrinati), Yearl assicura di riuscire a vincere una bella cifra con una sorta di flipper, ma gli va male. Sostenendo che la macchinetta gli ha ciulato i soldi, con un bel colpo di pistola si prende tutti i crediti che contiene.

Con il tizio a cui avevano fregato i dieci crediti per giocare, ora diventato amico loro, i due fuggiaschi possono finalmente andare a puttane. Una delle quali, esaltata dall’alcol, propone un salto all’arena.

Ancora pochi secoli fa, le nobildonne non si perdevano una impiccagione dei condannati, dopo la quale concedevano ai loro amanti il lato B (forse come risvolto masochistico).

Nell’arena, squadre di guerrieri motorizzati si massacrano tra loro per la gioia di spettatori e scommettitori.

A me fecero impressione gli albini che combattono con gli occhi coperti. Anche nell’antica Roma si variavano i giochi e le funzioni dei gladiatori. Prima si svolgevano spettacoli abbastanza innocenti, poi, man mano che il pubblico si esaltava, venivano presentati i duelli più estremi, come quelli tra gladiatrici. Sempre nell’antica Roma c’erano altri spettacoli interessanti, per esempio a teatro la schiava che interpretava Pasifae veniva fatta montare da un toro vero. Solo che a ogni spettacolo bisognava trovarne un’altra, perché la precedente defungeva.

Comunque Lone Sloane si infastidisce e lascia l’arena a metà spettacolo: chissà quanti altri numeri si è perso.

All’esterno i nostri incontrano dei flagellanti, masochisti abbastanza tipici nella cristianità di alcuni secoli fa (da qualche parte del mondo, come nelle cattolicissime Filippine, ci sono ancora).

Sempre nell’antica Roma, alcuni adepti del culto di Cibele, chiamati galli, si tagliavano i testicoli davanti alle sacerdotesse. Le mistress dell’epoca, molto esigenti, la buttavano in religione.

La puttanella porta Lone Sloane in un locale realizzato secondo i canoni della geometria paradossale del grafico olandese Escher.

Per copulare ci sono le celle apposite di un alveare, ben foderate di pelliccia. En passant, Lone Sloane nota che la tizia ha il medaglione di Redenzione Rossa.

Lo sceneggiatore ha diviso la storia in capitoli ben distinti di una pagina o due, nei quali vengono inserite nuove idee. Una grande lezione di creatività gestita alla perfezione, anche per l’apporto di Druillet che caratterizza graficamente in modo sempre diverso questi “capitoletti”.

All’uscita, come era prevedibile, li aspettano i pretacci chiamati dalla squillo. Erano stati loro a farli evadere dopo averli denunciati, perché altrimenti non sarebbero riusciti a farli sbarcare su Delirius: i due sveglioni non lo avevano ancora capito.

I nostri eroi vengono condotti nel modesto santuario dove risiedono i pontefici di Redenzione Rossa.

I grandi sacerdoti spiegano a Lone Sloane come mettere a segno il colpo nell’isola blindatissima del governatore.

Lone Sloane esegue, nascondendosi in un cargo che trasporta alcuni sacchi di soldi al deposito.

Poi si getta nel giardino del governatore, una piccola giungla inestricabile.

Mentre i soldi fluiscono nel deposito di Paperone.

A cena, l’informe governatore Kadenborg si diletta con le marionette viventi. Prigionieri obbligati a infliggersi dolore dagli elettrodi che gli sono stati inseriti nel cervello: si noti in basso a destra il tizio a cui vengono tagliuzzati gli occhi. I loro corpi sono solcati dalle cicatrici dovute alle loro passate esibizioni.

Alle superiori avevo un’amica performer che, con pezzi di vetro, si faceva lunghe ferite sul corpo nelle esibizioni di body art, insanguinandosi tutta. Lei mi invitava ad andare a vederla, ma io rifiutavo perché mi faceva impressione. Allora, tutta orgogliosa, mi portava le foto: per fortuna in bianco e nero il sangue non mi faceva molto effetto.

Un sultano turco, non ricordo quale, come aperitivo faceva eseguire la decapitazione di un condannato davanti alla tavola da pranzo. Dopo di che poteva mangiare di buon umore insieme ai commensali. Ormai le migliori tradizioni sono andate perdute a causa della maledetta globalizzazione.

Grazie alle placche antigravitazionali fornite dai pretacci rossi (i cosiddetti catto-comunisti), il deposito sfonda i sotterranei e si invola.

Un caccia all’inseguimento del velivolo di Lone Sloane colpisce involontariamente il deposito, facendo cadere un’immane quantità di crediti sugli abitanti di Delirius.

Mentre Lone Sloane taglia la corda fuggendo nello spazio, Delirius cade nell’anarchia a causa della immensa quantità di soldi piovuta dal cielo. Incendi, guerre fratricide, omicidi… le prostitute vengono contese ferocemente e finiscono male.

Una conclusione deludente alla Sodoma e Gomorra: mi sarebbe piaciuto sapere dell’esistenza di un pianeta come Delirius, dove ogni tanto andare a trascorrere vacanze rilassanti.

L’episodio che abbiamo visto è l’unico leggibile della produzione di Philippe Druillet, tornato subito dopo al consueto ermetismo. Eppure, il fenomenale apporto di Jacques Lob ha dimostrato che anche un autore visionario come Druillet, se lisciato per il verso giusto del pelo, può produrre un autentico capolavoro.

Druillet, Moebius e altri, alla fine del 1974 fondarono la rivoluzionaria rivista “Metal Hurlant”, che in Europa ebbe un po’ la funzione della casa editrice americana Image di Todd McFarlaine e Jim Lee nei primi anni novanta: cioè distruggere il ruolo dello sceneggiatore trasformando il disegnatore in padrone assoluto dei fumetti. Ancora oggi il fumetto francofono subisce, in gran parte, la dittatura del disegno sui testi, con esiti a dir poco funesti.

Contatto E-mail: info@giornale.pop

4 commenti

  1. Saluti onnipotente Sauro!!! Ecco, mi sorge spontanea una curiosità: tu fai un confronto fra “Delirius” e il film “Blade Runner”, il primo un fumetto inizio anni ‘7o , il secondo un film ispirato ad un romanzo di fine anni ’60 e prodotto un decennio circa dopo il fumetto qui in questione. Ma quale è l’aspetto che i due prodotti hanno in comune e che permettono un confronto?? La visione di un mondo del futuro?? Illuminami un poco, se ti va.
    Ciao dal vecchio zombi Tomaso Prospero.

    • Ho voluto dimostrare che il fumetto riesce meglio quando sfrutta le proprie potenzialità, invece di scimmiottare il cinema. Toma, torna a commentare (e a scrivere articoli).

  2. Questa volta non sono d’accordo. Parliamone davanti a una birra

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