DARKMAN, IL FILM DI SUPEREROI IDEALE

Prima che la sceneggiatura fosse completata eTim Burtoningaggiato per il ruolo di regista del film di Batman del 1989, si consumò una vera e propria battaglia. Tanti furono i nomi dei caduti, tra i quali pure quello di Sam Raimi. Che da nerd, appassionato sia diBatmansia di fumetti in generale, ci teneva tantissimo a dirigere il film. Invece, dovette attaccarsi al tram. Non potendo mettere mano a Batman, provò a ripiegare sulla sua più chiara fonte d’ispirazione:The Shadow. Sì, come no. Per la serie credici e speraci. Vero è che qualche anno più tardi il film venne realizzato, conAlec Baldwinnei panni diLamont Cranston. Ma in quel dato momento, dopo una serie didelicatissime trattativeportate avanti a sputi e pernacchie, Raimi non ottenne i diritti del personaggio. A quel punto, realizzò che l’unica cosa da fare era quella di crearsi da solo il supereroe. Ed ecco che venne fuori Darkman. Il film comincia mostrando unappuntamentofraRobert G. Durant(Larry Drake),uomo d’affari, e un altro gruppo di gentiluomini. Il motivo dellariunionesta nel fatto che Durant è stato ingaggiato daLouis Strack(Colin Friels), un ricco magnate dell’industria immobiliare, affinché gli sgombri l’area portuale per poter costruire un nuovo complesso di grattacieli. Durant è un ottimodiplomatico: con fine logica, discorsi inoppugnabili e un paio di dita mozzate, non ci mette molto a convincere gli inquilini ad andar via. Nel frattempo, dalla parte opposta della città, il dottorPeyton Westlake(Liam Neeson) porta avanti avanti le proprie ricerche. Si trova tanto così dal perfezionare un tipo di pelle artificiale in grado di aiutare le persone rimaste gravemente ustionate. L’unico problema è che se esposta alla luce del sole la pelle artificiale va in malora dopo soli 99 minuti. Il blocco dei 99 minuti non è l’unico problema di Westlake. Un problema ben più grave è la sua fidanzata, l’avvocatoJulie Hastings(Frances McDormand). ‘Sta Ally McBeal degli scappati di casa che s’è vista troppi episodi di Law & Order, dopo aver trovato le prove che Strack è socio in affari di Durant, si mette in testa che deve farlo arrestare. Morale della favola, Durant assieme ai colleghi si presenta a casa di Julie e Peyton. Dato che convenientemente laboratorio e casa sono praticamente una cosa sola, gli uomini d’affari trovano solo Westlake e il suo assistente al lavoro. Dopo il consueto sfoggio didiplomaziache le riunioni dell’Onu sono una festa vichinga, fanno saltare tutto in aria. Compreso Westlake ancora stordito dal “discorso”che gli ha fatto Durant. Peyton, incredibilmente, non muore. Scaraventato nel fiume dall’esplosione che l’ha completamente sfigurato, viene ripescato e, ormai irriconoscibile, trasportato in ospedale. Qui, viene sottoposto a uno speciale trattamento sperimentale per la rimozione dei centri nervosi, in grado di eliminare il dolore delle ustioni. Di conseguenza Peyton non è più in grado di provare alcun dolore e, per estensione, non prova più alcun tipo di paura. Breve parentesi: tra i medici in questa sequenza c’è ancheJohn Landis, che fa un cameo giusto in amicizia. Il trattamento ha causato la crescita incontrollata del livello di adrenalina, che aumenta in maniera esponenziale la sua forza fisica. Ah, e poi ci sarebbe anche un altro piccoloproblemuccio:tutto ciò l’ha portato ad avere gravi squilibri psicologici. Va be’, questi so’ dettagli. Ormai sfigurato sia fisicamente che mentalmente, Peyton scappa dall’ospedale in preda a un raptus. Ed è in questo preciso momento che assistiamo alla morte del dottor Peyton Westlake. Dalle cuicenerinasce Darkman. Ora, andando poco più avanti nella storia, si capisce perfettamente quanto Raimi fosse avanti nel mettere in scena il suo personaggio. Nel senso che Darkman non è un“eroe”. Non indossa cappuccio e mantello per andar a raddrizzare i torti, vegliare sui giusti e punire i cattivi. No, Darkman era un uomo che aveva tutto e a cui hanno tolto tutto. Le“capacità”che s’è ritrovato non sono poteri con cui andare a combattere il crimine. È una maledizione che l’ha trasformato in una specie di mostro, diretta conseguenza del male che gli è stato fatto e che lui sfrutta per vendicarsi. La sequenza in cui affrontaRick(Ted Raimi, fratello minore di Sam) a mio avviso è fantastica per ciò che rappresenta intrinsecamente. Dopo averlo spaventato, Rick ciarla a ruota libera svuotando il sacco. Poi c’è questa linea di dialogo eccezionale con cui Darkman se ne esce“So bene che mi hai detto tutto”, esita un attimo e poi soggiunge:“ma facciamo finta che tu non l’abbia fatto”… quindi lo spinge fuori dal tombino per farlo investire dalle auto in strada. Ecco, questo non è un eroe. È un concetto distorto di giustizia applicato sommariamente. Quanto tempo c’è voluto prima che in un film sui supereroi ci si rendesse conto che il protagonista non dev’essere necessariamente“senza macchia e senza paura”, ma sopratutto che le cose non possono essere ridotte al semplicistico concetto dibianco e nero? Sfruttando le sue conoscenze scientifiche, Peyton/Darkman continua la sua personale crociata di vendetta. Eliminando man mano tutti i suoi nemici, fino ad arrivare a Durant e, poi, alla diretta conseguenza delle sue disgrazie: Louis Strack. Arrivati a ‘sto punto non è che ci sia molto altro da dire perché, in fondo, si tratta pur sempre di una trama abbastanza lineare. Pertanto, passiamo direttamente alla domanda: com’è Darkman? Ripeto: a mio avviso, Darkman è il miglior cinecomic mai realizzato. Perché è il connubio perfetto grazie al quale il vecchio modo d’intendere la figura dell’eroe, con tutti i tòpoi del caso, riesce a integrarsi, e rinnovarsi, in un contesto moderno. Darkman è un eroe (più o meno), ma senza il super. Mena le mani, non lancia raggi laser. Non è invulnerabile e nemmeno indistruttibile. Insomma, è solo un poveraccio mezzo pazzo per cui vale la massima“Da grandi disgrazie derivano grandi rottur… problemi”.Le sue origini affondano in un contesto vecchio di quasi novant’anni. Pescando sia dalle riviste pulp degli anni trenta tanto quanto dalle figure dei mostri classici della Universal. Come detto all’inizio, fresco del successo dei suoiEvil Dead, Raimi era preso male da ‘sta storia che i supereroi stessero per sbarcare nel mondo del cinema diserie A. Perciò, grazie a quel pizzico di credibilità che s’era riuscito a ritagliare, si buttò a bomba su Batman, ma niente da fare. Provò a ripiegare su The Shadow, e manco questa gli andò dritta. Pertanto, ispirandosi a quest’ultimo personaggio delle pulp si creò il suo eroe personale. Omaggi e citazioni, sono evidenti: come The Shadow anche Darkman indossa un Borsalino a tesa floscia e uno spolverino lungo e nero. Se The Shadow diventa“invisibile”grazie alla sua capacità d’ipnotizzare, Darkman invece può“scomparire”assumendo un’altra identità e mescolandosi nella folla. Altro elemento importante di Darkman è l’influenza dei“mostri classici”. In quanto questi personaggi avevano un lato tragico che sottolineava la loro umanità. ComeIl Fantasma dell’Opera, Darkman è un genio, reietto della società che dal suo covo segreto cerca a tutti i costi di trovare il modo di riavere l’amore della sua donna. OppureL’Uomo Invisibile: Darkman è uno scienziato che avvolto nelle sue bende lotta per mantenere la propria sanità mentale e al tempo stesso cercare una cura alla sua condizione. Tutti questi, come dire,classicisminelle mani di un regista meno capace come risultato avrebbero fatto sì che Darkman fosse una fetenzia. Di quelle a caratteri cubitali. Invece Raimi ha saputo riunire questi elementi e trasformarli in un qualcosa didiverso. Certo, non originalissimo. Ma comunque idoneo in un mondo ormai popolato da ogni sorta di superpotere, in cui gli omaggi al passato sono le fondamenta su cui costruire qualcosa di nuovo. Altra cosa che adoro di Darkman è il suo stile visivo. E non intendo solo il tocco di Raimi, che ha sfruttato tutti i trucchi imparati dai tempi del basso budget. Mi riferisco all’impronta horror-gotica che è riuscito a imprimere al film. Quando Darkman sbrocca nel suo covo segreto rendendosi conto della sua nuova, mostruosa identità, la fabbrica abbandonata assume l’aspetto di un qualcosa a metà fra il castello di Dracula e il laboratorio di Frankenstein. Un eroe interessante e un senso dello stile non sono sufficienti da soli a mantenere un intero film. Darkman s’affossa malamente nello sviluppo della storia e dei personaggi secondari. Tipo Julie, la fidanzata. È introdotta come una donna moderna, forte e indipendente. Dovrebbe fare il suo lavoro che invece non fa, e le conseguenze le paga Peyton. Alla fine della fiera, il personaggio si riduce al solito cliché della donna in pericolo da salvare, precludendo ogni possibilità di sviluppo. Anche se il problema maggiore è dato da Strack, il“boss finale”del film. D’accordo, è corrotto, avido e spietato. Ma le sue motivazioni quali sono? Fare più soldi costruendo un paio di palazzi? Anche inRobocoplaOcpha grandiprogetti immobiliariper Detroit, ma questa è una facciata di un complotto per ottenere un controllo totalitario e assoluto del potere. Lo scontro finale di Darkman con Strack non dà soddisfazione perché il vero cattivo morale della storia è Durant. La resa dei conti con Darkman appeso all’elicottero (tra l’altro lì c’è un vero stuntman) con Durant è memorabile, mentre il successivo scontro con Strack perde di significato. Ammetto che Darkman alla fine della fiera lascia un senso d’insoddisfazione. Perché dà l’impressione che il film non riesca a esprimere in pieno tutto il potenziale della sua premessa. Credo sia dovuto al fatto che Raimi ebbe a disposizione un budget considerevole per Darkman, ma pure una valanga diquesto-no-e-quest’altro-neancheimposti dalla produzione. Per esempio, Peyton/Darkman avrebbe dovuto essereBruce Campbell.Visto che però chi scuciva il contante non si fidava di lasciare il ruolo a un semplice caratterista, alla fine fa giusto un cameo nel ruolo dimascheranella scena finale. A ogni modo, illazioni, scene tagliate, montaggi frettolosi e quant’altro so’ discorsi che si sprecano su questo film. Personalmente, non mi piace pontificare, dando battaglia ai mulini a vento chiedendomi come sarebbe o non sarebbe potuto essere Darkman. Così è uscito e così lo abbiamo, questo è quanto. Dieci anni dopo arriveranno gliX-MendiBryan Singerche, nel bene o nel male, cambieranno le regole del gioco. Paragonarli (insieme al resto dei cinecomic attuali) a Darkman non avrebbe in realtà molto senso. In quanto sono film distanti nel tempo, nello spazio e nellaforma mentis. Darkman esiste in quanto visione del supereroe di Sam Raimi, non certo come opposizione a ‘sti film.In ogni caso, per me questo film resta il cinecomic migliore di sempre. Nonché la strada che questo genere avrebbe dovuto percorrere. Ma tant’è.