CIPPUTI, IL MONDO VISTO DA UN OPERAIO

CIPPUTI, IL MONDO VISTO DA UN OPERAIO

La classe operaia va in Paradiso, recita il titolo di un celebre film degli anni Settanta. Cipputi, tuttavia, sa bene che prima di raggiungere tale traguardo lo attendono l’inferno della fabbrica e il purgatorio della politica. Sono passaggi obbligati che affronta con ironico cinismo, senza  mai rinunciare all’unica vera libertà che gli resta: pensare.

Il celebre operaio da catena di montaggio esordisce nel maggio del 1976 in una vignetta di Altan su L’Uno, inserto di Linus, mensile che coniuga l’intrattenimento a fumetti con l’impegno politico negli anni della Contestazione giovanile. E Cipputi non può che essere figlio di tale strano e straordinario connubio, in grado di strappare un sorriso facendo riflettere.

In realtà il nome del personaggio non è ancora definito, talvolta viene appellato come Cipputo, o Capponi, Cesputi, Cavazzuti o con il più sintetico Cippa. Anche l’aspetto mostra qualche oscillazione, cristallizzandosi in un’icona perfettamente definita solo dopo qualche tempo.

Inizialmente, forse, Altan non intende dare vita a un character fisso, ma rappresentare il disagio operaio in vignette con personaggi sempre diversi eppure uguali a sé stessi, ma poi Cipputi prende forma e il sopravvento, divenendo il fulcro attorno a cui ruota un grande numero di vignette.

Già, perché Cipputi non è un personaggio dei fumetti, ma un personaggio delle vignette, se così si può dire. Eppure, messe tutte in fila, quelle immagini singole, quelle folgoranti riflessioni sull’universo fabbrica formano una sorta di lunghissima storia, la storia di Cipputi Gino (alla Fantozzi, prima il cognome) e la Storia (sì, con la esse maiuscola) dell’Italia.

 

CIPPUTI, IL MONDO VISTO DA UN OPERAIO

Simbolo operaio

Cipputi è nato così, spiega lo stesso Altan, “due operai che parlavano tra di loro con scetticismo. Allora la voce della classe operaia era molto forte. A poco a poco Cipputi è diventato un simbolo”. Tuta da metalmeccanico taglia large, evidentemente frutto di un’alimentazione vecchio stile, occhiali tondi, naso pronunciato, cappellino con visiera all’indietro, unica concessione trendy. Da segnalare anche il mistero delle dita, a volte cinque altre volte quattro (come nel mondo dei cartoons) per mano.

Ma non è l’aspetto di Cipputi a lasciare il segno, bensì il pensiero. Veterocomunista, sa bene che la struttura conta più della sovrastruttura, i contenuti più delle apparenze. Permeato di pessimistico realismo, Cipputi osserva ciò che avviene attorno a lui e sulla sua pelle e lo riassume in caustiche riflessioni colme di proletaria saggezza.

Non si fa grandi illusioni, l’esperienza gli insegna che il lato corto della pagliuzza tocca sempre ai più deboli, che dietro la benevolenza dei padroni si cela un trabocchetto, che i roboanti discorsi dei politici sono promesse da marinaio. Politicamente condannato all’opposizione eterna, costantemente minacciato dalla spada di Damocle della cassa integrazione, si difende come può, con le parole.

Frasi affilate come lame, che non risparmiano fendenti neanche alla sinistra e ai sindacati, ritenuti sempre meno aderenti alla volontà operaia di cui lo stesso Cipputi sembra essere diventato l’estremo baluardo.

CIPPUTI, IL MONDO VISTO DA UN OPERAIO

Un micro-macrocosmo

Lo scenario entro il quale si muove Cipputi è quasi sempre lo stesso, quello della fabbrica. Una sorta di siparietto connotato da pochissimi dettagli: le tute degli operai e qualche macchinario sul quale il Cipputi è costantemente alle prese con trapani, cacciaviti e utensili vari.

L’abitudine al lavoro in fabbrica è tale che, anche quando va in vacanza, si ritrova a costruire improbabili impianti meccanici con la sabbia. Quel microcosmo lavorativo, però, fa da gran cassa al macrocosmo della società, grazie ai secchi dialoghi tra Cipputi e i colleghi.

Sono il mondo del lavoro e della politica a tenere banco, ma non manca qualche veloce incursione in quello del calcio e in altri ambiti, specie se si rivelano corrotti e collusi coi potenti. Il lavoro alla catena di montaggio gli ha fatto capire che anche quando tutto cambia niente cambia, e l’ombrello finisce sempre nel solito posto.

Per questo, quando un collega lo imbecca con la frase “quando andiamo noi operai in tv cala l’ascolto”, Cipputi prontamente risponde, “manca la sùspens. Lo sanno tutti che alla fine lo prendiamo nel didietro”.

Oltre che sulle pagine di Linus, Cipputi finisce in raccolte librarie, persino di editori prestigiosi come Einaudi, o appartenenti a personaggi politici da lui sbeffeggiati, come Mondadori. Approda anche sul palcoscenico, grazie al Teatro dell’Archivolto, che nel 2006, in occasione del trentennale della sua nascita, costruisce lo spettacolo “Cronache dal Bel Paese” e lo mette in scena nelle ex Acciaierie Cornigliano. Insomma, ancora una volta in fabbrica…





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