CLIMAX (SOLO PER ADULTI)

Climax

Da quando faccio il giornalista non scrivo più fumetti, ma circa ogni due anni mi viene del tutto casualmente in testa l’idea per una storia: questa è la terza, dopo una strettamente autobiografica (vedi qui) e una su un super-tizio (qui). Anche se rimarrà inedita come le precedenti, in astratto Climax dovrebbe essere una serie.
Scrivo il soggetto, peraltro ricco di dettagli inutili, prima che mi dimentichi tutto. Ah, si tratta di un fumetto trasgressivo vietato ai minori.
L’aspetto che più mi interessa mettere a fuoco è il mondo editoriale del tempo andato, infatti i dettagli inutili riguardano soprattutto i giornali.


Siamo nel 1967 a Esperia, una nazione immaginaria di 120 milioni di abitanti (come il Giappone). Poco più estesa dell’Italia, è collocabile tra Moldavia, Ucraina occidentale, Romania orientale e Polonia sud-orientale. La neutralità tenuta durante la Seconda guerra mondiale le ha permesso di non diventare uno stato satellite della vicina Unione Sovietica. Il reddito medio è simile a quello del Nord Italia e della Francia in quel periodo. La popolazione è un riuscito mix etnico germanico-neolatino-slavo che parla esperanto, scritto con le Y al posto delle J.

Il 2 gennaio 1967 nella periferia della principale metropoli di Esperia un ragazzo magrolino e occhialuto delle superiori, Guido, viene affiancato dalla macchina sportiva guidata da una bella donna. Con il corpo flessuoso, l’espressione seria e l’abbigliamento glamour assomiglia a Valentina di Crepax, ma ha una pettinatura completamente diversa. Presentandosi come Violante, lo invita a montare su.

Ripartendo a razzo con il perplesso ragazzo a bordo, la sconosciuta viene subito al sodo: malgrado abbia poco più di trenta anni, lei è la sua vera madre. Gli racconta che quando ne aveva 17 era stata messa incinta durante un’orgia dove aveva fatto sesso con chiunque: “Sei fortunato che non abbai, per citare la famosa barzelletta”.

Essendo ancora minorenne, i repressivi genitori l’avevano messa in collegio dicendole che avrebbero fatto adottare il figlio. Scappata dal collegio, Violante aveva fatto nascere il bambino in un ospedale.

Quindi aveva consegnato il figlio appena nato ad Anna, una donna ricoverata nella stessa camera che aveva appena perso il proprio bimbo, per evitare che se ne appropriassero i genitori.
Ingannati così i genitori, che l’avrebbero diseredata se non avesse obbedito ai loro voleri, Violante ora almeno sapeva in quale famiglia avrebbe potuto ritrovare un giorno suo figlio.

Pochi mesi prima i genitori di Violante sono periti in un incidente automobilistico, e lei ne ha ereditato un grande impero mediatico che comprende editoria tradizionale, televisione, radio e cinema.

Violante vorrebbe che Guido iniziasse a lavorare con lei in azienda, naturalmente continuando ad andare a scuola o seguendo lezioni private. 
I due arrivano al grattacielo di 30 piani, sede dell’azienda multimediale Climax, come dice l’insegna luminosa posta sulla cima.

Nel proprio spazioso ufficio la donna spiega che l’attività più remunerativa dell’azienda è l’editoria tradizionale, anche se prima o poi verrà superata dai ricavi televisivi. La Climax deve vedersela in tutti i settori con due agguerriti concorrenti, dei quali si scorgono dalla finestra i vicini grattacieli con le relative insegne: Atlas e Braven.

La Atlas è un’azienda politicamente legata alla sinistra fighetta, impegnata socialmente ma sempre rispettosa dell’economia “capitalista”; la Braven, di destra populista, punta su prodotti editoriali piuttosto volgari; mentre la Climax, l’azienda di sua proprietà, è laica e moderna. Realizza prodotti di qualità, anche se in genere meno alla moda di quelli della Atlas.

Per dargli un’idea visiva, Violante sfoglia i quotidiani nazionali di Esperia. La Atlas pubblica un quotidiano per intellettuali tipo Le Monde, la Braven un quotidiano con grossi titoli e foto scandalistiche, e la Climax un quotidiano tipo New York Times con più foto.

Quindi Violante indica a Guido una grande rastrelliera dove sono esposti gli ultimi numeri delle riviste della Climax. Sono settimanali e mensili ben caratterizzati nella grafica.

Gli mostra in particolare le tre riviste settimanali di fumetti: per bambini, per ragazzi e per lettori maturi. Guido le conosce bene, essendo appassionato di fumetti. Queste riviste antologiche a colori di grande formato pubblicano storie a puntate poi raccolte in cartonati. I personaggi coprono tutti i generi avventurosi, dal western alla fantascienza, fino alle storie dei criminali mascherati simili ai tascabili “neri” italiani.
Anche la Braven e la Atlas pubblicano settimanali a fumetti per gli stessi target.

Gliene sta parlando perché proprio in quel momento ha una riunione con il direttore delle riviste a fumetti, che entra con un cliente dell’agenzia pubblicitaria interna, insieme a un disegnatore e un copywriter.

Il cliente è proprietario di una delle due aziende nazionali di gelati. Da un contenitore portatile estrae alcuni gelati al limone con lo stecco di liquirizia prodotti dal suo concorrente. Vorrebbe immettere sul mercato un gelato analogo, essendo riuscito a realizzare anche lui uno stecco di liquirizia che non si indurisce una volta congelato, ma dovrebbe trovare un’idea promozionale per differenziarsi.

Violante, succhiando il gelato, dice che la sua forma è troppo larga per poterlo “spompinare” bene. Poi chiede a Guido se ha qualche idea. Lui, imbarazzato, risponde che magari si potrebbe dargli una forma cilindrica che finisca a punta, facendolo pubblicizzare da una ragazza che lo succhia voluttuosamente.

L’idea della forma a missile piace a tutti e così viene chiesto al disegnatore, che già realizza i fumetti di un personaggio femminile fantascientifico, di preparare degli sketch per la pubblicità e lo spot televisivo a cartoni animati. Senza esagerare in erotismo perché gli acquirenti principali saranno i ragazzini. Il copywriter sta già pensando a uno slogan e al nome del gelato, magari Yellow Rocket. Il tutto verrà prodotto dalla compagnia pubblicitaria interna.

Rimasta di nuovo sola con Guido, Violante tira fuori una copia della nuova rivista che uscirà nelle edicole l’indomani. Si chiama Mondo, che non a caso ricorda il titolo del noto docufilm italiano Mondo cane: dovrebbe essere un elegante mensile “di tendenza” che tratta temi estremi.
In copertina c’è la foto di una giovane reporter divorata da un leone in Africa: la vediamo mentre viene azzannata al collo. “Dalle foto abbiamo tagliato le parti dove scorre troppo sangue”.  

Poi, dal centro della rivista, stacca un grande adesivo accanto a una pagina con la scritta: “L’aroma intimo della starlet Louise Meda”.
“Annusa la carta dove ho staccato l’adesivo, profuma di figa… o almeno ci somiglia. È un composto che ho scoperto mentre visitavo una fabbrica chimica. Una trovata originale per il lancio della rivista, non trovi?”.

A questo punto la donna si siede esausta, perché il lavoro sulla nuova rivista ha prosciugato le sue energie. Andrà a trascorrere il fine settimana nella sua casa affacciata sul mare, nello Zanzanìka.
Vorrà dire che del settore cinematografico, radiofonico e televisivo dell’azienda gli parlerà un’altra volta.

Nel frattempo Guido potrà andare ad abitare nell’appartamento che gli ha ricavato da un vicino edificio dismesso dell’azienda, per abituarsi a vivere da solo. Violante si è già messa d’accordo con Anna, sua madre, che non farà problemi.

Premuto un campanello, nell’ufficio entra Marika, una giovane e simpatica segretaria che accompagna Guido giù in strada fino all’appartamento. La ragazza cerca di sedurlo in maniera spiritosa, ma lui è troppo timido e i due si salutano senza sfiorarsi. Prima di andarsene, Marika gli lascia un fascio di banconote datole da Violante per le “piccole spese” della settimana.

Lui guarda i soldi pensando che sono più di quanto guadagnino insieme i suoi genitori in un mese.
Poi alza il telefono e chiama la madre, Anna. Lei (che non vediamo) gli risponde che sa già tutto, ma adesso non può parlare perché sta arrivando il papà. A proposito, gli dirà che suo figlio è partito per le brevi vacanze invernali con gli amici.

Di mattina un aereo della Esperair atterra nell’aeroporto della capitale dello Zanzanìka.
Si tratta dell’unica colonia di Esperia, e una delle poche rimaste in Africa insieme a quelle portoghesi. Corrisponde grosso modo alla Tanzania ed è abitata da africani di lingua swahili. Un territorio grande tre volte l’Italia, ma poco popolato: città di piccole dimensioni sorgono lungo la costa, mentre all’interno c’è la savana e la foresta.

Violante va nella sua grande villa che sorge davanti alla spiaggia deserta di sabbia bianca. Siccome fa molto caldo, mentre a Esperia è pieno inverno, indossa il bikini e si tuffa in mare per rinfrescarsi. Poi parte con il fuoristrada.

A una decina di chilometri dalla costa zanzanikana, collegata da un lunghissimo ponte sopra il basso fondale corallino, si trova un’isola grande come una media regione italiana. Ufficialmente è amministrata dalla colonia esperiana, di fatto è governata dai nababbi locali. Molto popolosa, è una metropoli di 8 milioni di abitanti dove miseria e ricchezza si incontrano.
Salvo il centro storico multietnico, l’isola è divisa in quartieri distinti abitati da molti persiani zoroastriani, alcuni indiani, pochi arabi e pochissimi cinesi. Lo strato sociale più basso è composto dal nucleo originario dei neri. (Per questi motivi ricorda l’isola di Zanzibar).

Di pomeriggio, in un affollato locale caratteristico dell’isola, Violante sorseggia un aperitivo con Mandù, un giovane nero accompagnato da Shirley, una ragazza bionda che si limita a sorridere senza parlare. Violante dà del tu a Mandù, mentre lui usa rispettosamente il lei nei confronti della donna bianca.

Violante mostra all’africano la rivista con le foto della donna azzannata dal leone, lui dice che gliele avrebbe fatte pagare di più se avesse saputo che le avrebbe messe in copertina.  
Lei è perplessa: tutti sapevano che la giovane reporter era l’amante preferita dell’editore Braven, e che sua moglie era molto gelosa. Proprio la moglie l’aveva stranamente invitata in Africa e qui la ragazza è morta…

Mandù spiega che è successo mentre la reporter partecipava a un safari fotografico insieme alla signora Braven e a lui. Si è trattato di una triste fatalità che è riuscito a immortalare per puro caso.
Nella colonia la magistratura è molto meno attenta che a Esperia, inoltre la polizia locale ha pochi uomini e comunque non va a disturbare i ricchi nelle loro grandi ville.

“A proposito”, chiede lui, “è pronta per l’evento di stasera al Savana Club?”. “Cosa hai preparato stavolta?”, domanda a sua volta la donna.
“Dei genitori poverissimi mi hanno venduto la loro giovane figlia, loro penseranno che la farò battere qui sull’isola e che tra un paio di anni tornerà da loro con un sacco di regali costosiAh, durante l’evento farò anche delle foto, le serviranno?”.
“Te le pagherò per uso personale allo stesso prezzo delle tue altre clienti, dato che per ovvi motivi non potrò pubblicarle. Piuttosto, dovresti imparare a usare la cinepresa, a Esperia tutti hanno un proiettore casalingo. Anche se le cose che fai non sono certo per tutti”.

Di sera sta per svolgersi “l’evento” nel Savana Club, un grande edificio moderno in stile tribale dotato di piscina esterna che sorge in mezzo alla savana. All’interno del club ci sono una dozzina di ricche signore bianche tra i trenta e i quaranta anni di bell’aspetto, gli unici maschi sono i giovani “camerieri” neri a petto nudo, muscolosi e attraenti.

Violante scorge Mandù che sfoglia Mondo davanti a una donna ingioiellata, la moglie dell’editore Braven. La donna guarda la rivista con espressione seccata, poi manda via l’africano. Quindi stacca l’adesivo e annusa la pagina sotto, la lecca anche.

Nel palco al centro del salone Mandù trascina una ragazzina africana che si copre il corpo nudo con la mani. La sorridente amica bionda di Mandù, indossata una mascherina, si avvicina alla spaventata africana stringendo delle grosse tenaglie. L’affiancano due africani a petto nudo. Mentre le donne eleganti sedute attorno applaudono, Mandù va dietro il cavalletto dove ha montato una macchina fotografica.

A questo punto non vediamo più quello che succede nel palco, ma solo il pubblico delle donne eleganti che inizia a scaldarsi. Le signore incitano i due africani che non vediamo più, dicendo di darsi da fare con la ragazza. Altre chiedono alla biondina, che pure non vediamo, di graffiarle le tette con le tenaglie e di romperle le gambe.
Iniziano a sentirsi le urla di dolore provenire dal palco fuori campo, mentre Violante e le donne vicino a lei, con le fronti imperlate di sudore, si mettono la mano sotto la gonna.

Stacco, esterno notturno. Sudatissima e spettinata, Violante guida il fuoristrada verso casa. Ormai ha bisogno di stimoli sempre più estremi e un po’ se ne vergogna, ripensando alla poveretta. Spera che almeno Mandù abbia scattato delle buone foto, perché il soggetto era valido. Ora l’unica cosa che le interessa è farsi una doccia e andare a dormire.

Lunedì mattina Guido torna in azienda, dove trova Violante che piange silenziosamente nel proprio ufficio. Intorno sono sparse diverse copie di Mondo. “Il primo numero sta andando male?”, chiede lui timorosamente. “No, secondo le proiezioni di vendita va abbastanza bene”, risponde lei asciugandosi gli occhi dal rimmel che cola per le lacrime.

“A quanto pare i contenuti trasgressivi hanno spaventato i pubblicitari, che però quando avevano visto il numero zero non avevano detto niente. Sarà stato il sottosegretario bigotto del ministero delle Comunicazioni a dirgli di togliere la rivista dalle loro pianificazioni. Mondo è costosa da realizzare, senza pubblicità non potrà rientrare nelle spese. Questo vuol dire che chiude con il primo numero: gli articoli preparati per il secondo non usciranno mai. Me lo avevano detto, i collaboratori, che sarebbe finita male, ma io no, ho voluto fare di testa mia!”. Con rabbia scaglia lontano una copia della rivista.

Guido le si avvicina come per consolarla, lei alza gli occhi e lo abbraccia. “Io non ti ho visto crescere, in fondo sei un estraneo per me…”. I due fanno sesso, poi lei dice: “Prometti di non lasciarmi mai”.

Tornato nel suo appartamentino, Guido riceve la telefonata dalla madre Anna, che non vediamo neppure stavolta. Gli racconta che, in realtà, a morire poco dopo la nascita era stato il figlio di Violante: la ragazza non se n’era accorta perché dormiva.
Anna, sapendo che i genitori volevano portarsi via il bambino di Violante, aveva fatto in modo che lei credesse Guido figlio suo e l’aveva convinta a farselo consegnare per crescerlo. “In cambio mi ha dato i soldi di cui avevo un disperato bisogno in quel periodo…”.



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